Capitolo 5


Passò un mese dall'inizio della loro convivenza e le volte che si incontravano nello studio erano sporadiche e solo di passaggio. Artemisia approfittava delle mattinate, quando Piton era a lezione, per starsene sul divanetto a leggere tutto ciò che poteva trovare nella libreria, mentre i pomeriggi si chiudeva in stanza a studiare le materie canoniche, usciva nuovamente per cenare epoi se ne andava a dormire. Piton invece usciva prestissimo la mattina e passava l'intera giornata in classe, tornava nel tardo pomeriggio in studio per correggere i compiti o ricevere qualche studente serpeverde e se ne andava di nuovo in sala grande, la notte era finalmente il suo momento di pace che passava a leggere sulla sua poltrona davanti al camino acceso.

Una domenica mattina Artemisia abituata a non trovare mai nessuno uscì dalla sua stanza intenzionata a fare colazione, ma quando entrò nell'ufficio trovò Piton seduto dietro la cattedra intento a correggere dei compiti.

"Buongiorno", lo saluto assonnata e lui le rispose distrattamente senza alzare lo sguardo dai fogli. L'aria non era tesa ma decisero di ignorarsi e proseguire ciascuno con i suoi scopi.

Artemisia chiamò l'elfo e quello arrivò già con il suo caffè doppio, l'unica cosa che riuscisse a svegliarla veramente, e si sedette a berlo sull'orlo del caminetto accesso per riscaldarsi.

Dopo minuti interminabili finalmente la bevanda parve destarla un po' e a quel punto alzò lo sguardo sul professore soffermandosi a guardarlo: non indossava i soliti abiti, bensì una camicia nera sui pantaloni classici neri. Lei da parte sua si accorse solo allora che era in pigiama perciò tornò subito nelle sue stanze per cambiarsi e rendersi presentabile.

Mise un paio di jeans aderenti, un maglioncino a collo alto nero e le sue solite converse di pelle. Pettinò i capelli corvini che stavano iniziando ad allungarsi fino a toccare le spalle e mise un po' di mascara, nulla di più, non aveva senso truccarsi ma quello metteva in risalto i suoi occhi verdi che lei adorava.

Quando tornò nello studio Piton era sparito chi sa dove. L'insegnate rispuntò poco dopo pranzo da una porta, parallela a quella della sua stanza, spuntata dal nulla. Lei sobbalzò ed estrasse la bacchetta ma appena riconobbe l'uomo la posò.

"Stia calma Carter, non ci tengo ad essere affatturato", disse lui scostante. "Mica è colpa mia se lei sbuca fuori dal nulla dopo essere sparito senza dire niente", rispose lei piccata ma a quanto pare l'uomo non era di buon umore quella mattina. "Non devo tenere conto a lei dei miei spostamenti", "Ci siamo svegliati dolci sta mattina?".

Si rese conto di aver esagerato solo quando egli avanzò velocemente verso di lei facendola arretrare spaventata. "Ragazzina, veda di moderare i toni o non sarà Cruch ad ucciderla", cacciò quel nome con talmente tanto astio che Artemisia capì subito c'entrasse lui con il suo malumore.

"Che ha fatto Cruch?", l'uomo richiamato alla realtà da quella domanda si allontanò bruscamente da lei sbraitando: "ha rubato ancora dalle mie scorte e adesso non ho abbastanza sanguisughe che mi servono per una pozione", "E non si trovano nella foresta proibita?", "Certo che sì, ma la pozione ha una tempistica e va controllata e non posso permettermi di rovinarla per quel-", trattenne qualsiasi imprecazione rendendosi conto che stesse dando i numeri davanti a una studentessa, lei invece si contorceva le dita indecisa se parlare o no, fu Piton ad anticiparla.

Prese tra pollice e indice la radice del naso e sbuffo sonoramente, contrariato dalla richiesta che stava per farle: "Carter, per quanto non voglia assolutamente, devo chiederle di seguire lei la pozione mentre io vado a recuperare gli ingredienti mancanti", lei voleva proporgli proprio questo ma fu stupita che fosse stato lui a chiederglielo: "Ehm... sì, va bene. Starò attentissima", "bene", disse poco convinto per poi farle segno di seguirlo ed oltrepassarono la porta da cui Piton era arrivato.

Questa portava direttamente nella sua camera da letto, perfettamente ordinata, ma non ebbe il tempo di soffermarsi abbastanza perché Piton oltrepassò un'altra porta che li portò direttamente nel laboratorio che Artemisia aveva già utilizzato. Due calderoni bollivano contemporaneamente e nella stanza quasi non si respirava. Si avvicinarono ai fuochi.

"Sai che cos'è?", chiese scocciato, Artemisia osservò attentamente la pozione verde pallido, sentì l'odore acre, simile al limone andato a male, ma non riusciva a ricollegarli con nulla. "No", dovette ammettere e lo sbuffo di Piton non l'aiutò a rassicurarsi.

"Questa è una pozione di elevata complessità, può capitare che la magia non riconosca il corpo che la ospita e che per questo vada a deperirlo lentamente e dolorosamente, questa pozione inibisce la magia fin quando non si trovi la causa di questo comportamento insolito."

"Va bene, ha un libro, degli appunti?", Piton le passò un libro con varie notazioni ai margini e lei iniziò a leggere dopo il punto che le era stato indicato, dopo pochi minuti disse: "Posso farla, conosco i passaggi singolarmente, li seguirò tutti alla lettera", l'insegnante non sembrava convinto ma era l'unica cosa che potesse fare.

"Va bene, inizi così controllo che prenda il ritmo e poi andrò, dovrei tornare in tempo"

Artemisia fece come le era stato detto, mise il libro con gli appunti a fianco e leggendo velocemente prese gli ingredienti che le sarebbero serviti nei prossimi passaggi.

"I calderoni hanno uno scarto di 10 minuti in modo che non si abbiano problemi ci contemporaneità dei passaggi, quello alla sua destra è più avanti, tra un minuto finiranno i quaranta minuti di riposo"

Iniziò tritando i gambi dell'aconito con movimenti rapidi e precisi, se c'era qualcosa che non le mancava era la tecnica. Recuperò le due lumache cornute e velocemente le aprì e tolse le interiora, Piton la osservò fare tutto con la massima serietà e non accennare nessuna espressione schifata mentre apriva quegli animali. Appena il timer scattò rovesciò nel primo calderone metà dell'aconito e girò sette volte in senso antiorario, come era indicato negli appunti di Piton, successivamente fece cadere a intervalli di trenta secondi le quattro strisce in cui aveva diviso la lumaca. Abbassò il fuoco e nel mentre la pozione diventava rossa vermiglio, prese un bezoar lo pesò e, accuratasi che fosse del peso giusto, lo mise nel mortaio ma era troppo duro e non riusciva a lavorarlo, Piton era già pronto a subentrare ma lei determinata posò l'ingrediente sul tavolo vi poggiò sopra il tagliere e tirò un colpo con la mano talmente forte che l'insegnante quasi arretrò, lei recuperò i vari pezzi in cui il bezoar di era diviso e li rimise nel mortaio riuscendo finalmente a pestarli e continuò fin quando non divenne polvere finissima.

Non si accorse neanche di quando Piton se ne andò incerto ma leggermente più tranquillo, continuò a lavorare incessantemente, ora occupandosi di entrambi i calderoni contemporaneamente. Passava da un ripiano a un altro, tritando, tagliando, pestando e sviscerando, dovette incantare il mestolo per far continuare a girare la pozione mentre lei ne girava un'altra e viceversa. Il sudore le imperlava la fronte a causa della cappa che si era creata in quella stanza ma lei non si fermava e dopo un'ora o forse due da quando Piton se n'era andato, mentre aggiungeva al secondo calderone tre foglie di ortica senza usare i guanti, la porta si aprì rivelando l'insegnante vestito con i suoi soliti abiti e inquietante come sempre. Egli si avvicinò a grandi falcate al piano di lavoro dove Artemisia continuava a lavorare incessantemente per rispettare i tempi. Posò un secchio che conteneva gli animali sul bancone e osservò in contenuto dei calderoni: il colore delle pozioni era corretto in entrambi i casi, con la prima che già era di un azzurro intenso e la seconda che stava cambiando colore dopo che era stata aggiunta l'ortica. Un paio di passaggi e avrebbero dovuto mettere le sanguisughe.

Si sfilò il mantello senza dire nulla e effettuato un taglio lungo il dorso di quegli animali estrasse tutto in sangue facendolo colare in un pentolino che mise su un fuoco più piccolo poco più in là, il liquido a mano a mano si scurì e addensò e fu pronto giusto in tempo per essere aggiunto alla pozione, Piton si avvicinò al primo calderone e iniziò a lavorare lui stesso a quello. Artemisia lo osservò prendere il controllo della postazione e si sentì delusa più di quanto lo era stata quando non l'aveva trovato per tutti i pranzi e le cene passate, non una parola... era arrivato e si era messo a lavorare come se lei non avesse fatto nulla. Aggiunse l'ultimo paio di ingredienti che aveva già preparato per il secondo calderone e, dopo aver girato la pozione ad otto, versò il sangue che era rimasto nel pentolino, guardò l'insegnante lavorare freneticamente e non seppe che dire o fare.

"Vuole muoversi a incidere quegli occhi o devo fare tutto io?", parlò l'insegnante mente continuava a lavorare sul primo calderone, Artemisia non riuscì a trattenere il sorriso mentre si metteva al lavoro sul secondo lavorando fianco a fianco con l'uomo vestito di nero.

Quando ebbero finito era ormai tardi, l'ora di cena era passata e Artemisia stava morendo di fame. Diede una mano a ripulire le postazioni senza che l'insegnate glielo avesse chiesto ma era abituata a farlo.

Tornarono poi nell'ufficio ma Piton risparì nella sua camera da letto, probabilmente per farsi una doccia e cambiarsi, Artemisia fece lo stesso e quando dovette rivestirsi mise semplicemente una tuta, era contenta, stanchissima ma contenta. Aveva fatto una delle cose che più le piaceva fare e si era trovata in difficolta a preparare una pozione dopo tanto tempo passato a preparare i distillati più semplici, ammise che se l'era cavata e probabilmente anche Piton lo pensava altrimenti non l'avrebbe fatta rimanere. Quando tornò nell'ufficio, intenzionata a chiamare Willy per mangiare, vi trovò Piton che già parlava con il piccolo elfo.

"Cosa desidera padroncina Artemisia?", chiese la creatura rivolgendosi alla ragazza che dopo avergli ricordato che non dovesse chiamarla 'padrona' gli chiese un semplice piatto di roastbeef con patate.

Quando Willy fu sparito Artemisia e Piton si guardarono e tra loro scese un silenzio imbarazzante. "Trasfiguri qualcosa in un tavolo e delle sedie", spezzò l'aria la voce bassa del mago e mentre prendeva qualcosa da un cassetto osservò l'alunna fare come le era stato detto con particolare facilità, non era qualcosa da poco, soprattutto se parti da due matite e un attizzatoio per il camino. In quel momento tornò l'elfo con la loro cena e dopo averla poggiata sul tavolo si congedò.

Entrambi i maghi si sedettero in silenzio cominciando a mangiare. Artemisia teneva so sguardo basso temendo di incontrare quello dell'uomo.

"A che pensa Carter?"

"Pensavo al fatto che prima del mio arrivo era un evento unico vederla in sala Grande durante i pasti, mentre da quando sono arrivata io ha mangiato sempre lì", la pose come se fosse una provocazione, senza dare un suo parere, la verità era che si era sentita evitata.

"Se non se lo ricordasse abbiamo discusso dopo appena due settimane di convivenza", eppure lui non aveva mangiato lì neanche nelle settimane precedenti... Artemisia avrebbe voluto farglielo notare ma non lo fece.

"Noi abbiamo sempre discusso da quando ci conosciamo, non pensavo che la cosa l'avrebbe turbata più di tanto"

Ne era stato turbato? Forse, aveva criticato il suo metodo d'insegnamento sebbene anche lui sapesse che fossero critiche giustificate. No, l'aveva evitata perché pensava che nessuno dei due sarebbe stato a suo agio, che lei si sarebbe ambientata meglio da sola.

"Non mi ha turbato. Semplicemente non apprezzo un contatto troppo stretto con i miei studenti" disse con tono leggero, come fosse un dato di fatto e lei non potesse farci nulla. Notò immediatamente gli occhi verdi della ragazza saettare dal piatto a lui per poi tornare bassi, e la mascella irrigidirsi: lei non era una studentessa qualunque, non era neanche una studentessa alla carta.

"Si dà il caso che potrei aver cambiato relativamente la mia posizione", richiamò la sua attenzione estraendo due fiale che contenevano un liquido azzurro argenteo.

"Oggi, mi è difficile ammetterlo, mi ha stupito, ha effettuato un lavoro eccellente nonostante non avesse mai preparato tale pozione e queste sono la dimostrazione", Artemisia osservò il contenuto delle fiale, erano identici, e una portava il suo cognome mentre l'altra non portava nulla scritto sopra.

"Credo che sia il caso di riprendere le nostre lezioni, con qualche modifica"

I cambiamenti ci furono eccome.

Durante le ore di Pozioni tornarono sempre nel laboratorio e spesso sforavano ampiamente continuando fino a notte fonda, non sapeva come facesse Piton a svegliarsi ogni volta per le lezioni la mattina dopo ma lui non sembrava risentirne. Le pozioni che l'insegnante le fece preparare provenivano tutte da grossi tomi mai visti prima come mai sentite erano le pozioni stesse, di lunga e complicata lavorazione e al limite del legale. Anche molti degli ingredienti che si trovò ad utilizzare, spesso, non li aveva mai visti, Piton mentre le mostrava i passaggi e le lavorazioni sembrava animato da una voglia che non gli aveva mai visto.

La prima lezione di difesa contro le arti oscure che fecero, l'insegnante la guidò attraverso un passaggio segreto dietro al quadro di Phineas Nigellus Black che si trovava sopra al camino, fino a un'aula senza altre porte oltre quella da cui erano entrati. Un baule si trovava nel mezzo della stanza.

"Si è mai trovata davanti a un molliccio?", chiese lentamente superandola e avvicinandosi al baule, Artemisia deglutì preoccupata: "No", "Bene, sta sera mi divertirò allora", ghignò sadicamente l'insegnante prima di iniziare a spiegare come si respingesse la creatura. Quando ebbe finito e l'alunna si fu preparata aprì il baule e dopo un indefinito vorticare il molliccio prese forma: un uomo di mezza altezza, con i capelli castani e gli occhi marroni, aveva due profonde occhiaie ed era bianco cadaverico, stava steso per terra in mezzo al suo sangue e non su muoveva.

Piton osservò la ragazza guardare la scena davanti a sé, era il padre quello morto davanti ai suoi occhi che si facevano lucidi man mano. "Papà" la sentì sussurrare, per quanto egli ne sapesse la ragazza non era certa che il padre fosse morto ma di certo quella era la sua paura più grande, essere l'assassina di suo padre, davvero ironico se si pensava che invece lui suo padre l'aveva ucciso volontariamente e la considerava una delle cose migliori che avesse fatto nella sua vita. Si concentrò nuovamente sulla ragazza che tremante aveva alzato la bacchetta "riddikulus", pronunciò e l'uomo steso a terra si alzò recuperando colore e dicendo "che schifo la passata di pomodoro", non era una scena propriamente divertente ma al molliccio bastò per ritirarsi nel baule. Quando rialzò gli occhi sulla ragazza, ella era in silenzio mentre si mordeva il labbro per impedirsi di far scendere una lacrima.

"Io l'ho ucciso il mio, con un veleno che lo ha portato all'arresto cardiaco, nessuno lo sa", Artemisia alzò gli occhi sull'uomo davanti a lei, lo vide come immerso nei ricordi che gli tornavano alla mente, "P-perché?", chiese incerta. "Perché era un alcolizzato e un violento, ho passato la mia infanzia a cinghiate e quando non ero io era mia madre", rimase scioccata da quella rivelazione, e non capiva il perché lo stesse dicendo a lei ma non ci fu bisogno di chiederglielo perché probabilmente glielo si leggeva in faccia

"Lei direbbe che ho sbagliato?", le chiese l'uomo, "no", fu la risposta sincera di Artemisia, no... non le sembrava avesse sbagliato, per quanto ciò potesse risultare poco moralmente comprensibile.

"Vede? Le azioni che portano a una reazione hanno più importanza della reazione stessa, lei può avere paura di essere l'assassina di suo padre, cosa non sicura, ma non può passare la sua vita a compiangersi". Piton stesso si rese conto di come quelle parole dette da lui stridessero con la sua vita.

Piton quel giorno era più nervoso che mai, il marchio stava riacquistando colore e bruciava, bruciava a morte. Gli studenti naturalmente subirono questo mal umore e Paciock dovette andare a prendere una pozione calmante in infermeria.

Artemisia era all'oscuro di tutto perciò quando lo vide entrare sbattendo la porta e lanciando il mantello malamente sulla poltrona, fu stupita. Negli ultimi tempi le cose andavano molto bene e a volte lei e Piton finivano a chiacchierare del più e del meno, o meglio, Piton parlava e lei lo ascoltava cercando di fissare quella marea di informazioni nella mente... era affascinata dall'infinita cultura del mago.

Erano entrambi di poche parole però e ognuno rispettava i silenzi dell'altro perciò la maggior parte del tempo stavano uno da una parte e uno dall'altra dello studio concentrati sui propri compiti. Artemisia avrebbe potuto anche stare nella sua stanza ma la presenza di quell'uomo le piaceva, e lui vedendo che lei aveva iniziato ad abitare lo studio aveva interrotto ogni ricevimento con gli altri studenti, non voleva doverla disturbare.

"Tutto bene? È esploso qualche calderone in classe?", chiese scherzando

"Si faccia i fatti suoi, Carter, e tenga la sua ironia per sé", la zittì l'insegnante e la ragazza capì che non era proprio aria così si limitò a chiamare Willy che coraggiosamente chiese a Piton cosa volesse pranzare per poi sparire con le richieste.

Artemisia trasfigurò il tavolo e le sedie come ormai era prassi e si sedette al suo solito posto, osservando Piton che girava per la stanza come un leone in gabbia e solo il "pop" della materializzazione dell'elfo lo ridestò facendolo sedere al tavolo di fronte ad Artemisia per mangiare. Sta volta fu Piton ad evitare lo sguardo della ragazza, cosa che di solito accadeva al contrario.

"Che classi ha avuto oggi?", chiese timidamente pensando che il motivo del malumore fosse quello ma lui non rispose non guardandola neanche. Così passarono tutto il pranzo in silenzio.

Piton era impegnato a non farsi scappare gemiti di dolore a causa di quel tatuaggio che bruciava come carboni sulla pelle viva, e riflettere sui possibili scenari. Sapeva che aveva collaborato troppo dopo la caduta di Voldemort, che sarebbe sicuramente morto quando il signore oscuro fosse tornato, e cercava una via d'uscita. Non si accorse mentre pensava che istintivamente aveva portato la mano sull'avambraccio dolorante e Artemisia ci mise poco a fare due più due. Non disse nulla però, aveva capito che Piton l'avrebbe linciata se avesse pronunciato solo un'altra parola



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