- 11 - Burn
Bisognosa di parlare con un'amica, riabilitai Whatsapp scrivendo a Giulia.
"Ti chiamerò fra un'oretta, promesso. A dopo."
Sentivo che quel contatto, assieme alle chiamate a Jonny, sarebbe potuto essere fatale, come un amo attira giustizia.
Sperai che i miei tabulati telefonici non fossero ancora tenuti d'occhio e mi turbai di più quando notai che la scritta indicante online si trasformò in "sta scrivendo".
Ero certa che stava digitando in preda alla furia, stampando con forza i suoi polpastrelli sul tastierino facendo materializzare frasi sintatticamente scorrette sullo schermo, come a suo solito.
Capire cosa scrivesse era un'arte che, oltre a me, solo pochi riuscivano a praticare.
Dopo il pranzo, che fu più una merenda, corsi in camera a chiamarla.
«Sofia, non mi hai nè chiamata nè messaggiata! Perché sei scappata? Avevi promesso che mi avresti spiegato tutto!», mi urlò con tono apprensivo ed alterato.
«Perché sai che sono scappata? Chi te lo ha... Jonny! Deve star zitto!», scossa a mia volta, mi tolsi una scarpa e la lanciai.
«Spiegami il perché, con chi sei e dove sei! Ti vengo a prendere.», rispose perentoria, determinata, cocciuta come al solito.
«No! Giulia, non sono affari tuoi, è una cosa più grande di te. Non ti immischiare in questa faccenda!», le ordinai più che arrabbiata, preoccupata.
Come avrebbe reagito se lo avesse saputo? Cosa sarebbe stata in grado di fare?
«Dimmi cosa è successo, allora...», pretese con un tono molto più controllato.
«Siamo sorelle per scelta noi.», tentò di corrompermi addolcendo ulteriormente la voce.
Mi buttai, sgraziatamente, a sedere sul letto; cedetti e le raccontai di tutto, tralasciando dove mi trovavo e dov'ero diretta, buona sì, ma non stupida.
Non mi piaceva l'idea di essere pedinata non solo dalla polizia, ma pure da lei.
«Hai capito che non mi devi seguire ed è una cosa seria?», le chiesi col cuore in gola dall'ansia.
«Sì. Ora dimmi i dettagli di Ricky e anche del reagalo, dimmi tutto!», smorzò la serietà del discorso alludendo a discorsi hot, come sempre.
Feci una faccia esasperata - come se potesse vedermi-, ma divertita e le raccontai che provavo la sensazione più forte che ebbi mai sentito. Era un'esperienza surreale potergli scompigliare i capelli e guardarlo sognante mentre avvicinava il suo volto al mio.
Le raccontai l'onore e l'eccitazione di quando Ricky ruppe il naso al tecnico sonoro per me.
«Uhh! Che cosa romantica che abbia massacrato le vie aeree di un tipo per te! Molto, molto raffinato...», commentò sarcastica.
«Forse non lo è proprio, ma si è dimostrato un gentle man.», tentai di difenderlo, ma quando Giulia mi chiese un esempio, mi resi conto di essermi impantanata.
La notte dell'omicidio? No, lo volevo prendere a calci io stessa. Quando si è offerto di portarmi le valige? Be', lo hanno fatto tutti, niente di sensazionale...
«Quando ho aperto il regalo di Jonathan non si è preso gioco di me, uno dei tanti esempi.», bluffai, sperando di essermi tolta da quella situazione.
«Ah-ah, capisco.», rispose con aria distratta ed una vena ironica.
«Proprio non ti piace, eh?», chiesi indispettita.
«Non è questo.», sbuffò e prese tempo per scegliere le parole.
«È solo che mi sembra tutto un po' avventato, strano. Sof, pensaci bene prima di ficcarti in questioni più grandi di te.»
Troppo tardi.
Pensai col cuore pesante come un macigno.
«Temo soltanto che tu stia trovando in Ricky un facile ed immediato rifugio da tutto quello che sta succedendo.», concluse lanciando una bomba.
Se fosse stato davvero così?
«No, ti sbagli.», il mio tono era più indispettito di come mi aspettavo.
Volevo solamente la certezza che le parole di Giulia fossero errate.
«Lo spero. Senti, io ora devo andare.», tagliò corto.
«Va bene.»
Allontanai il telefono dal mio orecchio, ma prima che potessi riattaccare, la voce dall'altro capo mi richiamò.
«Manda anche a me il video!», disse scoppiando a ridere, «Non vedo l'ora di vederlo, sarà un capolavoro.»
«Va' a cagare.», risposi cercando di celare un risolino; in fondo, ero convinta che in poco tempo sarei riuscita pure io a riderci su.
La chiamata terminò e subito andai sul contatto di Jonathan.
Automaticamente scesero delle lacrime di nostalgia. Mi mancava quel suo sorriso smagliante che trasformava in un ghigno da castoro, i suoi occhi che riportano la mente al sapore della nutella.
Inviai il video e, come attirato da un magnete, il mio pollice inoltrò la chiamata.
Il telefono emetteva il sordo rumore tipico dell'attesa, il solito, snervante "Tooh... Tooh..." che si interruppe al quarto squillo.
«Scusa se rispondo adesso, ma stavo cercando i tappi per le orecchie.», si mise a ridere per qualche istante, «Ehi, dov'è la sfuriata?... Aspetta, ma stai piangendo?»
«Jonny...», il mio era un flebile sussurro, «Mi manchi da morire e non credo di riuscire a farcela.», la mia voce si ruppe definitivamente e i singhiozzi furono sovrani.
«Tranquilla, ci vorrà solo tempo e quando le acque si calmeranno troveremo i modi per stare in contatto, per tornare vicini.»
Il mio pianto isterico continuò per qualche minuto e lui rimase in linea, consolandomi, finché non cessò.
«Meglio?»
«Mh-mh», tirai su col naso, asciugandomi il viso.
«Vuoi dirmi altro?», chiese premurosamente.
Ah già, vero. VERO.
«Certo che voglio dirti altro!», sbottai, nuovamente rianimata dagli umilianti ricordi della sera precedente.
«Come ti è venuto in mente di farmi quel regalo? COME?! Sai che l'ho aperto davanti a tutti?», strillai rossa, viola, nera dalla rabbia.
«Come regalo voglio un Amplifon, dato che sei tu ad avermi sfondato il timpano.», rispose a suo modo contrariato.
«Ti sfonderei altro a calci.», ringhiai stringendo il telefono con fin troppa forza.
«Dai, quando finalmente li avrai usati ammetterai che è un regalo stupendo.», tentò di non farsi biasimare.
«Fottiti.»
«Anche tu, il regalo è proprio per quello!», sghignazzò, «Mandami il vid-»
Gli riattaccai in faccia.
«Te l'ho già inviato, idiota!», urlai contro il cellulare, come se mio fratello potesse ancora sentirmi.
Non me ne accorsi, ma in camera erano entrati Vinny e Balz che erano incuriositi dal mio tono di voce.
Quando mi voltai verso di loro sobbalzarono vedendomi alquanto furibonda.
«Non si bussa?», li fulminai.
«Troppa fatica!», spiegò Vinny poggiandosi con nonchallenge allo stipite.
«Che c'è?», chiesi scocciata incrociando le braccia e cercando di tranquillizzarmi. Non era colpa loro.
«Ehm...», Balz guardó impacciatamente una mia valigia.
«Si tratta dei... Preservativi?», domandai curiosa.
«Balz, sei sposato, accidenti!», lo rimproverai prima che potessero rispondere.
Strabuzzai gli occhi, sorpresa, «Siete gay?», chiesi sconvolta.
«No!», rispose Vinny preso in contropiede.
«Ho perso una scommessa contro di lui e mi devo vestire con intimo femminile...», ammise rosso in faccia Balz.
Immediatamente assunsi il suo stesso colorito.
«Be', f-fai pure.», balbettai ancora confusa, gli indicai il cassetto e gli dissi di prendere il più in fretta possibile per evitare troppo imbarazzo.
Josh si servì senza commenti perché a quanto pare ci teneva ad avere la faccia sana; il tutto sotto lo sguardo divertito di Vinny.
«A dopo.», li salutai con l'intenzione di chiudere la porta a chiave.
«A dopo? No no, tu devi venire con noi, non so come si allacciano sti cosi.», disse perplesso il tastierista, tenendo in mano i gancetti del reggiseno.
«Si fa come per slacciarlo, ma al contrario. Come diavolo lo togli a tua moglie?», risposi contrariata.
È davvero così incapace?
«Lasciamo stare.», rispose sempre più in difetto.
Si. Lo è.
«Dai, vieni. Non vuoi vedere come sarà sexy Josh?», mi incoraggiò Vinny, convincendomi.
Una sana risata era quello che mi sarebbe servito.
Li seguii in camera e dopo dieci minuti Balz fu pronto, nell'ormai suo, completo intimo di pizzo nero, di quelli che tutte hanno nel cassetto e che solo poche indossano, infatti non l'avevo mai utilizzato e perciò non fu un problema farlo usare al povero Josh.
Indossò gli slip da solo - almeno quello - e poi gli allacciai il reggiseno, spiegandogli come.
Il passo successivo fu truccarlo, che spettò sempre a me, mentre Vinchenzo scelte a solamente i colori del make-up.
I suoi occhi color oltremare erano contornati da uno smookyeye blu e le labbra erano messe in risalto da un lucida labbra alla ciliegia. Riposi i trucchi gentilmente concessi da Devin ed ammirai la mia opera.
Per completare il tutto, Vinny comprò nei giorni precedenti una parrucca rosa, un bob lungo che gli esaltava lo sguardo torbido.
«Oh.Mio.Dio.Josh! Potrei flirtare con te da quanto sei attraente!», lo canzonó Vinny.
«Ora mia cara Balz devi girare così per l'hotel. Vuoi delle scarpe da abbinare?», lo presi in giro, porgendogli le calzature, e lui ci fulminó con lo sguardo intenso per via del mascara volumizante.
Ci stava odiando profondamente.
Mi strappò di mano i tacchi vertiginosi, vi ci infilò i piedi e si diresse traballante alla hall. Potevo sentire gli strilli di dolore delle sue dita costipate nelle open-toe da squillo.
Una dragqueen non sarebbe stata nulla confronto alla nostra creazione che arrancava verso l'entrata dell'hotel.
Si pose davanti al resto della compagnia, fece un respiro profondo e si tolse didosso la giacca che lo copriva.
Volarono fischi ed ammiccamenti verso la signorina Balz, la quale ci mostró le sue eleganti dita medie e girò sui tacchi, letteralmente, per andarsene.
Una receptionist chiamò una guardia avvertendo che "C'è uno squilibrato in intimo femminile. Non se sia un trans o cosa, ma è osceno!"
Una robusta presenza maschile in divisa, che si avvicinò a grandi falcate minacciose, si affiancò a Josh e ci allarmò.
Vedendolo in difficoltà a scappare, per via dei tacchi, lo raggiunsimo e Chris e Korel, essendo i più alti e forzuti, sollevarono Balz per le braccia e lo trascinarono lontano dall'uomo, che iniziò ad inseguirci.
Ci stipammo nell'ascensore che si chiuse appena in tempo per metterci in salvo.
«Aiuto.», implorò un'anziana schiacciata sul fondo della cabina.
«Scusi!», mi feci portavoce della combriccola prima di uscire per rifugiarci tutti e otto in una camera, dove gli scherni proseguirono.
«Posso toccare la merce?», Ryan ammiccò al fondo schiena di Josh per provocarlo.
«Giuro che me la pagate! Tuuuutti quanti!», ci guardó male indicandoci uno ad uno, colpendoci col raggio del suo indice.
«Struccati principessina vendicativa, che fra poco c'è la cena.», lo sfottè Chris, lanciandogli un asciugamano umido.
Era la sera del concerto e non avevamo a disposizione molto tempo per cenare.
Mentre mangiavamo, io e Rick ci tenemmo per mano, le nascondevamo sotto il tavolo e lui fu costretto a mangiare con la sinistra.
«Perché da oggi sei mancino?», sollevò un sopracciglio Devin, che appunto, osservó anche quello.
«Dicono che stimoli il cervello usare la mano opposta.», si inventò Ricky prontamente.
«Ma tu non hai cervello.», sibiló Josh con risentimento, ce l'aveva a morte con tutti noi.
«Non capisco perché tutto questo scalpore per il mio travestimento da donna, Devin lo fa di continuo con tanto di seno finto e non gli dite niente!», protestó battendo i pugni sul tavolo come un bambino.
«Perché Devin ha un corpo strano, assomiglia ad una ragazza e poi ha quel culetto... Lui risulta sexy, tu ridicolo.», spiegò Ryan sovrapensiero lasciandomi con la forchetta a mezz'aria e la bocca spalancata dallo stupore.
Lo fissammo tutti sbalorditi.
«Oh dio, non è che mi violenti, ora? Vero, Ryan?», chiese in pensiero Devin.
«No! Cioè... Tu sei maschio e a me piace la...»
«Ok, io potrei sentirmi chiamata in causa. Evitiamo questi argomenti durante i pasti.», zittii Ryan che concluse con un sonoro e ben scandito "...figa...", scurrile come al solito.
Nel frattempo Ricky, che rischiava di strozzarsi per le risate, mi teneva ancora la mano accarezzandola col pollice, finchè a Chris non cadde il tovagliolo.
Lui fece per abbassarsi e avrebbe potuto vederci per mano e sospettare ancora di piú.
Io e Rick ci mollammo velocemente e io sbattei il polso sotto al tavolo.
«Porca vacca!», urali secco e molta gente si voltó verso di me.
Guardai il mio pasto a metà, poi l'orologio; era troppo tardi.
«Vado a mettermi del ghiaccio, ci troviamo ai furgoni.», salutai gli altri con gli occhi lucidi dal dolore.
Sentivo il sangue che picchiava sulla contusione e quando vi poggiai il ghiaccio brució anche.
Saltellavo dal male ed imprecavo nella mia stanza con un linguaggio che avrebbe scandalizzato pure uno scaricatore di porto.
Quando fu ora di andare, Vinny bussò alla mia porta portandosi delle bende dietro.
Salimmo sul furgone e nel frattempo mi fasciò dalla mano fino a metà avambraccio, le bende erano lunghe e non aveva forbici con sé.
«Mi succede spesso suonando la batteria di dare contraccolpi troppo forti, ma col tavolo, mi suona nuova.», rise un po' e poi tornó attento a fasciarmi la mano.
«Grazie, Chenzino.», gli scompiglia i capelli. Quel ragazzo mi ricordava molto Jonathan. Il polso faceva già meno male ora che non lo potevo muovere.
Arrivammo in poco tempo allo stadio e cantavamo allegri - si fa per dire - Lana Del Rey.
O almeno, io ci provai dato che conoscevo solo una canzone, al contrario di Devin. Le sapeva tutte e aveva un faccia così concentrata, emozionata quando cantava che io e Ryan dovevamo trattenere le risate.
«It's SUMMER TIME SAAADNESSSS!», cantava in un eterno strillo, rovinando la canzone.
La nostra eroina fu una frenata che gli fece sbattere la testa contro l'imbottitura del sedile davanti, quale lo zittì, con nostra immensa gioia.
«Signori... Potete scendere.», ci avvertì Korel che si trovava al volante e non ne poteva più della serenata straziante di Ghost.
I Motionless In White al completo erano dietro le quinte a sporcarsi di vernice nera e a truccarsi il volto.
Chris, armato di un flacone di candido talco, spruzzava i compagni fino a farli tossire con le vie aeree intasate dalla fine polvere bianca.
Ricky con le mani ancora sporche di vernice mi si avvicinó e mi sporcó tutta la faccia.
«Ma che...!», esclamai stupita.
«Ora sei cooompleta!», mi rise in faccia.
«Io non devo salire sul palco.», gli feci osservare, cercando di togliermi un po' di quella roba.
«Lo so, ma...», abbassó la voce e si avvicinò al mio orecchio, «ma la mia ragazza deve essere "sverniciata" anche lei, è come un'usanza di famiglia.», mi sorrise stampandomi un bacio sulla guancia.
La mia ragazza, mi soffermai su quelle parole, imbambolata mente si allontanava per applicare l'ombretto nero attorno le sue orbite.
Alla fine non mi tolsi la vernicie, in fondo non era fastidiosa.
Osservai la band finire i preparativi, fare stretching e mettersi in posizione per andare in scena e farsi acclamare dalla folla.
Il concerto era iniziato da un po' e stava procedendo bene, ed io lo seguivo entusiasta dalle quinte.
Al momento dell'assolo di "A.M.E.R.I.C.A." Ricky e Ryan avrebbero dovuto allontanarsi dalle normali postazioni sul palco o le fiamme degli effetti speciali li avrebbero abbrustoliti.
Ed io, ero proprio vicina ai comandi e camminando nervosamente scivolai su del talco a terra.
Sbattei contro l'azzionatore delle fiamme prima che i chitarristi si allontanassero.
Sulle retine mi so stampò il fuoco, rosso e pericoloso.
Vidi la fiammata e poi più nulla. I miei occhi rimasero bui.
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