Capitolo 18
Erano quasi le 23 e Artemisia era ferma davanti alla foresta proibita. Era vestita con abiti gotici: corpetto, giacca con doppia fila di bottoni, un paio di pantaloni aderenti e stivali alti fino al ginocchio, tutta in nero. Sopra indossava il suo solito mantello.
Stava lì da dieci minuti, da sola, ad aspettare l'uomo biondo. Piton non era neanche passato da lei prima che se ne andasse, in realtà si erano visti solo a lezione in quei giorni. Lei gli aveva chiesto tempo e lui glielo stava dando ma a volte temeva che l'insegnante avesse avuto solo un momento di debolezza.
"Artemisia, sei stupenda" Lucius spuntò dal folto degli abiti. Anche lui era vestito nello stesso stile ma molto più ricco di argento e inserti preziosi. Le baciò la mano e quando si alzò la scrutò con espressione maliziosa.
"Allora andiamo?" "Andiamo"
Raggiunsero Hogsmade e poi si smaterializzarono giungendo davanti ai cancelli della villa dove già era stata l'estate prima.
"Appena entri inchinati e non alzare lo sguardo a meno che non te lo dica lui, non lo guardare negli occhi e non parlare se non sei interpellata" le disse prima di entrare, Artemisia tutte quelle cose le sapeva già ma annuì e fece un respiro profondo. Stava entrando nella fossa del serpente
La porta era stata chiusa alle loro spalle non appena era entrata. Si gettò a terra in ginocchio come le era stato detto, lo sguardo basso, non una parola.
"Alzati" le ordinò la figura davanti a lei con la voce serpentina che le fece venire un brivido lungo la schiena. Obbedì.
"Devi essere Artemisia, Bartemius mi ha parlato tanto di te, credeva molto nelle tue capacità"
"Sì mio signore", "Dimmi: perché sei qui", Artemisia manteneva costantemente lo sguardo a terra, troppo spaventata anche solo per azzardare guardare più in su dell'orlo della veste.
"Vengo dagli Stati Uniti, sono arrivata qui l'anno scorso, ho una predilezione per le arti oscure e desidero imparare..." fece una pausa studiata prima di prendere un sospiro tremante "... devo confessarle, però, che sono una mezzosangue, mia madre era una strega e mio padre un babbano"
L'espressione del signore oscuro mutò a quell'affermazione diventando meno compiaciuta
"Bartemius non mi aveva informato", "Non lo sapeva, nessuno lo sa oltre lei, come nessuno sa la reale motivazione del mio odio per i babbani" quasi sputò fuori quel termine.
"Guardami ragazza" lei alzò lo sguardo lentamente, ritrovandosi a fissare quegli occhi rossi come il sangue. In un attimo sentì la presenza del signore oscuro nella sua mente.
Crudele e brutale, vagava tra i ricordi con la volontà di provocare dolore. Artemisia stentò a stargli dietro e tenere celati i ricordi reali
Artemisia più giovane di un paio d'anni stava sul balcone della sua casa babbana. Stava aspettando l'arrivo di sua madre quando la vide voltare l'angolo e salutarla dal basso. "Ora che sali facciamo una partita a scacchi?" le urlò dall'alto e la donna annuì sorridendo. Non ci fu il tempo di godersi quel sorriso: "STAI ATTENTA!" un urlo di terrore lasciò le sue labbra quando un ragazzo sbucò dal nulla con un coltello e aggredì sua madre: "MUORI STREGA". La donna non ebbe il tempo di recuperare la bacchetta che la lama la trafisse più volte.
Lei e suo padre scesero in strada di corsa, tutto era ovattato alle orecchie della ragazza: "Papà dobbiamo chiamare i medimaghi", "Tu e tua madre mi avete scocciato con questa magia", così l'uomo digitò il numero dell'ospedale babbano. Condannandola.
Artemisia boccheggiò pesantemente quando il signore oscuro fu fuori dai suoi ricordi, perché quello era un ricordo vero. Solo i palazzi e la sua età erano diversi ma il resto era vero, gli scacchi erano veri. Neanche Severus aveva mai visto quel ricordo.
"E tuo padre?" chiese l'uomo, se uomo si può chiamare, senza lasciarle il tempo di riprendersi. "È morto, l'ho ucciso io" tremò leggermente dicendo quelle parole. "Come?", "Un veleno" rispose con voce fredda, Voldemort rise sguaiatamente.
"Mi cercava mio signore?" chiese Lucius entrando nella stanza. Voldemort l'aveva chiamato attraverso il marchio.
"Sì, Lucius. Fai vedere alla ragazza il segno che porterà con onore". Il biondo fece come richiesto. Sbottonò i polsini della manica e scoprì l'avambraccio sinistro in un unico gesto. Il marchio nero spiccava sulla pelle bianca e liscia di Lucius, Artemisia rimase impassibile, non provava timore e Voldemort rimase incuriositi dalla sua mancanza di reazione.
"Chiama gli altri", Lucius prese la bacchetta e quando questa toccò il marchio la pelle intorno ad esso si arrossò come se fosse bruciata e il serpente raffigurato iniziò a muoversi.
Pochi secondi e alcune persone varcarono la porta della stanza, tutte si inginocchiarono ai piedi del signore oscuro. Artemisia li riconobbe per le foto sui giornali: Bellatrix, Rodolphus e Rabastan Lestrange, Antonin Dolohov e Macnair. L'ultimo a varcare la porta fu Piton il quale dopo essersi alzato non la degnò neanche di uno sguardo, nonostante ciò Artemisia si sentì subito rassicurata.
"Chi è quella?" chiese con la sua voce acuta e malata Bellatrix la quale si era subito allarmata vedendo una ragazza vicino al suo signore.
"Stai tranquilla Bella" l'apostrofò Lucius quando venne interrotto da Voldemort stesso. "Artemisia diventerà una di noi, se ne sarà all'altezza. Desidero che duelli con qualcuno così da farci vedere di cos'è capace" espose il mago oscuro con voce lenta e a tratti labile. Artemisia sentì l'agitazione montarle dentro.
"Io mio signore, la faccia duellare con me" quasi si sbracciò la donna pazza nel tentativo disperato di farsi notare, fu il marito a tirarle una gomitata per zittirla.
"Mio signore mi conceda di testarla" chiese Rabastan ma Voldemort lo ignorò. "Antonin che dici in merito?" chiese a un passo dal volto dell'uomo. "Mio signore, la ragazzina rischia di farsi troppo male. Ma se così desidera allora duellerò io". Il signore oscuro parve pensarci su: "Macnair tu".
Il boia si fece avanti posizionandosi ad alcuni metri di fronte ad Artemisia la quale con sguardo alto studiò il volto arcigno dell'uomo.
Voldemort andò a sedersi sul suo trono e ai suoi lati si disposero tutti gli altri mangiamorte. Piton era un po' in disparte, imperturbabile all'esterno, dentro in subbuglio. Macnair era un mangiamorte abile, amante della morte, aggressivo.
"Dai su! Inchino" entrambi gli sfidanti obbedirono alle istruzioni del mago e dopo essersi voltati fecero i tre passi. Artemisia non terminò il secondo che si voltò e si spostò lateralmente, appena in tempo per evitare una maledizione.
Lo scontro il breve si fece intenso e gli attacchi sostenuti. La ragazza stava sulla difensiva, usava scudi sempre più potenti mente violente maledizioni vi si abbattevano contro richiedendole uno sforzo non indifferente.
Una scia rossa la oltrepasso sfiorandole l'orecchio. Maledizione cruciatus. Si rese conto che quello non era uno scontro normale, se non avesse vinto sarebbe sicuramente morta.
Impedimenta. L'incantesimo colpì Macnair in pieno ma egli in poco ne annullò l'effetto. Artemisia ebbe il tempo di concentrare la magia sufficiente per lanciare un altro incantesimo: vari pugnali attraversarono l'aria puntando contro l'uomo il quale si riparò dietro a un muro di fuoco che incenerì le lame. La ragazza non riusciva a vederlo da dietro alle fiamme e quando l'incantesimo la raggiunse non riuscì a difendersi.
Non si accorse neanche di essere caduta a terra urlando di dolore. Sentiva i pugnali ardenti nei muscoli. Li sentiva entrarle sotto la pelle uno per uno in un tremendo sfrigolio di carne che brucia. Sentì una mano prenderla per i capelli trascinandola per terra e una scarpa pestarle il polso, torcendolo e provocandole un dolore lancinante che la obbligò a lasciare la bacchetta. La maledizione Cruciatus si interruppe ma lei non aveva la forza di alzarsi. Con lo sguardo offuscato vide il mangiamorte voltasi verso Voldemort il quale annuiva. La bacchetta di Macnair si abbassò verso di lei e poté sentire in anticipo la formula.
Piton osservò la scena e quando vide il signore oscuro annuire fu sul punto di schiantare l'altro uomo. Far saltare qualsiasi copertura, recuperare la ragazza e fuggire. Poi però qualcosa accadde.
Macnair fu sbalzato lontano e Artemisia faticosamente si rialzò. Non si scomodò neanche per recuperare la sua bacchetta. Voldemort voleva vedere il suo potenziale? Lo avrebbe visto. Schiantesimi di varia natura attraversarono la stanza in direzione del suo avversario il quale arrancò per pararli e deviarli. Una forza lo spinse con forza contro la parete e lui dovette ricorrere ad un arresto momomentum per non schiantarsi al muro.
Appena fu in piedi però l'uomo non perse tempo: "Avada Kedavra" il lampo verde illuminò la stanza, Artemisia si spostò riuscendo ad evitare la maledizione all'ultimo momento. Sconvolta guardò il suo sfidante che ghignando sadicamente stava per attaccare nuovamente.
Una rabbia ceca la sopraffece e ad essa subentrò una calma glaciale, un'apatia distruttiva, le parole le uscirono da sole dalle labbra: "Neluba", in un attimo tutte le ombre della stanza si spostarono e raggiunsero l'uomo. Un urlo squarciò la stanza, Macnair si portò le mani al volto e quando le tolse i suoi occhi erano macchiati di denso catrame, non v'era luce né bianco.
Tutta la sala era ammutolita, immobile a osservare la scena. Voldemort si alzò raggiungendo la ragazza e mettendosi al suo fianco. La voce serpentina le rimbombò nelle orecchie, troppo vicina: "Uccidilo. Lui l'avrebbe fatto con te".
Artemisia guardò il boia a terra con le mani sul volto. Poi alzò lo sguardo e incontrò quello di Piton talmente espressivo da parlarle senza aprire bocca. La ragazza si abbassò e recuperò la bacchetta per terra, si rialzò e fece un respiro profondo.
"Avada Kedavra"
Macnair cadde steso a terra senza vita, gli occhi ancora neri, a la bocca contratta per il dolore.
Artemisia si voltò verso gli altri mangiamorte. Il polso lancinante, forse spezzato, se lo teneva al petto mentre tremava forte. L'adrenalina del duello era scemata e ora gli effetti della cruciatus erano evidenti.
Voldemort scoppiò a ridere in modo malato: "Eccellente, ora che si è liberato un posto non dovrebbe essere un problema unirti a noi", si andò a sedere nuovamente sul trono, Nagini si avvolse ai suoi piedi.
"Avvicinati"
Artemisia era a dir poco terrorizzata, aveva ucciso un uomo dopo avergli causato un dolore insopportabile, avrebbe avuto il marchio e non sarebbe più stata la stessa. Gli porse il braccio sinistro tremando.
"Prima l'altro, un polso rotto può essere fastidioso" con un semplice movimento della bacchetta le ossa si ripararono e il dolore scomparve. Sussultò quando, dopo averle afferrato l'altro braccio con le dita lunghe e ossute, strappò la sua giacca scoprendole l'avambraccio. Appena la bacchetta bianca tocco la sua pelle un bruciore lancinante si espanse e l'inchiostro nero la marchiò indelebilmente.
Piton osservava in disparte ogni movimento, ogni espressione. Quando però il marchio si compose sul suo braccio, distolse lo sguardo, arrabbiato e inorridito da quella visione.
"È un onore per me, mio signore"
Si smaterializzarono insieme ad Hogsmade ma aspettarono di entrare nei confini del castello per parlare. Camminavano fianco a fianco, incredibilmente simili: l'espressione controllata, le spalle dritte, il passo silenzioso.
Un tremore la attraversò costringendola a stringersi nel mantello, sentì il braccio di Piton avvolgerla per scaldarla.
"Sono gli effetti della cruciatus, ti darò una pozione appena arriviamo", "Dobbiamo fare rapporto a Silente, si è raccomandato", "Domani è sabato, avremo tutto il tempo".
Arrivarono nell'ufficio dell'insegnante e Artemisia si andò a sedere sul bordo del camino che si era acceso al loro ingresso. Piton le portò una boccetta con un liquido azzurro acceso, la bevve tutta l'un fiato e i tremori si quietarono quasi istantaneamente. Egli si sedette sulla poltrona più vicina a lei. "Il polso?", "Sta bene" rispose con voce flebile portandosi il braccio destro davanti al viso, non osava neanche accostarle lo sguardo al quello sinistro.
"Severus ho ucciso un uomo" disse tremante, dopo minuti di silenzio, immobile. Lui ebbe come un déjà-vu rivedendo sé stesso dopo essersi accorto anni prima di tutti gli sbagli fatti.
"Era un mangiamorte, nessuno lo compiangerà", "Sì ma era comunque una persona e non sarà l'unica" si sentiva sporca, dannata, era così che si sentiva Severus? Come poteva conviverci?
Non poté contraddirla. Il fuoco scoppiettava nel camino proiettando ombre sinistre nella stanza.
"Perché hai usato quell'incantesimo? È di magia molto oscura, lo sai vero?". Lei si morse l'interno della guancia prima di parlare, con una rabbia per sé stessa che faceva male a Piton stesso:
"Non lo so perché l'ho usato. Ero nel mezzo dello scontro e aveva appena cercato di uccidermi. L'hai visto che sguardo aveva? Gli occhi erano assatanati e sorrideva divertito, ho desiderato di cancellarglielo, quello sguardo, e le parole sono uscite da sole. Sento ancora le sue urla, ucciderlo è stato quasi un sollievo"
Gesticolava mentre parlava, la mente era confusa e le parole le uscivano di getto.
Severus da parte sua era preoccupato, a Villa Malfoy non era sembrata così provata ma ora che palesava il suo malessere si sentiva inutile. Incapace di aiutarla. Non era mai stato d'accordo con quell'idea ma alla fine si era detto che le sarebbe stato vicino, si rendeva conto che era inutile.
"Visto che c'eri potevi ammazzare Bellatrix, sarebbe stata una liberazione per la società"
Artemisia lo guardò confusa ma poi scoppiò a ridere e il riso si alternò ai singhiozzi.
"Che c'è?" chiese Piton offeso. "Nulla ma la tua capacità di consolare è unica" rispose asciugandosi le lacrime.
"Sta zitta, potevo anche lasciarti a piangere", "Come sei antipatico!" disse fingendosi sconcertata e ridendo, sta volta con una risata vera, limpida.
"È una delle mie migliori qualità" le rispose ghignando divertito e ammirandola ridere.
"Ma no dai!" e visto che era a portata di mano gli tirò uno schiaffò leggero sulla gamba ma lui con un gesto veloce le bloccò il polso guardandola con sfida.
Lei rimase immersa nei suoi occhi scuri e la tensione si fece palpabile nella stanza. Severus a sua volta si perse in quegli occhi verdi e in un attimo si getto sulle sue labbra, baciandola. Artemisia si alzò e anche lui fece lo stesso senza interrompere il contatto iniziarono a spogliarsi
"Sei bellissima vestita così" le disse tra i sospiri. Artemisia non rispose, imbarazzata dal complimento e troppo presa per parlare.
Gli sfilò la camicia e poi lui la fece voltare per slacciarle il corpetto. "Come diavolo hai fatto ad allacciartelo da sola" disse esasperato dai mille laccetti, "chi te lo dice che me lo sia messo da sola" lo provocò, così lui chiese: "e chi sarebbe stato allora?", "beh sai, Lidia era da me e si è offerta di aiutarmi".
Sussultò quando Severus le morse il collo per poi salire fino all'orecchio: "E vorresti stare con lei in questo momento?", "Questo è il posto dove desidero stare".
Piton riuscì finalmente ad aprirle il corpetto, scoprendole i seni che iniziò a leccare e mordere mentre gli ansimi nella stanza diventavano più intensi. Le sfilò il pantalone aderente dopo averle tolto i lunghi stivali di pelle, si allontanò di un passo osservandola adorante.
"Severus!" urlò Artemisia quando lui la prese in spalla come un sacco di patate, tirandole uno sonoro schiaffo sul fondoschiena. La portò in camera da letto e la poggiò sul materasso mettendosi sopra di lei.
"Mi sei mancato" gli disse con il cuore in gola, voleva dirglielo già da prima ma non aveva trovato il coraggio. Lui le sorrise teneramente, in difficoltà nell'esprimere ciò che provava: "Anche tu"
Quando Artemisia aprì gli occhi la mattina dopo Severus era ancora addormentato, sembrava quasi rilassato. Sorrise osservando il suo viso, non era propriamente un bell'uomo: il naso grande, i lineamenti duri, sembrava più vecchio dei suoi anni, ma per lei tutto era armonioso e comunque qualsiasi difetto spariva nel momento in cui la guardava con i suoi occhi neri, occhi che l'avevano da sempre intrigata, troppo neri per non avere una luce in fondo al tunnel.
Si accoccolò più vicina a lui e si riaddormentò.
Fu Piton a svegliarsi circa un'ora dopo, la trovò appoggiata al suo petto con i capelli sparsi disordinatamente. Si spostò piano, cercando di non svegliarla e una volta fuori dalle coperte andò a vestirsi. Dovevano andare da Silente.
Quando tornò in camera lei era ancora addormentata. La osservò stesa sul fianco mentre abbracciava il cuscino. Il petto gli si riempì di una gioia e un sentimento mai provati. Era stato diverso, unico, non era stato sesso perché ad ogni carezza e bacio quella stessa gioia l'aveva stordito.
Le palpebre di Artemisia tremarono e dopo essersi voltata un paio di volte, di fatto scoprendosi quasi per intero e causando l'apprezzamento dell'insegnante, aprì gli occhi.
"Buongiorno" disse con la voce impastata dal sonno, "Buongiorno". Solo dopo si accorse di essere completamente nuda e velocemente si tirò addosso il lenzuolo, Piton ridacchiò divertito: "Che carina quando ti imbarazzi", "Tu invece non lo sei mai, sempre antipatico, insopportabile, cinico, sarcastico, orgoglioso-", "Stai descrivendo te o me?".
Artemisia sbuffò sonoramente per poi voltarsi a guardarlo: "Allora?", "Allora cosa?" chiese lui confuso. "Io ti ho portato il caffè l'altra volta", "Ti sembro una ragazzina nel post-sbornia?"
Esasperata dalla sua risposta sempre pronta prese un cuscino e glielo lanciò contro: "dopo avertela data portarmi il caffè è il minimo, vai!" gli ordinò, lui ridendo uscì dalla camera da letto per chiamare l'elfo e Artemisia allora poté alzarsi dal letto e andare in bagno per farsi una doccia.
Uscì 5 minuti dopo già vestita, il che fu una delusione per Piton che l'aspettava con il caffè.
"Silente ci aspetta"
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top