Capitolo 31

Secondo il desiderio del Signore Oscuro, non appena tornato in casa sua, Lucius dovette organizzare una festa per il ritorno alla libertà suo e dei suoi compagni. Severus era teso e contrariato mentre varcava per l'ennesima volta in pochi giorni i cancelli della villa, aveva sempre odiato quelle feste ma in quel momento era necessario assecondare ogni capriccio di Voldemort.

All'interno del grande salone illuminato a giorno conversavano amabilmente i personaggi più controversi che si ci potesse trovare davanti, irriconoscibili nella loro ostentazione di superiorità se comparati alla crudeltà di cui erano capaci. Narcissa Malfoy con una grazia degna della migliore famiglia purosangue gli si accostò porgendogli i suoi omaggi e invitandolo a bere un bicchiere di vino elfico. Si ritirò dunque in un angolo della sala osservando attentamente gli altri e carpendone i discorsi ma fu improvvisamente turbato quando la ragazza fece il suo ingresso in sala accompagnata da Antonin che le aveva offerto il braccio.

Indossava un lungo abito nero e aderente, con le manche lunghe e a campana in pizzo, la scollatura era profonda scendendo più giù di metà busto, uno spacco laterale alla gonna lasciava intravedere la gamba ogni volta che camminava. Era austera e potente con quel vestito e attirò le attenzioni di molti in sala, tanto che Antonin sentì l'esigenza di rimarcare la sua protezione stringendole il fianco.

Non riusciva a capire che rapporto avessero quei due ma sicuramente gli causava gelosia. Questa aumentò ulteriormente quando Lucius le andò incontro e le fece il suo solito baciamano per poi accostarsi al suo orecchio e sussurrarle qualcosa che la fece sorridere. Avrebbe voluto farsi avanti a sua volta ma con quale scusa? Si limitò dunque ad osservarla da una certa distanza.

Artemisia ci aveva messo ore a prepararsi, non sapeva cosa aspettarsi, era la prima festa di mangiamorte a cui si recava. Quando Dolohov l'aveva invitata aveva avuto l'impulso di dirgli che non sarebbe proprio andata alla festa, ma aveva dovuto accettare e preferiva andarci con lui che con qualche altro mangiamorte che non conosceva abbastanza. Appena uscita dalla sua stanza l'uomo si era sbilanciato con qualche apprezzamento ma nulla di più. Dopo la sua missione in Francia e la sua successiva autonomia Antonin aveva archiviato che dopo di lui Bellatrix l'avesse istruita, e si era comportato con riguardo e stima.

Una volta in sala si era sentita improvvisamente al centro dell'attenzione e si malediceva per aver ritardato, se fosse stata lì fin dal principio forse non l'avrebbero notata. Si rese subito conto che c'erano più persone del previsto e si sporse verso Lord Malfoy per chiedere spiegazioni. "La serata si compone di due parti, la prima vede ospiti le famiglie di mangiamorte al completo, la seconda solamente noi" e così dicendo le versò del vino elfico nel calice e le propose un brindisi, lei lo accontentò distrattamente. "È buona educazione guardare negli occhi colui con cui si brinda" la richiamò, "Sì certo, ero distratta", brindarono nuovamente e sta volta la magneticità dello sguardo grigio-azzurro di Lucius Malfoy la tenne incollata a quel contatto. "Molto meglio" sentenziò l'uomo e poi si allontanò.

Artemisia vagò per la sala apparentemente senza una meta ma stava cercando una persona quando: "ARTEMISIA?" Lidia Nott le aveva messo una mano sul braccio per fermarla e la guardava senza parole. "Ciao Lidia..." si sentiva assolutamente a disagio. "Che ci fai qui?", "Quello che ci facciamo tutti?", "Quindi tu... i tuoi sono mangiamorte?" le chiese stupefatta e ad Artemisia venne quasi da ridere. "No, non lo sono", "Allora non capisco" in quel momento un uomo sulla cinquantina e dalla pelle scura, identico a Theodor, si avvicinò a loro. "Artemisia, non avevo ancora avuto modo di ringraziarti, avete fatto un ottimo lavoro per venire a liberarci", Lidia finalmente capì e la guardò con stupore e invidia.

"Vedo che hai conosciuto mia figlia", "In realtà stavamo in classe insieme ad Hogwarts", "Ah giustamente, mi dimentico sempre che sei così giovane ma con le tue abilità è normale confondersi" e dopo un sorriso imbarazzato di Artemisia l'uomo si allontanò.

"Tu sei diventata... quando?", "L'hanno scorso, sai... sparivo nei fine settimana" buttò lì e la divertì immensamente l'imbarazzo con cui l'altra tentò di scusarsi senza riuscirci degnamente. "Ora devo andare, è stato un piacere rivederti Lidia" si congedò ormai stufa di quel teatrino.

Erano passate alcune ore dall'inizio della festa e si sentiva satura di tutta quella socialità, lei era sempre stata schiva di natura. Così decise di salire al piano superiore e uscire su una delle terrazze, si accorse in ritardo che vi fosse un'altra persona e non potè tornare indietro senza attirare l'attenzione. Avvicinandosi ulteriormente lo riconobbe: "Piton?" l'uomo che aveva avvertito la presenza di qualcuno, ma non sapeva chi fosse, sobbalzò sentendo quella voce e si voltò, spalle al parapetto. "Carter, come mai qui fuori?", "Non sopportavo più le persone, tu?", "Lo stesso".

"Sei stata molto brava l'altra notte, un'eccelsa mangiamorte", "Lo devo prendere come un complimento?", "Nella tua posizione sì". A quei brevi scambi seguivano lunghi silenzi pieni di pensieri taciuti.

"Sono stata a Parigi, è bellissima, sei mai stato al Louvre?", "Purtroppo no, non ho avuto molte occasioni di uscire dall'Inghilterra", "Ti ci vorrei portare", "Sarebbe bello, sì...", un peso gravò sullle spalle di entrambi.

Era piena notte, nessun rumore si percepiva se non quello delle candele accese lungo i corridoi per illuminare il cammino. La fugura nera di Severus Piton camminava a passo spedito e silenzioso verso l'ufficio del preside. Avevano discusso quel pomeriggio e Silente gli aveva promesso risposte quella sera alle undici, quando ormai tutti gli studenti si trovavano nei loro dormitori. Non appena fu entrato si accomodò di fronte alla scrivania, immobile, teso come non mai, arrabbiato con l'uomo di fronte a lui che gli chiedeva un favore tanto grande senza mostrargli fiducia in cambio.

L'anziano mago si sollevò dalla sua sedia e iniziò a camminare per la stanza, intorno a Severus, parlando con un tono rivolto più a sé stesso che all'amico: "Harry non deve sapere, fino all'ultimo, finchè non sarà necessario, altrimenti come potrebbe avere la forza di fare ciò vhe deve essere fatto?"

"Ma cosa deve fare?" chiese l'altro interrompendo quel flusso di pensieri. "Questo resta tra me e lui. Adesso ascoltami bene, Severus. Verrà il momento, dopo la mia morte...", l'anziano intercettò il moto di protesta e lo frenò: "Non discutere, non interrompermi! Verrà il momento in cui Lord Voldemort temerà per la vita del suo serpente"

"Nagini?", "Precisamente. Se Lord Voldemort cesserà di mandare Nagini a eseguire i suoi ordini, ma la terrà al sicuro accanto a sé, sotto protezione magica, allora credo che sarà bene dirlo ad Harry", "Dirgli cosa?"; Piton si stava già confondendo di fronte ai contorti discorsi dell'altro.

"Dirgli che la notte che Voldemort cercò di ucciderlo e Lily- Severus ebbe un tremito- interpose la propria vita tra di loro come uno scudo. L'Anatema che uccide gli rimbalzò addosso: un frammento dell'anima di Voldemort fu violentemente separato e si agganciò alla sola anima vivente rimasta nella casa che crollava. Parte di lord Voldemort vive dentro Harry, ed è questa che gli dà il potere di parlare con i serpenti e un legame con la mente di Voldemort che non ha mai compreso. E finché quel frammento di anima, di cui Voldemort non sente la mancanza, resta aggrappato ad Harry e da lui protetto, Lord Voldemort non può morire".

Una consapevolezza improvvisa travolse Severus che quasi non riuscì ad articolare: "Quindi il ragazzo... il ragazzo deve morire?", "E deve ucciderlo Voldemort in persona, Severus. Questo è fondamentale". La rabbia con cui aveva varcato la soglia riemerse prepotentemente: "Credevo... in tutti questi anni... che lo proteggessimo per lei. Per Lily".

Silente si sforzò di apparire indifferente ma gli occhi gli si chiusero per il dolore che gli causavano quelle parole: "Lo abbiamo protetto perché era essenziale dargli un'istruzione, crescerlo, fargli mettere alla prova le proprie forze. Nel frattempo il legame tra i due diventa sempre più forte, una crescita parassitica: a volte ho pensato che lui stesso lo sospetti. Se lo conosco, avrà fatto di tutto perché, quando deciderà di andare incontro alla morte, questa sia davvero la fine di Voldemort". Quando Silente riaprì gli occhi riconobbe in Severus lo sguardo sconvolto che gli aveva visto poche altre volte.

"L'hai tenuto in vita perché possa morire al momento giusto?". Quelle parole lo colpirono come un incantesimo di taglio e la sua risposta crudele fu commisurata al suo dolore: "Non esserne stupito, Severus. Quanti uomini e donne hai visto morire?". "Di recente, solo quelli che non sono riuscito a salvare" rispose indignato l'altro. "Tu mi hai usato" gli ringhiò contro.

"Sarebbe a dire?", "Ho fatto la spia per te, ho mentito per te, ho corso rischi mortali per te, hai coinvolto Artemisa in tutto ciò. Credevo che servisse a proteggere il figlio di Lily Potter.- aggiunse quel cognome come a segnare una distanza incolmabile- Adesso mi dici che l'hai allevato come una bestia da macello..."

"Ma è commovente, Severus. Ti sei affezionato al ragazzo, dopotutto?" Piton che in quel moccioso rivedeva solo il suo peggiore nemico non potè tollerare quelle parole.

"A lui? Expecto patronum" e dalla punta della sua bacchetta fuoriuscì un'eterea cerva argentata, che dopo avergli danzato attorno saltò agilmente fuori dalla finestra. Silente rimase enormemente stupito e commosso, si voltò a con gli occhi pieni di lacrime.

"Dopo tutto questo tempo?", le labbra di Severus articolarono da sole quella parola: "Sempre", la stessa che si erano detti alcuni mesi prima lui e Artemisia, quando si erano separati.

Silente era travolto da singulti accompagnati da lacrime silenziose. Quella confessione lo aveva particolarmente toccato e si sentiva in dovere di dire un'ultima cosa al ragazzo che gli sedeva dinanzi.

"C'è un'ultima cosa, Severus. Qualcosa che non vorrei mai accadesse ma il cui rischio è molto alto. Tu oramai vivi nel rischio da molti anni per me, ma quando mi avrai ucciso una spada penderà sulla tua testa. La bacchetta che posseggo è molto potente, Lord Voldemort potrebbe desiderarla e pensare che tu ne sia il legittimo proprietario. Questo non accadrà, perché la fedeltà della bacchetta dopo l'omicidio resterà a me, e questo è un bene perché con essa Lord Voldemort sarebbe inarrestabile, ma lui questo non può saperlo"

"Spiegati meglio Silente" gli intimò Piton che stentava a credere a ciò che aveva ormai capito.

"Lord Voldemort potrebbe arrivare a ucciderti per essere il legittimo proprietario della bacchetta"

Severus sorrise amaramente, quando mai gli era importato di morire, anzi, negli anni ci aveva sperato, e proprio adesso che quel desiderio non lo allettava più questo gli piombava dal cielo.

Forse era vero che non poteva essere felice.

Osservava il riflesso della luna piena sulla pelle diafana della donna di fronte a lui. Parigi... la città del romaticismo. Il Louvre... il museo più famoso al mondo. Sarebbe stato bello immaginarsi una fuga lì, insieme, una volta finita la guerra.

Ma il ricordo di quella conversazione con Silente tenutasi settimane prima lo turbò profondamente. Artemisia da parte sua pensò alla stessa cosa, Severus sarebbe morto a fine guerra e nonostante lei avrebbe fatto di tutto per impedirlo il solo pensiero le attanagliava lo stomaco.

"Meglio non pensare al futuro adesso, cerchiamo solo di sopravvivere" le disse risoluto. "È il pensiero che mi assilla ogni notte" gli confidò. Che non riuscisse a dormire sarebbe stato evidente a chiunque se la sua personalità e il suo potere non avessero offuscato totalmente la sua figura fisica, ma Severus lo vedeva, e se ne rammaricava.

"Capisco non sia facile vivere qui, se fosse in mio potere ti riporterei ad Hogwarts ma non è possibile", "Lo so, stai tranquillo, me la cavo".

Un rumore proveniente dall'interno attirò la loro attenzione e un attimo dopo una chioma dorata apparve oltre le tende. "Ottimo, due in uno, vi stavo cercando per dirvi che i superflui se ne sono andati. Possiamo iniziare con la vera festa". Lucius Malfoy tentava di simulare entusiasmo ma a entrambi fu chiara la sua preoccupazione. Con un leggero tocco dietro la schiena Severus la condusse verso l'interno della villa e scesero al piano inferiore.

Una volta rientrati in sala meno di venti persone li attendevano seduti in circolo su delle comode poltrone. Severus prese posto non appena fu entrato e Artemisia occupò l'ultima sedia libera vicino a Lucius.

"Dunque ora che ci siamo tutti direi di versarci da bere qualcosa di serio", bicchieri di cristallo bassi apparvero di fianco a ciascuno di loro e nelle mani del padrone di casa si materializzò una bottiglia di whiskey incendiario. La prima a cui fu versato l'alcolico fu Artemisia. "Non sapevo che averti vicino mi desse una via preferenziale per l'alcool", "E non solo per quello". Malfoy cercava di impressionarla, pensò, ma non aveva la contezza della sua reale posizione, non era più il prediletto dei mangiamorte e non era utile a più di tanto.

"Basta perdere tempo, Lucis, sappiamo tutti cosa stiamo aspettando", "Sì, falle entrare!", iniziarono le proteste da parte del resto del gruppo. Artemisia non sapeva cosa aspettarsi ma vedendo l'espressione entusiasta degli altri paragonata a quella irremovibile di Piton si preoccupò.

"Compagni miei, pazientate. Artemisia è la prima volta che presenzia, fatemi spiegare" li ammonì Lucius che poi si rivolse unicamente a lei: "Vedi cara, noi non siamo soliti avere contatti con sangue sporco ma, talvolta, in queste situazioni ci concediamo di usare le prigioniere. In delle stanze alternative, sia mai che si contaminino le nostre personali" una serie di espressioni di disgusto seguirono a quella immagine che era stata evocata. "Ci siamo permessi di scegliere qualcuno che possa compiacerti", Artemisia che avrebbe voluto rigettare subito la proposta dovette dissimulare: "Cioè vorreste che scopassi un sanguesporco?", "Beh detto così è oltraggioso ma ovviamente tu saresti in un ruolo di supremazia e avere potere di vita o di morte su di lui". Avrebbe voluto obbiettare ulteriormente ma Dolohov stesso richiamò l'attenzione: "Basta parlare, muoviamoci". Così dicendo un corteo di donne più o meno giovani risalirono dalle carceri e giunsero di fronte a loro, tra esse vi erano anche pochi uomini in assoluta minoranza. Artemisia squadrò tutte le persone in piedi, vestiti solo di una tunica, era angosciata per la scelta che doveva prendere. Tiger fu il primo ad alzarsi goffamente e afferrare una donna per il polso trascinandosela sulle gambe, quella iniziò a piangere sommessamente. Seguì Dolohov che prese con sé la ragazza più giovane presente che poteva avere al massimo 15 anni. "Sei sempre il solito" lo canzonò divertito Mulciber e gli altri scoppiarono a ridere, solo Carter, Piton, Malfoy e Nott si astennero.

Con sua assoluta sorpresa i coniugi Lestrange si alzarono contemporaneamente, tenendosi per mano, l'uno scelse una giovane donna, l'altra un giovane uomo e li portarono con loro sul un divanetto. Yaxley si sollevò dalla sua seduta e stupendo tutti prese per la spalla un ragazzetto mingherlino. "Te lo sei scelto piccolo per non farti male?" gli chiese sarcasticamente Nott che fu però ignorato.

Il sangue le si gelò nelle vene quando vide Seveus alzarsi e camminare tra quel gruppo di prigionieri studiandoli nel dettaglio. Lo vide prendere gentilmente la mano di una donna sui 30 anni, alta e dai capelli rossi. "Sapevo ti sarebbe piaciuta, l'ho scelta apposta per te" commentò Lucius. L'espressione interrogativa di Artemisia dovette essere particolarmente leggibile perché l'altro le spiegò: "Severus ha un debole per le rosse", perché lei non ne aveva idea? Sollevò nuovamente lo sguardo a osservare quella donna, e poi su Piton che tenne il suo basso anche quando si fu riseduto.

"Se è mio desiderio, posso modificare qualche tratto di chi scelgo?", "Chiunque sia è creta nelle tue mani, lo possiedi". Così fu il suo turno di lasciare la poltrona. Soppesò a lungo i pochi rimasti e alla fine afferrò la mano di una donna più grande di lei. La portò al suo posto e con un movimento della bacchetta i suoi capelli divennero argentei con delle striature nere, gli occhi invece rimasero inalterati, di un grigio intenso, solo chi la conosceva poteva rivedere in quelle caratteristiche Eva Thomas.

"Molto bene, me lo ricorderò per le prossime volte" le disse Lucius alzandosi a sua volta, solo lui doveva ancora scegliere, e si diresse a passo deciso verso una ragazza minuta, dai capelli scuri e gli occhi verdi. Non si risedette ma invitò gli altri a seguirlo lungo le scale. Li condusse in un'ala separata dal resto della villa e che ospitava solo stanze che si aprivano su un corridoio. "Prego, accomodatevi"

I mangiamorte si riversarono nelle stanze che affacciavano sul corridoio, impazienti di cominciare, da troppo tempo non si divertivano alla vecchia maniera. Da anni era abitudine organizzare quelle feste in cui la loro supremazia di esplicitava con il possesso carnale, una pratica di guerra vecchia come la guerra stessa. La conclusione della nottata era spesso l'omicidio dei prigionieri, ma talvolta il sadismo di quegli uomini era tale da risparmiarli per poi finirli in un'altra occasione, estendendo le loro sofferenze.

Severus che era abituato a quelle dinamiche attraversò il corridoio trascinandosi la donna dai capelli rossi al seguito. Arrivò in fondo al corridoio ed aprì da porta della stanza più piccola e appartata che vi fosse. Quelle stanze non avevano nulla a che fare con lo sfarzo della villa, erano spartane con i letti riversi direttamente sul pavimento e l'unico altro mobile presente ospitava lame, corde, oggetti da tortura, per assecondare ogni perversione e capriccio dei suoi ospiti. La porta si chiuse pesante alle loro spalle, seguirono degli incantesimi silenzianti e un colloportus, la donna tremava osservando il mago che eseguiva ogni azione con estenuante lentezza. "Stenditi" le ordinò e lunghe lacrime scesero sul pavimento freddo di marmo. "E taci". La donna spaventata si asciugò il volto e trattenne i singhiozzi, la sua unica colpa: essere nata con la magia da genitori non magici. Appena ebbe toccato il materasso l'unico indumento che la copriva sparì lasciandola alla mercè del mangiamorte. Severus le punto la bacchetta alla tempia e immagini di violenza le nacquero nella sua memoria. Dopo alcuni secondi di agonia cadde addormentata, e l'uomo poté accasciarsi sul pavimento, stanco e provato.

Artemisia aveva preso posto in una camera adiacente, e aveva lanciato gli stessi incantesimi alla stanza per evitare curiosi. La donna di fronte a lei, già seduta sul letto sembrava essersi tranquillizzata, forse rincuorata che fosse stata lei a sceglierla e non qualcuno di peggiore. "Come avrai sentito è la prima volta che mi trovo a partecipare a questo tipo di feste" iniziò la mangiamorte girandole intorno. "Non sono avvezza a toccare sanguesporco, e non ho intenzione di iniziare. Dunque stenditi e dormi", la donna non se lo fece ripetere e, spostandosi sul lato più distante del letto, si rannicchiò tremando.

Artemisia attese di sentire il respiro regolare di chi si è addormentato, e quando ne fu certa abbandonò la camera per dirigersi a quella attigua. Bussò delicatamente per evitare che qualcun altro la sentisse e trasalì quando la porta si spalancò con rabbia.

L'uomo che le apparve di fronte era trasfigurato, irriconoscibile e attraversato da emozioni contrastanti. A quel caos emotivo si aggiunse lo stupore quando la vide. La trascinò all'interno della stanza per paura che la vedessero e richiuse la porta alle loro spalle. Lo sguardo di Artemisia saettò direttamente sulla figura nuda che pareva svenuta sul letto, in una posizione innaturale. Un dolore lancinante la colpì al petto ma la sua espressione rimase granitica. "Cosa devo fare?" Severus che era ancora stravolto dalla fatica di creare ricordi fasulli così violenti si prese un attimo prima di rispondere. "Scoparti quella Eva fittizia che ti sei scelta" le disse con rabbia e gelosia, tralasciando nella sua testa che anche lui si fosse scelto una donna con le fattezze di un'altra. "Come tu ti sei scopato quella rossa lì?" gli domandò con ostentata indifferenza. Piton si voltò a osservare la donna in questione che non lo attraeva minimamente, come non lo avevano mai attratto le donne che gli proponevano a quelle feste e che aveva sempre graziato. "Sei una strega potente, saprai modificare dei ricordi", le disse senza girarsi a osservare la sua reazione.

Artemisia si trovava ancora vicino alla porta, ma la sua presenza così rilevante faceva sembrare che si trovasse su un podio al centro della stanza. Nulla sembrava rimasto della ragazzina schiva e spaurita che aveva incontrato anni prima, e quella potenza lo affascinava a tal punto da doverla rimarcare continuamente. "È quello che hai fatto tu?", "Sì, è quello che faccio ogni volta".

Era in questi casi che fuoriusciva l'esperienza decennale dell'uomo. Artemisia ne osservò il profilo spigoloso, non si era più voltato a guardarla, ma sentendola silenziosa lo fece. La ragazza fece un passo e rubò a quelle labbra un bacio leggero. Piton rimase immobile, preso alla sprovvista da quel gesto, con il cuore in subbuglio e il sentimento di speranza che cresceva in lui. "Che fai?" le chiese non appena si fu allontanata. "Rinnovo la mia promessa, ti aspetto". Il senso di oppressione che avevano avvertito poche ore prima in terrazza si ripresentò prepotentemente.

"Non sentirti legata a me, molte cose cambiano in una guerra, le mie azioni ti faranno inorridire, non voglio vedere il disgusto sul tuo volto", ammise con una serietà pesantissima, che fece riflettere la giovane per molti istanti. "So cosa sei chiamato a fare, se ti servisse aiuto non esitare a venire da me, come ho fatto io sta sera, siamo i soli a poterci capire", sta volta fu Severus a sporgersi e carezzarle il viso liscio e piccolo, con il suo palmo le avvolgeva l'intera guancia trasferendole il calore della sua mano. Lei vi si adagiò leggermente e chiuse gli occhi inspirando piano. "Vorrei portarti via con me", "Vorrei lo facessi davvero".

Rimasero così, immobili, per alcuni minuti. "Sei diventata più potente di quanto io li sia mai stato", "Sindrome di inferiorità?" lo prese in giro lei, strappandogli un sorriso. "No, sono orgoglioso che una straga del genere mi stia vicino", "È cosi, e lo sarà per il resto della mia vita". Un lento bacio, sta volta non solo sfiorato, ma profondo e intenso, seguì quelle dichiarazioni.

Ritrovarsi dopo tanto tempo era un'emozione indescrivibile e pura. Non accennarono neanche ad andare oltre, gli bastavano le loro bocche, i loro sospiri e parole, le carezze dietro la nuca e sul viso, i corpi a contatto dopo quella che sembrava una vita.

"Ora devo andare, devo fare come mi hai detto" si allontanò lentamente la giovane. "Sì, vai prima che qualcuno si accorga che non sei in stanza". Si separarono a malincuore ma rinforzati nel loro legame.

Artemisia giunse nella sua camera senza intoppi. Varcò la soglia e prese un profondo respiro. Immagini atroci vennero costruite nella sua mente e alzando la bacchetta le riversò nella memoria della donna stesa sul letto. Questa si agitò, pianse e urlò, vivendo come se fossero vere quelle violenze, ricadde nel sonno poco dopo.

La ragazza si sedette di fianco a lei e si addormentò. 

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