Storia contest Pt.2

Sì raga ultimamente sti contest mi stanno prendendo un po' troppo la mano...

Questa storia è un racconto fantasy un po' lunghetto, per il concorso "Ink" di Tetra_ che spero apprezzerà la mia biutiful storia.

(Scusatemi se non ho pubblicato nulla ma dovevo scrivere questa storia, perché aveva la "priorità", ma non mi dimenticherò di voi ragazzi!)

Godetevi la storia!

Flos Flagellum

Ormai avevo perso il senso del tempo.

Sapevo solo che dovevo correre.

Correre, correre e correre, solamente correre via da lì.

Dovevo uscire da quella maledetta foresta.

Il cuore mi batteva all'impazzata nel petto, le gambe cominciavano a cedermi e respiravo affannosamente.

Diedi uno sguardo veloce alle mie spalle e vidi che non c'era più  nessuno.

Mi fermai in una piccola radura e mi distesi per terra cercando di riprendere fiato.

Ripercorsi con la mente quello che mi era successo prima.

Io e i miei fratelli eravamo andati a giocare nella foresta vicino casa mia, come un sacco di altre volte.

Avevo sempre creduto di conoscere ogni cosa della foresta.

Mi sbagliavo.

(Scusa Tetra_, ma ho dovuto cambiare il tempo del verbo, perché se no non seguivo la consecutio temporum.)

Dopo esserci addentrati nella boscaglia, avevamo sentito dei rumori, così avevamo deciso di tornare indietro, anche perché si stava facendo tardi, ma non riucivamo a trovare il sentiero per uscire dal bosco.

Intanto il sole stava cominciando a tramontare e l'atmosfera si era fatta più cupa.

Ad un certo puno da un cespuglio uscì uno strano ometto, ricordo che i miei fratelli si erano nascosti dietro di me per quanto sembrava minaccioso.

Quell'ometto mi sarà arrivato non più in alto del ginocchio ma era comunque inquietante: i capelli erano ciuffi d'erba, le spalle curve erano coperte di muschio, i vestiti erano stracciati ed era armato.

Aveva un grosso ramo d'albero, che sarà stato quasi il doppio di lui, ma lo maneggiava estremamente bene.

Dietro di lui erano apparsi altri due esseri alquanto strani.

Uno era altissimo, penso un paio di metri, con braccia sottilissime fatte di rami secchi e dei capelli lunghi di fiori rosa.

L'altro era il doppio dell'ometto di erba: portava dei sassi piatti addosso, come se fossero un'armatura, ne aveva uno anche in testa, come un casco ed era armato di una grande accetta di pietra.

Avevo urlato ai miei fratelli di scappare, ma prima che potessero fare anche un passo, l'uomo alto aveva conficcato le sue braccia di rami per terra.

La terra aveva iniziato a temare e poi dei rami erano spuntai dal terreno, avvinghiandosi attorno ai miei fratelli.

In quel momento avevo visto gli altri due esseri caricare verso di me ed ero corsa via, pensando a salvarmi la pelle.

Mi alzai seduta sull'erba, cercando di capire da quale parte fosse l'uscita, ma era difficile.

Non avevo il telefono, quindi ero bloccata in mezzo alla foresta, senza mezzi di comunicazione col mondo esterno.

Sentii un fruscio alle mie spalle.

Subito, scattai in piedi, guardandmi intorno, attendendo un altro rumore.

Sentii altri fruscii intorno a me.

Mi aspettai, senza fiatare, che chiunque stesse facendo quei suoni si mostrasse.

Dato che non sentivo più niente, decisi di provare ad attirare l'attenzione di colui che mi stava seguendo, urlando un: -So che sei qui!- ai cespugli.

Sentii altri rumori e scorsi qualcuno dietro ad un cespuglio.

Non capivo chi fosse, ma dovevo scoprirlo.

Mi diressi veloce verso quel cespuglio, lo scostai velocemente e vidi chi c'era dietro.

Subito, sentii il viso in fiamme e penso di essere arrossita molto.

Dietro al cespuglio c'era la ragazza più bella e seducente che io avessi mai visto.

Aveva la pelle di un verdino chiaro, i capelli erano lunghi e argentati, gl occhi verdi come i prati d'estate.

Era accovacciata lì dietro e mi stava guardando un po' spaventata, ma quando si accorse della mia reazione alla sua vista, il suo viso assunse un'espressione benevola e si alzò in piedi, trovandosi davanti al me.

Penso di non essermi sentita mai così tanto in imbarazzo, perché la ragazza non aveva vestiti addosso e cercai di non guardare il suo seno abbondante.

-Ma guarda che bel ragazzo ci è venuto a trovare...- disse la strana ragazza, sorridendo, con una voce fin troppo suadente.

Ragazzo?

Odio quando mi confondono per un maschio...

Sarà colpa dei miei capelli corti, la mia voce bassa o della mia mancanza di tette.

Poi contribuisce anche il fatto che non mi piace essere femminile o mostrare le mie forme, quindi vesto sempre con cose larghe e poi ho anche dei piercing (sul lobo destro, sulla narice sinistra e sulla lingua), che mi fanno sembrare un maschiaccio, a detta di molti.

Per qualche verso, questa ragazza mi ricordava una ninfa, uno di quegli esseri fatati che si trovavano nei miti greci.

Vedendo che non rispondevo, la ragazza insistette: -Dai non essere timido, dimmi come ti chiami!-

Nel frattempo si stava avvicinando sempre di più a me, così indietreggiai, dicendo il mio nome: Andrea.

-È un bel nome, da dove vieni?- Disse, voltandosi un attimo per raccogliere una veste argentata, piegandosi in modo da mettersi in mostra.

Immaginai cosa volesse fare, ma con me non attaccava, ero una ragazza; eteroflessibile, ma pur sempre una ragazza.

-Vengo da una delle case vicino alla foresta. Tu come ti chiami? È raro trovare in giro ragazze belle come te, sei per caso una ninfa o qualcosa del genere?- Chiesi, cercando di sembrare il più "maschile" possibile.

La strana ragazza rise sommessamente:

-Io sono Anfos (fiore).- rispose mentre si infilava la veste d'argento. -Sono una delle cosiddete Libitinae, un gruppo di ragazze che hanno scelto di vivere spensierate nei boschi, dopo la loro morte atroce; ma non parliamone, è acqua passata. Tu invece perché ti trovi qui? È raro vedere dei ragazzi da queste parti.-

-Sai, stavo tranquillamente giocando nel bosco con i miei fratelli, quando questi sono...- non potevo dire che erano stati rapiti da tre tizi alberiformi, così mi inventai una scusa: -sono stati rapiti da degli uomini strani, e ora non so dove siano. Mi puoi aiutare?-

La ragazza ci pensò su, poi disse:

-Ok, ti aiuterò. Ma poi...- si avvicinò pericolosamente al mio viso. -...dovrai sdebitarti, va bene ragazzo?-

Aveva un'espressione strana in volto, un misto di malizia e innocenza, ma accettai comunque la proposta.

-Bene, seguimi!- disse lei prendendomi per mano, iniziando a correre verso non so dove, infiltrandosi nel fitto della foresta.

Era ormai il crepuscolo, sarebbe diventato buio da un momento all'altro.

Dopo pochi minuti, arrivammo in una radura, dove gli alberi erano secchi e spogli.

Al centro vi era un piccolo, semplice lago, sporco e fangoso, dall'acqua torbida.

-Dove mi hai portato?- chiesi preoccupata. -Come farai ad aiutarmi qui?-

-Questo è solo un passaggio.- disse lei sorridente. -Ora dobbiamo solo gettarci in quel laghetto, e lasciarci affondare! Tranquillo, non è come sembra, l'ho fatto un sacco di volte!-

Non ero sicura che quello fosse un lago normale e poi... che schifo, era pieno di fango e non volevo sporcarmi più di tanto, sono abbastanza schifata!

Vedendo che non mi muovevo, Anfos mi prese per un braccio e mi accompagnò alla sponda del laghetto, dicendo:
-Dai, so che all'inizio può fare schifo, ma dopo sarà meglio. Ti prometto che se salterai, dopo ti darò un bacio, va bene?-

Un ragazzo avrebbe accettato senza pensarci due volte, così annuii, anche se il mio istinto razionale continuava a dirmi che sarebbe stato meglio non saltare.

Mi prese per mano e mi trascinò giù nell'acqua torbida.

Chiusi gli occhi e trattenni il respiro, sentendomi tirare da una parte all'altra.

Non so come, ma ad un certo punto sentii l'acqua farsi più fredda e da sotto le palpebre riuscivo a capire che fuori dall'acqua ci fosse della luce, cosa impossibile dato che era quasi notte.

Sentì Anfos che mi tirava verso l'alto, così nuotai, finché non uscii dall'acqua, riprendendo fiato.

Mi guardai intorno e vidi tante ragazze dai capelli argenei che stavano accorrendo verso di noi.

Mi accorsi che l'acqua del laghetto non era più sporca e scura, ma limpida e piena di ninfee galleggianti.

Anfos mi porse una mano e mi aiutò ad uscire da lì.

Eravamo totalmente zuppi e notai che la veste argentata che aveva le si era incollata al corpo, mostrando tutte le sue forme.

Uscimmo dal laghetto e vidi gli sguardi delle ragazze fulminarmi e sussurrarsi parole mentre ridacchiavano.

Anfos mi prese per mano, trascinandomi non so dove, ma lontano da lì.

C'era qualcosa che non mi quadrava in questa storia, ma non sapevo bene cosa.

Mi accompagnò in una piccola casupola, fatta di fiori, legno e rampicanti: era davvero carina, molto femminile.

Troppo femminile.

Anfos aprì la porta e sorridendo, mi disse:

-Accomodati, benvenuto nella mia dimora, fai come se fossi a casa tua.-

Entrai e vidi che la casetta era molto bene arredata, semplice e rosa...

Odio quel colore.

Anfos mi accompagnò al divano, mi fece sedere e mi portò un aciugamano, chiedendomi se mi andava di fare una doccia.

Gli dissi di no, mentre mi asciugavo i capelli.

Mi venne da pensare ai miei fratelli.

Saranno spaventati, con quelle creature spaventose, chissà cosa gli potrebbero fare?

Non voglio che muoiano, sono parte della mia famiglia e gli voglio un mondo di bene.

Sentii una mano scompigliarmi i capelli e mi trovai gli occhi verdi di Anfos davanti alla faccia.

Il suo sguardo era magnetico e ipnotizzante.

Poi, senza preavviso, mi baciò facendo scontrare le nostre labbra.

Spalancai gli occhi, stupita sentendo il calore salire al viso: non mi aspettavo una cosa del genere.

Assecondai il bacio, mettendole un mano sulla guancia.

Quando ci staccammo, ansimanti, lei disse con voce melliflua:

-Te lo avevo promesso, non ricordi?- per poi aggiungere, mentre si dirigeva altrove: -E quel piercing sulla lingua è davvero bello.-

Rimasi spiazzata.

Mi portai una mano alle labbra, tastandomele delicatamente.

Avevo dato il mio primo bacio ad una ragazza e la cosa non mi dispiaceva, anzi ero quasi felice, perché Anfos era comunque una bella ragazza.

Ora però dovevo pensare a cercare i miei fratelli.

Mi alzai dal divano, ritrovandomela davanti.

-Oh... Ehm... Io-io penso che andrò a cercare aiuto per tovare i miei fratelli, ti ricordi vero?- dissi imbarazzata cercando di uscire di lì. -Grazie di tutto, è stato un piacere incontarti, stammi bene!-

Cercai di uscire dalla porta, ma era tutto chiusa, non riuscivo ad aprirla.

Improvvisamente l'aria si fece calda e densa; sentivo la gola in fiamme, come se stessi respirando schegge di vetro.

Mi voltai verso Anfos, e la vidi venire verso di me, lentamente.

Scorsi un lampo rosso nei suoi occhi.

Sentivo l'aria mancarmi sempre più.

Caddi a terra tossendo.

Sentivo il mio corpo come una bambola di pezza, non riuscivo a fere nessun movimento al di fuori di respirare.

Anfos si inginocchiò davanti a me e mi prese il braccio sinistro.

Mise il suo dito nell'incavo tra il braccio e l'avambraccio e cominciò a spingere.

Lacrime calde solcarono il mio viso.

Le sue unghie mi laceravano la carne, finché non prese qualcosa e la tirò fuori dal foro che aveva creato.

Credo che fosse una del mie vene.

Poi iniziò a tirare verso il polso.

Vidi la vena uscire fuori dal mio braccio, lentamente.

Il dolore mi corrodeva l'anima.

Volevo strillare, ma non riuscivo a fare nulla, a pronunciare niente.

Anfos smise di tirare quando la vena arrivò al polso.

La ferita sanguinava copiosamente, imbrattando il mio braccio.

Sembrava il macabro filo che sollevava il braccio di una marionetta.

Prese l'altro braccio e ripeté il procedimento.

Il dolore sempre più forte mi stava annebbiando la vista, anche se le lacrime continuavano a colare dai miei occhi.

Una volta finito, Anfos mi guardò con espressione quasi innocente, come quello di una bambina, nonostante fosse sporca di sangue.

-Siete così sciocchi voi ragazzi...- disse lei sorridente. -Pensate solo ad usarci e non pensate alle conseguenze. Io sono finita qui perché uno di voi mi ha ammazzato!- aveva una voce tagliente mentre diceva queste cose. -Tu volevi approfittare di me e ora ne pagherai le conseguenze, lurido maschio!- poi tornò innocente -Ultime parole?-

Con un ultimo sforzo riuscii a portare le mani alla mia camicia e a sbottonarla quel tanto che bastava per mostrare il top nero che stavo portando, sussurrando:

-Non sono un ragazzo...-

Ebbi solo il tempo di vedere la sua espressione trasformarsi in una smorfia di stupore, perché poi divenne tutto nero.

Mi risvegliai in un posto pieno di alberi secchi e spogli.

Ero morta?

Ero distesa su una specie di letto e guardandomi intorno vidi i miei due fratelli che mi sorridevano.

Feci per alzarmi, ma una mano mi fece rimanarere giù.

Mi voltai verso di esso e vidi che era lo stesso uomo con l'armatura di pietra che ci aveva attaccato l'ultima volta.

Un turbinio di domande si faceva strada nella mia testa e, senza che me ne accorgessi, stavano cominciando ad uscire dalla mia bocca:

-Cosa succede? Perché mi trovo qui? Chi sei tu?-

-Calmati sorellona,- disse Nicola, il più grandicello dei due, -loro sono Trold e ci hanno salvato la vita!-

-Come? Salvato la vita? Vi hanno rapiti!- Non capivo, ero sempre più confusa.

-Perché non volevano farci trovare dalle ragazze coi capelli d'argento!- aggiunse Elia, che aveva appena sette anni -Loro ci vogliono fare la bua solo perché siamo maschietti e a me non piace la bua!-

Mi rivolsi seria all'uomo di pietra, chiedendo come mi avessero trovato e chi erano loro.

L'uomo si chiamava Cefa (pietra) ed era uno dei Trold più anziani.

Mi spiegò che loro erano le vittime delle Libitinae, ragazzi uccisi solo perché maschi.

La loro anima si è poi reincarnata nella parte oscura della foresta, integrandosi con essa.

Ad esempio lui era stato colipito da delle pietre lanciate da una Libitina e dopo la morte aveva in parte assunto questa forma.

Il nanetto di erba era chiamato Humierbosus (unione di "humilem" piccolo ed "herbosus" erboso), perché era stato sepolto vivo, con un ramo conficcato nel petto.

Mente quello alto veniva chiamato Florbor (abbreviazione di "floris" fiorato e "arbor" albero) era stato lanciato sopra un pesco in fiore, venendo trafittto dai rami.

Disse che io ero una specie di eccezione, perché ero una ragazza e non mi avrebbero dovuto torcere un capello; ma il mio aspetto le ha ingannate.

Ero diventata un Trold, il mio aspetto era rovinato, non sarei mai più potuta tornare nel mondo umano, ma almeno ero diventata immortale.

-Hei sorellona hai visto che belle piante hai sulle braccia?- esclamò Elia felice.

Io non avevo delle piante sulle braccia, al massimo avevo delle vene fuoriposto grondanti di sangue!

Forse era il modo dei Trold di curare le ferite, ma ero morta, quindi sarebbe stato inutile.

Comunque, mi tirai a sedere e mi guardai le braccia.

C'erano davvero delle piante!

Erano dei rampicanti, che partivano dal polso e risalivano su per il braccio fino ad arrivare al busto, avvolgendolo.

Due grandi fiori bianchi erano sbocciati in corrispondenza del mio seno, come ad inidicare la mia femminilità.

Poi le vene che mi erano state tirate fuori da Anfos, erano diventate delle specie di fruste fatte di liane intrecciate.

Le ferite invece si erano "cicatrizzate" sbocciando in piccoli fiori bianchi, che facevano come da polsini.

Non avevo più la mia camicia, ma solo un paio di pantaloni larghi bianchi, che sinceramente trovavo molto comodi.

Adoravo il mio nuovo aspetto, ora ero anche armata e avrei potuto proteggere Elia e Nicola dalle Libitinae, come quando avevo promesso di proteggerli dai pericoli.

Da quel momento in poi sarebbe iniziata una nuova vita, ormai Andrea era morta, ora c'era solo Flos Flagellum (Fiore Frusta), o come preferice Elia, Flo.

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