Capitolo 26
"Draco!", il giovane Malfoy si voltò non appena si sentì chiamare. Stava vagando nell'ala est del maniero ormai da molte ore, catatonico e pallido. Quella mattina aveva parlato con sua zia della missione affidatagli dal Signore Oscuro e nonostante l'entusiasmo della donna non era riuscito a condividere il suo punto di vista. "Come stai?", si ridestò dai suoi pensieri quando udì la voce preoccupata della ragazza di fronte a lui. Artemisia lo osservava da alcuni passi di distanza, quella sufficiente affinché egli non sentisse minacciato il suo spazio personale. Era bella si ritrovò a pensare il biondo, avvolta in quegli abiti da strega austeri e scuri, i capelli neri che aveva appena tagliato novamente sopra le spalle le incorniciavano il viso affilato, più pallido ed emaciato di quanto lo ricordasse, sembrava più vecchia di 10 anni ma era più affascinante che mai. "Bene", rispose bruscamente a quella domanda. "Bene è una risposta generica e convenzionale" fece notare lei
"Ti dico che sto bene". Si voltò nuovamente per proseguire con il suo vagare incerto ma una mano piccola e fredda si posò sulla sua spalla e lo invitò a girarsi. "Vieni, andiamo un po' fuori. Ci farà bene un po' di sole". Uscirono nei giardini della villa. Draco era a disagio e non sapeva perché effettivamente l'avesse seguita, stava in piedi rigido e con la camicia lunga azzurra che lo fasciava stretto, di contro Artemisia fece un paio di passi più avanti, trovò un angolo assolato e da un momento all'altro si gettò a terra seduta. In quel breve frangente perse tutti gli anni in più che ingiustamente si portava e fece nascere un leggero sorriso suo volto del ragazzo che la riconobbe come sua compagna.
"Siediti anche tu", "No grazie, preferisco stare in piedi", "Fa come vuoi". Alle sue parole seguì un impercettibile movimento della mano e al posto delle loro voci chiunque passasse sentì solo un leggero ronzio.
"So che non è quello che volevi, credo sia una specie di punizione per tuo padre", "Ma come ti permetti, è tutta la vita che aspetto questo momento, sono onorato di aver preso il marchio", si mise lui sulla difensiva. "Non ci credi neanche tu a quello che dici", decretò Artemisia con una fermezza tale da farlo tentennare.
"Io... forse non era così che volevo accadesse, ecco, e poi..." ma si interruppe, l'informazione che stava per darle era riservatissima e non era sicuro di potergliela dare.
Artemisia aveva già vissuto il nervosismo di Bellatrix nei giorni precedenti, e quando non era stabile diventava evidente dal suo modo di combattere quindi era certa che qualcosa non andasse, vedere Draco in quelle condizioni glielo confermava soltanto. Collegando qualche nozione di storia della magia poteva sospettare cosa stesse succedendo.
"Sai da quando sono entrata tra i mangiamorte mi sono impegnata molto e ho affrontato già molte missioni affiancata da compagni più grandi, ho paura che tra poco mi verrà affidato qualcosa da compiere da sola ma non so se ne sarò all'altezza". Vide il ragazzo soppesare le sue parole e rimanere lungamente in silenzio a osservare un punto sul prato non distante da lei, sembrava stesse per dirle qualcosa ma alla fine cambiò idea.
"Sei brava e hai zia a guidarti, non devi temere nulla" e così dicendo se ne andò lasciandola sola sul prato.
Nei giorni successivi Draco ripensò spesso allo sguardo preoccupato di Artemisia e iniziò a considerarla l'unica persona lì dentro che potesse davvero capire la sua situazione, forse era l'essere praticamente coetanei che lo portava a pensarla così. Passava molto tempo nella biblioteca della villa, che ospitava moltissimi libri oscuri perfetti per il suo problema. Studiava incantesimi e pozioni che potessero essergli utili e se li annotava su pergamene interminabili, gli sembrava impossibile affrontare Silente in uno scontro frontale e soprattutto non se la sentiva di ucciderlo davanti ai propri occhi, quindi una maledizione o una pozione che potessero agire a distanza gli sembravano la scelta più conveniente, l'unico problema era che tutto ciò che trovava gli sembrava fuori dalla sua portata.
"Zia Bella io ho qualche idea ma non so come posso fare da solo, avrei bisogno di qualcuno che mi aiutasse, rischio di essere scoperto mentre sto ad Hogwarts". Stavano nuovamente discutendo della missione, Bellatrix infatti voleva sapere se vi fossero stati sviluppi ma era delusa dagli inesistenti passi avanti del nipote. "Questo non è possibile Draco, il Signore Oscuro è stato chiaro", "Lo so ma...", "Ma cosa, Draco?!" la sua espressione era allucinata ed era furibonda per quell'insistenza.
"Ma... pensavo che, Artemisia, ecco lei in quanto tua protetta potrebbe sapere, potrebbe aiutarmi dall'esterno. Lei..." balbettava mentre cercava di far valere la propria idea con molta incertezza.
Bellatrix al nome della sua nuova pupilla sbarrò gli occhi e poi parve soppesare la proposta, si fidava abbastanza di quella ragazzina.
"A cosa dovrebbe servirti?" chiese circospetta. Draco allungò un pezzetto di pergamena con annotati sopra degli incantesimi e delle pozioni.
"Questi... se sa fare questi..."
Draco fu congedato e Narcissa, che aveva assistito a tutta quella discussione in silenzio, seduta in poltrona, si sollevò risoluta: "Non erano questi gli ordini. Se tu puoi coinvolgere la ragazzina allora io posso chiedere aiuto a Severus"
Il pomeriggio successivo Artemisia si trovava in laboratorio, aveva ceduto alla tentazione di risentirlo: l'odore di Severus. Quando aveva volato abbracciata a lui, per un istante il vento freddo della Jacuzia le aveva portato il suo profumo nelle narici e lei non smetteva più di pensare a quel muschio e quella menta. Aveva quasi terminato, la pozione stava sobbollendo per gli ultimi minuti necessari e poi sarebbe stata pronta.
La porta si aprì e la chioma riccia di Bellatrix si stagliò sulla soglia. Artemisia ebbe un sussulto. "Mi cercavi?" chiese cordialmente.
"Devo parlarti" le rispose accomodandosi su una sedia. Stava scomposta, a cavalcioni tenendo gli avambracci sullo schienale.
"Ma cos'è questo odore?"
"Oh, la pozione che è quasi pronta", si affrettò a spegnere il fuoco e imbottigliarla in una piccola ampolla.
"Sembra metallico, quasi sangue" rifletteva la mangiamorte ad alta voce. La ragazza ebbe un fremito ghiacciato dietro la schiena e poi ghignò divertita. Bellatrix percepiva davvero un sentore di sangue.
"Non è niente di ché, volevo esercitarmi con qualcosa che no fosse troppo complesso. Comunque di cosa volevi parlarmi?", disse avvicinandosi all'altra rimanendo dritta in piedi. Bella le trasmetteva sempre una certa irrequietezza.
"Queste cose qui. Le sai fare?", le porse lo stesso bigliettino datole da Draco. Artemisia lo lesse accuratamente.
"Le conosco, ma non le ho mai eseguite. Bisogna uccidere qualcuno?", l'altra annuì con la testa.
"E non sarebbe più facile una maledizione senza perdono?", chiese sinceramente facendo sorridere malsanamente la più grande. "Tu ragioni come me. Ma mio nipote è un codardo" disse alzandosi in piedi stizzita.
"Draco deve uccidere qualcuno?", ecco la conferma che le serviva.
"Sì, ma se continua così non riuscirà mai a soddisfare i desideri del nostro Signore. È un debole, purtroppo ha preso troppo dal padre e troppo poco dalla madre", si rammaricò mentre comminava irrequieta per la stanza, poi all'improvviso arrestò il suo passo.
"Ti sto coinvolgendo in qualcosa di molto importante che potrebbe alzarti molto in alto, oppure farti cadere rovinosamente. Ma prima di dirti di più voglio sapere una cosa. Cosa senti nell'amortentia?"
Un campanello di allarme si attivò nella mente di Artemisia, e decise di mettersi immediatamente sulla difensiva: "Cosa ti interessa saperlo?". "Oh una ragazzina non prepara un filtro d'amore per caso. C'è tanto sentimentalismo alla tua età, e i sentimenti sono una debolezza. Se devi affiancare mio nipote non posso rischiare". Adesso la strega le girava intorno e lei si sentì braccata come quando si era trovata di fronte alla chimera.
"Mi sembra giusto". Estrasse la boccetta dalla tasca e annusò, si prese un attimo per riflettere poi rispose: "cannella, il profumo ai fiori di mia madre e vino rosso".
Lo disse sfidando apertamente l'altra con lo sguardo e nella sua mente alternò immagini riconducibili a quei tre elementi stando attenta a tratteggiare i profumi associati. La pressione sulle tempie si affievolì e in cuor suo tirò un sospiro di sollievo.
Draco si trovava catatonico nella sua stanza, steso nel grande letto a baldacchino. Era totalmente vestito, con l'abito che aveva indossato per tutta la giornata, e non trovava la forza si alzarsi. Sentì bussare alla porta e non rispose. Bussarono nuovamente e lo ignorò.
"Draco so che ci sei. Finiscila", la voce di Artemisia gli giunse alle orecchie come un medicinale e si sollevò per andarle ad aprire.
Appena lo sguardo teso della ragazza apparve da dietro la porta non ebbe il tempo di invitarla a entrare che lei era già in mezzo alla stanza, aveva sbarrato la porta e silenziato l'ambiente. "bella mi ha parlato. Mi ha spiegato tutto, la tua missione e le tue ridicole idee"
"Come scusa?" chiese offeso e frastornato.
"Hai capito bene. Non ti servirà a nulla quella lista, metterai solo in pericolo altre persone. Il compito è tuo e dovrai farlo tu, ma se lo riterrai necessario possiamo trovare il modo di far entrare altri mangiamorte ad Hogwarts", disse risoluta ma non convinse Draco che era ancora incerto, così continuò con la sua proposta: "Se la memoria non mi inganna- e veramente sperava non la ingannasse perché era argomento del programma di storia che aveva fatto quasi 3 anni prima quando era ancora nel suo tempo- c'è un armadio svanitore nella stanza delle Necessità, e ne ho visto uno identico da magie Sinister. Potremmo lavorarci insieme per farli funzionare, tu dalla scuola e io da qui".
Draco non si concentrò molto sulle sue parole quanto più sulla sua sicurezza. La invidiava e ammirava, era appena due anni più grande di lui e sembrava aver già vissuto una vita intera, aveva più maturità ed esperienza di quanta ne avesse mai vista in molti adulti che avevano frequentato Villa Mafoy quando lui era solo un bambino. Artemisia notò la sua distrazione e pensando fosse dovuta al timore cercò di rincuorarlo: ". "Ricordo come se fosse ieri la prima volta che ho ucciso, ho pianto molto dopo e mi sono sentita in colpa- gli rivelò- ma poi ho capito che ne andava della mia vita, che non avevo alternative. Anche per te è così Draco, non hai alternative, quindi quando sarà il momento non esitare, se ne avrai bisogno piangerai dopo"
Draco attingeva alle sue parole come se fossero un unguento che gli stava medicando l'anima, Artemisia era capace di dirgli esattamente quello che aveva bisogno di sentirsi dire. Sentì di avere finalmente qualcuno su cui poteva fare affidamento in quella tragica situazione.
Intanto lontano da Villa Malfoy Severus Piton era pensieroso e preoccupato: Narcissa Black si era presentata a casa sua stravolta chiedendogli di pronunciare un voto infrangibile che lo avrebbe legato alla protezione del figlioccio; Peter Minus viveva a casa sua da tutta l'estate e controllava ogni suo movimento per poi riferire al Signore Oscuro; Silente aveva chiesto il suo aiuto per una maledizione che lo avrebbe lentamente ucciso. Si trovava gravato più che mai dai suoi obblighi eppure non riusciva a smettere di pensare ad Artemisia, che si trovava chiusa in quella villa piena di mangiamorte, che ogni giorno entrava in contatto con magie sempre più oscure e potenti, e che prima o poi si sarebbe corrotta a sua volta o sarebbe morta per opporsi. Rivederla gli aveva ridato il respiro, si era accorto di aver sofferto la mancanza più di quanto pensasse e mantenere la distanza adeguata era stato difficile.
Ora era tornato ad Hogwarts, mancavano pochi giorni al rientro degli studenti e la sua quotidianità si sarebbe stabilizzata, sperava. Stava in piedi in mezzo alla stanza con un bicchiere di vino elfico in mano, camminava avanti e indietro lentamente non riuscendo a combattere i pensieri. Alla fine si decise e con la metropolvere raggiunse l'ufficio di Silente.
"Ragazzo, come mai questa visita inattesa?", lo accolse il preside che stava accarezzando Fanny sul suo trespolo.
"Ho bisogno di parlarti". "Dimmi pure"
Severus cercò le parole corrette ma alla fine parlò istintivamente: "Sono preoccupato e non capisco delle cose"
"Esprimimi i tuoi dubbi allora" lo sollecitò l'altro avvicinandosi per posargli affettuosamente una mano sulla spalla.
"Tu hai notizie di Artemisia? Comunichi con lei in qualche modo?" chiese con tono accusatorio sapendo già la risposta.
"Sarebbe pericoloso per tutti noi, soprattutto per lei, se si scoprisse che ha contatti al di fuori del maniero"
"E allora come fai a sapere che sta facendo le scelte giuste? Come fai a stare tranquillo?", era evidentemente irritato.
"Severus, sai qualcosa che io non so?" rispose Silente guardandolo eloquente e suscitando un sospiro amareggiato dall'altra parte.
"Girano voci, pare che sia diventata molto potente. Dicono abbia battuto Dolohov a duello, lo sai che non si batte un mangiamorte con incantesimi comuni, e adesso sarebbe passata sotto la supervisione di Bellatrix, l'ha richiesto lei personalmente"
"E queste sono solo voci?", indagò ulteriormente.
"No...", ammise, "l'ho incontrata due settimane fa... aveva una missione con Antonin che non ha saputo fare la sua parte. Avrebbe pagato le conseguenze del fallimento e sono intervenuto... So che non approvi! Tu e la mia copertura e non te l'ho detto proprio per questo. Ma ora non smetto di pensarci, ho paura che alla fine sarà tentata, corrotta dalla magia, succede a tutti Albus, nessuno escluso", spiegò alternando l'imbarazzo e il furore, si sentiva sballottato in ogni direzione possibile da sentimenti avversi.
Silente rifletté sulle sue parole poi parlò: "Quello che mi dici potrebbe essere preoccupante ma penso anche che parti da un assunto sbagliato", "Quale?", "La magia corrompe solo chi non ha altro a cui tendere ma se ho scelto lei per questo compito è perché sapevo che aveva già ciò che desiderava, la magia sarà un piacevole di più ma è te che ama, Severus. Più di chiunque altro dovresti sapere che l'amore è la magia più potente che esista"
Severus ebbe l'impulso di fare una battuta sarcastica, o fingere di vomitare, imbarazzato com'era dalle parole del preside. Eppure ci pensò molto. Artemisia lo amava così tanto? Prima di tutto lo amava ancora? Non aveva mai sentito il suo sguardo addosso né aveva letto un sentimento diverso dall'indifferenza quando si erano trovati faccia a faccia, eppure: "Pensavo che il mio incantesimo bastasse", "Non è il freddo, idiota", quel tremore sotto il suo tocco, non causato dal freddo. Forse aveva ragione Albus.
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