Capitolo 30

I sotterranei del maniero Malfoy brulicavano di topi nutriti da sangue e carne, l'aria che si respirava non appena vi si accedeva era acre e malsana e i pianti e le urla di disperazione facevano godere le orecchie di Antonin. L'uomo camminava sul pavimento sporco con un'andatura lenta e instabile, quasi stesse danzando, l'equilibrio si spostava da una gamba all'altre in maniera innaturale. Un ghigno sadico gli deformava il viso rendendolo sinistro. Si guardava intorno inebriato dall'atmosfera di dolore e morte, e dal privilegio di scegliere. In quelle prigioni erano detenuti i traditori, i sanguesporco, i genitori di quei sanguesporco, anziani e bambini, tutti meritevoli di una morte dolorosa. Ma chi scegliere? Gli occhi spaventati di quelle persone si nascondevano al suo passaggio, chiunque di loro poteva riconoscere Antonin Dolohov e sapere che se si trovava lì allora c'era di che avere paura. Una cella si aprì in seguito al rumore metallico delle chiavi e al cigolio sinistro dei cardini, al suo interno vi erano cinque persone, ammassate in quei pochi metriquadri, nessun materasso, nessun appoggio, dormivano in terra riscaldandosi con i propri corpi. Un sorriso di gioia si aprì sul viso del mangiamorte quando riconobbe un suo antico compagno che aveva sposato una natababbana da cui aveva avuto tre bei ragazzi, anche loro detenuti lì. "Mio carissimo Marcus, che piacere vederti con tutta la tua famiglia", l'uomo interpellato non rispose per orgoglio o per troppa paura, Antonin rise sguaiatamente. "Desideravo presentarti la mia ex protetta, come tu mi hai presentato i tuoi bei figli, tra vecchi amici si fa così". A quel richiamo un'altra figura, dalla statura più piccola e con la maschera argentea in volto varcò la soglia della cella. "Noi non siamo amici" ci tenne a sottolineare Marcus, "e se quella è stata la tua protetta allora deve essere una figlia di puttana come te" aggiunse con rabbia. "Oh ci puoi giurare, è stata la protetta anche di Bella" lo canzonò. "Vedi desidererei che si divertissero insieme, la mia ragazza e i tuoi. Potrebbero provare qualche nuova invenzione, che ne pensi?".

L'espressione del padre mutò drasticamente, si sollevò da terra e si posizionò tra i mangiamorte e la sua famiglia. "Lascia in pace i miei figli", "Non credo che lo farò" Antonin sollevò la bacchetta e il più giovane dei tre che ottimisticamente aveva 10 anni iniziò ad avanzare verso di loro sospinto da un imperio. Il padre si aggrappò al piccolo corpo del ragazzo cercando di trattenerlo e scoppiando a piangere. "No! Lascialo stare! Prendi me!", quelle suppliche davano piacere a Dolohov più di quanto sia immaginabile, lo eccitavano e compiacevano.

Più dietro di qualche passo Artemisia esitava ed estraeva dalla tasca una minuscola boccetta contenente un liquido semitrasparente ma opaco, sembrava quasi aeriforme per come si agitava. Avanzò risoluta, cercando di ignorare i pianti di padre e figlio, e quegli occhi di bambino che la osservavano supplici. Stava quasi per stapparla quella boccetta di veleno. "Antonin, il ragazzo è troppo piccolo, per essere certa devo testarlo su qualcuno della stessa statura", la stessa statura di chi lo sapeva solo lei. "Ma così mi rovini la scena, il pathos, come può avvenire la punizione di quest'uomo se non gli ammazzo almeno il figlio?", era un ragazzino a cui si toglieva il giocatolo dalle mani. "Sono irremovibile" rispose Artemisia a quelle lamentele e si voltò verso l'uomo adulto, mentre il bambino ora libero di muoversi scappava tra le braccia della madre, e i singhiozzi nella stanza si facevano più forti. "Accetta la tua sorte con onore, quello che ti è mancato quando hai anche solo pensato di toccare una sanguesporco", gli disse con parole crudeli la mangiamorte, mentre versava forzatamente il veleno nella gola di quel padre. Pochi attimi dopo egli iniziò a contorcersi, bava spumosa gli uscì dalla bocca contratta e poi rimase steso al suolo morto davanti agli occhi impietriti dei figli e della moglie.

Draco tremava mente si dirigeva nell'ufficio di Lumacorno per lasciare sulla scrivania la bottiglia di vino elfico opportunamente incantata per destare nell'insegnante l'idea di regalarla a Silente a Natale. Appena poggiata si allontanò in fretta dall'ufficio e si incamminò per i corridoi deciso a raggiungere la stanza delle necessità. Era però troppo perso nei suoi pensieri per rendersi conto di quella malefica gatta che gli sfrecciava davanti e al cui seguito vi era Argus Gazza. "Lasciamo andare stupido Magonò!", si ritrovò trascinato in una sala allestita a festa, Lumacorno aveva organizzato in grande stile per Natale, e sottoposto agli sguardi di tutti gli invitati. Si vide per sua fortuna accusato di volersi infiltrare e assecondò quella storia ond'evitare scomode spiegazioni. Cambiò idea nel momento in cui Piton si avvicinò a lui costringendolo ad uscire da quella sala e affrontandolo direttamente dopo settimane che lo aveva evitato. Lo scontro tra i due fu violento e non si accorsero minimamente di Harry Potter che li osservava nascosto in un angolo buio. La cosa che faceva maggiormente arrabbiare Piton era l'essere all'oscuro più che mai di informazioni fondamentali, di tasselli che avrebbero potuto fare la differenza in una situazione in bilico come la sua. "Ho pronunciato un voto infragibile", sibilò a un soffio dal viso del figlioccio, tenendolo stretto per la collottola, assistette in prima fila allo sguardo spaesato e stupito di Draco al quale si inumidirono gli occhi per la paura e la furia. Quel contatto così palese rese a Piton tremendamente semplice farsi spazio nei suoi ricordi più immediati ma non si sarebbe mai aspettato di rivedere lei come suo primo pensiero.

Un'Artemisia visibilmente smagrita e stanca camminava tra la neve della foresta che circondava Hogwarts e Hogsmead, era stretta in un mantello nero di pregiata fattura che non le aveva mai visto indosso. Le caviglie sottili e diafane come le mani affusolate e il viso si confondevano con il candore del luogo mentre il resto della sua figura contrastava, quasi a far male alla vista, per l'oscurità. Gli occhi verdi saettavano in ogni direzione alla ricerca spasmodica di qualunque pericolo per poi fermarsi su Draco che l'attendeva ormai da un pezzo. Con passo silenziosissimo gli si avvicinò affondando leggermente e senza rumore nella neve. Gli porse un pacchetto dalla forma allungata, entrambi lo guardarono spaventati. "Funzionerà?" chiese il ragazzo in un sussurro, lei si limitò solo ad annuire. "Sei sicura? L'hai provata?", annuì nuovamente. "Artemisia stai bene? Mi sembri molto provata", "Sto forse meglio di te, dopotutto non sono io quella che rischia di più", effettivamente neanche Draco stava bene, aveva perennemente le fattezze di un malato terminale, ed effettivamente su di lui aleggiava lo stesso avvoltoio della morte. "Mi dispiace averti trascinata in questo inferno", "L'importante è che ce ne tiri fuori, tutti noi, stai giocando con molte vite". Sta volta fu il ragazzo ad annuire prima che lei si voltasse e sparisse nuovamente tra gli alberi.

Quando abbandonò la mente del ragazzo, ignaro di tutto, fu un riflesso involontario lasciare finalmente la presa sul suo colletto, con uno scatto repentino, si sentiva scottato. La stessa sensazione che provava ogni volta che leggeva una lettera indirizzata a Draco, e poteva apprezzarne la scrittura chiara e leggermente obliqua. Vide solo Draco scappargli dalle mani e allontanarsi in fretta mentre ripensava a quanto per colpa sua lei stesse soffrendo.

Artemisia aveva finalmente avuto quello che desiderava. Il Signore Oscuro le aveva riconosciuto le sue abilità e la sua preparazione, la sua lealtà e la sua efficacia, e l'aveva svincolata da ogni controllo. Avere un tutore ti poteva esimere da alcune responsabilità ma voleva anche dire essere subalterno, non si era mai un mangiamorte al livello degli altri. Adesso era responsabile per sé stessa ma autonoma, libera dalla supponenza di Antonin e dalla crudeltà di Bellatrix, e poteva ritenersi parte del gruppo più ristretto. Ne ebbe conferma quando fu convocata dal Signore Oscuro una gelida notte di marzo.

Il ghiaccio oscurava ulteriormente le vetrate del grande salone e le candele stentavano ad illuminare l'intera stanza. Nagini strisciava subdola tra le gambe delle sedie mentre uno alla volta, ordinatamente i mangiamorte varcavano l'ingresso inginocchiandosi di fronte alla seduta di Voldemort. "Prego, accomodatevi amici miei". Artemisia prese posto di fianco a Bellatrix come le era capitato nell'ultima riunione e si guardò intorno, erano pochissimi di loro tra essi: Dolohov, Piton e Yaxlei, il resto le erano ignoti. Si ritrovò a scrutare il suo ex professore e amante forse per più tempo del dovuto ma nessuno se ne accorse, lo distolse solo quando l'uomo in questione si voltò verso di lei, non seppe leggere il suo sguardo che appariva annoiato, ma si chiese cose stesse pensando in quel momento, dopo mesi che non si rivolgevano la parola. Lo sapeva che stava affrontando tutto quello per lui? Che sopportava solo per vincere la guerra e avere un mondo dove potessero stare insieme?

"Grazie al lavoro di mediazione di alcuni nostri compagni i dissennatori si sono uniti a noi. Non dovreste avere problemi quindi durante la missione di recupero di questa notte. Desidero che partiate immediatamente per Azkaban e che riportiate a casa i nostri amici catturati al Ministero", l'espressione di Voldemort si fece contrariata mentre ricordava il fallimento di mesi prima. "Bellatrix farà da guida, con lei andranno Severus, Antonin e Artemisia. Non fatevi riconoscere e tornate in fretta, attendo con ansia il vostro arrivo"

Non se lo fecero ripetere un'altra volta. Si alzarono contemporaneamente dalle sedie e con passo deciso uscirono dalla sala, i passi scandivano il loro passaggio. Indossarono le loro maschere argentee e recuperarono le scope, solo Piton tra loro sapeva volare senza supporti e mentre si muoveva veloce nella sua nube nera si distanziò dalla Lestrange per accostarsi agli altri due. Non poteva vedere l'espressione contratta sul viso di Artemisia ma poteva percepirne, dallo sguardo verde attraverso la maschera, la stanchezza. Si concesse di concentrarsi sulla sua impronta magica, sperando di percepirla appena, ma stava occludendo totalmente i suoi pensieri e non carpì neanche una scintilla della sua potenza, lei invece, grazie a quella leggera apertura, sentì la magia del mago soffocarla e travolgerla, le parve di poterla quasi toccare

Finalmente la prigione dei maghi fece la sua comparsa in mezzo al mare, le onde ne lambivano le fondamenta e le pareti erano perennemente umide. Alla sua vista la risata di Bellatrix squarciò l'aria, seguita da un fulmine e un tuono che preannunciavano temporale

Era vero, i dissennatori, creature tra le più oscure e subdole del mondo magico si erano unite a Voldemort, dunque quando giunsero alle porte della prigione non fu difficile per loro accedere, ma una volta dentro si ritrovarono in un oscuro labirinto di corridoi e celle, da cui non sapevano se sarebbero usciti indenni. I quattro mangiamorte avanzavano insieme ma disordinatamente, Bellatrix era stata travolta dai ricordi dei suoi anni di prigionia e la sua infermità mentale la portava ad avanzare rapidamente senza prudenza. Antonin che più volte l'aveva richiamata si era rassegnato a correrle dietro visto che la guida era stata affidata a lei. Più dietro gli altri due mangiamorte avanzavano con passo ponderato, guardandosi intorno alla ricerca di eventuali fattori di rischio, non si affrettarono dietro ai compagni scellerati, preferendo agire secondo la propria indole e giudizio. "E così ci sei tu dietro alle aggressioni ad Hogwarts?", un giudizio contrariato traspariva dalla voce bassa di Piton, "Faccio solo ciò che mi viene chiesto, io avrei agito in altro modo" si sentì di giustificarsi la ragazza sebbene ritenesse di star agendo nel giusto, "più di una persona ha rischiato di morire, il signorino Weasley si è salvato per miracolo", "Come??" Artemisia era seriamente stupita e rassicurata da quella notizia, "Qualcuno ha dimostrato più prontezza di riflessi di quanto ci si sarebbe mai aspettato".

Continuarono ad avanzare in silenzio fin quando il rumore di alcune esplosioni attirò la loro attenzione e affrettarono il passo. Si ritrovarono davanti uno scontro violentissimo di maledizioni. Bellatrix ed Antonin avevano dato vita a un duello con gli auror che pattugliavano la prigione e intanto una decina di dissennatori aleggiava tra gli incantesimi aggredendo gli uomini del ministero. Artemisia raggiunse in fretta Antonin e lo supportò nello scontro mentre Piton si trovava braccato da altri due uomini.

I minuti successivi furono un caos oscuro illuminato da brevi lampi verdi e rossi, solitamente seguiti dal silenzio più assoluto o da urla agghiaccianti. "Dolohov tu dammi una mano qui, la ragazzina e il professorino andranno a liberare gli altri" ordinò Bellatrix che non avrebbe mai accettato il supporto né di Piton né di quell'ingrata di ragazzina. Così Artemisia si ritirò dallo scontro trovando riparo in un corridoio laterale. Piton era prossimo a raggiungerla, ormai a un passo dallo stesso riparo. Si voltò per andarle in contro ma la vide alzare la bacchetta nella sua direzione, gli occhi sgranati, il movimento rapido del polso, evocò un incantesimo scudo alle sue spalle che frenò la maledizione di un auror che era di certo rivolta a lui. Si sentì spintonato la parte, dietro l'angolo del corridoio, la vide avanzare risoluta superandolo, e con la bacchetta ancora sollevata pronunciare "Crucio", l'uomo di fronte a lei cadde al suolo contorcendosi e gridando, solo dopo un tempo estremamente lungo la maledizione senza perdono si interruppe, e Piton si sentì trascinare nella direzione opposta allo scontro.

"Artemisia..." sussurrò inerme al seguito della ragazza che avanzava tra i cunicoli, "Zitto Piton, non giudicarmi" lo liquidò lei che non era pronta a sentire le sue parole compassionevoli o peggio, la sua delusione. A quel punto l'uomo arrestò la corsa trattenendo con sé l'altra. "Fatti guardare" le intimò e dopo una certa reticenza, ed essersi assicurata che nessuno potessi vederla, si sfilò la maschera. In quell'esatto momento Piton capì di aver fatto un errore perché tutto ciò che avrebbe voluto dirle non poteva esprimerlo in quella situazione, se avesse abbassato in quel momento le difese non le sarebbe riuscito a rialzare entro il loro ritorno dal Signore Oscuro. Si concesse solo un gesto, le accarezzò la guancia scavata per l'eccessiva magrezza, fredda e liscissima, con un rapido incantesimo fece riapparire quell'involucro l'argento accarezzando ora il freddo metallo e i suoi decori a spirali. Non potè vederla così, sorridere appena, ma percepì i suoi occhi farsi più luminosi e verdi.

Si allontanarono quando percepirono il freddo dei dissennatori in arrivo, attirati da quel minuscolo momento di felicità. Si affrettarono nella direzione opposta e finalmente, dopo aver perlustrato diverse celle, il riflesso dei capelli di platino di lord Malfoy attirò la loro attenzione. "Lucius!" Severus si gettò al capezzale dell'amico, liberandolo dalle catene e prendendogli il volto tra le mani. Era provato, pallido, con profonde occhiaie, la barba sfatta, ma quando riconobbe lo sguardo nero del suo migliore amico recuperò parte del senno gettandogli le braccia al collo e iniziando a singhiozzare. "Sei qui, non è un miraggio?" ripeteva incessantemente a Severus lo rassicurava, intanto che Artemisia liberava gli altri compagni ugualmente scossi. "Vieni, tua cognata e Antonin ci aspettano con le scope, ce ne andiamo", se lo caricò in spalla e si avviò all'esterno seguito da: Jugson, Tiger, Nott, Rodulphus e Rabastan, Avery, Rookwood e Mulciber. Artemisia osservò quell'orda che andava a rimpinguare i ranghi di Voldemort con alcuni dei maghi più potenti e crudeli del mondo magico, tremò mentre passava le scope necessarie ai suoi compagni.

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