MADRID

- Carlotta, i semafori di Madrid pigolano.
- Ovunque, mamma.
- Ti sbagli. A Torino i semafori sono muti, a Hong Kong gracchiano e se non ricordo male strombazzano con un "pa pa pa". Altri ancora "bip bip bip". In Giappone sono più creativi, lo stesso semaforo cinguetta con due tonalità diverse.
- Vero, a Torino i semafori sono muti. E i ciechi come fanno?
- Sì faranno aiutare da qualcuno.
- Scusa, ma come fai a conoscere il suono dei semafori giapponesi?
- Mi sono documentata.
- Ti sei documentata... sui semafori giapponesi...Va bene. E allora?
- Allora niente, dopo cinquanta km tra corsa e cammino, in due giorni e mezzo, ho notato che i semafori a Madrid pigolano e il loro suono non mi ha ancora abbandonata.
- Ah, erano necessari cinquanta km?
- Era per dire...
- Mamma, anziché raccontarmi ciò che hai visto di interessante mi parli dei semafori?! Ti sembra normale?
- Calma Otta, ora ti racconto.

Il dialogo con Carlotta è avvenuto l'ultimo giorno a Madrid.
Ora comincio dal principio.

La mia giornata quando viaggio, ovunque sia, inizia con la corsa a meno che altri programmi richiedano di partire all'alba.
I paesaggi suscitano stati d'animo differenti. Quelli delle città, seppur diversi, non sono meno appaganti. Prediligo i parchi, i lungofiumi, ma apprezzo anche le vie strette e larghe delle città. Madrid le ha entrambe. Alterno avenidas, i viali, alle calles, le vie più strette.

Mi piace partire presto quando la notte non ha ancora lasciato del tutto il posto al giorno. Credo sia per apprezzare l'atmosfera del risveglio. Non solo. I fari delle auto nei grandi viali spiccano ancora e contrastano il cielo che non è più blu, ma non ancora azzurro e attraggono il mio sguardo che si traduce in scatti.

Corro regalando del tempo alla fotografia, perché lei me lo restituisce questo tempo, in immagini capaci, a distanza di anni, di rievocare stati d'animo che andrebbero persi.
Stamattina le nuvole corrono veloci, c'è aria di pioggia, per fortuna non imminente. Il corpo sta bene, ho solo freddo alle mani. Le nuvole non stonano anzi, quando cerco l'inquadratura penso che diano valore anziché toglierne. Costeggio il Prado, edificio imponente ed elegante. I totem adibiti a fioriere davanti all'ingresso richiamano la mia attenzione.

Attraverso la Plaza de la Indipendencia, uno dei simboli di Madrid. In neanche mezz'ora raggiungo il Parco del Buen Retiro. Sono circa 1,2 km quadrati di meraviglia. Le persone si contano, sono pochissime. Anche per questo mi piace correre a quest'ora. La sensazione è di un maggior contatto con la città. Intimità. Ecco la parola, sensazione di maggior intimità. Nulla si frappone tra me e ciò che fotografo. La folla distoglie, distrae, confonde. Appena varco l'ingresso mi tornano in mente le parole di Fulvio, il mio amico maratoneta, Chiara, conoscendoti impazzirai quando correrai nel Parco.
Be' fortunatamente non impazzisco, ma nel corpo sento quella trasformazione che ogni volta avviene di fronte alla bellezza, a quello che i miei occhi riconoscono come tale.

Vialetti alberati si alternano a statue, monumenti di varie epoche con influenze neoclassiche, neoegizie, barocche, francesi, moresche, vittoriane, rovine di chiese romantiche e altro ancora, laghetti, piccoli corsi d'acqua abitati da anatre e cigni. La vegetazione è varia. Spiccano i cespugli di mahonie e viburnum. I canti degli uccelli - ho usato il plurale perché sono vari - danno forma alla colonna sonora di questa corsa.
Incontro un lago artificiale con un monumento sull'altra sponda.

Mi fermo. Un fotografo con un'attrezzatura importante è appostato, sta cercando la luce giusta, la sta aspettando. Io cerco l'inquadratura, lui lo nota. Mi dice di andare dove c'è lui perché quello è il posto migliore per quello scatto. Lo dice in spagnolo. Lo ascolto. Aveva ragione. Lo ringrazio. Ci salutiamo con un sorriso e qualche parola sulle scie chimiche che formano una croce obliqua in cielo sopra la statua.
Decido di esplorare una parte del parco.

Correndo, incontro più volte una donna dai lineamenti orientali che cammina all'indietro a una velocità impressionante. Mi viene in mente un articolo che avevo letto anni fa sui benefici di questo tipo di camminata. Pare che i polmoni funzionino meglio e si consumino molte più calorie. 100 passi all'indietro equivalgono a 1000 passi in avanti, inoltre questo tipo di camminata è consigliato nei casi di riabilitazione per problemi di schiena o di ginocchia. Ecco perché sul Cammino di Santiago chi proprio non ce la faceva più, a causa dei dolori alle ginocchia, camminava all'indietro. All'ennesimo incontro alzo la mano destra, sorrido e la saluto. Lei fa altrettanto. Incontro di sguardi e sorrisi. Nulla di speciale che diventa speciale se penso a quando corro intorno al lago della mia città, saluto le persone e alcune si voltano per non salutare. Guardo l'ora, è tardi. Torno in albergo. Carlotta mi aspetta per la colazione. E colazione sia. Abbondante, ricca, lunga. Faccio una doccia, sempre con estrema calma e riparto ancora sola perché lei ha degli appuntamenti di lavoro.
Piove, eh sì, adesso piove. Pazienza, ombrello e via. Puerta del Sol e Plaza Major. Poche persone per le strade, la pioggia scoraggia. Fa freddo, ho le mani gelide.

La piazza è quasi deserta. Ecco un aspetto positivo della pioggia. I negozi non sono abitualmente tra i miei interessi, quelli di Madrid invece la richiamano tutta la mia attenzione.

Le insegne, i colori, l'esposizione dei vari articoli, i generi di prodotti, m'interessa tutto. In particolare un chiosco sotto i portici della piazza che vende Tortillas in scatole tonde, datate. Non vecchie eh, cos' hai capito, con una data, un anno impresso sulla scatola. Vuoi commemorare un evento importante? Puoi farlo con una Tortillas. Una modalità simpatica. Sono esposte bene e hanno colori delicati. Ci sono solo io nel chiosco. Posso fotografare senza impedimenti.

Mi ferma un ragazzo gentile che mi chiede se può farmi un'intervista. Sono un giornalista, mi dice. Subito gli dico di no. Poi vedo il taccuino e riconsidero il suo aspetto. Va bene, gli dico, Fammi l'intervista. Il tema è la donna, siamo vicini all'8 marzo. Uso le mie solite tre lingue, spagnolo, inglese e italiano. Lui sembra capirmi, faccio dei discorsi anche piuttosto seri. Parlo della violenza verbale e psicologica contro le donne nella blogosfera, nelle varie reti sociali, altro sintomo d'imbarbarimento. Il livello di aggressività che si traduce in insulti e minacce a sfondo sessuale ha raggiunto livelli spaventosi, soprattutto negli Stati Uniti, ma anche da noi non si scherza.
- E la politica in tutto questo?
- Certo, la politica dovrebbe riordinare, regolare, arginare. I politici però sono il nostro specchio. Il problema sta a monte, nel livello di coscienza delle persone. I genitori formano uomini. La scuola forma uomini. Noi nasciamo senza una mappa sentimentale. Tutto ciò che ci sta intorno determina la formazione delle mappe emotive e sentimentali nei primi anni di vita. L'analfabetismo emotivo nei giovani è un fenomeno preoccupante. Le mappe emotive non sono una dotazione naturale, si apprendono culturalmente. I primi tre anni di vita secondo le neuroscience sono determinanti, secondo Freud i primi sei. La cura dei bambini permette una buona formazione delle mappe emotive che poi si traducono in mappe sentimentali. L'analfabetismo emotivo fa sì che non si conosca più la differenza tra corteggiare e stuprare.
Provo a raccontargli questo. Non sono sicura di quanto abbia capito. 
- Possiamo farle alcune foto?
Oddio, e perché mai dovrebbero farmi delle foto, penso.
- Faremo uscire queste interviste l'8 marzo su un giornale spagnolo con la foto delle donne intervistate.
- D'accordo per le foto - dico titubante.
Me ne fanno diverse. Ci salutiamo e il giornalista mi dà il suo biglietto da visita.
Torno in Hotel e lo racconto a Carlotta che non approva.
- Hai troppa fiducia negli esseri umani, -
- Credo di avere la capacità di valutare le situazioni e soppesare le persone.
- Sì, ma io voglio essere tranquilla quando sei in giro senza di me.
- Puoi esserlo. Carlotta, io vado al Reina Sofia, tu ora devi lavorare e poi ci sei già stata.
- Va bene, ma stai attenta.
Si sono invertiti i ruoli in questa fase della vita. Lei è diventata estremamente protettiva.
In reception mi domandano se voglio un taxi.
- È lontano,- mi dicono.
- Quanto ci vuole camminando?
- 50 minuti.
- Grazie, vado a piedi.

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