Capitolo 45
1° maggio 1989:
Severus era rientrato in studio subito dopo la cena, aveva visto Artemisia lasciare la sala per prima e si era preoccupato. Erano giorni che non si vedevano se non ai pasti e lui viveva quel distacco con apatica freddezza, cercava di reprimere ogni sensazione per paura di far prevalere l'irrazionalità, perché il suo desiderio adesso sarebbe stato davvero quello di scappare. Stava seduto alla poltrona quando sentì un leggero bussare alla porta, andò ad aprire già sapendo chi si sarebbe trovato davanti e preparandosi mentalmente a questo.
Artemisia stava sulla soglia, più piccola del solito, una pesante borsa in una mano, una piccola boccetta di vetro nell'altra, entrambe tese verso di lui.
"È domani" gli disse soltanto. Le prime parole che gli rivolgeva direttamente da giorni. Gli occhi le si fecero lucidi ma continuò a tenerli fissi nei suoi, lo metteva in soggezione con quegli smeraldi lucenti, e lui la metteva in soggezione con le sue ossidiane oscure, ma nessuno dei due voleva perdersi un attimo di quella vista.
Con gesti lenti e precisi le tolse da mano la borsa e poi prendendola per la mano che teneva le lacrime la tirò nello studio fino alla scrivania sulla quale poggiò entrambi gli oggetti. Si voltò a guardarla in mezzo alla stanza e si perse nuovamente nei suoi occhi. Un dolore acuto gli prese il petto, cercava di non pensarci, di occludere, e invece rimaneva lì quel dolore.
Avrebbe voluto saperle dire che aveva paura della morte solo perché li avrebbe separati, che non voleva perderla, che era stata la sua gioia per gli ultimi due anni della sua vita, che l'aveva sempre stimata, che apprezzava tutto ciò che aveva fatto per lui quando nessun'altro avrebbe fatto niente, che ricordava perfettamente ogni attimo trascorso insieme, dai litigi alla prima volta che si erano avvicinati e che avrebbe conservato quei ricordi per sempre, anche nella morte.
Aprì la bocca per dirle tutto questo e le uniche parole che lasciarono le sue labbra furono: "Ti amo".
Lo sguardo di Artemisia che era stato assorto fino a un attimo prima si illuminò di una luce incredula, le orecchie si tesero, il corpo si protese in avanti, tutto rivolto a quelle due parole che aveva sempre immaginato di sentire e che mai aveva creduto avrebbe sentito davvero.
Lo stesso Piton era stupito e si era irrigidito immediatamente dopo che tutto in lui era uscito dal suo controllo per formulare quella dichiarazione. Eppure ora che lo aveva detto sentiva fosse stata la cosa giusta, forse non avrebbe avuto un'altra occasione.
"Severus... tu..." era ancora senza parole mentre si avvicinava di un passo e gli sfiorava la redingotte con i polpastrelli.
"Non mi ripeterò se è questo che vuoi" le disse ghignando maleficamente. Ora erano entrambi inspiegabilmente sereni, propensi persino allo scherzo.
"Stavo dicendo che TU sei una persona insopportabile" completò la frase che aveva iniziato cambiandone totalmente il continuo e staccandosi improvvisamente da lui come a rimarcare ciò che diceva.
"Eppure mi ami" le fece presente alzando un sopracciglio
"Io non ho paura di dirlo e ripeterlo, a differenza tua" ribatte provocandolo.
"A differenza tua non sono un vomitevole sentimentale"
"E in questo momento stai facendo proprio il vomitevole sentimentale" la voce irridente di Phineas li raggiunse dall'alto facendoli voltare entrambi divertiti.
"Grazie preside Black" gli disse Artemisia che con un gesto deciso prese sottobraccio il compagno.
"Andiamo Severus, qua disturbiamo i quadri" e così dicendo lo trascinò nelle sue stanze con l'intenzione di passare lì la loro ultima notte certa, dimenticandosi dei pericoli, delle responsabilità, dei loro stessi nomi, fingersi maghi comuni senza niente a turbare il loro amore.
Nella scuola rimbombava il rumore delle sirene e in pochi minuti si era diffusa la notizia che Harry Potter fosse stato avvistato ad Hogsmead. In fretta ogni insegnante aveva sospeso le lezioni e i ragazzi si erano diretti nei rispettivi dormitori, la voce del preside Piton li invitava a non lasciare le proprie stanze fino a contrordine e nessuno era disposto a contraddirlo. Gli insegnati erano stati mandati a setacciare i confini e i corridoi del castello ma tutti erano consapevoli che qualora Potter fosse stato trovato lo avrebbero protetto dai Carrow e dal preside.
Artemisia era stata affidata al settimo piano, lo aveva richiesto espressamente, e così aveva fatto entrare in fretta i ragazzi nella stanza delle necessità. Erano tutti in trepidante attesa, la tensione era palpabile e nessuno osava parlare, improvvisamente nel quadro del passaggio segreto apparve Ariana che invitava qualcuno a seguirla con un gesto della mano. Neville si propose e lo videro sparire del corridoio oscuro dietro la tela.
L'insegnante camminava avanti e indietro per la stanza sotto gli occhi dei ragazzi in attesa.
"Sta notte si combatterà, voi vi siete esercitati un intero anno ma... se vi posso dare un consiglio, tornate a casa, se non siete sicuri tornate a casa. In battaglia si muore e non si torna dalla morte, questa scuola che è stata la nostra casa non potrà più proteggerci" diceva guardando fissa di fronte a sé, non riusciva a guardare in faccia i suoi compagni.
"Noi siamo pronti" rispose convinto Seamus e altre voci si aggiunsero alla sua.
"Non si è mai pronti, basta una distrazione, una sciocchezza. Se deciderete di combattere vi chiedo solo di non avere compassione. Molti di voi sono Grifondoro e Tassorosso, conosco la vostra indole, ma ricordate che chi avrete di fronte non avrà pietà di voi solo perché siete giovani, o spaventati, neanche se sarete disarmati e con le spalle al muro, loro godono della paura" erano parole crude, decisamente non motivazionali, ma non voleva essere lei a fomentarli per poi mandarli al macello.
"Potter! È POTTER!" un coro si alzò quando Neville riemerse dal passaggio, dietro di lui Harry, Hermione e Ron. Applausi scoscianti accolsero l'ingresso del prescelto che però aveva occhi solo per la ragazza dai capelli rossi in prima fila, le andò incontro e la abbracciò, si salutarono tutti nell'entusiasmo generale, solo Artemisia stava in disparte.
Quell'atmosfera festosa fu bruscamente interrotta da un dolore forte alla cicatrice e una visione, Voldemort sapeva e stava arrivando, avevano poco tempo. Tutti si accorsero del suo mancamento e preoccupati lo aiutarono a sostenersi.
"Come possiamo aiutarti Harry?" chiese Neville deciso.
"Ho bisogno di tempo, noi dobbiamo fare una cosa", "Cosa dovete fare?" insistette ancora l'altro ormai convinto a dare una mano e rovesciare Piton e i Carrow.
"Noi non possiamo dirlo, è un compito che ci ha dato Silente" cercò di spiegare Harry che non voleva rivelare troppo.
"Noi siamo l'esercito di Silente, è un compito di tutti noi" disse Seamus a voce alta e le sue parole abbero l'appoggio di tutti. Nel frastuono generale il quadro di Ariana si aprì nuovamente e ne uscirono Luna, Fred, George e Lee Jordan.
"Li ho mandati a chiamare io" spiegò Neville andando a salutare quelli appena arrivati. Luna subito si voltò verso un angolo della stanza e con sua immensa sorpresa andò ad abbracciare Artemisia che con le lacrime agli occhi la strinse a sé, quanto le erano mancati quegli occhi curiosi e la chioma bianca. "Tutto bene?" le sussurrò e in risposta ricevette solo un sorriso rassicurante.
Mentre era distratta Ron ed Hermione si strinsero ad Harry e gli sussurrarono qualcosa.
"Va bene" si convinse il prescelto "cerchiamo qualcosa, un oggetto di piccole dimensioni, deve avere a che fare con Corvonero", il silenzio calò nella stanza e l'insegnate sussultò quando la ragazza al suo fianco disse con voce sognante "Ci sarebbe il diadema perduto di Priscilla Corvonero".
"Sì ma è perduto, Luna, è questo il punto" la richiamò infastidito Michael Corner. Mentre parlava però l'attenzione di Hermione era focalizzato su altro.
"Tu..." sussurrò facendosi avanti a grandi falcate verso Artemisia.
"Tu eri alla villa quel giorno! Bellatrix parlava di te "la professorina che si diletta tra le pozioni" ti ha definita" la accusò accesa di una rabbia ceca.
"Hermione! Hermione!" la richiamarono i due amici ma senza successo.
Artemisia cercò di non scomporsi per quanto quella situazione l'avesse presa in contropiede, dannato intuito, quella ragazzina era tremendamente intelligente, e dannata Bellatrix che non stava mai zitta.
"Granger, si calmi" la intimò ma il risultato fu solo che la Grifondoro estrasse la bacchetta puntandogliela contro.
"È una di loro, è una mangiamorte" disse a gran voce ma con sua sorpresa una serie di bacchette erano alzate contro di lei a difendere l'insegnante, persino quella della sua migliore amica Ginny.
"Non è possibile, la professoressa Carter ci aiuta da inizio anno, è lei che ha organizzato questi incontri" le spiegò la rossa andandole vicino e mettendole una mano sulla spalla.
"E invece era lei, ti sto dicendo, Bellatrix l'ha detto, e lei era la protetta di Piton, si riferiva per forza a lei" insistette Hermione che non aveva nessuna intenzione di desistere.
Harry e Ron erano allibiti e solo in quel momento ricollegarono il loro incontro nel corridoio di Villa Malfoy.
"Hermione, quando eravamo alla Villa qualcuno ci ha aiutati" le rivelarono ma si avvicinarono a loro volta con le bacchette sollevate, ormai consapevoli del rischio che correvano.
Artemisia ormai con le spalle al muro decise che l'unica alternativa era rivelare una parte di verità.
"Va bene, abbassiamo tutti le bacchette adesso" fece gesto alla classe e tutti i ragazzi fecero come chiedeva. Con lentezza data dall'incertezza sbottonò il polsino della manica sinistra e lo avvolse fino al gomito, l'avambraccio era candido ma con un colpo di bacchetta apparve il marchio tanto odiato.
Le bacchette del trio si sollevarono nuovamente e un gesto nervoso della mano di Artemisia le fece volare via dai loro proprietari.
"Avevo detto di abbassarle" gli ringhiò contro. Intanto nella stanza anche i suoi studenti iniziavano a mormorare e dubitare, Ginny era sbiancata e Neville boccheggiava.
"Hermione ha ragione, ero lì quel giorno, e sono stata io a incontrarvi in corridoio ma come avete detto non vi ho fermati. Lavoro in questa scuola da un anno e ho aiutato i ragazzi perché se ho il marchio è per ordine di Silente. Non si fidava più di Piton e mi ha chiesto di essere la spia della spia"
"Deve averla fatta male perché Silente è morto!" le fece presente Harry aggredendola.
"Ero lontana dalla scuola e non vedevo Piton da mesi, non potevo sapere cosa avesse in mente"
"Mi sembra una scusa un po' debole" intervenne Ron.
"Forse dovremmo scambiare due parole in privato", e così dicendo avanzò prendendo per il polso Hermione e appellando le bacchette dei tre nell'altra mano, gliele restituì e si fece seguire in un angolo appartato della stanza.
"Io so cosa state cercano: Horcrux, e lo so perché Silente me ne parlò. Ora siete liberi di non credermi ma penso che abbiate abbastanza elementi per farlo e fidarvi"
I ragazzi si guardarono incerti ma poi Hermione, da cui era iniziato quello scontro disse: "Va bene" e gli altri si fidarono di lei.
"Ottimo allora Harry andrà alla torre di Corvonero accompagnato da Luna, magari troverà qualcosa lì" decretò Artemisia tornando in mezzo ai ragazzi.
In quel momento le porte della Stanza si aprirono e Colin entrò trafelato: "Piton, ci ha convocati tutti in Sala Grande, dice che deve fare un discorso".
A gruppi scesero al pian terreno, Harry, Ron ed Hermione erano nascosti tra gli altri ragazzi e con loro si disposero in schiere compatte, di fronte a loro stavano solo i Carrow, gli altri insegnanti erano posti in disparte ai lati della sala o vicino alle file di studenti. Attendevano tutti l'ingresso di Piton.
Artemisia aveva lasciato la stanza delle necessità per ultima ma non era scesa in Sala Grande, aveva invece deciso di andare in presidenza sperando di avvertire Piton della presenza di Potter nel castello.
Corse per i corridoi e quando giunse al gargoyle non aveva quasi più fiato. Bussò con impazienza e quando la porta si aprì quasi lo assalì con le sue parole.
"Sono qui, i ragazzi, Harry, si preparano a combattere, ho paura per loro Severus, e per te. Lui sta arrivando" non riusciva a frenare le sue parole temendo di non riuscire a dargli tutte le informazioni necessarie.
"Hai preso le pozioni? E le lacrime? Io ho le mie con me, cercherò di non perderti di vista ma tu hai le tue con te?"
"Ho tutto" le disse con una voce dura che fece allarmare ancora di più Artemisia.
"Ottimo, allora possiamo scendere, penso"
"No, Artemisia, tu non vieni con me". Non ebbe il tempo di metabolizzare quelle parole che si sentì tirare da una forza all'interno della stanza, la bacchetta le sfuggì di mano per finire sulla scrivania e lei si ritrovò seduta sulla poltrona bloccata da legami magici.
"Ma che diavolo fai!" gli urlò contro temendo di aver già intuito.
"Io ora uscirò di qui e tu sarai libera di muoverti per la stanza, ma la porta sarà chiusa dall'esterno e non potrai uscire. È il posto più sicuro per te"
"Severus, non dire stronzate, sono due anni che aspetto questa guerra, non mi puoi impedire di combattere"
"Posso e lo farò, hai già rischiato troppo per me" e così dicendo si voltò.
"Severus liberami! SEVERUS!" gli urlò dietro ma quello lasciò la stanza e nel momento esatto in cui la porta di chiuse i legami magici ai suoi polsi si sciolsero e lei si precipitò alla porta abbassando la maniglia.
"SEVERUS FAMMI USCIRE!" batté i pugni contro il legno ma nulla lo fece tornare indietro.
Corse alla scrivania a prendere la sua bacchetta e tentò ogni incantesimo di apertura che conoscesse ma nulla, tentò anche di smaterializzarsi ma non funzionò.
"Come ha potuto!" ringhiava alla stanza non riuscendo a capacitarsi di ciò che aveva fatto. Se solo fosse scesa in sala grande tutto ciò non sarebbe successo.
Un dolore atroce le attraversò l'avambraccio sinistro, Voldemort li stava convocando e lei non poteva raggiungerlo, sarebbe stata considerata una traditrice da entrambe le parti non vedendola combattere.
"CHE IDIOT-AAAH" le sue parole erano deformate dal dolore e lasciavano le sue labbra in urla. Si accasciò sulla poltrona, sfinita, iniziando a sentire i primi rumori della battaglia.
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