Capitolo 17
Artemisia arrivò in sala comune, era ancora tutto a soqquadro, con bottiglie vuote per terra e l'aria pregna di alcool. Salì in dormitorio e lì trovò Kathrine addormentata con ancora i vestiti della sera prima addosso. Lei invece si fece una doccia e si cambiò indossando una camicia nera larga, un jeans dello stesso colore e il suo mantello da strega.
"Kathrine! Kathrine!" la chiamò fin quando l'amica non aprì un occhio ancora frastornata. "Artemisia ma che fine avevi fatto? Gazza non ti ha presa?", "No, sono riuscita a non farmi segnare", "Beata te, noi dobbiamo mettere tutto in ordine e poi ci hanno annullato le uscite ad Hogsmade fino a Pasqua, e come se non bastasse la Umbrige ci ha convocati tutti nel suo ufficio sta sera"
A sentire come fosse andata Artemisia pensò che lei non se la fosse cavata male. Severus l'aveva fatto apposta? Ma se era così perché l'aveva fatto?
Lasciò la bionda lì e se ne andò in sala Grande per fare colazione. Mancavano quasi tutti gli studenti del quinto, sesto e settimo anno di Serpeverde. Guardò il tavolo dei professori, c'erano tutti, compreso Piton e non sembravano molto rilassati.
Era intenta a mangiare quando un'ombra le passò sott'occhio e quando si voltò un elegante falco le stava affianco. Sbarrò gli occhi davanti al rapace e poi vide la lettera che aveva attaccata alla zampa che le stava porgendo. Appena l'ebbe sciolta l'animale si alzò in volo e uscì da una delle ampie vetrate.
Molti insegnanti avevano visto la scena ma solo uno di loro poteva sapere chi fosse il proprietario dell'animale.
Artemisia aprì la lettera scritta in un'elegante calligrafia:
Mia cara Artemisia, non mi sono dimenticato della tua richiesta. E dunque eccomi qui per dirti che ti ho procurato un incontro. Non è stato difficile, non lo sapevo ma a quanto pare sei famosa per le tue abilità. Non vedo l'ora di assistere personalmente.
Verrò a prenderti venerdì,
Lucius Abraxas Malfoy
Era fatta si disse, ma in poco tempo subentrò l'ansia. Venerdì era tra poco meno di una settimana, doveva parlare con Silente che avrebbe parlato con Piton e chi sa come l'avrebbe reagito. Probabilmente l'avrebbe affatturata o cruciata o proprio uccisa.
Non poté pensarci più però perché alcuni studenti stavano entrando in Sala Grande e tra quelli c'era Lidia.
Appena la ragazza la vide si diresse verso di lei e si sedette al suo fianco. "Lidia", "Artemisia". Calò un silenzio imbarazzante tra le due che Artemisia decise di spezzare non girandoci intorno: "Lidia per quanto riguarda ieri, eravamo ubriache, io ti voglio bene ma io non sono interessata ad avere una storia con te" le disse cercando di addolcire la pillola con un tono dolce e comprensivo ma che presentava una nota di fredda indifferenza. Lidia aveva un'espressione stupita e abbastanza infastidita: "Sinceramente per come mi hai baciata non mi aspettavo questa risposta", "È stato il momento" rispose semplicemente Artemisia lasciando la riccia sconcertata.
"Artemisia, voglio essere sincera con te, a me piaci e non da ieri ma a quanto pare non ha importanza" le disse arrabbiata prima di alzarsi e allontanarsi. Piton osservò la scena dall'alto senza poter cogliere le parole ma immaginava l'argomento e vedendo la Nott allontanarsi immaginò come fosse finita la conversazione. Fu soddisfatto, provava un fastidio muto nel vederle insieme, un'emozione che si potrebbe chiamare gelosia. Un'emozione insensata nella sua situazione.
"Avanti" rispose ai due colpi alla porta. Le nove e dieci. Doveva averlo fatto apposta, sapeva non sopportasse i ritardi. Quando varcò la porta Piton rimase a fissarla per alcuni attimi; era vestita totalmente in nero, con un voluminoso mantello sulle spalle, la camicia era aperta per il primo paio di bottoni scoprendo la pelle candida del collo e delle clavicole.
"Sei in ritardo", "Scusi" rispose solamente sostenendo lo sguardo, non era in vena di risposte taglienti, di litigi, il suo scopo era uscire di lì mentalmente stabile, senza scoppiare a piangere una volta fuori.
"Rimetterai in ordine la libreria, sai come li tengo, no?", "Sì lo so" le faceva male sentirlo così tranquillo nell'alludere al loro tempo insieme, lei avrebbe voluto solo cancellarlo e fingere che non ci fosse mai stato.
Gli consegnò la bacchetta senza dire nulla. Piton se la rigirò tra le dita osservandola: circa undici pollici, abbastanza flessibile, cedro (inconfondibile per l'odore). "Che nucleo?" chiese. La tensione era palpabile. "piuma di tuono alato", l'uomo rimase interdetto ma tacque. Si andò a sedere su una poltrona con un bicchiere di whisky, sarebbe stata una lunga serata.
Ci vollero un paio d'ore per mettere tutto in ordine e non aveva potuto usare la magia anche perché Piton non le aveva mai tolto gli occhi di dosso, a volte si era fatto talmente insistente da poterlo sentire sulla pelle.
"Da quando tu e Lucius siete amici di penna?" si voltò di scatto come scottata, lui era ancora sulla poltrona a guardarla. "Come sa del signor Malfoy?", "Un falco pellegrino non passa inosservato", la ragazza nel mentre finì di mettere a posto gli ultimi libri.
"Non mi hai risposto" le fece notare l'uomo.
"Le assicuro che non vuole iniziare questa conversazione", "Sono certo del contrario".
Artemisia era ferma, in mezzo alla stanza e osservava il suo ex-amante bere lentamente un sorso di alcool. "Vieni, siediti e parliamo", con passi lenti e incerti si fece avanti sedendosi sul bordo del camino, come era sempre stata sua abitudine. Piton sorrise appena davanti a quella scena.
"Allora?" la spronò a parlare
"Ho accettato il compito di Silente" disse con tono fermo e privo di intonazione.
"Ah" rispose Piton che non era stato informato.
"Lucius farà da tramite per farmi incontrare il Signore Oscuro"
"Sai già quando?" una nota di paura fece tremare la voce dell'uomo, "Venerdì".
"Hai ragione, non volevo iniziare questa conversazione", ringhiò alzandosi dalla poltrona e iniziando a camminare per la stanza.
"Ora vai", Artemisia lo osservò incredula per quei modi improvvisamente bruschi. "VAI!". La ragazza si alzò di scatto e con calma controllata recuperò il suo mantello e si avvicinò alla porta. "Buonanotte professor Piton" uscì con gelida indifferenza, che non la abbandonò neanche quando si stese nel letto. Si addormentò nell'apatia, obbligandosi a non provare nulla.
"Che hai fatto a Lidia?" le chiese Kathrine la mattina seguente quando si furono vestite entrambe. "Niente, perché?", "Perché ieri è venuta qui a cercarti e mi ha detto che l'hai respinta", "Aaah ti riferivi a questo, sì è così".
Era infastidita da quella conversazione, normalmente non amava parlare di sé e ancor meno se la cattiva sembrava lei.
"Ma perché?", "Perché... è stato un errore".
"Di che parlate?" ci mancava solo Charlotte. "Chiedevo ad Artemisia perché non le piacesse Lidia" a quel punto anche l'altra bionda subentrò nella conversazione.
"Volete la verità? La persona con cui stavo mi ha lasciata, mi ha mandato un gufo dall'America, si è innamorata di un'altra persona, e io... volevo solo stare bene per una sera, non ho pensato e mi dispiace che Lidia ci sia andata di mezzo". Le due amiche rimasero sbalordite da quell'ammissione sincera, tanto rara quando parlavano con Artemisia e non seppero andarle contro, invece la capirono e la rincuorarono che a Lidia ci avrebbero pensato loro, non avrebbe sofferto troppo.
Artemisia lasciò la stanza per dirigersi a lezione di aritmanzia e per sua sfortuna riconobbe immediatamente un'ombra nera che avanzava nel corridoio.
"Buongiorno" salutò unicamente per educazione. Lui non le rivolse la parola in un primo momento ma poi si ricordò che doveva dirle una cosa e si fermò. Artemisia fece lo stesso.
"Il preside ci vuole nel suo studio dopo cena", "Va bene" entrambi erano prossimi a voltarsi nuovamente e continuare per la propria strada.
"Se oggi non ti vedo in classe stai sicura che non ti ammetto all'esame", "Troppo gentile" gli ringhiò contro e se ne andò.
Dopo un paio d'ore Artemisia era in quell'aula. Dopo quasi un mese che non vi entrava. Si era seduta al primo banco, non voleva che lui pensasse non fosse capace di tenergli testa. Trascorse quell'ora in maniera abbastanza tranquilla, lui l'aveva lasciata in pace e lei aveva ascoltato la spiegazione e preso appunti. L'ora era finita e stavano andando tutti via.
"Chi non muore si rivede, non è vero signorina Carter?" le disse quando gli passò affianco, "A quanto pare" gli rispose senza esitare ed uscì lasciandolo solo.
Piton si chiuse in quell'aula ma per quanto cercasse di mettersi a lavorare i pensieri gli affollavano la mente.
Pensava a Lily e rivedeva la ragazzina dolce con i capelli rossi, che quando aveva l'acqua alla gola e tutti cercavano di spingerlo giù era stata l'isola dove rifugiarsi. Ma quei ricordi avevano un limite, e il limite non era la morte stessa della donna. Lily era tante cose: i suoi sensi di colpa, i suoi doveri, la sua redenzione... ma soprattutto era un ricordo ed era di quello che era innamorato, non di lei, ma di quello che era stata. E solo ora lo capiva.
L'immagine di Artemisia si affiancò alla ragazza dai capelli rossi. Piton sorrise malinconicamente. Ora le vedeva vicine e si rendeva conto di quanto fossero diverse e si rendeva conto di come Lily sbiadisse e da presenza predominante riacquistasse la dimensione di ricordo.
Ed era stato questo a spaventarlo quando aveva iniziato ad accorgersene e aveva pensato di poterlo impedire. Ma gli eventi di quel fine settimana gli avevano fatto franare tutto addosso. La rabbia e la gelosia che l'avevano lacerato quando l'aveva vista: addosso a quella ragazza sua coetanea mentre la stava baciando e toccando con un ardore disperato.
L'aveva trascinata via, un gesto rischioso e istintivo, e avrebbe voluto urlarle contro ma vedendola incapace anche di tenersi in piedi l'aveva portata nelle sue stanze e l'aveva aiutata. La rabbia nelle sue parole mentre gli diceva di andarsene gli aveva fatto male, perché si rendeva conto che aveva ragione: erano le conseguenze delle sue azioni. E lo capiva solo ora. Si era negato la felicità e non aveva più il diritto di viverla, il diritto di reclamarla, perché sapeva che se avesse voluto gli sarebbe bastato andare da lei per riaverla, ma non era giusto continuare a lasciarla e riprenderla, non era giusto e si sentiva in colpa nei suoi confronti.
E ora l'avrebbe avuta al suo fianco nelle nottate al cospetto dell'oscuro, in quel doppio gioco estenuante, e non ci sarebbe stata notte che non avrebbe temuto di perderla.
Quando Artemisia entrò nello studio di Silente, Piton era già lì, in piedi in un angolo della stanza.
"Buonasera preside, buonasera professore". Il più anziano le fece segno di sedersi ma lei declinò, si sentiva troppo esposta da seduta. Silente osservò entrambi, erano agli angoli opposti della stanza, vestiti di nero e con un lungo mantello sulle spalle, sorrise divertito.
"Signore devo informarla del fatto che ho avuto risposta da Lucius. Non sono potuta venire prima perché ieri sono stata impegnata, diciamo" e mentre lo diceva si voltò verso Piton.
"Me l'ha anticipato Severus, venerdì giusto?", "Esattamente"
Silente si alzò da dietro la scrivania e si spostò al centro della stanza dove prese una caramella da un recipiente sul tavolo. Aspettò di finirla prima di parlare.
"Bene. Immagino che non riceverai il marchio il giorno stesso ma è possibile che incontri la cerchia più ristretta. Ti senti preparata in occlumanzia?", "Certo signore, ho mostrato a Lucius un ricordo falso e non si è accorto di nulla". Severus non fu sorpreso per quell'affermazione, Artemisia era brava, non aveva dubbi. La osservò curioso e intrigato dalla sicurezza che emanava, dall'espressione controllata, non doveva essere facile per lei stare nella stessa stanza eppure non lo dava a vedere.
"A meno che il professor Piton non venga chiamato, non sarà presente. Voldemort non deve pensare abbiate un rapporto oltre quello scolastico, non dovete farvi vedere troppo insieme, le tue interazioni saranno prevalentemente con il signor Malfoy.
È probabile che voglia vedere di cosa sei capace, mettiti in mostra, prima entri nella cerchia ristretta meglio è."
"Va bene"
"Preside scusi se interrompo" subentrò Piton con voce atona: "ma in proposito alla sua vita suggerirei di modificare la versione. Apprezza di più l'odio personale per i babbani a quello ideologico, e si dà il caso che abbiamo il pretesto perfetto con un ricordo autentico"
Artemisia si era quasi dimenticata della presenza dell'uomo, nonostante ne sentisse lo sguardo sulla pelle. Quando però iniziò a parlare non riuscì ad ignorarlo e più andava avanti, più capiva cosa volesse dire, più le mancava il fiato. Mostrare a Voldemort la morte di sua madre e la rabbia nei confronti di suo padre... era una parte della sua vita che nascondeva gelosamente, non sarebbe riuscita a mantenere la calma
"No, sarebbe rischioso, potrebbe chiedersi perché io l'abbia tenuto nascosto", "Invece no, dimostreresti la tua fiducia rendendolo partecipe di un ricordo solo tuo" insistette freddamente.
"Beh ormai... ho sbagliato a fidarmi di una persona tanto vale che finga di farlo con una seconda, no?" lo aggredì per difesa causando un silenzio opprimente che solo Silente ebbe l'ardire di spezzare:
"Severus ha ragione"
Artemisia si ritirò poco dopo, frustrata e arrabbiata. Severus aveva studiato ogni sua reazione e si era sentito in colpa ma era convinto di ciò che aveva detto: era il modo migliore per guadagnarsi la fiducia dell'oscuro, e se si fosse fidato allora lei sarebbe stata al sicuro.
Scese le scale a chiocciola subito dopo la ragazza, ritrovandosi a camminare al suo fianco nella strada per i sotterranei. Notò distintamente i muscoli tesi delle braccia e la rigidità del volto, avrebbe voluto urlargli contro ma si stava trattenendo.
Un miagolio sinistro li fece sussultare entrambi, Mss Pour era a pochi passi da loro con i suoi occhi rossi, Gazza doveva essere vicino. Artemisia senza pensarci su si diresse verso un quadro e soffiò: le foglie raffigurate si spostarono mostrando una porticina. Afferrò un lato della cornice e tirò, rivelando un passaggio segreto. Fu un riflesso ma si voltò a guardare Piton prima di entrare e allontanarsi da quel luogo.
Severus sarebbe potuto rimanere lì, era un insegnante e non aveva il coprifuoco, ma la seguì chiudendosi la porta alle spalle.
Conosceva quel passaggio, portava all'ala opposta del castello, non troppo lontano dalla sala grande.
Artemisia sentiva i passi del mago alcuni metri dietro di lei ma non si fermò. Avrebbe voluto dirgli che l'odiava per averla usata, per non perdere una sola occasione per umiliarla, per ricordarle come non avesse capito nulla di lui, rinfacciarle come avesse sbagliato a fidarsi. Avrebbe voluto dirgli che quando lo vedeva le mancava il respiro, la voce, l'equilibrio, che le mancava stare con lui, le mancava tutto.
Oltrepassò l'uscita del passaggio e si incamminò verso i sotterranei, prima si addormentava meglio era. Era talmente presa dai suoi pensieri che si dimenticò di essere seguita e quando passò davanti all'aula di pozioni quasi urlò sentendo una mano prenderla per il polso e condurla dentro. Con uno strattone si liberò dalla presa che in realtà era appena accennata, e indietreggiò di alcuni passi. Quando si rese conto che era lui il cuore le si fermò nel petto.
"Pensavo non fossi d'accordo, ora invece dai addirittura consigli" gli disse acidamente. "La scelta è stata tua, il mio compito ora è far in modo che tu non muoia"
"Ah, perché ti importa? Cos'è una questione di principio? Quelle che mi sono scopato cerco di non farle morire in nome del rapporto che c'è stato?"
"Non sei stata l'avventura di una notte", "Certo, di tante notti"
"No. Sei stata una costante nelle mie giornate e non solo per due mesi. Sei l'unica persona che è stata capace di entrare nella mia vita dopo molto tempo e l'unica di cui non riesco a fare a meno e di cui mi importi"
Artemisia guardò l'uomo davanti a lei parlare, leggermente impacciato su alcune parole, era forse la prima volta che lo vedeva in difficoltà mentre parlava. Le parole le arrivavano al cervello e mentre questo le analizzava lei aveva già iniziato a sentire un gruppo in gola e una morsa nel petto.
"Non dire così, per favore...", Piton si avvicinò a lei di qualche passo, aveva il cuore che batteva con forza nel petto e dire quelle parole gli era stato difficile.
"Ci ho messo tempo a capire ciò che sentivo e quando l'ho capito non ero capace di ammetterlo", "E ora?" chiese con voce tremante.
Fu allora che Severus avvicinò il viso al suo e dopo alcuni attimi, vedendo che non si era allontanata, la baciò. Le labbra a contatto si schiusero e lentamente le lingue si intrecciarono in un bacio tremante e lento. Il suo cuore quasi si fermò e solo allora si rese conto di quanto avesse amato baciarla, di quanto avesse bisogno di un contatto.
Artemisia rimase completamente stordita e alcune lacrime le rigarono il viso per l'intensità del momento, tutta la rabbia nei suoi confronti sparì. Si aggrappò alla sua giacca per tirarlo più vicino. Un attimo di lucidità però le si insinuò nella mente e dolorosamente interruppe quel bacio.
Aprì gli occhi respirando pesantemente e non ebbe il coraggio di guardarlo negli occhi. "Ti amo, ti amo terribilmente"
"ma mi sono fatta troppo male e non voglio farmene ancora"
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