Capitolo 7
C'era agitazione al castello ma Artemisia ne viveva solo in caratteraccio di Piton. Aveva imparato a riconoscere dai modi dell'uomo se ci fosse qualcosa che non andava.
"Che succede?" chiese distrattamente, abituata ai continui sbuffi dell'uomo, mentre pranzavano. "C'è la terza prova del torneo" rispose, Artemisia era infinitamente curiosa e si fece raccontare le prove e le insidie del labirinto, avrebbe tanto voluto vederlo.
Passarono il primo pomeriggio nello studio, le lezioni erano sospese quel giorno e Piton si mise alla scrivania a scarabocchiare qualcosa su un foglio di pergamena, Artemisia invece leggeva stando seduta sul bordo del camino
"Noooo" commentò tra sé e sé disperata ma l'uomo la sentì e alzò la testa guardandola interrogativo, lei arrossì leggermente, spesso commentava ad alta voce i libri avanzando ipotesi e dialogando da sola con i personaggi. "Che legge?" chiese l'uomo, ormai aveva abbandonato quell'immagine di indifferenza e estrema austerità che aveva con chiunque altro, interessandosi veramente alla vita della sua "coinquilina". Lei alzò la copertina il tempo necessario per fargli leggere il titolo e lui sbuffò divertito scuotendo la testa.
"Cos'ha contro Orgoglio e Pregiudizio?" chiese offesa, "nulla ma... è romantico" disse schifato e la ragazza ancora più offesa si rimise a leggere voltandosi leggermente dall'altra parte.
"E a che punto sta? Il suo verso disperato a cosa è dovuto?", la giovane si mise nuovamente dritta poggiando il libro sulle gambe accavallate: "Gli ha detto di no! Lui le ha chiesto di sposarlo e lei gli ha detto di no!" spiegò come se fosse un problema irrisolvibile, lui ridacchiò divertito: "e con questo?", "non può dirgli di no! Lui è così intrigante, misterioso, insopportabilmente sarcastico, con dei modi galanti che fanno sciogliere e quelle rare azioni che stonano con il personaggio ma che suggeriscono ci sia di più della maschera che indossa" quando leggeva era sempre così, si legava ai personaggi più enigmatici e spesso anche negativi e ne era completamente affascinata. Lui scosse la testa sorridendo e tornò a scrivere.
Piton se ne andò dopo poco, era stato costretto dal preside ad assistere a quell'ultima prova, e Artemisia rimase sola a leggere fin quando non finì il libro. Vagò per la stanza alla ricerca di un'altra lettura e stava dietro la scrivania a cercare quando voltandosi vide la lettera, non era importante né insolita, lesse la data scritta in fondo "24.6.95" le diceva qualcosa, era una data importante, quando le venne in mentre sbiancò.
Una noia assoluta, questo era il pensiero di Piton mentre stava seduto sugli spalti, non si vedeva nulla ed era una perdita di tempo. Non si accorse della figura che gli si avvicinava senza essere notata da nessuno, sentì una mano sulla spalla e quando si voltò ci mise vari secondi a identificare quel volto che continuava a sfuggirgli come se fosse avvolto dalla nebbia. Si alzò e la seguì senza che alcuno notasse quel movimento.
Appena si furono allontanati abbastanza da non essere visti Artemisia annullò l'incantesimo di disillusione.
"Ma sei impazzita? Se non l'avessi notato eri in mezzo a centinaia di studenti, davanti agli occhi di Cruch" le sbraitò contro alzando il tono di voce, la ragazza temette che la affatturasse per quanto era arrabbiato. "È oggi, risorgerà oggi", disse tremando alle sue stesse parole, Piton divenne mortalmente serio: "e perché di grazia non me l'avevi ancora detto?", "Perché non mi ero accorta che giorno fosse, studio le date degli eventi principali ma-", non riuscì a finire perché il volto del Professore divenne una smorfia di dolore e si portò la mano a stringere l'avambraccio sinistro, non sentiva quel bruciore lancinante da troppi anni, rivisse la guerra in un attimo.
"Professore" lo chiamò lei preoccupata, lo vedeva con la fronte imperlata di sudore per lo sforzo, la mascella contratta, un ringhio sordo che usciva per impedirgli di urlare, ciò che gli faceva più male era la frustrazione, la frustrazione di una vita segnata da un errore, dei ricordi, che non lo abbandonavano da anni, tornati in quel momento più prepotenti che mai. Respirò rumorosamente per calmarsi mentre Artemisia al suo fianco lo guardava dal basso con i suoi occhi verdi preoccupati. Recuperò parte del suo controllo e tornò verso gli spalti, Artemisia si disilluse nuovamente e lo seguì per una parte di strada. Sentirono il padre di Cedric Diggory urlare disperato.
Una folla di persone spaventate era accalcata vicino al cadavere del ragazzo, Piton vide Moody tirare Potter via da lì verso il castello, non intervenne, raggiunse Silente e con infinita fermezza disse: "se ne va col ragazzo". Silente altrettanto fermamente affidò a madama Boom la gestione della situazione.
Non si accorse neanche della presenza della ragazza, "Severus ci servirà il veritaserum" disse il preside serissimo e Piton si voltò verso Artemisia che era un paio di metri più in là: "sai dov'è, no?", solo allora il vecchio si accorse della figura indefinita che accelerò il passo diretta al laboratorio del pozionista.
"L'avevo chiesto a te" pronunciò con tono indefinito e quasi pericoloso Silente, Piton rispose semplicemente: "e io l'ho affidato a lei".
Fece in fretta, corse per i corridoi ed utilizzò i passaggi segreti del castello. Quando sbucò da dietro un arazzo davanti all'aula di difesa contro le arti oscure Silente e Piton stavano salendo in quel momento verso l'ufficio.
Silente sfondò la porta con uno stupeficium che scaturito dalla sua bacchetta aveva una potenza di gran lunga superiore a quella di chiunque altro. Harry Potter era stravolto in mezzo alla stanza, Minerva McGranitt spuntò dal nulla per aiutare il suo studente e portarlo in infermeria ma Silente la frenò perentorio.
"Severus, il veritaserum" Silente stesso lo rovesciò giù per la gola del finto Moody e annullò lo stupeficium. Nel frattempo l'effetto della pozione Polisucco stava svanendo e il vero volto di Cruch veniva rivelato: era un uomo molto magro, con i lineamenti affilati, le occhiaie profonde e uno sguardo che precipitava direttamente nella follia.
Artemisia stava in disparte, fiduciosa del suo incantesimo e che nessuno avrebbe badato a lei.
Il vero Alastor fu liberato mentre Piton teneva la bacchetta puntata alla gola del mangiamorte. Silente di fronte a lui era serissimo, privo del suo sorriso bonario, emanava una potenza incredibile che faceva quasi tremare l'aria intorno a lui, nonostante ciò Artemisia non notava il preside, era completamente presa dall'osservare Piton, altrettanto serio, la bacchetta puntata alla gola di Bartemius, l'espressione era indifferente ma gli occhi esprimevano altro, una luce che Artemisia gli aveva già visto e che riconobbe come paura e non era per il mangiamorte di fronte a lui.
Silente fece domande su domande all'uomo legato sulla sedia il quale nonostante i suoi sforzi non riuscì a contrastare la pozione. Quando scoprì l'avambraccio con in marchio Artemisia tremò, era di un inchiostro talmente nero che la luce sembrava essere assorbita completamente da quel tatuaggio, e sta volta che si muovesse non era una sua illusione ma la realtà.
"Silente chiama madama Chips, Minerva porta Harry nel mio ufficio", dispose il preside e quando tutti uscirono nella stanza calò un silenzio opprimente, Silente sembrava ancora più vecchio e Cruch era accasciato malamente sulla sedia da cui non poteva alzarsi, Artemisia annullò l'incantesimo di disillusione e entrambi gli uomini si voltarono verso di lei.
"Artemisia..." disse strascicando le parole il mangiamorte e iniziando a ridere in maniera nervosa e disturbante. "Buona sera, signor Cruch", l'uomo fece un'espressione schifata, Signor Cruch era come chiamavano suo padre, il suo lurido padre che l'aveva tenuto in prigionia per anni. Silente osservò la scena, troppo stanco per intervenire.
"Spero abbia riavuto il suo libro indietro", "Effettivamente sì, è un peccato che tu non ti sia affidata a me, il signore Oscuro era disposto a istruirti personalmente". Silente alzò lo sguardo verso la ragazza che però non era interessata a lui e continuava a guardare Cruch, inquietata da quello sguardo folle.
"Ha parlato di me al signore Oscuro?", "Oh ma certo, sono il suo servo più fedele, era così entusiasta all'idea di avere fin da subito una nuova seguace", Artemisia ripensò al marchio nero inciso sulla pelle diafana di Piton. Voldemort glielo aveva fatto, Voldemort era la causa del suo passato, Cruch l'aveva fatto risorgere e adesso era anche la causa del suo futuro. Una rabbia e un senso di disgusto le montarono dentro.
Artemisia soffocò momentaneamente la rabbia, guardò prima Silente e poi Bartemius, sorrise beffarda: "e chi può dire che questo non succeda", l'uomo scoppiò a ridere convinto di una propria vittoria, ma in realtà la sua mente era al limite perché se fosse stato sano si sarebbe reso conto che la ragazza non avrebbe mai detto una cosa simile davanti a Silente.
La voce di Caramel nei corridoi fece allontanare il preside verso la porta dell'ufficio. Lo sguardo di Artemisia si oscurò, da beffardo divenne serio con una punta di crudeltà negli occhi. La sua rabbia stava montando sempre più. Cruch sembrava aver appena trovato un attimo di pace rassegnato alla sua cattura.
"Non speri in un processo, il ministro non glielo concederà, l'attende già il bacio" disse prima di eseguire su sé stessa un incantesimo di disillusione e andarsene superando il preside e Caramel. Le urla disperate di Bartemius Cruch Jr si espansero per tutto il castello, quelle parole l'avevano spezzato definitivamente.
Quando i funzionari ministeriali lasciarono Hogwarts due ore dopo Severus osò sperare che la nottata fosse finita ma in cuor suo sapeva non essere così. Perciò quando Albus Silente lo affiancò e gli disse: "Ragazzo mio, mi duole chiederti questo, ma devi raggiungere Voldemort e riunirti a lui, il tuo ruolo come spia è troppo importante", non si stupì. Nel buio e nel silenzio scivolò fuori dalle mura del castello fino a raggiugere i confini. Aveva un vuoto del petto e tremava di paura, si fermò, inspirò profondamente, gli occhi lucidi per le emozioni troppo intense che stava provando, si concentrò e esercitando lo sforzo occlumantico più grande dagli ultimi 15 anni, relegò tutti i suoi pensieri in un angolo recondito della mente. Toccò il marchio oscuro con la punta della bacchetta e scomparve.
Si ritrovò, con sua sorpresa, in una stanza che conosceva bene, l'ampio salone del maniero dei Malfoy. A quanto pareva Lucius non aveva perso tempo con i suoi tentativi di ingraziarsi il signore oscuro dopo tanti anni di vita nell'agio e da uomo libero.
In un primo momento pensò di essere solo ma poi un sibilo mortifero raggiunse le sue orecchie, così si gettò a terra in ginocchio, osservando il pavimento e non osando alzarlo. Nel suo campo visivo apparvero i piedi scheletrici e sporchi di terra del nuovo corpo di Voldemort, rabbrividì alla sua presenza.
"Severussss... pensavo di poterti già chiamare traditore, invece sei qui"
"Mio Signore, mi scuso per il mio ritard-" non finì di parlare che la seconda maledizione senza perdono fu scagliata contro di lui impedendogli quasi di respirare per il dolore insostenibile.
"Alzati adesso e guardami." Ordinò il mago oscuro quando ebbe interrotto la tortura, l'altro si sollevò a fatica e alzò lo sguardo in quello scarlatto, pronto all'invasione nella sua mente.
In quei momenti fu grato di aver ricominciato a praticare dell'arte con Artemisia, non era sicuro che sarebbe riuscito altrimenti a gestire l'assalto.
"Mi devi molte spiegazioni Severus, e se non saranno convincenti l'essere tornato da me non sarà valso a molto"
Artemisia stava al suo solito posto sul gradino del camino tentando di riscaldarsi ma gli avvenimenti della giornata l'avevano turbata talmente tanto che neanche se si fosse gettata tra le fiamme avrebbe smesso di tremare. Inoltre il mancato ritorno di Piton la stava facendo preoccupare, pensava fosse stato impegnato con gli Auror ma ormai erano le 2 di notte e non poteva più essere questo il motivo della sua assenza. Non ce la faceva più, prese una manciata di polvere volante e arrivò nell'ufficio del preside che come lei si trovava seduto apprensivamente in un angolo.
"Artemisia siediti e prendi da bere mentre lo aspettiamo" dal suo sguardo sembrava più stanco che mai e il riflesso del cicchetto di whiskey incendiario nelle lenti gli dava un'aria ancor più fragile. Nessuno dei due ebbe la forza di intavolare un discorso così si ritrovarono ad attendere per oltre un'ora in silenzio fin quando il quadro di Phineas Nigellus Black latrò dalla sua cornice "Sta varcando l'ingresso, sembra stare discretamente", "Questo mi rassicura".
Pochi minuti dopo Severus varcò la porta della presidenza, si reggeva perfettamente sulle sue gambe ma Artemisia ebbe un sussulto nel vedere il suo sguardo gelido e inumano.
"Cosa ci fa lei qui?" chiese al mago più anziano con tono monocorde, "È venuta a fare compagnia a un povero vecchio, se non fosse stato per lei mi sarei addormentato ore fa", la ragazza sapeva che non fosse vero, non era stata di nessuna compagnia, troppo in tensione per intrattenere chiacchiere piacevoli, ma ringraziò mentalmente Silente per la sua scusa.
"Beh dobbiamo parlare dunque è il caso che adesso torni nelle mie stanze" si rivolse direttamente a lei. "Sì certo, vado- ma prima di entrare nel camino si voltò nuovamente- le posso preparare qualcosa? Delle pozioni o anche solo un tè?"
"Ci vorrà del tempo, addormentati e basta"
Una volta nelle loro stanze però Artemisia fece l'opposto, preparò una camomilla e si sedette ad aspettare il suo ritorno con una serie di pozioni emergenziali sotto mano, era sicura che se, come aveva intuito, Piton era andato da Voldemort le sue condizioni non potevano essere buone come aveva fatto sembrare. Nonostante i buoni propositi però, verso le 5 quando iniziava ad albeggiare, crollò addormentata sulla poltrona, e fu lì che la trovò Piton riapparendo una mezz'ora dopo. Senza accorgersene sorrise teneramente di fronte a quella scena e quella distensione inaspettata gli fece avvertire tutti i dolori e la stanchezza che aveva ignorato fino a quel momento. Scorse delle boccette sul tavolino lì vicino, doveva averle prese lei, e una teiera piena d'acqua ormai fredda, recuperò una pozione calmante e una rinvigorente e si sentì subito meglio. Si voltò nuovamente a osservare quella ragazza che dormiva nel mezzo della stanza e come se sentisse quegli occhi sulla pelle, lei aprì appena a suoi: "Sei tornato" biascicò assonnata dandogli del "tu" per errore ma correggendosi inconsapevolmente subito dopo: "Ho provato ad aspettarla ma mi sono addormentata, sta bene?", "Sì... sto bene" rispose assorto avvicinandosi a lei. "Vieni, ti accompagno a letto", "Non c'è bisogno, ce la faccio" cercò di opporsi Artemisia ma senza reale convinzione, era davvero stanca. Lui la sollevò e la portò in braccio fino alla camera, si appurò che si fosse ben coperta nel letto e che si addormentasse.
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