Capitolo 36
La settimana che seguì fu la più tranquilla che Artemisia avesse mai vissuto, la prima nella casa del suo compagno, la prima in cui si sentiva davvero parte della sua vita, e Severus non soffrì la presenza di un'altra persona. Condividevano il letto, non le avrebbe mai permesso di stare nella stanza dove aveva dormito Codaliscia durante tutto quell'anno, e desiderava godersi ogni istante vicino a lei. La prima mattina Artemisia si alzò all'alba, forse non aveva neanche veramente dormito, scese in cucina e andando a tentoni riuscì a trovare tutto ciò che le serviva per fare un caffè bollente. Lo andò a svegliare con una tazzina fumante per lui e una per lei. Si poggiò sul bordo del letto e lo scosse leggermente. Gli occhi neri di Severus si aprirono di scatto, temendo chi sa cosa, ma quando la riconobbe la sua espressione mutò in assonnata. "Che ore sono?" le chiese. Erano le 9. Si stiracchiò mettendosi seduto contro la testiera e prese la sua tazzina dalle piccole e fredde mani di Artemisia. "Penso fossero anni che non dormivo così a lungo e così bene", lei gli sorrise di rimando.
La mattina successiva fu Severus ad alzarsi per fare il caffè a entrambi. Involontariamente si alternarono in quel ruolo, coinvolti in una disputa su chi fosse più attento all'altro. Di giorno studiavano, da quando si alzavano entrambi dal letto fino alla sera quando cenavano, spesso saltavano il pranzo ma Severus non era d'accordo, Artemisia era dimagrita molto durante quell'anno al Maniero e sebbene sacrificasse i pasti per continuare a ripetere, lui le portava qualcosa che la tenesse in forze come una cioccolata calda o una barretta fondente.
Verso il quinto giorno quando era oramai più tranquilla e sicura Artemisia scrisse a Lumacorno per accordarsi sulla data della verifica, con sua gioia quello le diede altri 4 giorni di tempo, più che sufficienti per lei. Severus la aiutava, le dava qualche informazione sul suo esaminatore e qualche dritta quando un concetto non le era chiarissimo, ma il suo intervento fu ben poco rilevante, Artemisia divorava i libri.
Arrivò infine il giorno e armata di determinazione ma anche preoccupata si smaterializzò ad Hogwarts. Lumacorno l'attendeva entusiasta all'ingresso, sembrava già contento di andarsene e questo tranquillizzò la ragazza, probabilmente anche se non fosse andata benissimo l'insegnante avrebbe mentito pur di ritirarsi.
Giunsero nell'aula di pozioni dove la scrivania era ricoperta di ingredienti particolari, boccette con pozioni colorate e un foglio con un centinaio di domande a risposta chiusa.
"Signorina allora, in principio avevo pensato di farle preparare una pozione, ma a parte il tempo che avrebbe richiesto, avrei avuto una visione piuttosto limitata della sua preparazione, dunque ho strutturato la verifica in maniera differente: lei mi illustrerà nome, caratteristiche e utilizzo di tutto ciò che trova sulla scrivania, successivamente risponderà al questionario. Spero sia chiaro"
"Certo signore, allora incomincio"
Iniziò da ciò che le stava più vicino o di cui era più certa: oro, mercurio, zolfo e altri minerali facilmente riconoscibili, passò ad alcune tavole che rappresentavano gli astri, l'anatomia, rune celtiche che con un po' di fatica riuscì a tradurre all'impronta, riconobbe qualcuna delle pozioni a una prima occhiata, poi però quando oramai la scrivania era dimezzata il suo lavoro rallentò.
"Questa..." teneva tra le mani una pietra dall'aspetto abbastanza comune, le ricordava un frammento di pietra vulcanica ma una pietra vulcanica già l'aveva messa da parte. La recuperò degli oggetti che aveva già categorizzato. "Professore su queste due ci rifletto alla fine, le metto qua", "Va bene" le fu accordato e proseguì con la sua cernita.
Riconobbe un ramo essiccato di taxus baccata, e l'eufasia appena colta. Si dedicò a qualche altra ampolla che erano quelle che per difficoltà aveva tralasciato, si rese conto che esse contenevano molte sostanze babbane: alcool etilico, acido nitrico, il galistan; ma anche pozioni molto complesse come la pozione della pace e il distillato dell'ultimo desiderio. L'ultima boccetta che le restava conteneva un liquido trasparente, inodore e incolore, possibile che fosse veritaserum? Una pozione tanto semplice... la stappò e fece scorrere qualche goccia sul palmo della mano. "Acqua?" chiese ad alta voce e Lumacorno scoppiò in una risata allegra "Mi deve concedere qualche trabocchetto".
Le restavano le due pietre che aveva messo da parte, erano molto simili alla vista e non riusciva così a farsi un'idea. "Professore, scusi la domanda, posso tagliarle?", l'uomo parve scioccato "Cosa?!". "Tagliarle, con la magia" ripetè meno sicura di prima, "Mi spieghi perché vorrebbe farlo e se il ragionamento sarà corretto non ne avremo bisogno". "Sono incerta se siano pietre laviche o meteoriti, la superfice tagliata di alcuni tipi di meteorite messa a contatto con acido nitrico porta alla formazione delle figure di Widmänstatten, volevo verificare la cosa"
"Va bene signorina, lei ha riconosciuto tutto ciò che le avevo messo a disposizione, direi che il questionario è superfluo. Il posto è suo, vada a comunicarlo alla preside mentre io faccio le valigie. Arrivederci!"
A quelle parole Artemisia non seppe se era più felice lei o Lumacorno, ma corse per i corridoi come mai aveva fatto da bambina, qualche quadro le urlò dietro chiedendole il perché di tutta quella gioia, e una scorbutica voce ben conosciuta la fece voltare.
"Perché questo entusiasmo, ragazzina", "Preside Phineas! Ho il posto! Insegnerò pozioni! L'anno prossimo sarò qui, torno a casa!", non ascoltò neanche la risposta sprezzante del preside serpeverde e fuggì via, direzione ufficio della McGranitt.
Piton stava seduto alla sua poltrona rileggendo uno di quei libri su cui aveva studiato Artemisia e che lui aveva sfogliato l'ultima volta molti anni prima. Averla intorno gli faceva tornare la curiosità per le pozioni e la voglia di insegnarle e solo in quell'occasione si stava rendendo conto di quanto, desideroso di avere il posto in difesa contro le arti oscure, aveva trascurato la soddisfazione che gli dava quella materia.
Era intento su quelle pagine quando la porta d'ingresso si spalancò sotto l'entusiasmo della ragazza.
"Deduco sia andata bene", "Si, è andata benissimo, la McGranitt mi ha dovuto dare il posto, siamo colleghi adesso"
"Ti correggo, io sarò il tuo capo", "Finché non c'è una nomina ufficiale no, mio caro" e così dicendo lo prese per la manica e lo tirò in piedi, lo strinse dunque in un abbraccio che lo lasciò stupito.
"Mi trasferisco domani Severus, inizio a prendere posto nelle mie stanze, a parlare con i professori, voglio cercare di entrare in confidenza con loro prima del tuo arrivo" era tornata nuovamente seria, focalizzata sull'obbiettivo.
"Devi comunicarlo al signore Oscuro ma menti, dì che ti sposti subito, fai le valigie e vieni qui per sta notte", "Va bene"
Così fece, disse di avere il trasferimento entro la sera, andò di corsa in camera sua e recuperò tutto. Con sua sorpresa ritrovò anche il vecchio libro di pozioni di Severus e decise di restituirglielo quando sarebbe arrivata a casa sua. Passò a salutare Draco, evitò gli altri Malfoy e Black, raggiunse Antonin nella sala allenamenti e fu strano per lei vederlo così addolorato. Si era fatta ormai sera ed era giunto il momento di andarsene. Si smaterializzò a Spinner's End.
La casa era tutta illuminata all'interno da luci calde che si intravedevano attraverso le tende pesanti. Le bastò abbassare la maniglia per entrare, infatti gli incantesimi di protezione le garantivano un ingresso sicuro. Appena ebbe varcato la porta un profumo le inebriò i sensi e le fece venire fame.
"Che stai facendo?" disse a voce alta per essere sentita dall'uomo che però non le rispose. Lo trovò in cucina, concentratissimo nel tagliare i funghi. "Severus!" rise leggermente a quella vista. I giorni precedenti si erano preparati sempre pasti veloci e per lo più ci aveva pensato lei con il poco che c'era in casa: panini, zuppe precotte, un petto di pollo...
L'uomo finì il suo minuzioso lavoro di taglio e finalmente si accorse della sua presenza. "Quando sei arrivata?", "Un attimo fa, ti ho chiamato", "Non ti ho sentita" rispose leggermente scostante.
"Beh mi dici che fai?", "Filetto ai funghi", "E questo profumo che sento cos'è?" la carne infatti non era ancora sulla griglia e i funghi erano stati appena tagliati.
Severus sembrava restio a rispondere ma poi disse inafferrabile: "torta di mele". Artemisia non capì perché aveva parlato troppo velocemente. "Torta di mele" ripeté infastidito e a disagio ma il sorriso sul volto della ragazza lo confortò. Lei intuì la sua difficoltà a mostrarsi così fuori dai propri vestiti e decise di non dire altro in proposito.
"Allora ti lascio lavorare" gli carezzò la spalla e si voltò ma fu richiamata.
"In realtà avrei bisogno di una mano. Con i dolci è facile, le ricette ti dicono tutti i passaggi e le proporzioni, ma per la carne non capisco nulla, ad esempio qui dice: olio quanto basta, ma che vuol dire? 1 cucchiaio, 2? Quanti grammi?"
"Sei proprio un pozionista"
Conclusero le preparazioni insieme e poi si sedettero alla tavola che si trovava nella stessa cucina. Gustarono la carne accompagnata da un bicchiere di vino elfico, la gradazione doveva essere molto alta perché lei si sentiva già con la testa leggera. Anche l'espressione di Piton era rilassata sebbene non lo abbandonasse mai quell'accenno di ironia agli angoli delle labbra
"Ti ricordi la prima volta che mangiammo insieme nel mio studio?", "Certo che sì! Eri stato costretto a chiedermi un aiuto con i calderoni e per la prima volta abbiamo lavorato insieme, oddio che pozione era..." "Quella dell'autoimmunità", "Sono sicura che non mi avresti mai voluto chiedere quella mano", "Ma certo che no! Eri una ragazzina appena piombata nei miei alloggi, appena piombata nel nostro tempo, e che aveva già creato un'infinità di guai". Ricordare quelle cose stava facendo bene a entrambi scaldandoli di una nostalgia positiva.
"Poi quando abbiamo finito mi hai fatto trasfigurare un tavolo, due sedie, e ci siamo seduti ai posti che sono rimasti immutati per ben 2 anni"
"Anche questi posti resteranno immutati", rispose Piton facendo riferimento alla loro disposizione attuale. Nella sua mente Artemisia colmò quella frase con una qualsiasi quantità di tempo, che però era sempre troppa, restava meno di un anno. Meno di un anno alla morte di Severus, forse non avrebbero mai più mangiato insieme in quella cucina. Si era incupita ma non voleva turbare anche lui quindi decise di cambiare argomento
"E ti ricordi che quella sera mi facesti i complimenti! Dopo settimane che non ci parlavamo dicesti che avevi cambiato opinione su di me", "Questo non è possibile, la mia opinione su di te non è mai cambiata, ti trovo ancora insopportabile"
Con un gesto della mano il rubinetto si aprì all'improvviso e il getto d'acqua fu deviato proprio contro l'uomo che si trovò totalmente zuppo in pochi istanti
"Da parte dell'insopportabile" disse con tono fintamente offeso. Si stava per autodichiarare vincitrice quando Severus si sfilò la camicia bianca bagnata rimanendo a torso nudo.
"Ti ringrazio, ricordati che potresti anche non avere il dolce se ti comporti così" a quelle parole Artemisia avvampò.
Non erano mai stati due che pensavano in primo luogo al desiderio fisico, la loro soddisfazione era prima di tutto mentale e quei giorni di studio li avevano appagati così. Ma adesso, dopo un anno che non si erano quasi neanche visti, ritrovarsi Severus mezzo nudo avanti agli occhi la stava facendo andare fuori di testa.
"Non vorrei mai correre questo rischio"
Si presero il tempo per mangiare anche una fetta di torta, era talmente raro vedere Severus rilassato mangiare addirittura un dolce. "Dunque?" chiese lui all'improvviso, "dunque cosa?", "Com'è?", "Severus l'ho già finita e ne sto prendendo un'altra fetta! Era buonissima" quelle parole tolsero anche quel piccolo timore all'uomo. Una volta conclusa la cena con un gesto della bacchetta tutti i piatti tornarono splendenti e si andarono a collocare nei propri spazi. Severus si alzò dal posto e si avviò in salotto quando fu richiamato: "Dove pensi di andare?", "Sulla mia poltrona" rispose con finta tranquillità ma un ghigno divertito lo tradì, "Ah perfetto, vai pure allora" gli rispose Artemisia ridendo dentro di sé.
L'uomo fece come aveva detto e si ritirò in salone a leggere un libro, non aveva avuto neanche il tempo di concentrarsi sulla prima riga di testo quando vide la ragazza varcare la porta in una corta vestaglia da notte di un tessuto semilucido e liscio, era chiusa, annodata intorno alla vita stretta, portava con sé una bottiglia di whiskey incendiario e due bicchieri bassi in argento. Non disse niente, posò un bicchiere di fianco a lui e lo riempì, poi trasfigurò una poltrona di fronte all'altra e vi si sedette versandosi una generosa quantità di alcool.
Rimasero l'uno di fronte all'altro, sorseggiando di tanto in tanto dai bicchieri, lei in vestaglia e lui con solo i pantaloni classici addosso. Cercava di concentrarsi sulla lettura, ci stava provando davvero ma quasi sussultò quando la compagna si aprì la vestaglia lamentandosi del caldo dovuto al whiskey e sedendosi in maniera più scomposta e rilassata sulla poltrona. Era seduta lateralmente, una gamba piegata al petto poggiava sullo schienale, l'altra era accavallata al bracciolo mostrandone l'intera lunghezza dalla punta del piede fino al bordo degli slip, il busto era rivolto verso l'uomo, la vestaglia le ricadeva sulle spalle lasciando scoperto il reggiseno in pizzo nero. Si sentiva femminile in quel momento, come mai si era sentita in vita sua. Prese un sorso di super alcolico e rise sul bordo del bicchiere.
"È interessante la tua lettura, Severus?" chiese con quella stessa risata sulle labbra. "Molto" fu la risposta tirata che ottenne. "Di che parla?" e l'altro non seppe proprio che rispondere, sapeva solo che la prima parola della pagina fosse un comunissimo "dunque".
Si alzò lentamente dalla sua poltrona e si avvicinò a quella di fronte sporgendosi fino a un soffio dal suo viso. "Lo vuoi sapere davvero o sei qui per un altro motivo?", "Ti sto solo tenendo silenziosamente compagnia", intanto la mano di Severus si era poggiata nell'interno coscia di quella gamba messa vergognosamente in mostra. "Mi terrai compagnia in un modo meno silenzioso".
Artemisia che non aspettava altro si sporse per rubargli un bacio ma lui si sottrasse ghignando "Come posso io concentrarmi se tu ti presenti così?" e mentre diceva queste parole scendeva con la mano verso il suo inguine, scostò il tessuto in pizzo e iniziò a tentarla con movimenti e pressione calcolati. Non gli sembrava neanche fosse vero che erano di nuovo insieme, avere di nuovo quella donna meravigliosa tra le sue mani per venerarla ed essere venerato. Artemisia da parte sua era già in un altro universo, l'unica cosa che la teneva ancorata a quella realtà era accarezzare l'addome dell'uomo riscoprendone tutte le cicatrici esattamente dove le aveva imparate la prima volta.
Iniziò ad armeggiare con la cintura e i pantaloni, riuscendo ad aprirli al primo tentativo cosa che accadeva raramente. Non ebbe il tempo di sfilare i boxer che si dovette arrestare sopraffatta dalle sensazioni che le stava regalando. Si inarcò contro il bracciolo della poltrona, reclinando la testa all'indietro e respirando a fatica, a quella visione Severus sentì il cuore scalpitare nel petto, la prese tra le sue braccia e la portò al piano di sopra fin nella camera da letto.
Quando lasciò scendere Artemisia quella si era ripresa ed era desiderosa di ricambiare le attenzioni. Si sporse sulla punta dei piedi iniziando un bacio ardente e profondo, lo guidò fino al letto e lo fece stendere ma la risposta che ottenne fu inaspettata: "Passiamo al dunque non posso resisterti a lungo". Quella confessione la intenerì enormemente tanto che prima di continuare lo guardò negli occhi, lei si trovava sopra di lui e lo poteva studiare in ogni sua caratteristica, e disse: "Ti amo, Severus" si abbassò nuovamente a baciarlo senza aspettarsi una risposta perché da lui era improbabile arrivasse. L'unione dei loro corpi fu talmente intensa che fu come se avessero rivissuto la prima volta, ma questa volta certi dei loro sentimenti, concedendosi di parlare, urlare, ridere e ansimare, senza il minimo imbarazzo, disagio o limite che avessero paura di superare. Erano due mangiamorte, due spie, che si amavano in tempo di guerra, con entrambe le fazioni che li avrebbero potuti uccidere, quali limiti potevano esserci ancora per loro?
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