Capitolo 25
La voce che Artemisia avesse sconfitto Antonin in duello si diffuse in fretta al Maniero, tanto che quando incontrava qualcuno nei corridoi adesso veniva salutata con cortesia e deferenza, persino Narcissa era stata obbligata a essere ossequiosa con lei se non voleva dare nell'occhio. Eppure quelle attenzioni, per quanto piacevoli, la facevano sentire a disagio, con i riflettori puntati addosso quando, al contrario, avrebbe voluto rimanere invisibile. Adesso non poteva più permettersi neanche quei sospiri angosciati che si era concessa quando sperava nessuno la vedesse, avrebbe dovuto darne una spiegazione e non l'aveva. Era, agli occhi di tutti, più in alto di quanto meritasse e aspettavano un suo passo falso per farla cadere. Solo Bellatrix continuava a nutrire una sincera curiosità per lei, in qualche modo si rivedeva in quella giovanissima ragazza tanto potente in un mondo prettamente maschile e pericoloso. Antonin invece aveva deciso di sminuire la cosa, diceva di essersi fatto cogliere alla sprovvista perché l'aveva sottovalutata ma che in un altro scontro l'esito sarebbe stato diverso, eppure un altro duello non c'era stato,si era fermamente astenuto dal proporlo.
Adesso lei e Dolohov si allenavano più sulla forza fisica che si quella magica, ogni mattina andavano a correre, facevano mobilità, addominali, pesi, e talvolta si picchiavano alla babbana. Sfogavano entrambi una frustrazione repressa e sebbene ne uscissero pieni di tagli e lividi nessuno dei due si lamentava. Artemisia sospettava che Antonin non desiderasse in un suo miglioramento, e che stesse facendo di tutto per indebolirla, ma lei era autonoma. Quando rientrava nel pomeriggio nella sua stanza si esercitava con gli incantesimi e, soprattutto, aveva ricominciato a praticare la magia senza bacchetta, cosa su cui Dolohov non l'aveva mai fatta allenare neanche prima.
Decise di approfittare nel suo momento di popolarità per una richiesta. L'unica cosa che veramente desiderasse per passare il tempo.
"Bella" si rivolse alla Lestrange per intercedere.
"Ragazzina, ti serve qualche nuovo libro?", solitamente Artemisia la interpellava per quello.
Erano in mezzo alla sala, si erano incontrate per la colazione, e altri mangiamorte le stavano in torno fingendo di non prestare attenzione alla loro conversazione.
"No, in verità avevo una richiesta diversa" era titubante ma venne incalzata da un gesto stizzito della mano dell'altra
"Desidererei distillare qualche pozione, non so se c'è un laboratorio che posso usare"
L'espressione di Bellatrix fu stupita e poi divertita: "Ah, la cerebrale ha una passione per le pozioni? E io che credevo che Piton fosse un pessimo insegnante"
Artemisia deglutì sentendolo nominare: "Lo è, umanamente è pessimo. Purtroppo è anche molto bravo, e io sono solita attingere tutto il possibile da chi è migliore di me"
La strega più adulta parve soddisfatta da quella risposta e le sorrise scoprendo i suoi denti marci.
"Ti farò dare uno spazio da Cissy"
Anche quella mattina raggiunse Antonin in giardino sotto un albero per ripararsi dal sole. "Sei in ritardo sta mattina", "Non aveva così tanta fretta di vederti". Dolohov non apprezzò la sua risposta: "Ora stai zitta e inizia a correre, risparmia la magia per sta sera, ti servirà", e così dicendo iniziò a correre con un ritmo sostenuto, Artemisia gli andò subito dietro e chiese: "Perché che c'è sta sera?", "Una sorpresa per te", le rispose sorridendole malignamente. Artemisia stava per indagare ancora quando dalla bacchetta del compagno scaturirono delle scintille che la fecero inciampare e cadere in avanti. Grazie ai riflessi allenati però riuscì a mettere le mani avanti e attutire la caduta con una capriola in avanti alla fine della quale si ritrovò nuovamente in piedi, estrasse rapidamente la bacchetta pronta a vendicarsi di quello scherzo ma Dolohov la disarmò in fretta. "Ho detto niente magia per oggi", la canzonò accompagnando le sue parole con i gesti delle mani. Il resto della mattinata fu esasperante, Artemisia cercava di allenarsi in pace mentre l'altro, che le aveva sottratto la bacchetta, la vessava con incantesimi stupidi e che la rallentavano. Alla fine si sollevò inviperita dopo che era caduta faccia a terra, a causa dell'ennesimo incantesimo, mentre faceva i piegamenti e con un rapido movimento delle mani strappò ad Antonin la bacchetta e lo sbalzò di lato contro il tronco di un albero. "Vediamo se la smetti adesso, io me ne vado a pranzo", lo apostrofò voltandosi e andandosene.
Dopo pranzo si ritrovò accostata da Bellatrix: "Ho fatto come mi hai chiesto, ala ovest, terzo piano, hai una stanza tutta per te già allestita. Poi usarla da subito"
"Grazie Bella!" la sua reazione fu sinceramente entusiasta e fece voltare qualcuno verso di loro, poi le venne in mente un'altra cosa: "Sai cosa ha Antonin in serbo per me sta sera?"
La strega si guardò intorno circospetta: "Non posso parlarne apertamente ma ti posso dire che avrai bisogno di molta magia e un mantello caldo".
Con più dubbi che certezze Artemisia si allontanò dirigendosi alla ricerca del suo nuovo laboratorio. Lo trovò in poco, era una stanza decisamente spartana, nulla alle pareti se non una libreria i cui ripiani erano ricoperti di ingredienti per pozioni. Si avvicinò per studiarli meglio e con suo rammarico notò che erano abbastanza comuni, aveva sperato in qualcosa di più dalla famiglia Malfoy. In mezzo alla stanza c'erano due fuochi e un'isola rettangolare, non molto spaziosa rispetto a quello a cui era abituata. Non era più entusiasta come prima ma non voleva demordere, almeno avrebbe potuto riempire i pomeriggi in modo nuovo.
Si mise all'opera. Voleva distillare qualcosa che fosse utile: rimpolpasangue, rinvigorente, essenza di dittamo, qualche antidoto. Qualsiasi cosa potesse esserle utile, invece con gesti distratti delle mani appellava ingredienti senza pensarci troppo e quando li guardò più attentamente scoprì di aver richiamato tutto l'ooccorrente per fare l'amortentia. Si adombrò, un filtro d'amore, ho a disposizione un laboratorio e penso a fare un filtro d'amore. Si toccò nervosamente i capelli che oramai si erano allungati fino a metà schiena, non li tagliava da talmente tanto tempo...
Ci pensò su attentamente, sapeva già quale sarebbe stato il risultato di quella pozione, la stanza si sarebbe riempita del suo odore e nessuno tranne lei avrebbe potuto sentirlo. La distanza l'avrebbe colta in fallo con violenza e lei sarebbe caduta nello sconforto. Non era veramente il momento, non poteva permetterselo ora, dopo più di un mese senza sue notizie, ora che era al massimo della sua visibilità in quella villa fredda e infida. Non era proprio il momento.
Lasciò il laboratorio senza iniziare nessuna preparazione, anche solo distillare qualcosa la riportava inevitabilmente a lui.
Si fece sera e Artemisia aveva lasciato la sua stanza solo quando aveva iniziato a percepire il suono delle smaterializzazioni, erano troppe per essere una cosa comune. Scese in giardino trovando diverse figure, incappucciate di nero e con le maschere argentee in volto, che si ripulivano i mantelli ed attraversavano l'ingresso non degnando di un saluto Narcissa in piedi di fianco alla porta. Poi un'ultima smaterializzazione attrasse la sua attenzione, un ultimo mangiamorte che era giunto al maniero, irriconoscibile come tutti gli altri. Artemisia lo attese sebbene Belletrix l'avesse raggiunta e le stesse toccando insistentemente la spalla per richiamare la sua attenzione. "Muoviamoci, ci aspetta" le ringhiò contro con impazienza. E si dovette per forza muovere da lì, rientrare mentre l'uomo che aveva il passo spedito le affiancava e superava.
""Bella" fu l'unico saluto che rivolse ma da quella semplice parola, sputata fuori con disgusto, Artemisia riconobbe l'uomo sotto la maschera.
Bellatrix e Artemisia entrarono per ultime. Tre posti liberi, due ai lati del signore oscuro, uno in mezzo di fianco a Dolohov. La ragazza fece per dirigersi di fianco al suo "partner" ma la mano salda della strega sulla spalla la trattenne e la condusse con sé al vertice del tavolo.
"Fatele posto" ordinò alla fila di sinistra, dove la prima persona a occupare il posto era Yaxlei.
"Si può sapere che diavolo fai, Bellatrix?", sbraitò Dolohov vedendosi sottrarre la sua discepola. "Siede qui di fianco a me stasera, Antonin", per tutti era un segno forte, i posti a quel tavolo riflettevano la gerarchia interna alla cerchia
"Non retrocederò per dare il posto a una stupida ragazzina" inorridì il politico.
"Dovrai farlo, il Signore Oscuro lo ha approvato"
Intanto Piton si era seduto al posto di fronte e si era tolto la maschera. Osservava la scena con curiosità e in cuor suo, guardando la ragazza, pensava: chi stai diventando?
Tutti al tavolo dovettero rassegnarsi a quella riassegnazione dei posti e così, subito dopo Piton e Bellatrix la gerarchia vedeva affermarsi Artemisia con di fronte Narcissa.
Quando il Signore Oscuro giunse tutti tacquero e la riunione ebbe inizio. La prima parte vide Yaxlei e altri mangiamorte con posti di rilievo del ministero portare notizioe riguardo il clima di tensione e sospetto che si respirava negli uffici e i continui controllo degli auror. Tutti ascoltavano in silenzio con lo sguardo basso e, annoiato da quelle chiacchiere, Severus si focalizzò nuovamente su di lei.
Gli stava quasi di fronte, gli occhi sulla tavola e si rammaricò di non poterne apprezzare il verde scuro ma le ciglia creavano suggestive ombre sugli zigomi. Aveva i capelli più lunghi di quando si erano detti addio, il viso più magro, ma le braccia erano forti, quindi non era un problema di peso ma di oscurità, era quella a trasformarle il volto rendendoglielo più spigoloso e tagliente. La magia cambiava i maghi e le streghe in tutto, anche nell'aspetto.
Aveva sentito parlare tanto di lei in quell'ultima settimana, da quando si diceva avesse battuto Antonin. Eppure lui lo conosceva, non poteva essere stato un duello leale, come quelli che aveva combattuto lui con la ragazza. Aveva usato la magia oscura e per batterlo doveva averla usata anche lei. Ne era spaventato. Artemisia poteva aver retto al fascino e alla corruzione di quel mondo? O poteva farlo ancora a lungo?
I suoi pensieri vennero interrotti dal Signore Oscuro che stava, con voce sibilante, chiamando a sé un tremante Draco Malfoy. Il ragazzo che era stato fino a quel momento appoggiato al muro in fondo alla sala fu costretto ad avanzare. Sollevò gli occhi sul posto di Piton, quello che era stato di suo padre e che ora era occupato dal padrino che odiava per questo. Prese il marchio, senza troppe cerimonie, e andò a prendere posto all'altro capo della tavola, come ultimo anello della catena.
L'incontro sembrava essersi concluso quando Antonin si alzò in piedi chiedendo la parola: "Mio signore, abbiamo ricevuto notizie sulla posizione del traditore Karkaroff, pare si trovi in Siberia", sul volto di Voldemort si spalancò un sorriso di gioia perversa. "Sarei disposto a partire sta notte, accompagnato da Artemisia, e portarglielo entro domani mattina, se lei acconsentisse", "Hai il mio consenso, desidero avere il traditore qui da molto tempo". Così Artemisia ed Antonin ebbero il permesso di lasciare la sala e organizzarsi per la partenza. Si rividero dopo mezz'ora all'esterno della villa. "Muoviamoci, sto morendo di caldo, dove dobbiamo arrivare?" chiese Artemisia che aveva indosso il suo pesante mantello di pelle di drago, "In Jacuzia", "E come ci arriviamo senza una passa-porta?!", "Sei tu la cerebrale". Artemisia si soffermò un attimo a pensare alle infinite nozioni che aveva assorbito in quelle settimane e all'improvviso sbarrò gli occhi: "tu sei pazzo, io no lo faccio, se qualcosa andasse storto?", "Se ti concentri possiamo sicuramente farlo, ti rivelo che è la prima volta anche per me", quelle parole non furono rassicuranti. In quel momento il portone d'ingresso si aprì e la villa iniziò a svuotarsi degli ospiti. Artemisia ed Antonin erano laterali, in un punto più tranquillo del giardino ma attirarono comunque gli sguardi dei curiosi.
"Va bene- sospirò la ragazza- ci provo", diede fuoco a un ramoscello di vite strappato a una delle piante che crescevano nel terreno della villa, questo bruciò per alcuni istanti illuminandole il viso di una luce calda e intensa, poi la fiamma si spense e con il ramo carbonizzato si avvicinò a uno dei candidi muri bianchi. Intanto i presenti la osservavano interessati e tra loro uno più di tutti era attento, nascosto dietro la maschera argentata.
Artemisia allungò in braccio steso al di sopra della testa e lo usò come un compasso facendolo ruotare, tracciò una circonferenza nera e abbastanza precisa, poi iniziò a disegnare delle rune, una al vertice, due a mezza altezza e due alla base, delimitando idealmente una stella a cinque punte. Fece un paio di passi indietro e si affiancò ad Antonin che le mise una mano sulla spalla, in verità era spaventato quanto lei.
Iniziarono, dapprima sommessamente, poi con più sicurezza a cantilenare una formula in latino, era abbastanza lunga e difficile da ricordare inoltre era necessaria una certa concentrazione per rimanere sincronizzati e non lasciarsi distrarre dalla voce dell'altro. Entrambi quasi persero il ritmo quando iniziarono ad avvertire una forza che partiva dalla pianta dei piedi e risalendo si espandeva attraverso i loro corpi. Questa energia giunse infine alle loro mani e si incanalò nelle bacchette ma la sensazione non era positiva. Le rune iniziarono a macchiarsi di un liquido denso e nero e l'intera circonferenza tracciata in precedenza fu ricoperta di una patina scura e viscosa. Sembrava star funzionando fin quando Antonin cacciò un urlo disumano, la bacchetta gli sfuggì di mano e rovinò a terra spaccata in due lungo tutta la lunghezza. In quel momento la magia di interruppe e Artemisia si ritrovò sconfitta e ansimante.
Nonostante la strana reazione l'altro stava bene ma era bianco in volto e mormorava: "è la volta che mi ammazza, se non glielo porto mi ammazza, che idiota". Artemisia capiva benissimo, avevano assicurato una cosa all'Oscuro e se questa non fosse stata adempiuta la sua reazione sarebbe stata tremenda, tremava anche lei al pensiero. "Ci posso provare da sola", disse più a sé stessa che ad altri. Dolohov si sollevò furente, col viso contratto dalla disperazione: "Cosa vuoi fare da sola, stupida strega! Non ci siamo riusciti in due e tu vuoi farlo da sola?! Come ho potuto pensare di affidarmi a una ragazzina debole" iniziò ad urlarle contro causando l'ilarità di qualche mangiamorte. Artemisia non ebbe il coraggio di ribattere di fronte a tutti i suoi compagni schierati per umiliarla. Eccola lì, dietro l'angolo, la sua caduta dall'alto.
"Mi pare, tuttavia, che sia stata la tua bacchetta a cedere, vero Antonin?", una bassa voce melliflua venne dai margini del gruppo di osservatori. Una voce ben riconoscibile che anticipò il suo proprietario che avanzava sull'erba con passo lento, il mantello al seguito. Severus Piton fronteggiò Dolohov e gli rivolse un'occhiata disgustata. "Senza bacchetta sei inutile, accontenterò io i desideri del nostro Signore". Antonin avrebbe voluto ribattere ma Piton si voltò verso Artemisia e non ci fu più nulla di cui discutere: "Carter, riponi la bacchetta". Artemisia obbedì subito a quell'ordine continuando a osservare Piton senza riuscire a metterlo veramente a fuoco. Si era manifestato dal nulla, nel momento di maggiore difficoltà, pronto ad evitarle le conseguenze di quel fallimento, eppure le prime parole che le rivolgeva erano talmente distanti e fredde che dubitava lui lo facesse per un motivo diverso dall'umiliare Antonin e mettersi in mostra. Si destò da quei pensieri solo quando sentì l'altro iniziare a intonare la formula, si affrettò a imitarlo e notò che anche lui aveva posato la bacchetta e ora teneva le mani rilassate lungo i fianchi.
Dopo un paio di ripetizioni di quella cantilena l'effetto che ottennero fu lo stesso: il disegno tracciato si riempì del denso liquido nero e iniziò ad agitarsi. La forza che prima aveva avvertito si ripresentò con la stessa violenza e raggiunse le punte delle dita di entrambe le mani, la sensazione che ebbe sta volta fu di maggiore controllo, vide Piton stendere le braccia in avanti per poi assecondare il movimento vorticoso del liquido, lo imitò. La melma nera si agitava in spirali all'interno della circonferenza rendendo impossibile a qualsiasi osservatore registrarne i movimenti, poi all'improvviso si quietò in un'immobile lucida lastra nera. Artemisia e Piton smisero di recitare la formula sospirando affannati. "È fatto?" chiese speranzosa, le rispose con un semplice cenno del capo, così si avvicinarono. "Passo prima io, potrebbe essere pericoloso al di là del portale" le disse con tono basso lui, "Va bene" gli sussurrò di rimando e lo vide sparire oltre la coltre nera.
Nonostante fosse fine luglio la temperatura quella notte in Jacuzia era di 8 gradi. Artemisia ringraziò di essersi vestita così pesante e si affiancò a Piton che scrutava l'orizzonte sterminato della taiga, un lago si affacciava ai loro occhi e si estendeva per diversi kilomentri quadrati. "Antonin ha detto che dovrebbe esserci una baita sulle sponde del lago" disse Artemisia tremando. "Non poteva essere più preciso" rispose sarcasticamente Piton lanciandole contro un incantesimo riscaldante. Camminarono per almeno due ore lungo la riva sud-ovest del lago ma più camminavano più questo sembrava estendersi e della baita non c'era l'ombra. Non si erano rivolti la parola per tutto il tragitto, Piton cercava di mantenere il maggiore distacco possibile eppure non era semplice. Non si vedevano da più di un mese, impossibilitati a mandarsi gufi o a comunicare in altro modo. Di tanto in tanto le lanciava un'occhiata: era tesa in volto e la postura rigida, il passo deciso.
"Fermati" le disse perentorio all'improvviso, lei si arrestò e si voltò a guardarlo interdetta. Anche lei a sua volta tentava di rimanere distaccata, riteneva fosse meglio per entrambi, così si erano detti l'ultima volta, eppure ogni volta che lo sentiva parlare o che lo guardava le usciva quasi in un sussurro: Severus, ma ricacciava questo riflesso, serrava le labbra in una linea stretta che ricordava l'espressione contrariata della professoressa McGranitt, e lo ascoltava.
"Non possiamo andare avanti così, da questa prospettiva non troveremo mai ciò che cerchiamo", "E cosa proponi? Se non l'avessi notato siamo in mezzo al nulla della Siberia, non abbiamo scope o qualsiasi alta cosa possa portarci a un'altezza elevata" gli disse con una certa dose di acidità.
"Sarebbe rilevante che io sia l'unico mangiamorte a cui l'Oscuro ha insegnato a volare", le rispose con lo stesso sarcasmo Piton. Artemisia rimase senza parole ad osservarlo, sapeva che Voldemort avesse quell'incredibile abilità ma pensava l'avesse conservata gelosamente.
"Si ma io non lo so fare" disse infine infastidita senza trovare altro di cui lamentarsi. Piton sbuffò sonoramente creando una nube di vapore acqueo intorno al suo viso, le si avvicinò causandole un momentaneo arresto cardiaco e le avvolse le mani intorno ai fianchi. La reazione della ragazza fu un tremore incontrollabile che fece sorridere il mago più grande "Pensavo che il mio incantesimo bastasse", "Non è il freddo, idiota" si concesse di dirgli suscitandogli un leggero sorriso, e un attimo dopo una nube nera li avvolse e si sollevarono diversi metro sopra il lago. "Ecco lì, noti quello scintillio?" le indicò un punto sulla sponda opposta e diverse centinaia di metri più a nord, "Sì! È un incantesimo di disillusione vero?", "Fatto molto male". In pochi attimi furono a terra, si disillusero a loro volta e si avvicinarono al punto identificato poco prima. Lì Severus agitò la bacchetta e finalmente apparve davanti ai loro occhi una catapecchia di legno.
Erano le 2 e 53 quando Artemisia e Piton varcarono di nuovo il portale trascinandosi dietro una figura ricurva e tremante. Non si riusciva a vederne il volto, coperto da lunghi capelli incrostati di fango e ghiaccio e una lunga barba incolta, tremava e gemeva di dolore a ogni passo e spesso inciampava nella lunga veste da mago. Appena li vide Antonin Dolohov gli andò incontro rincuorato: "Siete qui finalmente, il Signore Oscuro è impaziente", a sentirlo nominare un urlo disperato spezzò i lamenti e seguirono i singhiozzi: "UCCIDETEMI! VI PREGO, UCCIDETEMI!". Artemisia osservava di sfuggita le reazioni di Piton, quello che stavano condannando a morte era comunque un suo vecchio amico, ma non vi fu nessun cambio di espressione o manifestazione di disagio. Invidiava quell'autocontrollo che se lei stessa fosse riuscita ad avere l'avrebbe fatta sentire molto più sicura in quella villa piena di mangiamorte.
"Allora entriamo, veloci!" richiamò l'attenzione dei due uomini e fece strada verso la sala principale. Bussò e varcò le pesanti porte di legno che cigolarono in maniera sinistra, Voldemort si trovava seduto dove lo avevano lasciato e Nagini si era avvolta sulla tavola in molteplici spirali. Dormiva ma avvertendo la presenza di altre persone aprì pigramente un occhio e quando individuò il catturato tirò su la testa e assaggiò l'aria ripetutamente con la sottile lingua biforcuta, sembrava entusiasta.
"Severus devo ringraziarti, come sempre il tuo intervento è stato fondamentale. Questi due devono a te la loro mancata punizione". I tre mangiamorte si inginocchiarono non appena furono entrati trascinando con forza anche Karkaroff a terra che sbatte le ginocchia con un rumore sordo. In seguito alle parole del mago oscuro solo Piton ricevette segno di alzarsi e gli altri rimasero a prostrarsi non osando neanche alzare lo sguardo. "Purtroppo, mio signore, quando si intraprende una missione in coppia bisognerebbe assicurarsi che il compagno sia all'altezza delle proprie capacità", "Devo dedurre che Artemisia ti eguagli?" una risata bassa e gutturale, irridente, scaturì dalle labbra di Piton, "No di certo, ma supera ampiamente Antonin". Artemisia non seppe se sentirsi offesa da quella risata o lusingata dal complimento, di sicuro era in una situazione migliore di Dolohov che da quella notte ne usciva umiliato. "Si... devo riconoscere che la ragazza continua a confermare le aspettative, e sta notte mi ha reso un importante servizio. È per questo che da domani sarà affiancata da Bellatrix"
Piton inarcò entrambe le sopracciglia in segno di stupore e si azzardò a chiedere: "Bella, mio Signore?". "Si, Severus. È stata una sua richiesta, ritiene che Antonin non sia più sufficiente e che, anzi, limiti le capacità di Artemisia"
I due mangiamorte rimasti a terra ascoltavano con attenzione e la ragazza non potè fare a meno di sentirsi soddisfatta. Di fianco a loro Karkaroff taceva nella speranza che si dimenticassero di lui, ma ciò non poteva accadere: "Il più infimo dei traditori è finalmente qui davanti a me, mostrami il marchio", e sotto l'influsso dell'incanto imperius l'uomo si sollevò da terra e scoprì l'avambraccio sinistro.
Per la mezz'ora successiva nella villa rimbombarono solo le urla e i lamenti di un uomo spezzato dalla maledizione cruciatus.
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