Capitolo 15
Nessuno, se avesse saputo tutta la storia, si sarebbe mai aspettato quello, nessuno si sarebbe aspettato che appena iniziate le vacanze di Natale Piton se ne sarebbe andato. Dove? Probabilmente a Spinner's End.
Artemisia era entrata nel suo ufficio con la penna che gli aveva comprato settimane prima ad Hogsmead e non l'aveva trovato. L'aveva aspettato per un po' ma non vedendolo arrivare aveva poggiato il pacchetto sulla scrivania e se n'era andata. Andò dal preside e fu lui a darle la notizia della partenza del mago. Non capiva, non capiva perché se ne fosse andato, stavano bene e lei aveva declinato l'invito di Kathrine di andare da lei per stare con lui, passare quei giorni insieme. Gli occhi le si riempirono di lacrime e Silente la guardò teneramente.
"Artemisia... Severus è un uomo complicato", "Lo so" disse più a sé stessa che al vecchio mago. "Ora vado, grazie preside" aveva la voce atona, lo sguardo basso, si voltò verso la porta dello studio quando la voce dell'uomo la richiamò: "Lo stai sconvolgendo profondamente, dagli tempo", uscì con quelle parole che le rimbombavano nelle orecchie, Silente non capiva niente, era il contrario, era lei che si sentiva sconvolta e Piton stava solo giocando.
Passarono le vacanze da soli, lontani l'uno dall'altra. Artemisia trovava assurdo come la mancanza potesse causare un malessere anche a livello fisico, aveva spesso freddo, le mancavano la fame e il sonno, le occhiaie erano scure e profonde e gli occhi lucidi. Non riusciva a seguire un pensiero per troppo tempo che un senso di oppressione le faceva mancare il respiro.
Piton lontano da lì, a Spinner's End, aveva passato i primi giorni in tranquillità costringendosi a far tacere ogni parte di sé che lo spingesse a ragionare sul vero motivo per cui era partito.
Era nel suo soggiorno spoglio, osservava la stanza schifandosi di qualunque cosa entrasse in contatto con i suoi occhi, per essere tornato in quella casa piena di incubi si disse che doveva essere pazzo.
Sapeva cosa l'avesse spinto ad andarsene, stava vivendo in un terribile senso di colpa che lo stava divorando dall'interno. Era andato tutto bene fin quando non si ea reso conto che per Artemisia non provasse solo attrazione, non era mai stato solo quello ma l'aveva ignorato, poi dopo quella sera nell'ufficio di Silente quel senso di preoccupazione per lei lo avevano portato a non poterlo più ignorare.
E gli era caduto tutto addosso. Lily, la sua bellissima Lily, se la sentiva scivolare tra le dita. Ogni volta che stava con Artemisia il pensiero di Lily era così lontano, e anche quando era solo i volti delle due donne si alternavano. L'una completamente diversa dall'altra, entrambe dotate di una sensibilità unica, belle in modi diversi, anche i loro occhi verdi non avevano nulla a che fare. Lily era stata la sua prima amica, il suo primo e unico amore, l'unica che lo avesse aiutato negli anni di scuola, Artemisia invece era subentrata da un giorno all'altro, in una tempesta dal cielo limpido, era entrata nella sua vita e non ne era più uscita nonostante ci fossero state un'infinità di difficoltà, Artemisia sapeva rialzarsi, puntare i piedi, Lily non aveva mai saputo farlo, non l'aveva perdonato nonostante lui fosse andato a chiederle perdono in ginocchio, non aveva saputo aggirare i problemi e non era riuscita ad aiutarlo nonostante lo conoscesse più di ogni altra persona al mondo.
Lily però era Lily e lui non era pronto a lasciarla andare pur ammettendo quel sentimento che provava per Artemisia. Vedeva come la ragazza lo guardava e sapeva che anche lei ricambiasse ma non era abbastanza per cacciare quel fantasma così dolce che Lily rappresentava.
Quando rimise piede nel suo studio era il giorno prima il ritorno degli studenti, tutto era silenzioso e freddo, gli sembrava di essere tornato a subito dopo le vacanze estive ma con una differenza. Sulla sua scrivania c'era un pacchetto avvolto in una carta regalo argentata, lo scartò e vi trovò una penna nera come la notte, la punta in argento con lo stesso tratto che usava lui, l'impugnatura aveva un serpente inciso sulla superficie. La sfiorò appena prima di accorgersi di una lettera poggiata lì affianco, la aprì e riconobbe subito la scrittura della ragazza, era stranamente ordinata e leggibile, doveva essersi impegnata per scrivere in modo che potesse capire.
Buon Natale Severus, ti faccio questo regalo sperando che sia abbastanza per sdebitarmi di tutto ciò che hai fatto per me. Non ti dico queste cose di persona perché non ne sono capace, perché ogni volta che vorrei farlo mi blocco, e poi so che odi queste cose sdolcinate ma almeno per Natale dovrai fartene una ragione.
Ti ringrazio per le cose incredibili che mi hai insegnato, per avermi fatta entrare nella tua vita, per avermi aiutata nei momenti peggiori, per esserti fatto carico dei miei fantasmi anche se non eri obbligato a farlo. Ti ringrazio per questi ultimi due mesi che sono stati tra i momenti più felici della mia vita, per avermi dato una voglia di vivere che non avevo da tempo. Volevo dirti che sei un punto di riferimento anche se tu non hai bisogno di me per andare avanti.
Artemisia
Severus lesse quella lettera con il cuore in gola, immaginava la delusione della ragazza quando una volta entrata non l'aveva trovato, e neanche nei giorni successivi. Non le aveva detto nulla, aveva fatto le valigie e se n'era andato, perché se l'avesse vista non sarebbe più partito ma aveva bisogno di stare solo.
Si rigirò la lettera tra le mani e una scritta, frettolosa, disordinata, si trovava sul retro
Non voglio neanche commentarti.
Passò le ore successive a organizzare alcune lezioni e quando si fece ora di cera andò in Sala Grande.
Quando Artemisia entrò nella sala per cenare si bloccò, Piton era seduto come se nulla fosse al tavolo dei professori, parlava con la McGranitt e non si era minimamente accorto di lei. Fece un profondo respiro e indossò una maschera di assoluta indifferenza, non si sarebbe fatta vedere in condizioni disastrate. Si sedette in mezzo alla tavolata di serpeverde per non stare isolata in fondo e si riempì il piatto di cibo, ma ne mangiò poco. Piton nel frattempo l'aveva trovata in mezzo agli altri ragazzi della sua casa, era completamente inespressiva e non alzò mai lo sguardo dal piatto.
"Ragazzo mio, come stai?", "Non voglio parlare", "Cos'hai deciso?" Silente sapeva quale conflitto lo dividesse ed era realmente preoccupato. Il mago più giovane non gli rispose, sapeva solo che volesse parlarle.
Appena la vide lasciare la Sala abbandonò il tavolo per raggiungerla, la trovò già davanti alla porta del suo studio, senza un'espressione decifrabile. Aprì la porta e la ragazza entrò per prima con passo deciso e si sedette su una sedia da un lato della scrivania, il suo regalo era lì aperto, e la lettera poco più in là, la sua sicurezza vacillò per un attimo indefinito ma si costrinse a tenerla stretta
"Immagino che tu voglia delle spiegazioni" disse l'uomo sedendosi dall'altro lato, quella scrivania era l'unica cosa che impedisse ad Artemisia di mettergli le mani alla gola, e contemporaneamente le faceva da scudo.
"Tu che dici?", la situazione era decisamente delicata e Artemisia era troppo coinvolta per rendersi conto che con quell'atteggiamento rendeva solo più difficile a Severus aprirsi ma era arrabbiata, delusa, confusa.
"Ringrazia che mi spieghi perché per quello che è il nostro rapporto tu non hai diritto a nessuna pretesa" Severus da parte sua si nascose dietro la sua maschera di rancore e cattiveria dandole una pugnalata all'altezza del cuore, "Mi vieni a parlare di pretese quando non mi hai lasciato scegliere liberamente cosa rispondere a Silente, quando pensando che io frequentassi Gabriel ti sei arrabbiato talmente tanto che solo Salazar sa come non hai ucciso qualcuno". "Io non ti ho costretto a fare nessuna scelta" ignorò di proposito la seconda parte dell'accusa non sapendo come giustificarsi. "Quindi se mi scopo un altro non è un problema", "Artemisia stai zitta" ringhiò sottintendendo una minaccia non tanto velata. "No Severus, non sto zitta. Te ne sei andato senza dirmi nulla, potevi quanto meno avvisarmi, me ne sarei andata, invece sono rimasta in questo castello sola come un cane, cos'è? Ti diverte avere un tale controllo sulle persone? È un qualche tuo gioco malato o sei solo un fottuto egoista?", non riuscì a moderare le parole, a esprimere la vera preoccupazione che le aveva attorcigliato lo stomaco fin quando Silente non l'aveva rassicurata.
L'uomo si alzò sbattendo una mano sulla scrivania e facendola tremare fin dentro le ossa. Artemisia non riuscì in seguito a quello spavento a ignorare la sensazione di bruciore agli occhi e in poco le si riempirono di lacrime. Severus osservò quella reazione e lo sguardo gli cadde sulla lettera, si rese conto della delusione e del male che doveva averle causato.
Le avrebbe sempre fatto male, perché il loro rapporto non sarebbe mai stato alla pari: lei che gli scriveva lettere e lui...
"Sono innamorato di un'altra, da anni, da sempre. E ho pensato di poter comunque avere un rapporto slegato con te, sciolto da sentimenti. Me ne sono andato per riflettere e prendere una decisione". Il cuore smise di battere nel petto di Artemisia.
Si alzò anche lei dalla sedia per darsi un tono, per sentire di essere ancora capace di camminare, boccheggiò cercando parole che non le venivano in mente, era assurdo. Lei l'aveva visto, aveva visto un sentimento, qualcosa... non era stato solo sesso, ne era certa, eppure ora lui le diceva che si era illusa, si era sbagliata.
"No... no, no Severus, no..." continuava a ripetere scuotendo la testa, ripeteva il suo nome imprimendoselo nella mente a fuoco.
"Ho preso la decisione migliore per tutti-", Artemisia lo interruppe, con la voce incrinata dal nodo che aveva in gola e le lacrime che le rigavano il viso: "No per favore, non dirlo", si sentì stupida appena ebbe pronunciato quelle parole, si passò una mano nei capelli e commentò esasperata: "Sono patetica, sono finita a pregare per una cosa del genere", a Severus fece male vederla così ma non era pronto a dirle l'assoluta verità, aveva paura di aprirsi con qualcuno e soprattutto con lei.
"Deve finire", in un attimo Artemisia fu davanti a lui e in un attimo Piton si ritrovò vittima di un susseguirsi di colpi, ma non erano forti quindi la lasciò fare, doveva sfogarsi.
"Io ti odio! Ti odio!" ripeteva in maniera confusa e in mancanza di una sua reazione la rabbia che le montava dentro aumentava insieme ai singhiozzi. "Stavamo benissimo, potevamo passare il Natale insieme, potevamo fare qualsiasi cosa. Hai rovinato tutto".
Alla fine lui le bloccò le mani e le accarezzo la schiena sussurrandole parole all'orecchio. Non avrebbe mai voluto vederla così, essere lui a farle del male, non avrebbe mai voluto ma si era già esposto troppo e lasciare andare Lily era un passo che non era pronto a fare. Quel pianto fu l'ennesima conferma dei sentimenti che Artemisia provava per lui, sentimenti che non si sarebbe sognato in nessuna vita qualcuno avrebbe potuto provare per un mangiamorte, un assassino, un uomo gelido come lui.
Artemisia si staccò da quel contatto bruscamente
"Avrei giurato che mai mi avresti fatto del male consciamente, mi sono sbagliata, vuol dire che non avevo capito nulla del nostro rapporto già da prima, forse è questo a uccidermi"
Disse con voce ferma, che si scontrava ferocemente con gli occhi lucidi e il volto arrossato.
Si voltò e se ne andò con un dolore atroce nel petto.
Non avrebbe voluto svegliarsi quel lunedì mattina, avrebbe dato qualsiasi cosa per rimanere sotto le coperte e fingere che fosse stato tutto solo un brutto sogno.
Ma il giorno prima non aveva mangiato nulla e stava morendo di fame, in più non avrebbe potuto giustificare in nessun modo la sua assenza così si alzò, andò in bagno, si fece una doccia e mentre si lavava il corpo si obbligò a cacciare indietro il ricordo delle mani di Severus sul suo corpo. Indossò le calze, la gonna, la camicia e stette minuti interminabili a cercare di infilarla nella gonna senza farle fare pieghe fin quando non si rese conto che con il cardigan sopra nessuno le avrebbe notate, mise le sue solite scarpe basse, non si truccò, indossò il mantello e fu come un caldo abbraccio, l'unica cosa che la proteggesse davvero dal freddo del mondo intorno a lei.
Andò in Sala Grande e si unì ai suoi compagni che parlavano allegramente delle loro vacanze, lei non aveva nulla da dire. Nessun regalo, nessun affetto, nessun amore, niente, questo erano state le sue vacanze.
Piton non si presentò, fu meglio per entrambi.
Andò a lezione di aritmanzia e per la prima volta in tre anni i numeri le parvero solo numeri, scritti sulle pagine di un vecchio libro. A lezione di trasfigurazioni riuscì parzialmente a concentrarsi anche grazie alla professoressa McGranitt che era capace di coinvolgere nella spiegazione ma più si avvicinava la fine dell'ora più si distraeva, avrebbe avuto Pozioni subito dopo, non voleva andare ma non voleva neanche apparire come una bambina, voleva fargli credere che stesse bene, che si fosse già ripresa perché le importava poco di lui.
Entrò in aula insieme a tutti gli altri studenti, Piton ancora non era arrivato. Si sedette infondo, insieme agli altri, Gabriel aveva fatto un passo per sedersi ai posti dietro quelli suoi e di Kathrine ma lo aveva ucciso con lo sguardo e così aveva desistito.
Nella stanza l'odore dei fumi delle pozioni era una cappa asfissiante, la schiacciava e le rendeva impossibile respirare, si guardava intorno e le girava la testa, spesso si girava verso la porta aspettandosi di vederlo entrare, più in tempo passava più quella terribile sensazione si amplificava.
"Kathrine io non sto bene, torno in dormitorio", "Va bene, ma vuoi andare in infermeria? Sei un po' pallida e hai mangiato poco in questi due giorni", Artemisia le sorrise forzatamente e le disse che non c'era bisogno. Si alzò e prese le sue cose, uscendo.
Appena si fu chiusa la porta alle spalle fece per andare in dormitorio ma dopo un paio di metri Piton apparve da un corridoio laterale con il suo solito cipiglio. Appena la vide rallentò leggermente il passo mentre lei continuò dritto per superarlo in fretta. Appena se lo era trovato davanti aveva avuto un attimo di mancamento, le era parso di morire, ma si era ripresa e con lo sguardo basso aveva cercato di fare come se nulla fosse. Lui la osservò combattuto, avrebbe dovuto bloccarla, dopotutto aveva lezione nella sua aula, avrebbe dovuto lasciarla stare visto il modo in cui si erano lasciati l'ultima volta che avevano parlato.
All'ultimo momento, quando ormai lei pensava di essere scampata alla situazione lui si voltò e le prese delicatamente il polso sottile. Artemisia sentì un brivido di freddo ancora più intenso di quelli che da giorni la attraversavano.
"Artemisia, dove vai?" chiese l'uomo con un tono preoccupato che raramente gli era appartenuto. La ragazza si fermò ma non si voltò completamente verso di lui e non lo guardò mai negli occhi: "In dormitorio, sto poco bene", "Che hai? Ti serve una pozione? Io ora ho lezione ma puoi prenderle in laboratorio", le faceva male, le faceva più male scoprirlo così dolce, ora, ora che avrebbe voluto solo odiarlo per il male che le aveva fatto, perché si comportava così? L'aveva allontanata, definitivamente, con un motivo vero, non come al solito che era nervoso e non le parlava, ma perché amava un'altra, amava un'altra ma era stato con lei lo stesso e dopo mesi gli ero balenato in mente che forse avrebbe dovuto dirglielo. All'improvviso si era fatto prendere dai sensi di colpa, ma solo dopo che aveva avuto modo di farsela su ogni superficie dei suoi alloggi a qualsiasi ora del giorno e della notte, solo dopo che ormai era palese per lei non fosse solo sesso, solo dopo che lei si era illusa potesse essere altro anche per lui.
"Non ne ho bisogno, grazie per l'interessamento professore" disse a denti stretti per evitarsi di sbraitargli contro tutti i suoi pensieri. Per Piton quel 'professore' fu un palo in piena faccia, ma non si aspettava altro, sapeva stesse soffrendo e questo lo logorava.
Le lasciò il polso carezzandole leggermente la mano, fu più forte di lui prolungare quel contatto con quel gesto tanto intimo. Artemisia aveva delle mani minuscole in confronto alle sue, e fredde.
Si separarono e ogni uno andò per la sua strada.
Artemisia aveva saltato anche le successive lezioni di Pozioni, dopotutto non rischiava di rimanere indietro con il programma e non aveva alcuna voglia di vedere l'uomo. Ogni volta che lo incrociava in un corridoio si sentiva mancare l'aria. Un paio di volte aveva tentato di parlarle ma lei lo aveva allontanato. Non sopportava neanche quella situazione, sembrava che la cattiva fosse lei, che fosse stata lei a lasciarlo, che fosse stata lei ad approfittarsi di lui, non il contrario.
A volte aveva pensato di andare da lui e sputargli addosso quanto lo odiasse, quanto avrebbe voluto non aver mai iniziato quello che c'era stato, ma aveva sempre desistito chiedendosi cosa sarebbe cambiato: nulla.
"Carter, Silente ti vuole nel suo studio", sobbalzò sentendo quella voce all'improvvisò e si guardò intorno ma non vide nessuno.
"Qui...", si voltò alla sua sinistra e nel quadro che aveva affianco un annoiato Phineas Black le stava facendo cenno con la mano.
"Va bene, vado subito", "Ragazzina lasciatelo dire, non hai una bella cera" Artemisia sbuffò scocciata: "Come se non sapesse il perché", l'ex preside sogghignò e poi se ne andò, cambiando quadro.
Artemisia raggiunse subito l'ufficio del preside, l'anziano mago era vicino alla sua fenicie decisamente più giovane di quando l'aveva vista la scorsa volta.
Silente la fece accomodare.
"Artemisia, come stai?", "Possiamo saltare i convenevoli" rispose duramente lei esasperata da quel continuo chiederle come stesse, "Non sono convenevoli cara, è sincero interessamento", "Lo sa già come sto, perciò sì, sono convenevoli"
"Scusami cara ma stai parlando al preside", una donna bionda raffigurata sotto il nome di Dilys Derwent la riprese causandole un moto di stizza che stava per sfogare rispondendole a tono quando intervenne il preside di Serpeverde: "Non so se ti conviene fare la perfettina con lei, è peggio di Piton e in questo momento non è neanche dell'umore migliore", "Phineas non ti intromettere, la ragazza è stata incredibilmente maleducata", fu Silente ad intervenire: "Se non vi dispiace sono capace di parlare per me, capisco perfettamente Artemisia e non mi sono offeso", la donna nel quadro si zitti capendo che la predica fosse riferita soprattutto a lei.
"So che non è il momento migliore ma mi serve una risposta" pronunciò dopo un attimo di silenzio.
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