Capitolo 20

Camminava spedita al limitare della foresta. I suoi passi scandivano il tempo e spezzavano il silenzio. Era pomeriggio inoltrato, le lezioni erano finite da tempo, ma nessuno era fuori a godersi l'aria fresca perché sul castello grava un'opprimente realtà.

Nessuno osava mettere piede fuori dalle proprie stanze, ed è per questo che non aveva avuto nessun problema a uscire già vestita dei suoi abiti gotici che aveva imparato ad apprezzare. Arrivò al punto di smaterializzazione e sparì.

Con un movimento della bacchetta annullò le difese di villa Malfoy ed entrò. Lucius preoccupato per quello strano movimento di magia si affacciò alla porta e parve stupito di vederla lì.

"Devo vedere il signore Oscuro. Fammi annunciare"

"In realtà-"

"Muoviti Lucius! È importante"

Arrivarono davanti alla porta del salone. Un uomo basso e brutto, con una fisionomia che le ricordava incredibilmente quella di un ratto, stava lì davanti.

"Codaliscia, informa il signore oscuro della presenza della signorina Carter" ordinò il padrone di casa e l'uomo dopo aver bussato con una mano che sembrava fosse di ferro, ma Artemisia non ne era affatto sicura, entrò.

La ragazza aspettò di sentire Voldemort invitarla ad entrare, prima di farsi avanti. Appena fu al cospetto del signore oscuro notò una persona di spalle. Non ci si soffermò e si inginocchiò con lo sguardo basso

"Mi perdoni mio Signore per il modo in cui mi sono presentata qui, ma la notizia che porto non poteva aspettare". Voldemort soppesò a lungo quelle scuse. Essere interrotto gli aveva recato un terribile fastidio, ma vedendola prostrarsi così ai suoi piedi si compiacque. E quando Artemisia ormai temeva che sarebbe stata punita lui la invitò ad alzarsi.

Fu una sorpresa per lei ritrovarsi Severus davanti che la squadrava da capo a piedi con un'espressione illeggibile.

"Posso immaginare quale sia la tua informazione, Severus è arrivato prima di te"

"Sono venuta appena ho saputo, ma il professor Piton deve esserne stato informato prima" si spiegò cogliendo l'evidente rimprovero e sentendo la tensione salire.

"Ero presente Carter, a differenza tua" l'apostrofò lui provocandole un sincero sgomento che seppe nascondere bene dietro un'espressione di stizza. Stava cercando di farla cruciare?

"Silenzio!" quasi urlò il Signore Oscuro spazientito. "Severus, cosa mi stavi dicendo prima che fossimo interrotti?" chiese, riportando la conversazione su ciò che lo interessava.

"Ecco... il Ministro della Magia è venuto a sapere di questo "Esercito di Silente" e l'ha interpretato come un tentativo di Silente stesso di compiere un colpo di stato e impadronirsi del ministero. Viste le circostanze il preside ha deciso di non consegnarsi e sparire davanti agli occhi di Caramel e dei suoi funzionari"

"Quindi Silente è libero, ma d'altra parte ora la scuola non è più protetta da lui e tanto meno il ragazzo"

Il mago oscuro si immerse per alcuni minuti in un filo di pensieri solo suo e quando vi riemerse era animato da un nuovo piano. "Vai pure Severus"

L'insegnante chinò il capo e solo per un attimo guardò Artemisia preoccupato, poi uscì dalla sala diretto al castello.

La ragazza invece rimase lì, al cospetto di Voldemort, che ne studiava i movimenti e le reazioni.

"Tu e Severus non andate d'accordo" affermò, rievocando la risposta scostante di poco prima.

"Non molto, il professor Piton tende a sminuire ogni suo studente" mentì, assecondando la versione che Silente aveva deciso per loro, il suo tono sprezzante parve convincere l'altro che non aveva motivo di dubitare.

"Per una ragazza così orgogliosa e piena di talento come te dev'essere un insulto" disse con voce melliflua. Artemisia non fu affatto rassicurata da quel tono e temeva ancora che sarebbe stata punita per la sua interruzione. Quando vide il serpente di Voldemort strisciare intorno ai piedi del trono, e sibilare, ebbe un fremito di paura.

"Può essere frustrante", mantenne il solito tono freddo e ponderato.

"Che rapporto ha con Silente?" le chiese quasi a bruciapelo.

"Lo rispetta e teme come qualunque mago cosciente farebbe ma, personalmente, non li ho mai visti trattenersi in conversazioni amichevoli o non pertinenti alla scuola. Silente si fida di lui ciecamente in quanto è uno dei suoi insegnanti migliori"

Voldemort parve ponderare su quelle parole, per poi guardarla con i suoi occhi rossi da serpente.

"Puoi andare" sibilò.

Lei chinò il capo e abbandonò la sala, tirando un sospiro di sollievo. Una volta chiusa la porta fece per avviarsi all'ingresso ma Lucius la chiamò:

"Artemisia, mia cara, ti spiace se ti rubo un attimo di tempo?"

Lei gli sorrise accondiscendente: "Assolutamente, è sempre un piacere passare del tempo in tua compagnia"

"Perfetto perché ho qualcosa per te, vieni" le porse il braccio e lei glielo cinse quasi per un riflesso. La guidò in una stanza lungo il corridoio, quando furono dentro si rese conto che era allestita come palestra per duelli.

"Qui è dove farai pratica una volta iniziate le nostre lezioni, ma non è questo che volevo farti vedere" la portò fino a un tavolo che si trovava addossato alla parete

Appena Artemisia vide ciò che c'era sopra rimase stupefatta.

Una maschera in argento spiccava su tutto il resto, le proporzioni armoniose e i bassorilievi delicati la rendevano unica, era decisamente troppo bella per essere simbolo di qualcosa così marcio e malato.

"Lucius è stupenda"

"Sei una delle poche di cui non si conosce l'identità, c'è voluto solo un po' per farla forgiare. Provala"

Appena si appoggiò la maschera al viso quella si adattò alla perfezione.

Lucius la osservava ammirato, attraverso i fori gli occhi verdi risaltavano come due fari. In un movimento della bacchetta l'oggetto sparì, scoprendole il volto.

"C'è anche un porta-bacchetta, molto comodo durante i combattimenti, e poi ho notato che usi i mantelli, così mi sono permesso di prendertene uno a mio gusto. Spero ti piaccia"

Artemisia prese il mantellò e lo aprì davanti a lei: era in un pesante tessuto nero, le rifiniture erano in argento e l'interno era in pelle di Nero delle Ebridi.

"Non so neanche come ringraziarti, è bellissimo, avrai speso un patrimonio"

"Meno male che dispongo sia di quello dei Malfoy che dei Black allora"

Parlare con Lucius le aveva fatto stranamente bene, aveva allentato la tensione a cui era stata sottoposta, ma una volta uscita da Villa Malfoy fu sopraffatta di nuovo dall'inquietudine. Si smaterializzò e il vuoto allo stomaco unito a tutte le sue emozioni negative resero l'esperienza peggiore del solito.

Sobbalzò quando trovò Piton ad aspettarla appoggiato a un muro. La guardava mortalmente serio e lei da parte sua non fu calorosa. Senza dire una parola si immersero nel bosco confinante e si avviarono verso il castello. Quando giunsero a una radura, però, Piton si fermò.

"Che ci facevi lì?" le chiese duramente

"La stessa cosa che facevi tu" rispose sulla difensiva

"Perché? Chi ti ha detto di farlo? Nessuno"

Quando l'aveva vista entrare nella sala era rimasto spiazzato, non si aspettava di vederla arrivare, non si aspettava quella presa di iniziativa, e non sapeva cosa l'avesse dettata. Ogni volta che la vedeva pensava che le avrebbe affidato la sua stessa vita, ma quel pomeriggio non era stato capace di leggerla, capirla dallo sguardo, e il fatto che l'oscuro l'avesse congedato molto prima di lei gli aveva insinuato dubbi che solo una persona circospetta come lui poteva porsi.

Si trovavano l'uno di fronte all'altra, separati da vari passi. Lui poggiato stancamente conto il tronco di un albero ostentando una particolare tranquillità e sicurezza, lei in mezzo allo spiazzo, dritta e orgogliosa, sulla difensiva ma senza subire gli attacchi che le arrivavano.

"Se non te lo ricordassi Silente mi ha chiesto di guadagnarmi la fiducia del signore oscuro, se non gli porto informazioni non vedo come dovrei farlo" disse a braccia conserte, guardandolo con arroganza

"Non puoi agire di testa tua, in assenza di Silente saresti dovuta venire da me"

"L'ho fatto ma tu non c'eri, perché invece, tu, non pensi mai di confrontarti con me, di rendermi partecipe"

"Ho sempre lavorato da solo e poi non ho chiesto io di avere una ragazzina a cui badare"

"È questo che pensi? Che sono un peso?"

"No, semplicemente-" iniziò a spiegare anche se aveva ben poco da dire

"Sinceramente mi sembra di star facendo tutto al meglio: sono diventata una mangiamorte in mezza serata, ho battuto Macnair, il signore oscuro mostra un minimo interesse nei miei confronti, e sto mentendo al mago più potente di tutti i tempi. Non credo di starti dando un solo motivo per non fidarti"

"Non c'è bisogno che mi riepiloghi quanto sei brava" le rispose acidamente causandole indignazione e delusione.

"Ma ti senti quando parli? Senti l'astio e la rabbia che impregna ogni parola? Io sono sicura, anzi, so, che non sono rivolti veramente a me...", nella sua testa si disse che in realtà lo sperava, perché in quel momento sapeva ben poco "... ma credo di non meritarmeli, non mi merito tutta questa rabbia"

Le lacrime avevano minacciato di traboccare ma si era costretta a mantenere la voce ferma e non piangere. Si sentiva profondamente ferita dalla sua mancanza di fiducia e la cattiveria gratuita che le stava dimostrando, quando lei era entrata nei mangiamorte solo per stargli affianco e aiutarlo con quel peso che insisteva per portare da solo.

Guardò Severus, aspettandosi una risposta, ma lui la osservava semplicemente dall'alto in basso senza un'espressione definita.

Il volto di Artemisia si turbò di sdegno, prima di voltarsi e inoltrarsi nel bosco, allontanandosi il più possibile da lui.

Camminando nella foresta diretta al castello ripensava alla situazione surreale in cui si era trovata. Come poteva Severus averle detto quelle cose? Come poteva dubitare di lei?

La cosa che la faceva arrabbiare di più era che lui non si fosse minimamente accorto della paura che aveva provato, e che aveva ignorato pur di mantenere un certo contegno. Se ripensava che l'aveva pure protetto quando Voldemort le aveva chiesto informazioni si sentiva ancora più stupida.

Le parole che le aveva detto nell'aula di pozioni, o al lago, sembravano un tempo lontano e separato da tutto il resto. Glielo aveva detto raramente ma lo amava, era tutto complicato con lui, un continuo di alti e bassi, e per lei che con Eva aveva vissuto una relazione relativamente semplice e priva di incertezze, non era facile. Ma lei amava anche quelle difficoltà, ed era questo a descrivere un sentimento ancora più vero.

Amava il carattere di Severus, la sua ironia tagliente, il suo sarcasmo, il cinismo. Amava la sua cultura, le sue conoscenze, l'intelligenza, l'acume, la passione per i libri. Amava le sue labbra sottili, i lunghi silenzi, le parole non dette e quelle dette al momento giusto, il viso spigoloso. Amava l'inquietudine, il caos, il potere, la malinconia che i suoi occhi infondevano e comunicavano quando ti ci perdevi dentro. Le piaceva pensare che solo riferiti a lei potesse vederci tenerezza, affetto, forse amore.

Ma questo amore adesso dov'era? Dov'era quando le aveva detto che era un peso? Quando l'aveva esposta all'Oscuro? Glielo aveva mai dimostrato quell'amore?

Effettivamente, le aveva mai detto di amarla? No

A mano a mano che camminava si rendeva conto che la strada si faceva più buia, il sole stava ormai calando. Accelerò il passo, doveva sbrigarsi a spostarsi in una zona più limitrofa della foresta. Estrasse la bacchetta dal fodero che le aveva regalato Lucius e con un incantesimo illuminò la strada da percorrere.

Crack

Si fermò, un rumore di passi e di rami spezzati poco distanti la misero in allerta. Tutto il suo corpo era in tensione e le orecchie cercavano di captare ogni rumore, affievolì la luce della bacchetta fino a spegnerla.

Crack

Si voltò, il suono proveniva ora dalle sue spalle. Sembrava girarle intorno, lentamente. Qualunque cosa fosse percepiva la sua paura.

Tentò di smaterializzarsi ma non vi riuscì, era ormai nei confini di Hogwarts. Il primo istinto allora fu di fuggire il più velocemente possibile, ma non ebbe neanche il tempo di ricredersi.

Una bestia, di quelle che si vedono solo nei libri, balzò verso di lei ruggendo e ringhiando pericolosamente. Lei si ritrasse giusto in tempo, evitando un'artigliata che probabilmente le sarebbe stata fatale.

Dopo quell'attacco a sorpresa fallito l'animale si mise sulla difensiva, pronto a sferrare un secondo attacco ma attento a qualsiasi movimento della sua preda.

Spaventatissima ma sostentata dall'adrenalina Artemisia sollevò la bacchetta pronta allo scontro.

La creatura aveva testa e corpo leonini, una seconda testa fuoriusciva dalla schiena dell'animale con fattezze di capra, e la coda, lunga e sinuosa pareva muoversi di propria volontà inarcandosi e attorcigliandosi intorno all'itera lunghezza del corpo, terminando poi con una testa di serpe.

Per quel che ne sapesse solo una persona aveva sconfitto una chimera ed era morto poco dopo per le ferite.

L'animale ringhiò scoprendo i denti e dopo un attimo fiamme violente fuoriuscirono dalle fauci, prontamente Artemisia si spostò lateralmente evitando l'attacco. Sapeva che nessun incantesimo scudo potesse bloccare. A quella consapevolezza fu inondata dal panico.

Contrattaccò, prima che la Chimera potesse anticiparla, e l'incantesimi andò a colpire la bestia al fianco, questa si lamentò con un ruggito sofferente ma non desistette. Iniziò ad avanzare verso di lei e subito si rese conto che se si fosse avvicinata troppo sarebbe stata alla sua mercé.

Lanciava incantesimi su incantesimi, per rallentarla mentre indietreggiava, per non darle spalle.

"Stupeficium" lo schiantesimo colpì in pieno l'animale che indietreggiò leggermente. Artemisia approfittò di quel momento per correre il più veloce possibile, inoltrandosi dove gli alberi erano più fitti sperando che quelli potessero rallentarla

Le faceva male tutto e le mancava il fiato ma non poteva fermarsi e la chimera la inseguiva, non lasciandole un attimo di respiro. Lei nel mentre continuava a lanciare incantesimi che servivano a poco e niente, infatti avevano effetti molto ridotti rispetto che su un mago.

Correndo si trovò ad affiancare una parete rocciosa e con un movimento della mano provocò una frana alle sue spalle che travolse la chimera, non ebbe l'ardire di fermarsi e continuò a correre tentando di allontanarsi dai confini del castello per potersi smaterializzare. Dopo un attimo sentì un rumore di rocce e un ruggito squarciò l'aria, la bestia era riapparsa dal cumulo di macerie e aveva ripreso l'inseguimento della sua preda.

Artemisia si voltò appena prima di sentire il calore delle fiamme e un insopportabile bruciore al braccio destro, si strappò di dosso la giacca in fiamme, non smettendo mai di correre. Tentò di smaterializzarsi ancora ma nulla, e ormai non riusciva neanche più ad orientarsi.

Si guardò intorno cercando di trovare un elemento familiare ma nulla. L'adrenalina scorreva nelle sue vene come una droga e quasi non ragionava più. Scorse con la coda dell'occhio un albero di grandi dimensioni e deviò la sua corsa.

Lo oltrepassò e al momento migliore lo abbatté ma la bestia con un balzò fulmineo lo schivò e si trovò a pochi passi da lei. Riprendere a correre era impossibile, era troppo vicina.

Un sibilo sommesso alla sua destra la fece voltare di scatto e riuscì appena in tempo ad allontanare la spaventosa coda di serpente con un incantesimo di taglio. L'animale cacciò un guaito spaventoso e con una zampata la butto a terra, vari metri più indietro.

Impattò contro un cumulo di pietre da cui sgorgava una piccola fonte d'acqua. Il colpò fu talmente forte che il suo urlo di dolore si poté udire per tutta la foresta. Il sangue sgorgava a fiotti dai graffi sul fianco, andando a colorare di rosso vermiglio l'acqua limpida del ruscello, con la mano tentava invano di fermare l'emorragia mentre i singhiozzi di paura e dolore le annebbiarono la vista che si faceva sempre più scura.

I suoni si fecero ovattati e distanti. Nella coltre nera vide la chimera avvicinarsi, le sembrava ghignasse soddisfatta, la coda strisciava mansueta.

Non aveva neanche la forza di urlare, di chiedere aiuto, lanciare un segnale nel cielo. Non le importava più del litigio con Piton, non le importava cosa pensasse di lei, avrebbe solo voluto averlo accanto.

Pensò a tutte le cose che aveva fatto in quei due anni pur di costruirsi una vita dopo che aveva perso la sua, non si sarebbe mai immaginata che sarebbero stati tutti sforzi inutili. Gli esami per cui si era preoccupata tanto non li avrebbe mai fatti, erano così superflui ora ai suoi occhi.

La farsa con Voldemort, aver preso il marchio, aver ucciso un uomo, non era servito a niente perché lei, accanto a Severus, non ci sarebbe stata comunque.

Spesso si era chiesta se ne valesse la pena, se valesse la pena di stare accanto a un uomo così. Un uomo gravato dal peso della guerra, bipolare, freddo, manipolatore. In una parola complicato.

È meglio non soffrire precludendosi la felicità o essere felice sapendo che prima o poi finirà?

Le lacrime le bagnavano in viso, ma non aveva più nemmeno la voce per piangere. Qualsiasi parte del suo corpo doleva. Il braccio bruciava e la pelle viva era ben visibile, i suoi vestiti erano completamente sporchi di terra e sangue e i tagli profondi le causavano un dolore lancinante, le gambe non le sentiva più.

Tutto il corpo era freddo.

Il sapore metallico le riempiva la bocca e respirare le era sempre più difficile. Tossì e sputò sangue.

Vide una luce bianca, le forze le vennero meno e gli occhi si chiusero. 

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