Ares - Capitolo 8
C'è grande cordoglio in tutta la comunità. Le donne sono state impegnate l'intera giornata nei Lamenti Solenni. Hanno vagato ininterrottamente per la sezione, emettendo lamenti simili a ululati e battendosi il petto. Gestire Magda è stato impegnativo, non faceva che lanciarsi a terra, urlare e piangere fino a raschiarsi la gola. Le altre la tiravano su e le allontanavano le mani dal volto che continuava a graffiarsi. A metà mattina sono stato mandato a portare dell'acqua e l'ho trovata a contorcersi sul pavimento, ciocche di capelli strappate ancora tra le dita e il viso una maschera di sangue, lacrime e muco.
Adesso i gemiti non si sentono più, da qualche ora è iniziato anche per le donne il Mutismo di Cordoglio. Sono tutti seduti a cerchio nella sala delle riunioni, che noi uomini abbiamo ripulito dagli addobbi della festa che si sarebbe dovuta tenere, con i capi coperti dai mantelli neri del lutto e ceri accesi tra le mani.
A me, Danae e Selene è stato concesso di ritirarci nelle nostre stanze e riposare fino a domani. Selene ha mugugnato e scalpicciato in segno di protesta e alla fine le hanno permesso di restare. Due minuti dopo dormiva già, abbandonata tra le braccia della madre, i capelli biondi a formare una corona scomposta intorno al viso.
Anche Magda si è addormentata, oppure è svenuta stremata dalla fatica. Wanda ha approfittato del fatto che fosse incosciente per pulirle il viso, visto che prima, come una bestia inselvaggita, non si è fatta avvicinare da nessuno. Anche ora che lo strato di sangue ormai secco non c'è più, ha un aspetto terribile. Gli occhi sono tanto gonfi che stento a credere che potranno aprirsi di nuovo e il volto è segnato dalle linee discontinue tracciate dalle unghie affilate.
Il mutismo di mia madre non ci ha dato indizi sulle cause del decesso, e ad oggi rimangono sconosciute: Mephista, problemi dovuti al parto, l'età avanzata della madre. Rintanati nel nostro silenzio non abbiamo potuto nemmeno avanzare ipotesi e in ogni caso non sarebbe servito a niente.
Ho da poco raggiunto la mia stanza, quando sento bussare alla porta. Non ho cenato, così come nemmeno gli altri, ma sono sicuro mia zia non voglia che mi corichi a pancia vuota. Apro la porta e con mia sorpresa mi ritrovo davanti mia sorella. Lascia siano i suoi occhi a implorarmi di permetterle di entrare, invece che le sue parole. Due strisce brillanti le rigano le guance e con gli occhi arrossati le iridi sembrano ancora più chiare.
Mi sposto dall'uscio e le consento di entrare.
«Non volevo stare sola... e non mi andava di continuare il Mutismo di Cordoglio» dice e la sua voce, tagliente come il vetro, infrange il silenzio che riempie la sezione da ore. Non potrebbe farlo, la tradizione vuole che dopo i Lamenti Funebri delle donne tutti meditino in un silenzio ossequioso per quarantott'ore, finché il defunto non viene Rilasciato. Eppure è più forte di lei, non riesce a rispettare le regole.
Mi torna alla mente un ricordo che, malgrado l'atmosfera luttuosa, mi fa sorridere. La nostra città non era stata ancora divisa in due sezioni e gli adulti avevano organizzato un gioco per noi bambini. Una persona mascherata interpretava la Mephista e noi seduti in cerchio dovevamo ascoltare la voce esterna e fare ciò che ci veniva detto. Se diceva di dormire allora dovevamo subito fingere di farlo e così via. Quando non ubbidivamo o lo facevamo in modo poco celere la "Mephista" avanzava verso di noi. Lo scopo era quello di farci capire che le regole sono tutte volte a proteggerci.
Improvvisamente, Danae uscì dal cerchio e cominciò a camminare in direzione della persona con la maschera. La richiamai sottovoce almeno dieci volte. Avevo paura che se non fosse tornata al posto avrebbero rimproverato entrambi. Alla fine per colpa sua perdemmo tutti, perché chi interpretava la malattia ci raggiunse. I grandi colsero l'occasione per spiegarci che in cose delicate come queste l'errore di uno può essere fatale per tutti. Danae non sembrava interessata alla lezione, si aggrappò alle spalle dell'uomo che nel frattempo si era seduto a terra accanto a noi e gli sfilò via la maschera. Tutto ciò che le importava dall'inizio era solo vedere chi ci fosse sotto. Aveva violato le regole e rovinato il gioco solo per soddisfare la sua curiosità.
«Nostra madre sa che sei qui?» Scuote il capo. Non so se ci sia concesso vederci quando vogliamo. Non ci hanno ancora parlato di ciò che ci è consentito fare. Per anni non ci hanno permesso di vederci e anche se presto saremo sposati, ci sono delle rigide regole da seguire: i simboli, i riti, le usanze. A ogni modo non importa, sono contento che sia qui.
«C'era quasi. L'ho sentito piangere...» dice, tirando su con il naso. Ha i capelli chiari legati in uno chignon. «Mi dispiace, mi dispiace che non ce l'abbia fatta. Dovevo buttarlo fuori, dovevo dirlo ad alta voce. Il silenzio mi stava uccidendo, era come se respirasse l'ossigeno al posto mio.» Nuovi cristalli rotolano giù dalle sue guance appena più colorite del solito. Con movimenti rapidi le caccia via dal viso e poi solleva il mento e rivolge lo sguardo verso l'alto, forse sperando di frenare la nuova imminente cascata di diamanti. Un paio, ribelli come la loro proprietaria, rotolano giù, altre rimangono impigliate tra le ciglia e brillano nella penombra della mia stanza.
«Adesso i suoi genitori non avranno nessun bambino» aggiunge con la voce che si incrina. La diga sta per cedere e i lucidi occhi grigi si riempiono delle onde del mare.
«Mi dispiace costringere anche te a rompere il silenzio.»
«Non fa niente» Non voglio che si senta anche in colpa e poi, per lei, sono disposto a infrangere la regola. Forse sarei disposto a infrangerle tutte.
«Sono contento che tu sia qui.»
«Se preferisci stare da solo, comunque, ti prego di dirmelo»
«Credimi, sono stato da solo abbastanza» Torna a guardare su e si asciuga le lacrime.
«Mi dispiace. Per quello che hanno fatto i nostri genitori.» La voce non riesce ad arginare la bolla di pianto che adesso le serra la gola. Io mi irrigidisco senza volerlo, come ogni volta che viene nominato l'abbandono dei miei. Conosco questo vuoto, mi è familiare. Mi brucia nel petto, fa male. Investe tutto quello che trova lungo il tragitto, mi strappa i tessuti: è una voragine.
«Non importa» Stringo i pugni, chiudo gli occhi e mi concentro per scacciare il dolore. Quando li riapro Danae è ancora qui, di fronte a me. Mi avvicino fino a sfiorarle le braccia con le mie. Anche nella penombra della stanza è bella da togliere il fiato.
«Io non ti abbandonerò mai, Ares» pronuncia trattenendo i singhiozzi. Annodo le mie dita alle sue e maledico l'accelerarmi dei battiti.
«Lo so. E mi avrai per sempre. È sempre stato così, dalla prima volta in cui mi sono affacciato sulla tua culla.»
Danae mi piomba addosso, poggiando le labbra sulle mie. E io mi perdo, mi perdo nella sua bocca. Smarrisco me stesso. Non so più chi sono, dove sono.
La mia lucidità sbiadisce, poi torna a fuoco e ogni cosa, anche il mio isolamento, acquista un senso. Tutto è stato fatto per una ragione, l'abbandono che ancora mi avvampa nel petto non è stato un sacrificio vano. C'è un posto anche per me nel disegno della comunità ed è infinitamente giusto.
Quando si scosta non sono affatto sazio dei suoi baci, ho il fiato corto e mi sento frastornato. Mia sorella mi osserva con gli occhi sgranati e il labbro inferiore tremante. Scappa via prima che possa fermarla.
Passo una notte agitata in un continuo alternarsi di sonno e di veglia. Danae è tra le mie braccia in tutti i miei sogni.
Il giorno dopo mi sento scombussolato. Danae non si fa vedere. Temo mi stia evitando per quello che è successo.
Sto passeggiando per i corridoio cercando di schiarirmi le idee, quando vedo mia madre chiudersi a chiave in una delle stanze abbandonate. Aspetto per un po' di vederla uscire ma poi mi arrendo e vado via.
Nota dell'autrice: Ciao! Finalmente sono tornata. L'esperienza a Taormina è stata meravigliosa. *_*
Sono lieta di poter tornare a pubblicare. Ammetto che la mia "Città Bunker" mi è mancata. Anzi, a mancarmi sono stati soprattutto i miei adorati (in ordine sparso) Danae, Ares, Astrea e Seth.
Ma adesso veniamo al capitolo appena pubblicato, che come promesso è più lungo di quello precedente. Spero che la cosa ti faccia piacere.
Questo è un capitolo, come avrai notato, particolare. In queste settimane sono partite tutte le Ship possibili ed è ovvio che non potrò accontentare tutti. Per quanto mi riguarda, ho in mente ciò che mi piacerebbe far succedere, ma non so ancora se qualche amore nascerà davvero, alla fine.
Che tu sia disgustato o felice e saltellante, voglio dirti che siamo ancora all'inizio della storia e che cambieranno molte cose. La mia speranza è sempre quella di non deludere il mio lettore, però spero che avrai comunque voglia di leggermi anche se non accadrà quello che ti aspetti.
Adesso via ai commenti, cosa ne pensi del capitolo?
Hai consigli per me?
Per me il tuo parere e supporto sono fondamentali, fammi sapere che sei passato con un commento o con anche una sola faccina.
Grazie di tutto, sempre.
Giuliana
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