Capitolo 13

I due giorni successivi a quella prima notte insieme Artemisia e Severus non erano riusciti a vedersi, lui era dovuto andare a fare rapporto a Voldemort e lei aveva trascorso la domenica a studiare. Si era fatto martedì 20 novembre, Artemisia si era svegliata di mala voglia e si era diretta a fare colazione in Sala Granda, non aveva rivolto parola a nessuno ed era andata a lezione trasfigurazioni. Per fortuna la McGranitt riusciva a tenerla concentrata sulla lezione altrimenti i pensieri l'avrebbero sicuramente sopraffatta. Si rese conto solo col suonare della campanella che aveva lezione di pozioni,

Quando l'uomo entrò nell'aula pochi minuti dopo che tutti si furono seduti Artemisia sentì la prima scarica di un'emozione positiva dall'inizio della mattinata. Il cuore perse un battito e un silenzio piacevole le quietò la mente.

Piton da parte sua era decisamente arrabbiato a causa dei compiti disastrosi che aveva dovuto correggere. Iniziò a distribuirli partendo dal fondo dell'aula sbraitando contro coloro che avevano ottenuto i risultati peggiori, si calmò appena solo nel momento in cui incrociò gli occhi verdi della ragazza al secondo banco, anche se non lo diede a vedere. E quando le consegnò il suo compito, il migliore della classe, le strinse leggermente la spalla come a darle forza.

Si posizionò davanti alla cattedra poggiato ad essa e squadrò i ragazzi uno per uno con uno sguardo omicida

"Mi chiedo come abbia mai potuto promuovervi l'anno scorso, siete stati capaci di sbagliare le cose basilari, le sufficienze si contano sulle dita di una mano, e sono una di queste è accettabile per il livello che mi aspetterei da una classe MAGO", il suo sguardo andò ad Artemisia che lo ascoltava con rinnovato interesse e lui dovette trattenersi dal rivolgerle un ghigno soddisfatto. Assegnò una pozione decisamente complicata da fare e si mise a girare tra i banchi. Ma ogni volta tornava davanti a lei e la osservava lavorare concitata, determinata a finire la pozione entro le due ore, un'impresa quasi impossibile soprattutto con lo sguardo dell'uomo fisso su di lei che le faceva bruciare la pelle.

"Veda di muoversi, non è che perché ha preso un voto decente ora può prendersela comoda", Artemisia lo fulminò con lo sguardo e lui alzò semplicemente un sopracciglio prima di riprendere a girare tra i banchi.

A fine lezione solo Artemisia aveva terminato la pozione e si stava preparando per andare a pranzo come tutti gli altri ragazzi.

"Carter si trattenga un attimo". I suoi amici la guardarono incerti ma disse loro di andare e che li avrebbe raggiunti in poco. Appena uscirono la porta e si chiuse alle loro spalle, Piton avanzò verso di lei e le posò delicatamente una mano sulla guancia, si accostò al suo viso e la baciò

Lei si sentì scaldare da tutta quella premuta e rispose al bacio con più trasporto desiderando passare la sua esistenza così. Lui le passò le mani tra i capelli e dietro la nuca ma poi si staccò bruscamente riprendendo fiato e la guardò ardentemente, si passò una mano in faccia: "Scusami, lo volevo fare da giorni", "Allora devi scusarti di non averlo fatto prima", sorrisero entrambi con un velo di malizia. "Mi hai fatta rimanere per questo?", "Non proprio...", si prese un attimo di pausa prima di continuare: "come stai?". "Sto bene", ed era vero, ora stava bene, appena fosse uscita da lì non lo sarebbe stata più, l'angoscia l'avrebbe nuovamente invasa ma finché era lì con lui tutto andava bene.

"Sei sicura? Non è oggi?", Artemisia si morse il labbro, come faceva a ricordarselo?

"Si è oggi", "E allora non stai bene", "Cerco di non pensarci", lui la guardò serio ma con tenerezza, era così piccola ma così forte.

"Se vuoi parlarne, o semplicemente non vuoi stare da sola io sono nel mio ufficio"

"Grazie Severus", si baciarono di nuovo e Artemisia uscì dall'aula con il cuore che a mano a mano si appesantiva. Era sempre così il giorno della morte di sua madre. 

Quel fine settimana decise di disdire ogni appuntamento con i suoi amici, si era ripresa dai giorni precedenti e voleva solo godersi il tempo con Piton. Lo raggiunse dal primo pomeriggio, i libri sottobraccio e rotoli di pergamena vuoti nelle ampie tasche della toga. Entrò nel suo studio raggiante, lanciò le sue cose sulla poltrona e sotto lo sguardo interrogativo dell'uomo gli si avvicinò rubandogli un bacio a stampo che lo lasciò stupito. Sembrava che fossero nati per vivere quella quotidianità.

"Che ci fai qui?"

"Volevo vederti. Lavora, non ti darò fastidio, ho tanto da studiare" e si andò ad accomodare sul divanetto.

Dopo mezz'ora che lavoravano così l'uomo alzò lo sguardo su di lei e la trovò in una posizione improponibile: una gamba sollevata sopra il bracciolo e l'altra tirata al petto, il libro in equilibrio precario sul ginocchio a pochi centimetri dal suo viso, faceva roteare una matita tra le dita e di tanto in tanto la accostava al mento o alla punta del naso, questo quando era crucciata su un passaggio che non capiva.

"Vuoi stare alla scrivania? Lì stai scomoda". Quelle parole improvvise la fecero sussultare: "Oh no, no. Studio sempre così, non preoccuparti".

Passarono diverse ore nella calma e nel conforto della reciproca compagnia finché, finalmente, Piton terminò di correggere la pila di compiti e si fermò nuovamente ad osservarla. Stava ora con le gambe accavallate, il libro abbandonato di fianco, il volto alzato al soffitto e con le labbra mimava le parole cercando di ripetere senza guardare.

"Cosa vuoi fare dopo?" le chiese improvvisamente distraendola dallo studio. "Non lo so", "Dovresti iniziare a pensarci, ti conviene non perdere tempo dopo i Mago".

Artemisia rendendosi conto che l'altro avesse voglia di parlare si alzò dalla postazione avvicinandosi alla scrivania: "Mi piacerebbe fare qualcosa inerente alle pozioni, ma non vorrei rubarti i lavoro" disse con un ghigno divertito spaventosamente simile a quelli dell'uomo.

"Se Silente mi desse la cattedra di Difesa sarei entusiasta di cederti la mia", Artemisia rise appena mentre scorreva con lo sguardo sul corpo dell'uomo che quella sera indossava una camicia e un gilè che gli aderivano perfettamente al corpo. "Però tu potresti puntare molto più in alto, potresti essere un'eccellenza dell'alchimia invece che una semplice insegnante", "In vena di complimenti sta sera? Cerca di ottenere qualcosa?", "È così palese?", lui ghignò maliziosamente e lei sentì il cuore iniziare a batterle furiosamente nel petto. Lo desiderava moltissimo.

Si avvicinò a lui che stava ancora seduto sulla sedia, le gambe larghe, il petto aperto con i bottoni che tiravano. Gli prese il colletto della camicia tra le mani e lo baciò dall'alto assaporandone il respiro spezzato. Lui ruotò il viso per baciarla più approfonditamente e si alzò in piedi sovrastandola con la sua altezza, scese a baciarle il collo mentre dalle sue labbra uscivano ansimi di piacere. Si mossero all'unisono verso la camera da letto mentre il maglione e la camicia della ragazza venivano abbandonate a terra lungo il percorso. Le loro labbra non si separavano mai.

Giunti in camera fu il turno di Artemisia di sbottonare il gilet e poi la camicia, le mani le tremavano mentre il solo pensiero di vederlo senza le inebriava la mente. Un primo bottone, poi un secondo...

Si abbassò in ginocchio mentre gli slacciava l'ultimo bottone e senza pensaci troppo leccò avidamente il solco della V degli addominali, alzò gli occhi verso il suo viso e lo trovò riverso indietro dal piacere. Avrebbe desiderato andare avanti, procedere nell'aprirgli cinta e pantaloni ma lui la ritirò su tenendola per il braccio destro e dopo un bacio famelico la spinse verso il letto.

"Quanto sei eccitante" disse più a sé stesso che a lei e dopo averle slacciato il reggiseno la fece cadere sul materasso lanciandosi subito dopo a leccarle i seni e il ventre. Artemisia si sentiva andare in fiamme al solo contatto di quelle labbra sulla sua pelle e non osava immaginare cosa sarebbe accaduto dopo. Non riusciva più a ragionare lucidamente e desiderava unicamente andare avanti con quella dolce tortura.

La gonna scolastica le fu sfilata, le calze anche. L'intimo sparì, non sapeva in che momento preciso, e le dita dell'uomo iniziarono a darle un piacere altalenante, ora intensissimo, ora delicato, poi entrarono in lei e un ansimo le lasciò le labbra mentre i suoi occhi verdi, resi languidi dal desiderio, si fermarono in quelli neri dell'uomo.

Stava per dire qualcosa ma lui la sollevò di forza e la spostò più al centro del letto, si stese tra le sue gambe e inserì nuovamente le dita fradice accompagnandole però con la lingua sul clitoride. Un intenso brivido di piacere attraversò l'intero corpo della giovane, e quando terminò la lasciò sfibrata di ogni energia.

Si tirò su quasi bruscamente ma determinata a ricambiare. L'uomo la fissava con interesse e quando lei lo prese per le spalle e lo spinse indietro, comodamente appoggiato ai cuscini si lasciò andare alla sua volontà.

Artemisia con un divesto non verbale si semplificò il compito di slacciargli la cinta e sfilargli quei pantaloni classici troppo stretti, ma subì la sorpresa di trovarsi davanti l'uomo improvvisamente totalmente nudo davanti. Fu momentaneamente disorientata, era la prima volta che faceva sesso con un uomo, la non si lasciò scoraggiare.

Posò le piccole mani sulle proprie gambe, avendo la premura di scaldarle, e nel mentre iniziò a leccare e mordere l'interno coscia avvicinandosi via via all'erezione dell'uomo. Poi quando si ritenne pronta prese la lunghezza nella mano destra e iniziò a muoverla dall'alto verso il basso con un leggero movimento circolare. L'uomo ansimò dolorosamente tanto che Artemisia si spaventò.

"Scusa, sono ancora fredde?" chiese apprensiva.

"No... è che... è troppo bello..." riuscì faticosamente a formulare l'uomo mentre si sforzava di non cedere subito.

Artemisia rinvigorita da quel complimento tornò ad occuparsi di lui e dopo aver continuato ancora un po' con la mano decise di accostare il viso e leccare l'alta dalla base fino alla punta e da lì lo accolse interamente in bocca. Lo poteva quasi sentire pulsare mentre muoveva la testa e nel mentre alternava leccate a movimenti in cui succhiava. Allontanò la bocca, sostituendola con la mano, e la portò all'altezza dei testicoli che dopo un attimo di esitazione iniziò a leccare, Piton sobbalzò per la fortissima ondata di piacere che quel contatto gli provocò: "Oh Salazar, continua..." biascicò con la voce impastata dal desiderio. Artemisia alzò lo sguardo e trovò gli occhi scuri di Severus a guardarla, ma non sembrava vederla perché era totalmente ubriaco di piacere e gli occhi si Artemisia sollevati nei suoi lo stavano facendo impazzire ancor di più. Con la mano le strinse i capelli dietro la nuca, la fece tornare con la bocca sul membro e la spinse in basso fino a farglielo prendere tutto in bocca, la bloccò lì per diversi secondi e quando la lasciò lei risalì come una molla staccandosi e boccheggiando in cerca di aria.

Entrambi furono totalmente appagati da quel gesto di rude sottomissione.

Appena Artemisia ebbe preso respiro si spostò sopra di lui, era pronta e si sentiva tremendamente eccitata. Prese con una mano la sua virilità e la posizionò alla propria entrata, si costrinse a rilassarsi e scese lentamente finchè non fu interamente in lei. Un rantolo di soddisfazione lasciò le labbra dell'uomo mentre cominciava a muoversi sotto di lei man mano più velocemente cercando di prestare attenzione alle reazioni della donna e capire come le piacesse di più.

Continuò a un ritmo sostenuto finchè le gambe affaticate non gli chiesero un attimo per riprendersi e rimase stupito nel vedere che Artemisia, posizionando gli avampiedi sulle sue gambe si dava il giusto sostegno per poter continuare lei a muoversi a un ritmo anche più incalzante del proprio. Si rilassò totalmente a quella sensazione di perdita del controllo e la lasciò muoversi su di lui come meglio le piaceva. Ne osservò il viso stravolto, il sudore sulle tempie, gli occhi chiusi e le sopracciglia leggermente aggrottate, la bocca aperta e ansimante e i capelli, ormai più lunghi delle spalle, che sussultavano nello stesso ipnotico movimento dei suoi seni. Si destò da quel sogno solo quando lei gli crollo sul petto esausta e le rubò un lungo e appassionato bacio. La fece scendere da dosso a lui e la fece stendere sulla schiena, le bambe aperte davanti a lui, entrò nuovamente in lei e continuò a spingere fin quando anche lui non sentì quel piacevole brivido stravolgergli tutti i muscoli. Si stese di fianco a lei respirando a fatica.

"tutto bene?" le chiese vedendola silenziosa e con gli occhi appena socchiusi.

"Sì, è stato bellissimo".

Artemisia si strinse tra le sue braccia calde e si addormentarono entro pochi minuti.

La mattina dopo aprire gli occhi e trovare Severus al suo fianco fu la cosa più simile alla felicità che avesse mai provato. Ciò che era successo la sera prima era stato qualcosa di unico, non si era mai sentita così appagata dopo il sesso. Si alzò e chiamò Willy che in poco le portò la colazione, fuori doveva essere già tarda mattinata perché le acque del lago nero erano illuminate dai raggi del sole in superficie. Si sedette su una poltrona a sorseggiare il suo caffè bollente.

Una decina di minuti dopo l'uomo uscì dalla stanza, appena la vide estrasse una boccetta dalla tasca del pigiama.

"Che cos'è?", "Pozione del giorno dopo, ieri ci siamo dimenticati di usare una qualsiasi forma di protezione. Se vuoi posso anche fornirti una pozione anticoncezionale" era molto freddo e Artemisia se ne rese conto: "Posso farla io, so come si fa", "E allora falla, non muoio dalla voglia di diventare padre", Artemisia non capiva quel comportamento.

"Cos'hai Severus?" chiese con rabbia. "Nulla, non ho nulla. Devo andare" si voltò per tornare in camera e andarsi a vestire, sembrava nervoso e sofferente. Artemisia si allungò bruscamente afferrandogli la manica: "Aspetta! Dove devi andare? Non ci sono lezioni oggi", lui si voltò di scatto fulminandola con lo sguardo: "non mi devi toccare", lo lasciò come se si fosse scottata. Piton si allontanò di qualche passo: "Non ti interessa dove io debba andare", si sentiva male, era stata felice fino a poco prima, avevano passato una notte indimenticabile e ora la trattava così, il cuore le doleva tremendamente. Ma non si sarebbe arresa.

"Cosa ti ha svegliato?" Piton si bloccò sullo stipite della porta voltandosi a guardarla di nuovo. "È stato il marchio vero? Ti sta chiamando" rimase a guardarla ancora per qualche secondo ma non rispose, si andò a vestire e poi se ne andò, lasciandola sola lì.

Passarono ore in cui Artemisia cercò di studiare ma l'angoscia glielo impediva o comunque la rallentava. Stava rileggendo per la centesima volta la stessa pagina di astronomia quando la porta si spalancò e lei si alzò dalla poltrona pronta ad andargli in contro.

Severus era davanti a lei, pallido come non mai, gli occhi spenti e le occhiaie nere. Senza dire nulla si tolse il mantello e lo poggio all'appendiabiti, poi si diresse verso la sua camera, Artemisia lo vide arrancare, mentre camminava, e fermarsi respirando affannosamente vicino allo stipite della porta.

"Severus va tutto bene?" si avvicinò titubante, l'espressione dell'uomo era dolorante e la fece preoccupare.

"Severus che ti ha fatto?", non aveva detto nulla da quando era entrato ma vedendola preoccupata affianco a lui con un'espressione sofferente quasi quanto la sua si arrese: "Aiutami a togliere i vestiti" biascicò con un filo di voce e Artemisia subito gli fu davanti per sbottonargli la redingote. Appena gliela ebbe sfilata sbarrò gli occhi, la camicia era completamente impregnata di sangue, tolse anche quella in fretta e si accorse che la schiena dell'uomo era attraversata da tagli profondi.

"Aspetta ci penso io" tornò in un attimo con un asciugamano bagnato per pulirlo da tutto il sangue e poi lo fece stendere sul letto a faccia in giù. Appellò l'essenza di dittamo e la pozione rimpolpa sangue per chiudergli le ferite e farlo riprendere. Piton le strinse con forza il polso quando iniziò ad usare il dittamo ma lei non ci prestò attenzione, era determinata a fare un buon lavoro, l'uomo nel mentre la osservava concentrata sulla sua schiena, non avrebbe mai voluto che lei vedesse quello scempio.

Nel giro di dieci minuti le ferite erano rimarginate ma la pelle era ancora molto sottile così gli avvolse il torace con delle bende, lo aiutò a girarsi e sollevarsi per bere la pozione. In poco il suo volto riprese colore e il respiro si fece meno affaticato, Artemisia non fece domande, immaginava cosa fosse successo e pensava che Piton non avesse voglia di parlarne.

"Vuoi dell'acqua, un te?", "Mh biascicò l'uomo senza dare una risposta precisa così Artemisia chiamò Willy e si fece portare una semplice bottiglia d'acqua.

Recuperò i vestiti pieni di sangue e l'asciugamano che aveva usato e con un'angoscia opprimente addosso li diede all'elfo per portarli in lavanderia, poi si sedette a peso morto su una sedia della stanza, tutta la tensione di un attimo fa ora la stava sommergendo.

"Artemisia..." la chiamò l'uomo e lei alzò lo sguardo su di lui: "grazie, e scusami per prima"

Non ne parlarono più, non misero in mezzo l'argomento e Artemisia non seppe mai cosa di preciso avesse causato la rabbia dell'Oscuro. Piton apprezzò molto quel silenzio e gliene fu tacitamente grato, era completamente guarito nel giro di un paio di giorni, le frustate della maledizione di Dolohov non erano ferite normali e avevano richiesto un po' più di tempo.


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