Inganni.

"Insomma dove mi stai portando!" disse lei quasi esasperata.
Lui era determinato a mantenere il silenzio. Dopo un poco fu però costretto a placare i lamenti della sua ragazza.
Lei si era trasformata in una bambina. Era impaziente ma allo stesso tempo entusiasta.
"Ancora qualche minuto e lo scoprirai."
Ci volle anche meno tempo. A percorse un strada strettissima che sbucava in una grossa piazza. Amanda capì all'istante dove si trovavano, dove si stavano dirigendo ma il motivo le era ancora ignoto. Forse A aveva voglia di passare una serata più romantica del solito.

Abbracciò A istintivamente. Un gesto sconsiderato dato che lui era al volante. Sferzó velocemente e riuscì per un soffio a non sbattere contro una panchina.
"Apprezzo il tuo affetto ma dovresti frenare l'entusiasmo!"
"Colpa tua. Avresti dovuto dirmelo prima dove mi portavi. Sai quanto ci tengo a queste cose. Sapevo che dietro quella corazza si celava un terribile romanticone." disse lei come per stuzzicarlo.
"Cosa vai farneticando...ho solo pensato che sarebbe stato carino." sbottò lui con tono non curante.
"E terribilmente sdolcinato!"
Lui perse la pazienza e lei scoppiò in una risata del tutto spontanea. 
Il parcheggio era pieno e dovettero vagare per trovare un posto libero.
Lo trovarono solo all'angolo di un vico cieco, una strada tutta sporca e piena di buche. Solo la fioca luce di un lampione la illuminava. Ma l'impressione era che anche quella piccola luce da un momento all'altro si sarebbe spenta.
Mentre stava parcheggiando lei lo guardava assorta, quasi fosse ipnotizzata. Davanti a lei le immagini si susseguivano come in un film.
Lui si girò di scatto per guardarla negli occhi. Vedeva quel bagliore e ne fu felice.
"Tesoro è ora di scend..."
"Grazie." lo stoppò lei, incurante di quello che lui le aveva appena detto.
"Ora dovrei risponderti anch'io in modo ironico e sgarbato" replicò lui ma non ci riuscì. Aggiunse:
"Non ho fatto nulla per cui valga la pena ringraziarmi."
"Per avermi fatto ripensare al nostro primo appuntamento. Non c'è nulla che cambierei...pensa che non volevo nemmeno presentarmi! Ringrazio la me del passato per avermi fatto alzare dal divano."
"Ringrazia pure il mio fascino irresistibile. Tutto merito suo."
"Vai a fare lo sbruffone altrove!" Spense la macchina. Per qualche secondo rimasero solo loro due. Si guardavano. E fuori non si udiva nulla se non il forte eco della luna.
Il respiro di Amanda era lento. Quello di A veloce, agitato.
Amanda non desiderava niente altro. Sarebbe rimasta così per sempre. Le sembrava quasi che il cuore si fosse fermato. Se questo era l'amore, negli anni passati aveva vissuto nella menzogna. Avrebbe voluto baciarlo, ma sapeva che facendolo avrebbe rovinato tutto. Voleva solo guardarlo. Come si guardano le cose belle. Come si guarda una rosa.
La luce illuminava i suoi occhi e le sue mani. Quel viso tanto angelico non le era mai parso tanto fragile.
Tanto vulnerabile.
E lo sentiva. Percepiva qualcosa di diverso ma era troppo innamorata per rendersene conto. Per capire la minaccia.
La sua mano stava ancora sul freno a mano. Non l'aveva spostata. Anche lui la stava osservando.

A non capiva il perché di quello sguardo. O meglio non voleva ammettere il reale motivo. Aveva paura che, anche solo pensandolo, il problema sarebbe diventato più reale, concreto. Amanda era completamente innamorata di lui. Lei lo amava. Peccato che lui non potesse dire lo stesso. Si era spinto troppo oltre, stava superando il limite. A voleva semplicemente farle passare una bella serata prima della sua dipartita.
Concederle un ultimo ricordo felice.
Tuttavia Amanda aveva frainteso.
Lui l'aveva sottovalutata.
Credeva che Amanda fosse, sì unica, ma non capace di amare in modo serio. Di impegnarsi in una relazione seria e duratura. Credeva che fosse una ragazza più superficiale.
Le dispiaceva averla illusa. Ma il pensiero che Amanda sarebbe potuta essere l'ultima lo rassicurava. Non voleva più fare del male. Doveva solo trovare la cosa. Doveva cercarla e forse in Amanda sarebbe riuscito a trovarla.

A la stava guardando incredula. Tutto del suo corpo faceva intuire che lei veramente lo voleva.
Voleva che lui fosse suo amico, suo fidanzato, suo sposo. Amanda stava amando e aveva amato sul serio.
Il suo corpo urlava:
"Voglio buttarmi a capofitto in questa avventura con te."
Ma le labbra non osavano proferire parola. Stavano lí, semichiuse. Grandi e rosa com'erano, soffocavano parole mai dette.
Amanda sembrava così felice, così innamorata...
E improvvisamente una lacrima le scese lungo la guancia. Attraversò il piccolo neo sulla mandibola e cadde rumorosa sul suo vestito.
Una sola lacrima.
Da un solo occhio.
Quel rumore ruppe l'incantesimo.
"Perché piangi?"
"Non sto piangendo." disse ridendo.
Lui le asciugò il volto con le sue morbide dita.
"Sei calda."
Lei non capiva cosa significassero quelle parole ma allo stesso riusciva a percepire il senso. Non riuscì a rispondere a quell'affermazione. Avrebbe voluto dirgli in modo ironico "Sei forse un termometro?" Oppure "Da quando ti improvvisi dottore?"
Ma non ci riuscì.
Aveva ragione.
Era calda.
La sua anima bruciava come non mai.
Era forse questo l'effetto dell'amore?
"Scendiamo su. Faremo tardi."
L'accompagnò, aprì la portiera e le diede la mano. Si incamminarono lentamente verso la fine di quella brutta strada. Stavano andando letteralmente verso la luce, verso quella piazza colma di luci di colore diverso. Erano i preparativi per la festa che presto sarebbe venuta.

Amanda sapeva dove sarebbero andati: nel loro ristorante. L'avevano relativamente rimodernizzato. Ora la facciata sembrava più elegante. Il cartello era stato sostituito con uno su cui si leggeva a chiare lettere "Da Michele". Quel ristorante ora aveva un nome, ma loro l'avrebbero comunque continuato a chiamare Il Ristorante, come se fosse l'unico ed esclusivamente loro.
I fiori che ricordava erano stati sostituiti con semplici rose bianche e la porta era stata rifinita con spenditi disegni. La vera novità di quel locale erano però le lucine posizionate sull'asfalto.
"Un tappeto di luci." così lo definí Amanda appena lo vide. Le sembrava di camminare su un suolo inconsistente. Come se si trovasse altrove. Quelle luci brillavano quasi come il sorriso dei due. Le luci rendevano tutto più romantico ed intimo e...avevano attirato un bel numero di clienti. Vi era una fila lunghissima e come minimo ci sarebbe voluta un'ora. Amanda fece una smorfia, come a dire che c'era da aspettarselo.
"Eh no signorina. Questa non è la nostra fila."
"Cosa?"
"Secondo te avrei commesso un errore tanto banale?"
La prese per mano e la trascinò sul retro. L'entrata non era teatrale come quella principale ma aveva il suo fascino.
"Non credo che possiamo passare per di qui." Lui le posso delicatamente l'indice sulle labbra.
"Goditi questo momento."
Amanda aprì la porta e si levò una silenziosa melodia che divenne sempre più forte.
La sua canzone preferita.
Era un arrangiamento di "Wonderwall" suonata però con strumenti classici. Non avrebbe mai detto che il violino avrebbe reso magnifica quella canzone. Lei lo guardò stupefatta.
"Oddio." si fermò, travolta dallo stupore.
"Nessuno aveva mai fatto nulla del genere per me."
Di nuovo silenzio.
"L'hai detto tu...sono un terribile romanticone, che posso farci?" sorrise.
"Signori intendete star fermi sull'uscio? Sedetevi. Vi porto immediatamente il menù."
Aveva parlato un omone grosso, senza capelli ma a prima vista una persona simpatica. Probabilmente si trattava del proprietario.
I due si sedettero al tavolo indicato dal cameriere. Era al centro della stanza e decorato in modo diverso rispetto gli altri. Le tovaglie erano bianco latte con un bordino rosso. Al centro vi era un vaso di vetro soffiato contenente un mazzo di rose rosse.
A allungò la mano sul tavolo cercando la mano di Amanda. Le dita di lui avvolsero le sue. Si avvicinarono e si baciarono, davanti a tutti.
Lui le diede una rosa bianca.
"Non ci credo... l'hai rubato da una di quelle porcellane all'entrata?"
"Mi sembra il minimo da fare alla vista di una bella signora."
"Sei matto!"
"Lo sai, stai diventato il re dei cliché, hai mai pensato di scrivere un romanzo rosa?"
"Mi erano mancati i tuoi commenti ironici."
"Ero in astinenza!"
Ridacchiarono.

In quel momento A si rese conto di aver imboccato una via di non ritorno. Amanda lo amava davvero, allora era il caso di darle quel che voleva, anche se si trattava di bugie.
Naturalmente ammazzarla sarebbe stato più difficile per entrambi. Ma ormai doveva andare a fondo. Lui aveva commesso un errore: credeva che i sentimenti di Amanda fossero finti, subdoli. Ma era bastato un momento di vera intimità per scoprire che in realtà lei lo amava come nessun altro.
Lo amava.
Lo amava nonostante i suoi difetti. Amava le cose che avrebbe dovuto odiare. E detestava il fatto che lui non se ne accorgesse.
L'appuntamento, la sorpresa, il cibo l'aveva organizzare per farla felice. Perché sapeva che le sarebbe piaciuto, tuttavia era convinto che ciò avrebbe accresciuto il suo ego e non la loro relazione.
Credeva di regalarle un "qualcosa" da raccontare alle amiche. Qualcosa che le facesse dire: "Sono una donna fortunata. Guardate il mio uomo, lui è mio. Sentitevi libere di invidiarmi."
Invece no. Lui aveva involontariamente rafforzato la loro relazione. Peccato che entro la fine della serata non ci sarebbe stata più alcuna relazione.
Ormai poteva solo continuare ad illuderla. Sapeva che sarebbe stato orribile ucciderla. Sperava solo che lei non dicesse nulla. Sperava solo che lei non gli rinfacciasse che uomo subdolo e disgustoso fosse stato.

"Ottima quest'aragosta."
"Mai quanto questo...al diavolo. Non so nemmeno cosa sto mangiando ma è veramente delizioso."
Lui rise.
"Sembra appetitoso." e così dicendo le rubò un boccone.
"Quello era mio!"
"Non più."
"Allora ti ripagherò con la stessa moneta!"
"Provaci."
I due sembravano essere tornati bambini. Litigavano per il cibo e lo difendevano come se fosse oro. Si stavano divertendo sul serio. La sfida finì con la condivisione dei piatti e con una foglia di basilico sul collo di A e con una goccia di salsa sulla guancia di Amanda.

Parlarono del più e del meno. Amanda gli raccontò del lavoro in caffetteria: un vero schifo. Veniva umiliata e sottopagata. A le aveva suggerito più volte di lasciare quel posto ma lei caparbia rimaneva, minimizzando le accuse che lei stessa aveva lanciato.
"Sai com'è, ho trovato qualcosa in cui sono brava e non ho intenzione di mollare. Vedrai che un giorno riuscirò ad aprire un locale tutto mio."
Dopo questo A aveva preferito non aggiungere altro. I sogni sono sogni e vanno realizzati ad ogni costo. Arrendersi sarebbe vergognoso. E di certo non avrebbe voluto screditarla. L'argomento si spostò sui vecchi tempi e su quanto strana fosse la vita.
Amanda iniziò a raccontare del suo ex. Per un'altra ragazza sarebbe stato imbarazzante parlare del proprio ex di fronte all'attuale ragazzo ma per Amanda era diverso. Non le pesava affatto e anzi si sentiva più libera.

"Ero diventata la sua ossessione e lui la mia. Non mi lasciava un attimo sola e voleva sapere tutto della mia vita. Mi vietava di uscire con i miei amici maschi e addirittura con le mie amiche. Era lui a decidere come dovevo uscire. Quali vestiti indossare, quanto trucco mettere e addirittura mi vietava di tenere i capelli sciolti. Voleva che fossi il meno attraente possibile.
Essere solo sua.
Unicamente sua.
Non riuscivo più a distinguere cosa voleva lui per me e cosa volevo io. Stavo perdendo ogni  forma di libertá.
Un giorno però ho capito, forse ero giunta al limite della sopportazione.
Non volevo che qualcuno mi ponesse dei limiti né tanto meno io dovevo pormi dei limiti per essere amata.
E così l'ho mollato. È stato così liberatorio che non rende se te lo racconto.
Lui ha avuto una reazione tanto aggressiva che per un attimo ho creduto che volesse ammazzarmi.
Non sbagliavo.
Ci provò.
Mi lanciò contro un coltello e continuò con schegge di vetro. Sono riuscita a scappare ma non completamente indenne. Mi è rimasta questa brutta cicatrice sulla spalla.
Sará sempre con me.
Ogni volta che la vedo penso a lui. Ma non come prima.
Mi sento sollevata. Mi ricorda del pericolo che ho scampato e della forza che ho avuto.
Grazie a quella brutta esperienza so che l'unica battaglia che vale davvero la pena essere combattuta è quella  per se stessi.
Ero una principessa in pericolo e mi sono salvata da sola. Sono stata il principe azzurro che aspettavo. Perché quella battaglia non l'avrei mai vinta se non mi fossi armata di coraggio e rispetto per me stessa!"
La conversazione divenne poi più leggera fino a diventare stramba. Iniziarono a parlare di delfini e balene, forse il vino stava iniziando a fare effetto.
Anche fuori il locale riecheggiava il suono delle loro risate.

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