Capitolo 42
Le parole di Piton l'avevano profondamente turbata, da una parte l'avevano intenerita e scaldato il cuore, dall'altra la paura di perderlo proprio dopo quella dichiarazione la lasciava atterrita. Si erano ritirati nelle sue stanze e si erano addormentati l'uno di fianco all'altra ma il sonno di Artemisia era stato ben poco sereno.
"la battaglia finale si verificò il 5 maggio del 1989... a perdere la vita quella notte furono molti protagonisti della guerra tra i quali: Remus Lupin, Ninfadora Thonks e Severus Piton. La loro memoria venne onorata nei mesi con giornate dedicate e il conferimento degli Ordini di Merlino" l'immagine del suo manuale di storia della magia era nitida davanti ai suoi occhi. "Penso che il nostro Severus meriti una nuova vita. Quindi hai il mio appoggio se dovessi corrompere tutto lo spazio-tempo" le ultime parole di Silente le aveva detto in vita. Seguì un'immagine di Potter, Granger e Weasley in biblioteca intenti a cercare una soluzione per la seconda prova del Torneo Tremaghi. Poi la scena cambiò ancora: "Le fenici sono animali straordinari, molto fedeli ai loro compagni umani, sospetto che la mia fosse stata legata a Godric prima di me perché è nei dintorni della sua città natale che l'ho incontrata. Era molto restia ad affidarsi a me, non possedevo il cuore più nobile di questa terra, ma lei ha percepito qualcosa perché ci incontrammo ancora e poi da un giorno all'altro non mi ha più lasciato, la lealtà è fondamentale per questi animali"."E non potrebbe tornare per Severus? Lui le è fedele!" riconobbe la disperazione che le aveva infiammato la voce. "Severus ha agito per me certo, ma la sua lealtà è sempre andata a Lily e a te" poi il dolore che era seguito, come se lo stesse rivivendo in quel momento.
Una lacrima scappò dagli occhi di Artemisia addormentata
Poi nuovamente Potter e Weasley, lungo le scale del Maniero che portavano alla cantina e che guardavano con rabbia e paura la loro amica torturata nel salone da Bellatrix, la luce di determinazione che nasceva nello sguardo del ragazzo che è sopravvissuto. Poi la sua mente la trascinò a più di un anno prima, nell'ufficio Misteri: era trafelata, aveva corso e combattuto strenuamente ma era arrivato Silente e aveva capito fosse meglio andarsene finché erano in tempo, aveva recuperato Antonin ed erano corsi nella sala della fontana, vicino ai camini che gli avrebbero permesso di lasciare quel luogo. Lei però si era fermata a guardare Silente e Voldemort che si fronteggiavano. "Non vuoi uccidermi, Silente? Sei superiore a tanta brutalità, vero?". "Sappiamo entrambi che ci sono altri modi per distruggere un uomo, Tom. Ammetto che non mi darebbe abbastanza soddisfazione toglierti soltanto la vita". Vide il Signore Oscuro agitare la bacchetta, pronto ad attaccare, di fronte a lui Silente spingere con irruenza Harry Potter per allontanarlo dallo scontro, gli occhi verdi del ragazzo brillare addolorati. Poi Antonin l'aveva richiamata e insieme erano fuggiti.
Aprì gli occhi di soprassalto, non era più abituata a sognare, da quando occludeva neanche nel sonno veniva raggiunta dai pensieri del suo inconscio. Forse era la vicinanza con Severus a rilassarla a tal punto da farle abbassare le difese occlumantiche. Ripensò a quello che aveva visto, perché la sua mente aveva connesso quelle immagini? Sicuramente le parole di Severus le avevano evocato quell'unico barlume di possibilità che aveva di salvarlo, e dunque la fenice, ma le immagini con Harry Potter?
Si sollevò dal letto, stando attenta a fare rumore per non svegliare Piton che dormiva di un sonno profondo, forse anche lui si sentiva sicuro con lei vicino. Raggiunse il suo studio e sull'orologio sulla scrivania lesse che erano le 4 e mezza di notte. Nel quadro sul camino dormivano appoggiati l'uno all'altro Black e Silente, così come erano disposti quando si erano stretti nella cornice qualche ora prima. "Preside, preside!" sussurrò e entrambi gli uomini risposero a quel richiamo. "Che vuole a quest'ora di notte" la riprese Phineas infastidito. Silente invece fu più comprensivo e la invitò a parlare. "So che è sciocco ma ho sognato sta notte, anzi erano dei ricordi. Erano legati a Fanny, o almeno così sembrava, ma di tanto in tanto balenava Potter con i suoi amici, non capisco"
"E tu ci hai svegliati per un sogno?" chiese Black ancor più infastidito.
"Calmati Phineas, se ne è stata così turbata potrebbe essere qualcosa su cui riflettere. Raccontami che scene hai visto", Artemisia rassicurata procedette a raccontare cercando di non dimenticare particolari. Alla fine della sua spiegazione vide lo sguardo di Albus addolcirsi e un sorriso commosso nascere sulle sue labbra.
"Che sciocco che sono stato a non pensarci, e pensare che il tuo inconscio ci è arrivato prima di me..." procedeva nei suoi soliti ragionamenti a voce alta. "A cosa, preside?". "Le fenici sono animali molto leali, per loro la fedeltà è fondamentale, si sentono a loro agio e si legano solo a chi ha reale fiducia nel loro proprietario", "Questo lo so, e quindi?" chiese inquieta non riuscendo a seguire il filo dei pensieri.
"È Harry la persona che mi è più leale".
Aveva abbandonato di corsa le sue stanze, ignorando il fatto che fossero le 5 del mattino, che per il castello vi fossero i Carrow a vagare insieme a Gazza, che qualcuno potesse vederla, che aveva una riunione con il consiglio docenti poche ore dopo. Era giunta a Godric's Hollow, nel pieno della notte e senza nessuna precauzione si era avviata sulla strada principale cercando una casa nello specifico. Finalmente la vide: una villa dal cancello d'ingresso scardinato e una targa dorata con su scritto: James Potter e Lily Evans. Quel secondo nome la fece trasalire. Lily... quello stesso nome che era scappato a Silente mentre parlavano, una donna uccisa ormai 17 anni prima, coetanea di Severus, la madre di Harry, che lo stesso Severus aveva giurato di proteggere, era Lei.
Attraversò il giardino di fronte alla villetta, una villetta a schiera quasi identica a quella che aveva visitato settimane prima. Entrò e si trovò immediatamente in un salottino con un divano e un camino, era presente anche una televisione a testimonianza delle origini babbane della padrona di casa. Su un mobile erano disposte delle fotografie, aveva un compito da assolvere ma la curiosità la trascinò lì. Un uomo che era quasi la copia di Harry stringeva tra le braccia una donna dai capelli rossi, i lineamenti dolci e gli occhi di un verde salvia luminosissimi. La consapevolezza che quella fosse la donna che Piton avrebbe sempre amato la fece sentire in soggezione, in confronto a lei sentiva di non avere nessun fascino, e dimenticava tutti gli uomini che avevano manifestato interesse nei suoi confronti, rispetto a lei si sentiva poca cosa. Altre foto ritraevano i due coniugi singolarmente, e in qualche altra vi erano le foto di un bambino piccolissimo, con due grandi occhi identici a quelli della madre.
Si costrinse a forza ad allontanarsi da lì. Salì le scale e una sensazione conosciuta le attraversò le membra, era stata praticata della magia molto oscura in quella casa. Alla fine delle scale seguiva un breve corridoio, alla fine del quale una porta era semiaperta. Era la stanza di Harry, lo poteva capire già da fuori perché si intravedeva una culla, dunque entrò trepidante.
La stanza era arredata teneramente, tutto era dedicato al bambino, dagli scaffali piedi di giochi, alla culla a un fasciatoio, una copia delle fiabe di Beda il Bardo si trovava poggiata su una sedia di fianco al lettino. Si guardò intorno e quando vide la finestra spaccata, con diversi segni di bruciature intorno non seppe a cosa imputarle. Camminava attentamente per la stanza prestando attenzione ad ogni particolare. Improvvisamente sentì pigolare, ma dovette avvertire il suono un paio di volte per capire che si trattasse proprio di quello. Si sporse dietro la culla, che stava quasi al centro della stanza e vide, con somma gioia e tenerezza che in un mucchietto di cenere e carbone stava una microscopica creaturina dagli occhi grandi e dolci.
"Fanny" la chiamò emozionata e quella le rispose pigolando ancora. Non sapeva cosa fare, avrebbe voluto prendere tra le mani quel pulcino e riportarlo ad Hogwarts, ma sapeva che sebbene ora le ispirasse così tanta tenerezza quella in realtà era una fenice con centinaia di anni, una creatura fiera e capacissima di vivere libera, e che se non era tornata al castello era perché non voleva. Eppure il fatto che anche in sua presenza fosse tranquilla e che avesse fatto deliberatamente avvertire la sua presenza le dava speranza.
Estrasse una boccetta dalla tasca e si sedette a terra di fianco al mucchietto di cenere. Doveva chiedergliele? Parlarle? Le sembrava talmente sciocco rivolgersi a un pulcino come se stesse parlando con un altro essere umano.
"Ho bisogno del tuo aiuto" disse più a sé stessa che alla fenice. L'animale si sollevò sulle sue gracili zampette e saltellò fino a lei. In pochi attimi il piumaggio si fece più rosso e le ali furono abbastanza folte da permetterle di darsi lo slancio per saltarle sulla gamba. Era incredibile il modo in cui le fenici potevano rigenerarsi. Le beccò la mano e Artemisia allarmata abbasso la boccetta alla sua altezza. Piccole perle liquide scorsero da quei grandi occhi lungo il becco corvo e giunte a brillare sulla punta di quello, cadevano nel contenitore di vetro. 1, 2, 3, 4, ne contò addirittura 5. Piangeva anche lei insieme a Fanny, a vedere quella scena. "Grazie" le sussurrò, poi la riadagiò a terra dolcemente. "Grazie" le disse ancora prima di lasciare la stanza.
Si precipitò fuori dalla casa, con il cuore più leggero.
Quando rientrò al castello si diresse direttamente in Sala Grande per la colazione, si era fatto orario, e a perlustrare il castello non c'era più nessuno, dunque poté varcare la soglia confondendosi tra gli altri professori semiaddormentati. Si sedette al suo solito posto sotto lo sguardo indagatore di Piton che al suo risveglio non l'aveva trovata nel letto ma era stato subito tranquillizzato da Phineas.
"Artemisia, che ti è successo?" chiese preoccupata Rolanda notando i tagli ancora visibili sul viso. "Niente di che, stavo provando una modifica per una pozione ma gli ingredienti hanno fatto reazione e c'è stata una leggera esplosione" mentì rapidamente.
"Beh se è questa l'insegnante che ha preso la mia cattedra..." sentirono la voce di Piton dire sarcasticamente. "La ringrazio preside, sono errori che possono capitare, se si ama sperimentare" gli rispose infastidita lei, quando fingevano e dovevano mostrare la parte peggiore di loro Piton era un maestro. "Nel mio caso non ho mai commesso errori così irreparabili", "Nelle pozioni forse..." rispose vaga.
"Cosa vorrebbe intendere, Carter?" il tono di Piton si era fatto pericoloso, e anche se stavano fingendo non le avrebbe potuto far passare quello che avrebbe voluto dire senza conseguenze. "Niente, preside. Buona colazione, io e Rolanda torniamo alle nostre chiacchiere mattutine se lei non vorrà interromperci nuovamente" tagliò corto, eppure non era finita.
"Carter, non la licenzio perché non troverei un altro insegnante a questo punto dell'anno, ma se mi parlerà nuovamente così ci saranno delle conseguenze" il suo tono fece spavento a Rolanda tanto che le strinse l'avambraccio sotto al tavolo cercando di dissuaderla dal rispondergli. Lei guardò fisso Severus negli occhi, si sfidarono con lo sguardo per attimi interi volendo avere la meglio in quello scontro, Artemisia evocò alla mente l'immagine della notte precedente nella vasca da bagno. Piton distolse lo sguardo e per poco non arrossì.
"Certo preside, non accadrà più, non vorrei incorrere in tali conseguenze" gli disse melliflua e si voltò verso la collega continuando a parlare del più e del meno. Intanto arrivò Minerva che si accomodò tra Artemisia e Piton impedendo ogni altra intromissione.
"Non posso crederci! Non posso crederci che tu sia stata così sfacciata!" furono le parole con cui fu accolta poche ore dopo quando lo raggiunse in presidenza. "Ti riferisci alle mie rispostacce o aver vinto una gara di intimidazione, delle quali sei il maestro, sfruttando il tuo punto debole?" lo irrise.
"Io non ho punti deboli. Ero solo impreparato".
Artemisia si era seduta all'angolo della scrivania, con le gambe che oscillavano, mentre lui si agitava per la stanza non riuscendo a capacitarsi di essere stato preso di sprovvista quella mattina, davanti a Rolanda poi, sperava solo che nessuno avesse notato il suo imbarazzo. "E dai, Severus, vieni qui. Sei stato battuto per una volta, non è così catastrofico" gli disse ridendo e allungando le braccia per afferrarlo nel suo ennesimo passaggio da un lato all'altro della stanza. Riuscì a tirarlo per l'orlo della redingotte e quello finalmente si fermò lasciandosi avvicinare. "No, non è una catastrofe, ma solo perché adesso potrò prendermi la mia rivincita" le disse avvicinandosi e mettendosi tra le sue gambe.
"Che... che intendi?" chiese spostando lo sguardo dalle mani di lui, che si trovavano sulle sue cosce, a quello sguardo oscuro e magnetico. Lui si avvicinò al suo viso per poi deviare all'improvviso, famelico, sul collo candido. Lei scostò i capelli per lasciargli via libera in quei suoi baci e morsi, mentre il suo desiderio aumentava. Cercò di carezzare le spalle e il petto dell'uomo ma lui le bloccò entrambi i polsi in una mano e con l'altra le strinse leggermente la gola. "Sono le tue conseguenze".
La mano che le toglieva il fiato scese lentamente, carezzandole la trachea con un dito, giunse ai primi bottoni della camicetta e con un gesto deciso li fece saltare completamente.
"Severus!" disse indignata. "Era d'intralcio".
Le lasciò andare i polsi, sicuro che non si sarebbe azzardata a disobbedire a suo ordine, e con entrambe le mani libere poté dedicarsi a seni e ai fianchi della donna, carezzandoli con una lentezza estenuante. Lei gemeva debolmente per la mancanza di ossigeno che le arrivava al cervello, tutti i suoi sensi erano focalizzati su di lui e sul suo tocco. Mentre aveva gli occhi chiusi dal piacere si sentì spingere all'indietro, fin quando la sua schiena fu completamente a contatto con la superficie fredda della scrivania. Severus si abbassò su di lei baciandole il ventre e mordendole leggermente i fianchi, mentre le sfilava i pantaloni e gli slip. Lei lo aiutò calciando via i tacchi che erano d'intralcio ma a parte quello non riusciva a pensare a nulla.
L'uomo si inginocchiò tra le sue gambe e le diede un indescrivibile piacere quando finalmente iniziò a leccarla. Artemisia stava impazzendo, si sentiva in estasi, ma si accorse di avergli stretto i capelli solo nel momento in cui lui si rialzò bloccandole le mani di fianco al corpo. "Ti avevo detto di non toccarmi" lei sollevandosi appena, si lamentò con un mugolio e per protesta gli rubò un bacio che fu immediatamente interrotto da Severus che la rispinse sulla scrivania bloccandole i polsi dietro la testa. Era inerme davanti a lui e sospirò forte quando entrò in lei con un colpo profondo. "Oh Salazar" riuscì a dire per poi lasciarsi andare solo a gemiti di piacere.
Riaprì gli occhi non sentendolo più spingere e si ritrovò davanti un Severus abbastanza divertito. Si guardò e scoprì che era completamente vestita.
"Bastardo. Io devo smetterla di abbassare le difese in tua presenza", "Non lo fai a posta, come potrai smettere?" le fece presente ghignando ancora.
Avrebbe voluto strappargli quel sorrisino sardonico dalla faccia, eppure era una delle cose che l'aveva fatta innamorare di lui.
"Ti ho già detto bastardo?" gli chiese di rimando scendendo dalla scrivania e sfidandolo, ma l'altezza non era cambiata molto.
"Sì, lo hai già detto. Eh dai, Artemisia, era solo la rivincita, non è una catastrofe" ripetè all'incirca le sue parole infastidendola oltremodo.
"Va bene, allora vivrai delle tue costruzioni mentali e fantasie. Perché dopo questa passerà molto tempo prima che io te la dia, Severus Piton" gli disse con tono offeso ma stava ridendo di nascosto.
"Va bene signorina Carter, vedremo chi cederà per primo".
La verità fu che quando si furono ritirati negli alloggi del preside per dormire erano entrambi troppo eccitati da quella visione e si saltarono addosso, dimentichi della sfida.
Prima di addormentarsi Severus le chiese distrattamente dove fosse finita quella mattina, visto che al suo risveglio non l'aveva trovata.
"Sono andata a sistemare le cose" gli rispose già a metà tra sonno e veglia. Lui non ci capì molto ma era troppo stanco per insistere e si addormentò stringendola a sé.
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