- 17 - Scars
Il sole che filtrava dalla finestra mi bagnò la faccia facendomi ridestare.
Ricky era già sveglio, ma non si era mosso dal mio stomaco che gli fungeva da cuscino, anzi, sembrava amare quella posizione e mi guardava beato.
«Buongiorno, procione in calore.», lo salutai con la voce carica di sonno e indossando un sorriso spontaneo.
«Buongiorno.», sogghignò per il nomignolo e si sdraiò su di me per darmi un bacio.
Il contatto netto con la sua pelle mi scosse come un overdose di caffeina al cervello.
«Che ore sono?», gli chiesi molto più vigile mentre il suo petto aderiva ancora col mio.
«Saranno le nove circa.», rispose con aria vaga senza voler specificare.
Me lo levai di dosso afferrando la sveglia con irruenza, non preoccupandomi di essermi scoperta.
Erano quasi le 10 e mi lamentai chiedendo perché non mi avesse svegliata; era tardi, troppo.
«No, che non ti ho svegliata, dormivi così bene e probabilmente non hai neanche fatto i tuoi incubi. Da quanto non ti godevi una dormita del genere?», mi fece notare vantandosi della sua premura.
Prima che potessi ribattere feci mente locale della notte precedente. Effettivamente non avevo fatto incubi dopo essermi riaddormentata con Ricky ed era una sensazione bellissima.
Mi sentivo leggera come dopo una boccata d'ossigeno seguente all'apnea.
Trasgredendo ai miei piani iniziali gli sussurrai un ringraziamento per poi chiedergli se anche lui avesse dormito bene.
«Sì, la tua pancia è comoda!», iniziò a farmi il solletico e non riuscii a trattenere una risata isterica.
Tra i miei sghignazzi gli strillavo di smetterla sperando nella sua clemenza, ma quella tortura cessò per ben altri motivi.
La porta si spalancò di colpo e Ryan, col suo vizio di non bussare mai, entrò in camera.
Io e Ricky, aggrovigliati nel solletico, nudi nel letto disfatto, coperti di graffi e lividi dalla nottata precedente, davanti a quella lingua lunga di Ryan.
Istintivamente mi coprii col lenzuolo e Ricky cadde dal letto per evitare di essere guardato.
«Scusate!», scappò via sbattendo la porta di fretta, paonazzo oltre ogni immaginazione.
Ricky si stava infilando i vestiti al contrario dalla fretta, convinto che Ryan potesse spifferare qualcosa.
«Vado ad evitare che faccia casini.», rispose alla mia domanda riguardo dove si stesse precipitando.
«Vestito così?»
Non aveva neanche messo i boxer, solo i pantaloncini, al contrario, oltretutto. Non mi ascoltò ed uscì, quindi seguii il suo esempio e mi vestii velocemente, ma indossando tutto. Non mi curai di domare i capelli scompigliati lasciando i lividi sul collo in vista.
Quando arrivai dove si trovava la combriccola, Vinny era intento ad investire Ricky di domande riguardo a come fosse (s)vestito.
Balz, invece, si poneva questioni su come la sua schiena era ridotta a causa dei miei graffi.
Rick ignorò tutte le domande e si diresse verso Ryan spingendolo via dal gruppo per un minimo di riservatezza.
Fu così che i ragazzi assalirono me di curiosità sul nostro stato pietoso.
Cercai di sporgermi dalla modesta ressa per cogliere qualche stralcio del dialogo tra i due.
Rick teneva stretto tra i pugni il colletto di Ryan, costringendolo a rimanere sulle punte non ostante la sua maggior altezza.
Quel ragazzo che la notte prima riservò tanta dolcezza nei miei confronti era tornato minaccioso ed aggressivo. Stava sussurrando a denti stretti qualcosa sul tacere a Ryan che si piegò spaventato a quell'intimazione violenta.
Dopo che il povero Sitkowski riottenne la libertà della sua maglia prese un respiro. Rimase scosso anche dopo l'uscita di scena turbinosa del miglior amico.
Alle mille domande di Josh, Vinny e Chris mi defilai con un "Posso usufruire del diritto del silenzio."
Fuggii e notai lo sguardo torvo che Devin riservò a Ryan. Dovevo assolutamente parlare con Ricky.
Lo ritrovai in camera mia ad infilarsi le scarpe.
Prima che potessi dire una sola sillaba mi disse con tono frenetico, «Nega tutto. Non siamo gli unici in questo hotel e le grida di stanotte potevano essere di un'altra coppia-»
«Ricky, calmati.», gli presi il viso tra le mani e gli accarezzai gli zigomi.
«Ho paura che possano scoprire dell'omicidio. Ho paura della loro reazione. Potrebbero cacciarti e non avresti dove nasconderti, o peggio, ti potrebbero consegnare alla giustizia.», confessò le sue preoccupazioni ed in fine sospirò poggiando i suoi palmi caldi sui dorsi della mie mani.
Avvicinai la mia fronte alla sua, fino ad appoggiarmici come stremata e poi sentii le sue labbra sfiorare le mie in un bacio leggero e dai mille significati.
Mi sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio sorridendomi per nascondere la sua ansia ed uscì diretto a far colazione.
Io, invece, rimasi in camera a cibarmi dei cioccolatini di Ricky per affogare le ansie che mi contagiarono dopo il suo discorso.
«È un coglione! Ricky... È un coglione.», gesticolava freneticamente.
Inutile dire chi entrò come una furia in camera mia, senza permesso.
«Come al solito bussare è un optional?», chiesi sarcasticamente, ma neanche mi sentì talmente preso dal suo monologo.
«Perché cazzo mi ha rincorso mezzo nudo nella sala ristorante? Gli pare che avrei detto qualcosa?», imprecò esasperato, «No! Non lo avrei fatto e ora per colpa sua gli altri sospetteranno di sicuro. Cioè, è idiota a scendere facendo vedere di tutto e minacciandomi in quel modo?!»
Ryan faceva su e giù per la stanza in preda alla collera, continuando il suo discorso, finché non lo fermai afferrandolo per un polso.
Si girò di scatto verso di me come se si fosse accorto solo in quel momento della mia effettiva esistenza là dentro.
«Eravamo migliori amici e da quando ci sei tu è sempre suscettibile ed isterico. Cosa gli dici per renderlo così?», mi aggredì puntandomi un dito contro e camminando sempre più vicino a me.
Mi sovrastò arrabbiato fissandomi dall'alto al basso finché non lo spintonai via da me.
«Io non gli dico niente!», mi stizzii.
«Fa tutto lui. Magari è perché ti conosce, sa che sei un pettegolo cagacazzo! Sì, ecco. L'ho detto, sei un CA-GA-CAZ-ZO!», gli risposi urlando e sfogando la mia opinione caustica.
«Ah io sarei un cagacazzo?! Parla quella che si è intromessa nella nostra vita tranquilla rovinandola!», si difese continuando la discussione animata.
Stavo per controbattere quando alla porta si affacciarono Devin e Ricky.
Guai in vista.
«Ah! Sarebbe Sofia quella che rovina tutto?!», Ricky subito iniziò a diventare rosso dalla rabbia. Lo scoppio di iperprotettività lo portò ad avanzare contro Ryan fino a spintonarlo lontano da me.
«Sì, hai capito bene!», rispose a tono intenzionato a non ripetere la figura del codardo.
Stavo assistendo al litigio a bocca spalancata quando Devin mi spintonò fuori dalla stanza per poi chiudere la porta.
«Allora, nell'hotel di Berlino c'è una piscina fantastica, hai già il costume da bagno?», mi chiese lui fuori tema arrangiando un tono calmo.
«Ti pare il momento? Quei due si stanno per scannare!», lo rimproverai sentendo le urla attutite dalla porta chiusa e sbarrata dal corpo del bassista.
«Cerco di distrarti non ti fa bene vederli o anche solo sentirli... No, keep out!», mi ordinò quando tentai di rientrare. Apprezzai molto il suo pensiero, ma lo spostai con forza e mi intrufolai dentro comunque. Viva la mia bassezza!
I due ragazzi stavano litigando vivamente, entrambi con le vene del collo gonfie e la voce spaventosamente alta e violenta.
«Se ti facessi gli affari tuoi senza fare il porco a chiederle di poterlo fare a tre...!», urlava Rick, capii che la lite divagò su vari fronti anche non attinenti.
«Cosa c'entra? Sei diventato una bestia! Ti rendi conto che hai rotto il naso ad un tecnico mettendo nei casini Korel?», rispose Ryan tirando in ballo l'aggressività dell'amico.
Io e Devin ci scambiammo uno sguardo d'intesa e ci lanciammo a separare i due che, nonostante li trattenessimo, scalpitavano furiosi e continuavano ad offendersi e a discutere.
«Questa ragazza è violenta e così ti sta facendo diventare!», sostenne Ryan agitando la testa per scostare i capelli davanti gli occhi.
«Non è violenta, da dove cazzo stai tirando fuori ste scuse?!», ribattè Ricky cercando di liberarsi dalla presa ferrea di Devin.
Trattenevo Ryan con tutta la forza che avevo - che non sembrava abbastanza -, tirandogli le braccia dietro la schiena mentre lui cercava di scagliarsi verso Ricky. Si dimenava e mi lanciava sguardi di odio mentre gli tiravo calci alle caviglie per farlo smettere di muoversi.
«Ti sei già scordato che mi ha tirato più volte uno schiaffo e non esita a farmi male anche ora?! Diamine Ricky! Ha ucciso una persona!», gli ricordò facendo calare un silenzio teso.
Lasciai le sue braccia non sentendo neanche più il peso delle mie.
Devin che non sapeva nulla di tutto ciò mi guardò con aria interrogativa, la bocca aperta e gli occhi vitrei.
Il ragazzo slacciò la presa sui polsi di Ricky, lasciando che le braccia cadessero di peso lungo i fianchi.
Olson ringhiò un "Questa me la paghi!" scuotendo la testa lentamente con lo sguardo verso il basso.
Quando lo alzò, gli occhi trasmisero quell'atmosfera repressa prima dello scoppio di una bomba. Un paio di occhi, una minaccia.
Un istante dopo Ricky si lanciò sul suo migliore amico gettandolo a terra, sopraffatto.
«Lascialo!», gli ordinai cercando di staccarlo da Ryan che ora stava incassando diversi colpi sul viso.
Quest'ultimo cercava di scollarsi Ricky di dosso tirandogli delle ginocchiate forti allo stomaco e sputandogli addosso.
«Bastardo, devi stare zitto! Era legittima difesa! O noi o lui!», gli gridò riducendo la distanza tra i loro volti ad una spanna.
Gli afferrai un braccio che, con uno strattone, liberò di nuovo, tirando un pugno a Sitkowski.
Finalmente, dopo diversi tentativi e colpi ricevuti erroneamente, io e Devin staccammo Ricky da Ryan, quale si stava rialzando sputando un po' di sangue.
Cercai di farmi ascoltare dal ragazzo con gli occhi blu ma infuocati, però non si calmava neanche a pagarlo.
Devin sorresse Ryan su una spalla: aveva un occhio pesto, il volto graffiato, segni rossi al collo e il labbro superiore abbondantemente sanguinante. Ricky si teneva le mani sulla pancia dove Ryan gli causò dei grandi lividi.
«Lo porto a medicare...», ci avvertì Devin uscendo con Ryan che ci guardava.
Rivolse il suo sguardo furente a Rick e gli sbilò con disguto.
«Non ti riconosco più, Richard Olson.»
Devin chiuse la porta e mi voltai, concentrandomi sull'immagine ansante di Rick.
«Non per darti torto e parteggiare per Ryan, ma ha ragione, sei violento e mi fai paura!», mi lasciai sfuggire col fiato mozzato.
«Io... Io non lo so!», mi guardò con sguardo pentito, «Ma non deve toccarti ancora!», disse ricaricandosi di odio.
«Tu lo conosci benissimo, sai che è un porco impiccione e attacca brighe, ma sai perfettamente che non ha mai e non avrebbe mai alzato un dito su di me.», lo rassicurai.
«Ne sei così sicura? Prima ti fa certe proposte e poi ti aggredisce verbalmente dandoti colpe inesistenti. L'ho visto come era vicino a te, temevo ti stesse per colpire.»
Vagava per la camera come una meteora impazzita e dispersa nel vuoto dell'universo composto da nervosismo.
Riprese fiato ed elaborò le mie parole. «Scusa, ma hai detto che... Che ti faccio paura?», chiese incredulo accigliando la sua espressione, finalmente voltandosi verso di me.
«Io non... Cioè... Alle volte. Prima non sembravi veramente più tu, eri così violento che neanche riuscivo a ricordarti come il dolce Ricky che vive di cioccolato. Sì, Ricky, mi fai paura.», ammisi a fatica in soggezione.
Lui imprecò sotto voce e si osservavò le scarpe, pentito e pensieroso; non ebbe il coraggio di incrociare il mio sguardo.
Fu un attimo lungo ed estenuante.
«Vai.»
Ruppi il pesante silenzio.
«Dove dovrei andare?», chiese guardandomi, dopo molto tempo passato ad ignorarmi visivamente.
«So che vuoi chiarirti con Ryan. Vai.»
Con titubanza, come dubbioso di potermi far del male, mi venne incontro e mi sussurò un ringraziamento all'orecchio, poi mi diede un bacio in fronte e se ne andò in fretta per cercarlo.
Una volta sola, mi accasciai sul letto e presi il telefono. Cioccolato, letto e Giulia erano un valido antidepressivo, così digitai il numero e aspettai una risposta.
Avevo un disperato bisogno di sfogarmi e di ricevere i suoi preziosi consigli riguardo a questa faccenda di Ryan e Ricky.
«Mi sento come fuori posto... Mi vedo come un elemento disturbante che sta rovinando una splendida amicizia come quella di Rick e Ryan. Capisci?», le spiegai.
«Amo', non puoi farti queste fisse. Se tu sei veramente la fonte di felicità di Rick, Ryan in quanto migliore amico dovrebbe soltanto essere felice di te, non farti colpe; probabilmente è solo geloso perché ora Rick presta più attenzione a te che a lui.»
«Mmh...», commentai poco convinta, accanendomi sulle mie unghie, «E come la mettiamo con la questione che rendo Ricky violento?»
«Ancora con 'sta storia? Teso', è lui che si deve regolare.», come al solito parteggiò per me. Potevo sempre contare sulla mia Giulia.
«Un'ultima cosa: che dico agli altri per convincerli che io e Ricky non stiamo insieme?», le chiesi speranzosa prima di sentire il rumore di un treno che sfrecciava sulle rotaie, ma non ne fui certa.
«Ah be', ormai è inutile mentire, spiega tutto e basta.», sottolineò divertita. Sadica.
Dopo un paio di questioni riguardo la notte prima, conclusi la telefonata per evitare di esser tropo visibile sui tabulati.
Mi alzai per farmi una doccia - che non ebbi tempo di fare il giorno prima -, ma apparì Ricky sofferente sull'uscio della mia porta.
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