Capitolo 47
...bip...bip...bip...bip...
Sentiva un suono ritmicamente cadenzato e vedeva una luce bianca molto intensa attraverso le palpebre, l'odore di disinfettante le riempiva le narici e quando provò a stiracchiarsi si rese conto di essere strettamente avvolta in delle fredde coperte.
Un verso indistinto uscì dalle sue labbra ma ancora non aveva la forza di aprire gli occhi.
"Artemisia!", la voce preoccupata di Minerva la raggiunse e le sentì le mani ruvide sul viso. Dopo un attimo un'altra voce di donna e due paia di mani la sollevarono leggermente il busto dalla posizione stesa.
...bi-bip...bi-bip... il battito era accelerato involontariamente.
"Che... che succede?" articolò a fatica e si sforzò di schiudere gli occhi. Una stanza di ospedale le apparve sfocata e poi più chiara.
"Sta bene?" chiese Minerva alla dottoressa.
"I parametri non erano male già prima, ora che si è svegliata rifaremo tutti i controlli" spiegò estraendo la bacchetta e passandola vicino al lettino.
"Per ora vi lascio sole".
Appena il medico fu uscito Minerva si mise al suo capezzale stringendole la mano nelle sue. Rivedere il volto dell'anziana collega fu un'enorme emozione per lei, tanto che le si inumidirono gli occhi.
"Cos'è successo?" chiese mentre si sporgeva verso il comodino per afferrare un bicchiere d'acqua ma l'altra la anticipò fornendoglielo.
"Abbiamo vinto, Potter l'ha ucciso...", un sorriso consapevole apparve sul volto della giovane. "...e poi... oh che cosa assurda è successa. Si è scoperto che Severus era dalla nostra parte, lui è stato così coraggioso, ha mentito a Lui per anni e-"
"Come sta Severus?" interruppe la collega ricordandosi improvvisamente di aver lasciato Piton nelle sue stanze con Draco.
"Oh..." fu lo stupore dell'altra che non pensava di venire bloccata nel mezzo del racconto.
"Lui... è stato morso dal serpente, Malfoy pare lo abbia salvato e i medici dicono che è stato un vero miracolo, ora sta lì, nel letto in fondo alla stanza. Stiamo aspettando solo che si svegli"
La reazione di Artemisia fu quella istintiva di sporgersi per scendere dal letto ma fu fermata da Minerva.
"Stai giù! Anche tu eri messa male, ci hai messo giorni a riprenderti, rischi di avere un mancamento!", "Hai ragione, scusami" fu la risposta mesta della ragazza che aveva desistito solo perché aveva già avvertito la testa girarle.
"Ma si sveglierà vero?", "I medici sono fiduciosi ma non danno certezze"
Seguì un pesante silenzio, Artemisia si torceva le mani mentre guardava un punto fisso della stanza.
"Ti stavo dicendo. Potter durante lo scontro ha rivelato che Severus è sempre stato una spia di Albus, che è stato lui a chiedergli di ucciderlo perché era già malato, e che lo ha fatto per amore. Io me li ricordo Severus e Lily, sai? Stavano sempre insieme nel tempo libero, due caratteri totalmente diversi ma si trovavano, è stato un peccato che abbiano litigato e che lei abbia sposato James. Ora sapendo quanto lui la amasse..." a quel racconto Artemisia si irrigidì, tutto il mondo magico sapeva di Lily, del perpetuo amore di Severus nei suoi confronti, e lei era il personaggio dimenticato in una storia grandiosa.
"Lo sapevo già, Minerva" rispose bruscamente, creando ulteriore tensione nell'aria. L'anziana parve riflettere attentamente sulle sue successive parole:
"Si è parlato molto anche di te nei giorni dopo la battaglia. Alcuni dicono che tu... tu eri..."
"Una mangiamorte? Sì, lo sono stata", la McGranitt sobbalzò a sentire quelle parole.
"E hai mentito per tutto quest'anno?", "E quello precedente, e quello prima ancora", "Lavoravi con lui?"
"Sì. Abbiamo lavorato insieme" era fortemente a disagio per quella conversazione, si ritrovò a desiderare di essere lasciata sola.
Un singhiozzo trattenuto attirò la sua attenzione verso la collega.
"Non sai quanto mi rincuori saperlo. Pensare che Severus fosse rimasto solo ed odiato da tutti mi faceva troppo male, ma se c'eri almeno tu al suo fianco mi sento meno colpevole. Avrei dovuto capirlo che non poteva essere dalla sua parte, ma il pregiudizio... oh quante cose brutte ho detto e pensato, quando ne parlavo male davanti a te, ma tu sapevi la verità, me ne vergogno tremendamente". Vedere quella donna normalmente così rigida e austera spezzata dal senso di colpa era una stoccata al cuore.
"L'intento era proprio che nessuno sospettasse la verità, neanche io avrei dovuto saperla"
"Oh povera ragazza, giovanissima e coinvolta in qualcosa di tanto atroce..." consolare Minerva sembrava impossibile e fu solo l'arrivo dei medici a interrompere quella conversazione facendola uscire dalla stanza
Erano passate due settimane dal suo risveglio ma di quello di Severus non se ne sapeva ancora nulla. Le era stato permesso di passare le giornate vicino a lui e lei usava quel tempo per parlargli. Si perdeva spesso a carezzare i suoi capelli corvini che erano più lunghi di un paio di centimetri, e a osservare il suo viso ispido di una leggera barba non fatta, il naso aquilino, le labbra sottili, la pelle diafana, la gola era oramai libera da bende perché i morsi si erano cicatrizzati e non restava quasi più il segno di quella violenza.
"È qualcosa di mai visto prima, chi sa cosa si è inventato quel ragazzo" aveva detto un infermiere quando gliele aveva sciolte per l'ultima volta.
Gli prendeva le mani gelide tra le sue piccole e calde e vi poggiava leggeri e teneri baci. La cosa che più le mancava erano i suoi occhi neri che la scrutavano, l'espressione contrariata e il sopracciglio che si alzava, il ghigno di derisione e la sua voce profonda che elargiva sentenze taglienti.
I giorni passavano identici l'uno all'altro se non per qualche visita che riceveva da parte dei colleghi, e qualche coraggioso che portava a lui dei fiori.
Potter era un visitatore frequente, si era stupito la prima volta che l'aveva trovata lì vergognandosi di ciò che avrebbe voluto dire a Piton, ma poi si era abituato alla sua presenza e con il passare delle visite si era lasciato andare ai fiumi di pensieri e parole anche davanti a lei.
"Professore, spero si svegli presto, ho così tante scuse da farle e domande a cui cerco risposta da tutta la vita. Lei è la persona che ha conosciuto meglio mia madre in assoluto, desidererei che me ne parlasse perché io non mi ricordo nulla di lei se non le sue urla, non è un bel ricordo purtroppo, per questo vorrei averne di nuovi se lei vorrà parlarmene. È strano pensare che l'abbia amata tutto questo tempo, ma credo sia questo il vero amore, vorrei che fosse così con Ginny, forse lo sarà..."
Artemisia lo ascoltava in silenzio ed evitava commenti, anche se immaginava che Severus al suo posto avrebbe zittito il ragazzo senza alcuna remora. Poi però rifletteva su ciò che sentiva...
"Severus... amore... come sarebbe bello chiamarti così per casa ma tu mi prenderesti sicuramente in giro. Nel mondo magico non si parla che di te, del tuo coraggio, dei pericoli che hai corso, della tua lealtà... sono tutti bravi a parlare bene ora e so che ti troverei d'accordo nel biasimare questo fastidioso perbenismo", respirò a fondo per trattenere gli innumerevoli insulti che avrebbe voluto rivolgere a chiunque, soprattutto alla Skiter che già voleva scrivere una biografia su di lui.
"I medici ancora non si sbilanciano ma ogni giorno che passa li vedo più incerti. I parametri sono nella norma ma tu non ti svegli, e oramai sono passate tre settimane. So che abbiamo fatto tutto il possibile, ma i dubbi mi assalgono e ho paura che non sentirò più la tua voce. Parlano tutti di Lei, sai? Ne ero infastidita, a essere sincera, ma vedendo l'attenzione morbosa che stanno dedicando alla questione sono sollevata che di me non si sappia nulla. Capisco la bellezza di conservare il ricordo di un amore che abbiamo conosciuto solo noi e se...", le parole le morirono in gola schiacciate da un magone.
"... se noi non ci rivedessimo più... allora lo custodirò gelosamente... io-"
I suoi pensieri vennero interrotti bruscamente dalla porta che si apriva e da alcuni uomini che entravano vestiti in abiti da ufficio.
"Signorina Carter? Deve venire con noi"
"Dove mi portate?" chiese mentre veniva scortata per i corridoi del ministero, l'ansia che saliva ogni secondo di più.
Una mano le sfilò la bacchetta dalla tasca causando la sua reazione immediata. Si sporse per riafferrarla ma ne venne privata definitivamente. "Ridatemela!", "Lei attualmente è accusata di diversi crimini contro il mondo magico, la bacchetta le è stata requisita in attesa del processo".
"Ma avete idea di chi io sia?! La bacchetta non mi occorre per schiantarvi tutti!"
"Ed è per questo motivo che..." percepì il gelido freddo del metallo intorno ai polsi e, sollevando il viso, l'espressione soddisfatta di un altro auror.
"...sono state raccomandate delle manette per inibire la sua magia". "Questo è assurdo. Io ho combattuto per tre anni una guerra mentre il ministero neanche riconosceva il ritorno del Signore Oscuro" si dimenò con forza dalla presa degli uomini ma un calcio dietro il ginocchio la fece cadere a terra e quelli la riafferrarono tirandola in piedi di forza.
"Se ci hanno mandato a prenderla è perché l'ha combattuta dalla parte sbagliata, la guerra" la derise uno di loro.
Fu trascinata ad Azkaban contro la sua volontà e privata dei poteri. Un luogo molto diverso da quello che aveva conosciuto mesi prima, privo di quelle figure spaventose che erano i dissennatori, ma non per questo meno buio e angosciante.
"Signorina Artemisia Carter?", "Sì, vostro onore" si trovava in una delle molte aule del tribunale, identica a tutte le altre, una ricca giuria di maghi stava raccolta intorno a lei, gli auror alle sue spalle.
"Su di lei non si trovano documenti di alcuna sorta, certificati di nascita, ospedali, scuole, lei sembra spuntata dal nulla per frequentare il biennio MAGO alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts", le fece notare il capo dell'assemblea e che, a quanto aveva intuito, sarebbe stato il suo personale aguzzino fino alla fine del processo. Era un uomo sulla cinquantina, dall'aspetto curato, la toga perfettamente stirata, l'orlo dei polsini su misura, i gemelli d'oro, i capelli rossi con striature di bianco, il viso liscio senza un filo di barba, gli occhi castani. Aveva qualcosa di familiare.
"Non penso sia qualcosa che competa me, se la prenda la burocrazia americana" gli rispose secca, quasi sbuffando.
Quella mattina stessa era stata svegliata di soprassalto, le avevano dato una camicia bianca e un pantalone nero e le avevano comunicato che avrebbe sostenuto il primo processo a breve. Dopo tre settimane lì, priva di magia, limitata nella libertà, e con la strana sensazione che la magia dei dissennatori non fosse sbiadita del tutto, perché percepiva nella carne il dolore e l'infelicità di quegli ultimi due anni, aveva rimesso piede nel mondo esterno e non era disposta a tornare nella sua cella in attesa della condanna. Perché aveva capito, stando lì e subendo il trattamento degli auror, che tutti nel mondo magico non credevano alla sua innocenza, aveva fatto domande, chiesto spiegazioni, aveva ricevuto risposte di sdegno ma anche l'informazione che i processi agli altri mangiamorte erano già iniziati e i peggiori avevano fatto il suo nome.
"Signorina, non renda le cose più complesse di quelle che sono. Se lei risponderà sinceramente alle nostre domande e ci darà informazioni sui suoi compagni la corte potrebbe essere benevola.
"Non risponderò ad alcuna domanda senza aver prima discusso con il mio avvocato, dovreste avermene assegnato uno d'ufficio, oppure dopo la guerra anche le istituzioni si sono adeguate ad altri metodi?" chiese con rabbia suscitando la reazione tempestiva delle manette che si serrarono ancor più strette sui polsi dolendole. La giuria intanto sembrava in difficoltà e un uomo sfogliava delle carte rapidamente cercando qualcosa che non riusciva a trovare.
"Come comprenderà gli avvocati disponibili scarseggiano ultimamente" le giunse la voce di una strega nella curva alla sua destra ma quando si voltò chiunque avesse parlato taceva e le era impossibile capire chi fosse stato, più di un mago infatti sogghignava divertito.
"E come dovrebbe svolgersi questa farsa effettivamente?"
"Noi le porremo delle domande e se lei ci risponderà con la verità noi potremmo ponderare di-"
"La correggo, se io risponderò con ciò che volete sentirvi dire, ma nulla di ciò che posso dirvi lo volete sentire. Vi direi che non solo sono innocente ma che l'esito di questa guerra l'ho deciso io con pochi altri, mentre tutti voi..." e li squadrò tutti con lo sguardo "... eravate agli stessi posti dove siete adesso, sotto un governo istaurato dallo stesso mago che ora condannate, e siete stati sottomessi, accondiscendenti a passivi, perché finché le morti non vi toccavano in prima persona allora era conveniente stare zitti e lavorare a testa bassa"
Più volte mentre parlava l'uomo dai capelli rossi aveva tentato di interromperla sviando il discorso ma non si era fermata. Troppe volte aveva dovuto tacere davanti a Silente o davanti a Voldemort, sempre sottoposta a un potere sopra di lei, ma in quell'aula era sola e si sarebbe fatta valere.
"A proposito di morti, lei è accusata, tra le molteplici cose, di omicidio, più di uno a dire il vero. Come risponde a questa accusa?" le chiese con tono volutamente provocatorio.
Uno scalpitio alle sue spalle la fece voltare e una voce infranse l'inviolabilità dell'aula con una gravità spaventosa nel tono: "BASTA."
Hermione Granger evidentemente contrariata entrò nell'aula seguita strettamente da Minerva McGranitt, Ginny Weasley e Neville Paciock, Harry li seguiva poco più dietro.
"Ci spiace, gli abbiamo detto che non potevano entrare ma la Signorina Granger diceva di essere l'avvocato dell'imputata e poi è arrivato il Signor Potter. Non potevamo dirgli di no" si spiegò mortificato un auror all'ingresso.
Artemisia non credeva ai suoi occhi, i suoi amici e colleghi erano lì, le personalità più influenti del mondo magico, un sorriso di gioia le apparve sul volto. Sorriso che mutò drasticamente quando altre due persone fecero il loro ingresso nell'aula.
La prima che riconobbe fu Rolanda Bumb, con il suo caratteristico sguardo determinato, al suo fianco reggeva, ancora leggermente incerto nel passo, un uomo smagrito, vestito largo dalle nere vesti pesanti, ma inconfondibile nello sguardo di nera ossidiana.
La reazione incontrollabile di Artemisia fu quella di portarsi le mani a coprire il volto dal quale già sgorgavano copiose lacrime di gioia, un urlo muto le morì sulle labbra e poi si udirono i singhiozzi intervallati alla risata.
"Scusate" riuscì a biascicare mentre ancora stava lì in piedi, impossibilitata a muoversi di un passo per i legami magici.
"Per cortesia, liberatela!", impose la McGranitt e le guardie immediatamente obbedirono come se fosse stato il primo ministro in persona ad ordinarglielo.
Le catene si sciolsero e la magia tornò a scorrere viva nelle vene di Artemisia che fu attraversata da un fremito caldo dalla punta dei piedi fin nei capelli.
Eppure non si mosse, lo fissava da alcuni metri di distanza, gli occhi verdi e pieni di lacrime piantati nei suoi neri come l'inchiostro eppure se fosse stata più vicina avrebbe potuto scorgere le venature arrossate della sclera, sintomo evidente di commozione.
Era un mondo nuovo quello, un mondo senza pericoli o ostacoli, in cui se avessero voluto avrebbero potuto vivere serenamente ogni istante insieme, la magia del per sempre. Qualcosa in cui non aveva mai sperato e che, con la certezza di perderlo, aveva addirittura dimenticato di desiderare. Loro avevano sempre vissuto nascosti, a scuola e al maniero, con la paura di essere la debolezza dell'altro, con la necessità di essere indipendenti nei movimenti, non concedendosi quasi mai una parola di troppo, e trovando pace solo nascosti da quattro pareti, ora sarebbe potuto cambiare tutto se lo avessero desiderato entrambi.
Così Artemisia rimaneva lì in piedi a guardarlo, mentre tutti intorno a loro già si muovevano per firmare le carte, testimoniare in suo favore, sciogliere il processo, e aspettava un segno qualsiasi che quella nuova vita la volesse anche lui.
Severus diede una pacca sulla spalla di Rolanda che lo sosteneva fisicamente e si fece lasciare solo in mezzo alla stanza, obbligandosi a rimanere dritto con le sue forze, avrebbe desiderato raggiungerla compiendo quei pochi passi che li separavano ma abbandonò il proposito riconoscendo di essere troppo fragile. Sollevò una mano e le fece segno di avvicinarsi.
Lei corse quasi e il primo pensiero fu sorreggerlo dal fianco ma lui l'anticipò stringendola a sé, la avvolse tra il braccio e il petto mentre con l'altra mano le carezzava i capelli e la guancia. "Va tutto bene. È finita" rimasero qualche istante così poi però Artemisia, preoccupata che lui si sforzasse troppo si sottrasse a quel contatto per portare a termine il suo proposito di sostenerlo. "Quando ti sei svegliato?" gli chiese posando la testa sulla sua spalla, guardava l'aula con la vista ancora appannata e sapeva di avere gli occhi tremendamente gonfi ma non le interessava nulla che non fosse Severus.
"Una settimana fa, pensavo di trovarti affianco a me, ma Minerva mi ha spiegato tutto", "Mi spiace, sono rimasta finché ho potuto", "Lo so, sentivo quando c'eri, coglievo anche qualche parola alle volte"
"Oh Severus, non riesco a credere che sia tutto finito", "Credici, perché è così. Ora vai, ti stanno chiamando", le disse facendole segno verso gli altri che erano raccolti vicino al capo giuria.
"Aspetta, non posso lasciarti qui così" si guardò intorno con fretta e alla fine, con uno strappo deciso staccò il primo bottone della sua camicia, un rapido movimento della mano e il minuscolo oggetto divenne una comoda poltrona nera. "Prego, ora puoi sederti", "Ti diverte tanto ostentare la tua bravura?" le chiese lui mentre si faceva aiutare ad accomodarsi tenendo saldamente le mani di Artemisia che lo sosteneva, "Certo, guarda le facce degli auror!" entrambi ghignarono maleficamente, poi si guardarono, ancora le mani tra le mani.
"Non alzarti senza il mio aiuto" gli raccomandò la ragazza, "Di certo non posso farmi una passeggiata in queste condizioni". Lo lasciò lì rincuorata dal suo sarcasmo e raggiunse gli altri che la aspettavano.
Il giudice, improvvisamente rabbonito, le chiese di rilasciare una testimonianza contro altri mangiamorte indagati e chiarire qualche dinamica interna alla cerchia che a lui ancora sfuggivano, la trattenne un'ora buona al termine della quale fu lui a offrirle la mano per congedarsi.
"Arrivederci Signorina Carter", lei malvolentieri ricambiò la stretta, "Arrivederci giudice...?", "Patel" sorrise divertita a quel cognome, ecco spiegata la somiglianza, e con essa la grande ipocrisia di quell'uomo, non gli diede spiegazioni sulla sua ilarità e dovette offenderlo molto, ma non le importava.
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