Capitolo 6
Quella sera avevano occlumanzia, Artemisia era migliorata velocemente, talmente tanto che le sue difese ormai erano davvero difficili da abbattere in situazioni normali così la maggior parte delle volte si esercitavano dopo un grande sforzo fisico come un duello. Sta volta però Piton le chiese di veicolare i pensieri, farlo entrare e poi costringerlo a guardare un ricordo e non un altro.
Entrò nella sua mente e si trovò davanti alla solita barriera che ormai si estendeva a perdita d'occhio in ogni direzione compresa quella di un ipotetico cielo. Le ordinò di sfaldarle e Artemisia seguì le sue istruzioni. Piton girava in mezzo ai suoi ricordi ignorando quelli più esposti e futili, cercando qualcosa che la spronasse a contrastarlo. Si sentì però trascinare e si ritrovò nel cortile di Hogwarts in mezzo agli amici della ragazza, aveva capito il meccanismo e gli stava rallentando il cammino, con un semplice movimento della mano dissolse quel ricordo. In altre situazioni l'avrebbe assecondata per un po' ma quel giorno non aveva voglia di perdere tempo, era annoiato, preoccupato e stanco, nessuno avrebbe voluto avere a che fare con lui di questo umore.
Artemisia si riprese da quella reazione così tempestiva e rude da parte di Piton e lo trascinò in un altro ricordo: lei era piccola davanti a una torta di compleanno più grande di lei, ma non ebbe il tempo di lasciarsi andare ai ricordi perché l'uomo scacciò anche questo. Si intestardì, e in più Piton continuava ad avanzare nei ricordi più intimi, così lo obbligò nel ricordo del pranzo di quel giorno. L'insegnante tentò di scacciare anche quello ma La ragazza glielo impedì costringendo l'attenzione del mago sul movimento del braccio che aveva effettuato inconsapevolmente. Piton si adirò per quel mancato controllo e dissolse quell'immagine provocando ad Artemisia una fitta alla testa che le impedì di reagire prontamente all'uomo che subentrava in un ricordo privato.
Si trovava nelle stanze private della Thomas, sentiva il profumo della torta al cioccolato che avevano sfornato poco prima. Erano entrambe in bagno a pulirsi dalla farina con cui si erano sporcate e ridevano per il nulla, Artemisia più piccola di un anno e mezzo guardava la donna leggermente arrossata a causa delle risate, ricordava le sensazioni di quel momento, e ricordava il cuore impazzito quando Eva le aveva tolto lo zucchero a velo che le sporcava il naso, la sensazione di vuoto quando i loro sguardi di incrociarono.
Avrebbe voluto rivivere quel ricordo mille volte ma si ricordò della presenza di Piton e appena questa consapevolezza la travolse alzò le barriere con un'enorme potenza. Tale che quando aprì gli occhi Piton era seduto per terra un paio di metri più dietro.
"Oddio", subito si alzò per aiutarlo ma un forte giramento di testa la fece barcollare costringendola a poggiarsi alla poltrona. "Mi scusi", disse mentre il mago si rialzava da solo.
"Avrebbe dovuto sostituire il ricordo se non voleva che io la vedessi in atteggiamento intimo con la sua insegnante", sbraitò schifato.
Quando guardò la ragazza però Artemisia aveva perso qualsiasi emozione sul suo viso che non fosse rabbia. Si era vista sbraitare contro tutto il giorno, si era limitata dal fare domande, si era preoccupata per lui, Piton vedeva una parte privata della sua vita e l'unica cosa che sapeva fare era usare quel sarcasmo tagliente per screditare il sentimento che c'era stato tra lei ed Eva, un sentimento forte che si erano rese conto troppo tardi cosa fosse.
"Possiamo passate ad un altro argomento o magari vuole infierire ancora un po'"
Piton sbuffo sapendo di avere torto ma non l'avrebbe mai ammesso, però assecondò la richiesta della ragazza pur di togliersi da quella situazione.
"Sediamoci", Piton fece levitare anche due calici e una bottiglia di vino.
"Quanti anni ha?", chiese mentre versava il vino, "Diciassette", rispose Artemisia ma l'insegnante la guardò alzando il sopracciglio così continuò: "ho ricevuto la lettera a quasi dodici anni perché sono nata ad agosto", Piton si fece bastare quella risposta.
"Non so come funzionasse nella sua epoca ma qui lei è maggiorenne", Artemisia fu stupita da quella rivelazione, nella sua epoca si diventata maggiorenni a ventuno anni e la maggior parte della comunità magica a quell'età aveva anche finito le accademie di specializzazione.
"Come mai questo?", chiese lei spezzando il silenzio e alzando il calice per farsi capire. "Ho notato che aveva mal di testa, questo è una delle poche cose che rilassano abbastanza i nervi al pari di una pozione", "Sa professore, ormai sto qui da quasi due mesi e ci starò ancora a lungo, potrebbe anche darmi del tu", "Ci penserò", rispose non del tutto convinto, gli sembrava di superare un limite invalicabile che da sempre si era imposto con gli studenti, "Ma dai! Lei è l'unico insegnante che non dà del tu ai ragazzi, tranne il professor Ruf ma lui è nato nel 1700!", Piton sorrise di sbieco ricordandosi quando il noiosissimo professore di storia della magia era stato suo insegnante. "Cosa non hai capito di 'ci penserò'?", disse dandole del tu e lei sorrise soddisfatta. Passarono minuti interi di silenzio dove Piton riempì i calici e continuarono a bere di fronte al camino che scoppiettava.
Fu lei a spezzare il silenzio: "le brucia il marchio?", chiese a bruciapelo e istintivamente Piton abbassò lo sguardo sull'avanbraccio sinistro: "l'hai notato oggi a pranzo", "Si... è per questo che è nervoso?", "Sinceramente odio la tua capacità di osservazione", Artemisia sollevò un angolo della bocca ma era più un sorriso amaro, era stata una brava osservatrice fin da piccola.
"Ha paura?", chiese ancora, l'alcool le scioglieva la lingua e lei non era abituata a bere, contrariamente Piton era lucidissimo ma l'atmosfera nella stanza era così rassicurante che pensò non fosse un male sciogliersi un po', anzi non lo pensò, gli venne naturale e basta.
"Chi non ne avrebbe?", domandò retoricamente più a sé che alla ragazza di fronte a lui. "Ne ha già parlato con Silente?", "Si ma non di me particolarmente", "Di Karkaroff?", Piton annuì mentre era immerso nei suoi pensieri, Artemisia notò le dita della mano strette intorno al manico del calice, talmente tanto da sbiancare.
"Fuggire non è un'ipotesi, Karkaroff ha parlato troppo e morirà", disse decisa, Piton si alzò di scatto dalla poltrona visibilmente colpito da quell'affermazione.
"Anche io ho parlato troppo, da prima della fine della guerra", ringhiò a denti stretti. "Ha già lavorato in bilico tra due fronti, non ha finito quel trentuno ottobre", un ringhio di angoscia lasciò le labbra di Piton, frustrato e stanco di quella vita. Artemisia invece lo osservava apprensiva, capì di voler essere anche lei parte di quella guerra.
Artemisia valutava ormai da giorni l'idea di andare a parlare con Silente per dirgli che lei non voleva più nascondersi, non voleva con la sua conoscenza restare semplicemente a guardare mentre le persone intorno a lei soffrivano. Sapeva di poter correre dei rischi ma era anche convinta di poterli sopportare, era una maga molto capace e gli eventi della sua vita l'avevano formata per resistere a dolori eccessivi per chiunque altro, era abile a mentire e aveva ormai delle solide barriere in occlumanzia. Se non lei chi? Chi altro avrebbe potuto sostenere la posizione difficile di Piton?
Ma valeva la pena sacrificarsi per un uomo così lunatico? Avevano passato mesi a discutere e a guardarsi con sospetto eppure lei conosceva per i suoi studi il ruolo difficile che la guerra gli aveva imposto e un po' lo capiva, come si era sentita capita da lui quando si era ritrovata involontariamente a confessargli ogni aspetto della sua vita precedente.
Attese un sabato sperava che il preside quel giorno non avesse impegni e che quindi non vi fosse nessuno oltre lui nel suo ufficio e scelse il sabato perché così Piton sarebbe stato impegnato con le lezioni. Usò la metropolvere per spostarsi.
Quando uscì dalla brace e dalla cenere del camino Silente era seduto alla sua scrivania intento a leggere un libro.
"Buongiorno preside, scusi per il disturbo"
"Artemisia, come mai sei qui? Non è sicuro per te spostarsi, lo sai", "Si preside lo so. Posso?"
Silente fece di sì con la testa e lei si sedette di fronte a lui.
"Il professor Piton ha parlato con lei?" indagò.
"Riguardo cosa, Artemisia?", "Riguardo la situazione, il marchio, tutto"
I quadri improvvisamente trovarono molto interessante quella conversazione e non nascosero la loro curiosità. Silente indurì la mascella sotto la barba bianca, possibile che Severus fosse stato talmente sconsiderato da parlarne con lei?
"Effettivamente è venuto qui in settimana", "Riprenderà il suo doppiogioco?", "Si".
Ci fu silenzio nella stanza prima che Artemisia facesse la sua richiesta: "Preside, so che per lei rappresento più un peso, un intralcio, che altro. Non le do torto, ma so anche che lei vuole bene al professor Piton e lui è stanco e provato, io vorrei prendere parte a tutto ciò"
Silente strinse la radice del naso tra due dita, e gli occhiali si sollevarono rischiando di cadere: "Se Voldemort venisse a conoscenza della sua provenienza non perderebbe tempo a farsi rivelare come vincere, per quanto lei sia una strega notevole non credo minimamente che potrebbe fare nulla contro i suoi mezzi di persuasione, dai più subdoli ai meno ortodossi"
Artemisia si agitò sulla sedia prevedendo che non sarebbe riuscita a convincere il preside: "L'unica cosa per cui necessiterei dell'aiuto di Piton è la creazione di ricordi falsi, ho imparato a forzare i percors-
Fu interrotta bruscamente dall'anziano: "Mi fa piacere sapere che tu ti sia affezionata al tuo coinquilino- disse sarcasticamente- e potrei azzardare a dire che lo stesso valga per lui vista la nostra ultima chiacchierata, ma coinvolgerti è un rischio eccessivo e inutile. È meglio, anche per te, che tu viva una vita normale così che Voldemort non sappia neanche della tua esistenza"
Artemisia si spazientì: "Si illude che Voldemort non sappia di me? Il nervosismo di Crouch Jr è dovuto solo all'aver perso la bambolina con cui voleva giocare o, più probabilmente, a una promessa fatta a Lui? Magari risorgere e avere subito una nuova seguace poteva essere la sua idea per consacrare l'evento"
"Non correrò questo rischio per delle supposizioni" fu la risposta ferma
"Bene. Io a settembre riprenderò la mia normale vita da studentessa ma se Lui mi verrà a cercare preferirò rischiare la vita dicendogli di "sì", invece di farmi ammazzare subito per aver rifiutato. Ora... con permesso, è stato un piacere"
E con la metropolvere tornò negli alloggi di Piton
Quella sera l'insegnante la portò nuovamente nella stanza dove aveva affrontato il molliccio. Era vestito in abiti comodi, un pantalone morbido e una camicia bianca sbottonata per i primi due bottoni, era raro vederlo così. Aveva preteso un abbigliamento comodo anche da Artemisia che aveva indossato una semplice tuta viola e delle scarpe da ginnastica.
"Oggi duelliamo, ogni incantesimo è valido e io non ci andrò piano, mi aspetto che tu dia del tuo meglio", non era la prima volta che la faceva duellare ma era la prima che lo vedeva tanto determinato, la verità era che Piton si stava rendendo conto veramente del rischio a cui andavano incontro, lui doveva riprendere la mano con gli scontri e Artemisia doveva imparare a lottare con tutte le sue forze o la sua incolumità sarebbe stata seriamente a rischio.
"Va bene", "Iniziamo", disse Piton prima di scatenare un forte terremoto nella stanza che fece sollevare dal terreno rocce acuminate, Artemisia stordita per le scosse perse di vista il mago che silenziosamente si aggirava per la stanza senza essere visto.
"Bombarda!" Artemisia fece esplodere le rocce a lei più vicine liberando la visuale in quel labirinto di pietra, così però si era anche scoperta e se ne rese conto solo quando udì il sibilo dell'incantesimo appena lanciato alle sue spalle, si difese con un incanto scudo ma di Piton neanche l'ombra. Corse dietro una roccia per difendersi mentre altri incantesimi le piombarono addosso senza che riuscisse ad identificarne la direzione. Riconobbe varie fatture e diffindo, Piton tentava di rallentarla ma lei avanzando all'indietro li parò tutti con grande abilità.
Appena fu al riparo si concentrò, aveva bisogno di grande forza per quell'incantesimo Hominum revelio la stanza alla sua mente fu improvvisamente sgombra e identificò la sagoma di Piton dietro una roccia dal lato opposto della stanza.
Puntò la bacchetta proprio lì e nel giro di un secondo quella andò in mille pezzi, Piton si era riparato con uno scudo appena aveva sentito il rumore dell'incantesimo ma ora era scoperto e disorientato.
Artemisia puntò la bacchetta ai suoi piedi e un fortissimo getto d'acqua uscì da quel punto, Piton però lo evitò spostandosi velocemente e approfittando della visuale interrotta dall'acqua attaccò la ragazza con un incarceramus che la prese alle gambe facendola cadere a terra. Velocemente si liberò con un incantesimo di taglio ma per la fretta un rivolo di sangue iniziò a scenderle dalla gamba, si era tagliata, bruciava ma non aveva tempo così evocò delle bende che si strinsero intorno alla ferita, Piton nel frattempo si stava avvicinando e approfittando della ragazza indifesa fece scaturire dalla bacchetta delle fiamme nere, lei riuscì nel giro di un attimo a evocare uno scudo tutto intorno a lei, di ghiaccio magico, unico incantesimo utile contro l'ardemonio, le servì una quantità di magia davvero unica per contrastarlo, in quei pochi secondi che l'avvolse, prima che Piton ritirasse la maledizione. Si alzò in piedi e tra lei e l'uomo c'erano appena quatto metri, lui subito attaccò e lei parò i suoi incantesimi a stento, fin quando si sottrasse a quella dinamica iniziando ad attaccare a sua volta costringendo Piton ad andare sulla difensiva, man mano i suoi incantesimi diventavano sempre più difficili e potenti ma Piton con dei semplici movimenti del polso li respingeva come si caccia una mosca che ti sta infastidendo. Artemisia era stanca e voleva una tregua me l'insegnante non sembrava proprio intenzionato a dargliela, si concentrò e mentre lanciava un expelliarmus in direzione del mago con la mano libera canalizzava la magia necessaria per esercitare una forza che lo sollevasse, ci riuscì incredibilmente. Piton era stupito ma con un semplice finite incantatem annullò quell'incantesimo e ricadde al suolo lentamente grazie alla magia. Artemisia si spostò i capelli all'indietro, erano bagnati di sudore e lei aveva male al fianco per lo sforzo.
"Già stanca?", chiese canzonandola l'uomo che non dava alcun segno di cedimento, "No", disse lei con tono ironico e respirando pesantemente, Piton non riuscì a trattenere una risata.
"Va bene ci fermiamo, non male"
Solo quando fu sicura che veramente avessero finito si avvicinò all'insegnante, vide che anche lui era sudato e ora che poteva rilassarsi ansimava per calmare il battito cardiaco accelerato, stava per slacciarsi i polsini a salirsi le maniche ma si fermò.
"Non l'ho mai visto sa? Non ci sono documentazioni, dopo la caduta del signore oscuro sono spariti tutti e le pagine su cui qualcuno aveva avuto l'ardire di disegnarlo hanno preso fuoco da sole alla sua morte."
"Mi stai chiedendo di vedere il marchio?", disse l'uomo infastidito. "Non lo so", rispose lei guardandolo negli occhi ed era vero, non lo sapeva, era combattuta. Era curiosa terribilmente e ormai aveva deciso il suo ruolo in quella guerra ma se così fosse stato quel marchio lo avrebbe avuto anche lei a deturparle la carne e temeva di cambiare idea alla vista di quel tatuaggio. Piton era molto più alto di lei ed era imponente, il fisico asciutto, l'aura magica che sprigionava, era un uomo incredibile e Artemisia lo osservò attratta da ogni movimento che i suoi muscoli facevano per sbottonare il polsino e tirare su la manica.
Le mostrò l'interno dell'avanbraccio e Artemisia lo osservò curiosa e affascinata, non si avvicinò perché percepiva l'aura oscura che emanava ma lo studiò attentamente. Spiccava particolarmente sulla pelle diafana di Piton, era nero ma leggermente sbiadito, i contorni non erano ben definiti ma il disegno di distingueva lo stesso: un teschio con la bocca spalancata e un serpente che ne fuoriusciva avvolgendolo con le sue spire, poteva quasi sembrare che si muovesse. Nel silenzio più assoluto la ragazza alzò lo sguardo da lì, puntandolo negli occhi neri di Piton, un senso di oppressione schiacciava entrambi.
Fu l'insegnante a distogliere l'attenzione dal marchio perché, quando abbassò lo sguardo, notò una leggera macchia rossa sulla gamba destra della ragazza, poco più in basso del ginocchio. Si inginocchiò.
"Che hai fatto alla gamba?"
Artemisia si ricordò solo il quel momento del diffindo mal lanciato
"Niente di che, mi sono un po' tagliata ma ho messo delle bende", a dimostrazione di ciò sollevò la piega del pantalone fin sopra il ginocchio, mostrando così le bende che con sorpresa di entrambi erano zuppe di sangue.
"Sono stato io?" chiese Piton e quella domanda tradì una nota di apprensione.
"Oh no! - si affrettò a rispondere- Mi sono tagliata da sola per sciogliere le corde, è stato un mio errore"
Piton non parve convinto, in ognuno dei due casi sentiva che la colpa fosse sua. Non le chiese neanche il permesso e la sollevò da terra con un braccio sotto le ginocchia e l'altro dietro la schiena. La ragazza sussultò ma non se ne lamentò e dopo pochi minuti si ritrovò adagiata delicatamente sul divano dello studio, davanti al camino. Piton le sciolse le bende e la medicò con pazienza mentre lei cercava di lamentarsi i meno possibile quando lui applicava il dittamo. Grazie all'abilità dell'uomo finirono in poco. Era notte fonda ma Artemisia non era ancora stufa della sua compagnia, anzi.
"Professore?"
"Sì, Carter?" sbuffò lui con un tono finto annoiato.
"Ci vogliamo bere un goccio di vino come l'altra sera?"
Lui non rispose ma due bicchierini di cristallo e la bottiglia apparvero di fianco alla poltrona. Artemisia si sedette come suo solito sul gradino del camino per scaldarsi e allungò una mano per farsi passare da bere.
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