Capitolo 16

Artemisia era sulla torre di astronomia in piena notte. Si erano incontrati lì per la prima volta lei e Severus, e allora non avrebbe mai pensato che sarebbero arrivati a quel punto.

Si affacciò giù dal parapetto per osservare il paesaggio circostante, il lago nero che rifletteva il chiarore della luna e delle stelle, la foresta proibita talmente scura da essere una macchia di catrame. Il suo sguardo fu attirato da due figure sul limitare di quella foresta e anche da lì su riconobbe i capelli biondo platino di Lucius Malfoy.

In pochi minuti fu all'esterno, e quando si avvicinò ai due uomini si nascose tra gli alberi celandosi con un incantesimo di disillusione e uno silenziante per non fare rumore.

"Domani ci sarai anche tu?" riconobbe la voce elegante del biondo e successivamente quella bassa e calda di Piton rispondere: "Ovviamente", "Non possiamo deludere il signore oscuro, altrimenti saremo morti prima dell'alba" Lucius era decisamente spaventato. "Chi ci sarà?", "Noi due, Macnair e Rosier", "A domani Lucius", Piton si congedò e se ne andò a passo svelto sparendo dietro il portone principale.

Artemisia annullò gli incantesimi che aveva utilizzato ed uscì dal suo nascondiglio, Lucius si voltò con la bacchetta alta appena sentì il primo passo provenire dalle sue spalle. La ragazza alzò le mani per indicare che fosse disarmata. "Buona sera signor Malfoy", il biondo la osservò per un attimo prima di riconoscerla: "Artemisia, che piacere, ma non ti avevo detto di chiamarmi Lucius?", "Non sapevo neanche se ti ricordassi di me", "Come potrei dimenticarti?" chiese egli con un sorriso furbo facendole il baciamano.

"Come mai in giro a quest'ora al limitare della foresta?", "Una semplice passeggiata notturna che mi ha portata ad un piacevole incontro". Stavano l'uno di fronte all'altra, Lucius era elegantemente poggiato al suo bastone con il manico in argento, mentre Artemisia era con la schiena conto il tronco di un albero e le mani nelle tasche della divisa.

"Lucius posso parlarti sinceramente di una cosa?", "Assolutamente, è sempre piacevole parlare con te" Artemisia avrebbe voluto commentare dicendo che avevano parlato mezza volta ma si astenne.

"Io so che sei un mangiamorte", se l'uomo fu stupito non lo diede a vedere "sai... l'anno scorso Cruch mi ha proposto di diventarlo anche io, ma non ho avuto il tempo di pensarci perché lui ha fatto la fine che ha fatto. Io ora cerco un aggancio e sei stato la prima persona che mi è venuta in mente".

Lucius la ascoltò attentamente, squadrandola con i suoi occhi grigi, era circospetto. Non voleva fare passi falsi e risponderle sarebbe stato ammettere apertamente di essere un mangiamorte e se lei fosse stata una spia di Silente si sarebbe trovato il Wizengamot fuori la porta e non era certo che se la sarebbe cavata. La guardò negli occhi e in un attimo fu nella sua mente.

Artemisia lo lasciò entrare senza opporre alcuna resistenza, Lucius sapeva usare la legilimanzia ma non era lontanamente paragonabile a Piton, per lei fu facile guidarlo e sottoporgli un falso ricordo, curato nei minimi particolari. Appena l'uomo lasciò la sua mente la guardò e sorrise soddisfatto.

"Ti manderò un gufo"

Erano passati un paio di giorni e non si parlava d'altro se non della fuga di alcuni mangiamorte da Azkaban. In tutto il castello v'era un clima di oppressione tranne che nella sala comune di serpeverde. In realtà era stata organizzata una vera e propria festa, se fosse proprio per quella "liberazione" Artemisia non lo sapeva.

Artemisia osservava i vari studenti bere, divertirsi, ridere, ballare, tutti trasportati dall'alcool. Lei da parte sua aveva cercato di non bere perché sapeva che se l'avesse fatto non si sarebbe più fermata, ma poi complice l'atmosfera, la musica, la gente... era andata a prendere un bicchiere di whisky a cui era seguito un secondo e un terzo e fu a quel punto che fu raggiunta da Linda.

La ragazza aveva un vestito corto bianco che contrastava con la pelle d'ebano e ad Artemisia parve più bella del solito. Anche lei aveva bevuto ma nessuna delle due se ne curò e insieme si avvicinarono al bancone per prendere qualcos'altro.

"Ti va di ballare?" urlò la riccia per farsi sentire. "Non so ballare!", "Non serve saperlo fare!", Artemisia non aveva mai ballato in vita sua e aveva partecipato a ben poche feste. Ma con la testa che le girava si ritrovò in mezzo alla folla con Lidia, senza sapere come ci fosse arrivata.

Respirava affannosamente per cercare di recuperare un minimo di lucidità ma non ci riusciva e la musica le rimbombava nelle orecchie.

Si concentrò allora sulla ragazza che le si stava strusciando addosso e pensò che forse per una sera poteva smettere di essere eccessivamente razionale, ignorare che lei a Lidia piaceva davvero, che lei stessa invece amava un altro, e lasciarsi andare agli eventi.

"Sei- sei bellissima", le disse Lidia avvicinandosi al suo orecchio e strascicando le parole ma Artemisia era troppo ubriaca per farci caso.

"Anche tu lo sei" e dicendolo passò lo sguardo su tutto il corpo della ragazza avvolto in un abito bianco mentre lei era semplicemente in jeans e maglietta.

Il suo cervello ci mise vari secondi ad elaborare quello che stava succedendo, si trovò improvvisamente dall'altro lato della stanza vicino all'ingresso, dove c'era un po' meno folla, e le labbra di Lidia erano sulle sue. Non pensava che Lidia si sarebbe esposta così tanto.

Il primo impulso fu quello di allontanarla ma non lo fece, aveva bisogno di un contatto, di una persona qualsiasi che non fosse Piton.

Il bacio si approfondì da parte di entrambe e Artemisia, completamente assorbita da quel contatto, portò una mano sui seni della ragazza di fronte a lei, fu strano avere un corpo femminile davanti dopo tanto tempo. Aprì gli occhi per osservarla, Lidia era bellissima, perfetta, con un corpo che la eccitava terribilmente e la infiammava.

I loro sguardi si incontrarono e quasi non ebbe un infarto, il taglio d'occhi era diverso, decisamente più allungato e femminile, ma il colore era lo stesso, lo stesso catrame, lo stesso inchiostro.

Un rancore sordo le montò nel petto e i suoi gesti si fecero più decisi e dominanti. Spinse la ragazza con le spalle al muro e intensificò il bacio scendendo poi sul collo della ragazza lasciando un segno rosso visibile nonostante la pelle scura.

"Oh Salazar Artemisia", ansimò Lidia con la testa che le girava e con le sensazioni amplificate dall'alcool.

Calò appena sul collo della mora per fare lo stesso ma lei si staccò: "Io non voglio marchi" le disse perentoria. In un momento normale Lidia si sarebbe offesa ma in quel momento lasciò correre tornando a baciarla.

Si accorsero decisamente in ritardo dell'ingresso della sala comune che si apriva a quell'ora insolita, e Artemisia che era girata di spalle se ne rese conto solo quando Lidia smise di rispondere al bacio.

Si voltò e quasi non le cedettero le gambe, Piton era davanti a lei e le guardava con entrambe le sopracciglia alzate e uno sguardo omicida. In pochi attimi la musica cessò e tutti si voltarono verso l'ingresso terrorizzati dall'arrivo dell'uomo, senza prestare attenzione alle due ragazze.

"Cosa diavolo sta succedendo qui." disse gelido. "Dove sono i prefetti?", in pochi attimi due ragazzi furono spinti davanti a tutti dagli altri compagni. "Andate a chiamare Gazza, adesso."

I due corsero via terrorizzati.

Artemisia era distrutta fisicamente e mentalmente: le faceva male la testa, non si reggeva sulle gambe, non voleva guardarlo e contemporaneamente voleva farlo. Provò a poggiarsi contro il muro e chiudere gli occhi ma il mondo intorno a lei girò così tanto da provocarle una forte nausea.

Minuti di silenzio mortale riempirono la stanza piena di ragazzi ubriachi e terrorizzati, fin quando non arrivarono i prefetti seguiti dal custode.

"Signor Gazza, prenda i nomi di tutti i presenti e non si scomodi a pulire, lo faranno loro domani. Per la punizione adeguata poi consulterò il preside". Il custode sorrise sghembo mentre recuperava carta e penna e iniziava a segnare soddisfatto.

Artemisia si sentì spingere con forza fuori dalla Sala Comune e rischiò di cadere per l'equilibrio già precario. Non ebbe neanche il tempo di riprendersi che si sentì presa saldamente per il braccio e trascinare in chi sa quale direzione. Tutto girava intorno a lei e l'unica cosa che riconosceva distintamente era la mano stretta di Piton. Le sue gambe tenevano a fatica il passo e si trascinavano.

"Mi fai mala, lasci-lasciami" si lamentò con le lacrime agli occhi. "Se ti lascio cadi, idiota". "Noo, non ca-do", si sentì mollare in quel momento e le sue gambe cedettero sotto il suo peso, non ebbe il tempo di toccare terra perché fu risollevata di peso. "Forse hai ragione...". Severus la portò fin nel suo studio, attraversarono la stanza che era stata di Artemisia e arrivarono in bagno.

Lì la fece sedere a terra. "Severus?" biascicò la ragazza e l'uomo sentì un vuoto nel sentirla pronunciare il suo nome dopo settimane. "Severus per- per favore, dammi una po-pozione" disse mentre abbracciava il water seduta a terra. Voleva vomitare ma al contempo non ci riusciva.

"No. Queste sono le conseguenze delle tue azioni." Ringhiò l'uomo.

La guardò seduta lì, di fronte a lui, stanca e con gli occhi rossi, incapace anche solo di stare in piedi, poi però pensò a quando era entrato nella sala comune: la prima scena che si era trovato davanti era stata lei, con le mani sul corpo di quella sua compagna, mentre la baciava con tale trasporto. Quella era la minima punizione che potesse subire.

La ragazza sospirò rumorosamente tremando per il freddo che le entrava nelle ossa. "Sei arrabbiato con me per Linda?" chiese faticando ad articolare le parole.

"Assolutamente no. Puoi fare quello che vuoi a me non deve interessare" disse con talmente tanto astio che anche Artemisia che in quel momento non era propriamente lucida, se ne accorse. Sorrise divertita facendosi scappare una risata di scerno.

"Che c'è?" chiese immediatamente. Artemisia alzò lo sguardo puntandolo nei suoi occhi neri: "Queste sono le conseguenze delle tue azioni"

Piton accusò il colpo: "Tu non stai bene, deliri e dici cose insensate. Tra me e te non c'è più nulla, non sono conseguenze è la semplice dinamica dei rapporti di solo sesso, finiscono e ognuno si trova un'altra da scopare" le rinfacciò con cattiveria.

Era deluso e arrabbiato. Ma soprattutto era arrabbiato con sé stesso per essere rimasto così scosso da quella scena. Se fosse stato vero ciò che aveva appena detto non si sarebbe dovuto sentire così, no?

Come se gli fosse stato strappato via qualcosa e fosse stato spezzato davanti ai suoi occhi.

Artemisia non tollerò quelle parole: "Vaffanculo Severus", biascicò con rabbia. "Modera le parole ragazzina" la apostrofò lui. "Invece fammi questo favore, vai a fanculo!" gli urlò contro e lui rimase sbigottito davanti a tutta quella rabbia, Artemisia non vedendolo muoversi si arrabbiò ancor di più: "Vattene Severus! Vattene! Lasciami in pace almeno quando sto male!", a quel punto l'uomo decise di fare come gli diceva e uscì da quel bagno lasciando la porta socchiusa in caso di necessità.

Appena se ne fu andato Artemisia boccheggiò per prendere aria e calmarsi. Si tirò in ginocchio e mettendosi due dita in gola si costrinse a vomitare tutto ciò che aveva bevuto.

Esausta si poggiò con le spalle al muro: "Che cos'ho combinato?".

Rimase lì per del tempo che le parse infinito, fin quando le parse che la testa smettesse di girarle come una giostra. Si alzò in piedi e si sciacquò la bocca e la faccia, si guardò allo specchio e si vergognò di sé.

"Severus!" lo chiamò, cercando in lui quell'ancora che era sempre stato per lei. L'uomo arrivò subito, aveva addosso il suo pigiama grigio.

"Dimmi" le disse pazientemente. "Non posso usare la magia in questo stato. Puoi... non so... trasfigurare uno spazzolino?"

In un attimo ebbe uno spazzolino.

"Dormi qui sta notte, nella tua stanza. C'è già un pigiama sul letto." si voltò per andarsene.

"Severus aspetta!", lui si girò per guardarla, ma Artemisia desistette: "no niente...". Qualsiasi cosa avesse detto dopotutto non sarebbe servito.

Quando si buttò sul letto però non poté impedirsi di piangere.

La mattina dopo quando si svegliò le faceva male la testa e aveva freddo e male ovunque. Si alzò a fatica e si spostò nell'ufficio. Non c'era nessuno, ma che ore erano?

"Willy che ore sono?" chiese all'elfo domestico che le aveva portato un caffè doppio. "Le sei, padroncina Artemisia", alla ragazza scappò un verso di stupore.

"Non me lo immaginavo, scusami per averti disturbato", "Non si preoccupi, noi elfi sempre svegli" le rispose con un sorriso raggiante.

"Grazie, un'ultima cosa: potresti portarmi un caffè amaro? Quello che prende sempre il professor Piton", l'elfo annuì, sparì e dopo un attimo era di nuovo lì con un caffè fumante. Lo ringraziò.

Artemisia non sapeva se fosse una buona idea, dopo settimane che l'aveva evitato, e si dava della stupida per non riuscire ad andarsene in silenzio, fuggendo di soppiatto. Si avvicinò alla stanza dell'uomo e bussò, un verso scorbutico, da chi è un Piton che è stato svegliato, la raggiunse, così entrò. L'uomo era seduto contro la testiera nel letto sotto le coperte e la osservava attentamente in ogni suo movimento, si era appena svegliato ma il suo umore era già nero.

La ragazza gli si sedette affianco su una sedia e gli porse la tazzina. "Sapevo si svegliasse a quest'ora altrimenti non l'avrei disturbata" disse incerta, sentandosi in soggezione davanti a lui. Si ricordava ben poco dalla sera prima.

"Ieri mi insultavi e oggi mi porti il caffè, che carina", Artemisia non era preparata a una risposta così diretta e sarcastica. Sentì un vuoto nel petto e si sforzò di ricordare cosa fosse successo.

"Non ero particolarmente sobria ieri" si passò una mano tra i capelli a disagio.

"L'ho notato, la sobrietà non ti è proprio appartenuta" infierì, e bevve un sorso del suo caffè amarissimo. Artemisia intese subito a cosa l'uomo si stesse riferendo, a Lidia. Ricordava in maniera molto confusa la rabbia che l'aveva trasportata, la delusione, gli occhi neri, un'idea folle di riscatto.

"Non era preventivato...", "E ci mancherebbe" le ringhiò contro provocandole una fitta alla testa. Serrò forte gli occhi e si massaggiò le tempie fin quando il dolore non passò. Quando riaprì gli occhi lui le stava porgendo una boccetta. "per la sbronza".

Prese la pozione lentamente, erano quei gesti a destabilizzarla di più. Quando lui improvvisamente era gentile con lei: "Come ha detto ieri? Non era una conseguenza per le mie azioni?", Piton alzò gli occhi al cielo sbuffando.

"Devo prepararmi" disse l'uomo dopo alcuni secondi di silenzio. "Ah, ehm..." fu terribilmente a disagio: "Sì, me ne vado" si alzò in fretta fuggendo verso la porta quando si sentì chiamare indietro.

"Sei in punizione con me sta sera", sbarrò gli occhi e lo guardò scioccata: "Professore per favore...". Non voleva stare con lui, passarci chi sa quanto tempo insieme, non ce la faceva, già solo stargli davanti le faceva male. "Ti voglio qui alle nove"



Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top