Capitolo 11

Dopo quell'ultima cena insieme Artemisia e Piton non avevano più avuto modo di parlare ma entrambi percepivano distintamente che la situazione fosse cambiata. Ora quando Artemisia gli rivolgeva lo sguardo lui lo ricambiava e un sorriso nasceva sul viso di entrambi, in classe non avevano più avuto scontri e la vicinanza l'uno dell'altro ne migliorava l'umore. Eppure ogni volta che Artemisia aveva avuto il desiderio di raggiungerlo nel suo studio aveva desistito per paura di spezzare quella strana quiete che si era creata, voleva essere serena finchè poteva. I suoi amici si resero conto del cambiamento della ragazza e sebbene nessuno ne conoscesse il motivo ne erano felici, quando non era nervosa Artemisia sapeva essere incredibilmente piacevole.

Si stava dirigendo la lezione di astronomia insieme a Lidia, camminavano in silenzio per i corridoi bui del castello e nessuna delle due sembrava voler intrattenere una conversazione. Artemisia però notò come l'altra si torceva le mani e si voltava spesso a guardarla come per dire qualcosa, alla fine si decise: "Ti andrebbe di andare a Hogsmead insieme domani?"

"Ci siamo già organizzati, non te l'hanno detto?" chiese innocentemente

"Sì lo so, intendevo se ti andasse di uscire da sole, prima di raggiungere gli altri" chiarì coraggiosamente Lidia

"Oh..." quella richiesta la prese totalmente alla sprovvista. In pochi attimi valutò le conseguenze di quella uscita: Lidia era una sua amica, aveva un carattere socievole ma era determinata ed era bellissima, l'aveva sempre pensato, ma non aveva mai pensato che potesse interessarsi a lei, o forse si stava facendo un film e intendeva uscire da sole per raccontarle qualcosa, in amicizia... ma a lei interessava Lidia? Non lo sapeva, più no che sì, ma la conosceva troppo poco per dirlo con certezza. Poteva essere un problema dirle di sì? Non un grande problema.

"Va bene, allora ci avviamo subito dopo pranzo e poi nel pomeriggio raggiungiamo gli altri?" propose e l'altra annuì con la testa per poi continuare a camminare verso la torre di astronomia.

Quando la lezione finì Artemisia non si riunì alla compagna di casa, voleva approfittare della tolleranza del coprifuoco dopo la lezione per uscire in cortile, anche solo per affacciarsi a guardare il lago e rientrare subito dopo. Le dava pace il Lago Nero di notte.

Stava camminando da sola per i corridoi quando percepì un fruscio dietro un angolo e un secondo dopo una bacchetta le illuminava il viso di una luce fredda e fastidiosa. L'insegnante dietro la bacchetta, invece, era gongolante per aver trovato uno studente in giro oltre il coprifuoco ma poi riconobbe la ragazza.

"Carter, come mai in giro a quest'ora?", "Ho appena finito lezione di Astronomia"

"Ah Aurora è venuta a parlarmi proprio ieri di te... dice che sei incredibilmente brava. Io non avevo questo interesse per l'astronomia". Artemisia si concentrò sul fatto che Piton avesse chiamato la Sinistra per nome, e l'idea che potessero conoscersi in maniera più stretta di semplici colleghi le attanagliò lo stomaco, la professoressa era una bella donna e quasi coetanea dell'uomo.

"La direzione per i dormitori non è questa però" constatò acutamente Piton.

Una leggera risata irrisoria le scappò dalle labbra. Lo sapeva che non era quella la strada, non stava tornando in dormitorio.

"Lei deve controllare i corridoi?", "No, in realtà stavo andado nel mio studio", "Vuole venire con me?", Piton la guardò alzando un sopracciglio

"Dai! Un tempo si fidava di me ciecamente", l'uomo sbuffò e le fece segno di indicare la strada.

Lo portò fuori dal castello, nessuno li vide, lo portò sulle sponde del lago e gli fece segno di sedersi a terra come aveva appena fatto lei, silenzio lui l'assecondò.

"Quindi?" chiese fingendo un tono annoiato

Artemisia sorrise e alzando la mano, come a mostrare un oggetto raro, gli indicò il cielo. Lui alzò lo sguardo e scoprì che lì, lontani dalle luci delle città e con il castello completamente oscurato, la via lattea era perfettamente visibile sullo sfondo nero, la luna non era ancora sorta e tutto intorno a loro due era buio.

"Guardi lì, quella è Cassiopea, conosce il mito?" gli indicò una costellazione a forma di 'W', ci mise più tempo a notarla ma quando la vide fu come scoprire un nuovo punto di vista. "Sì, lo conosco", "Ecco guardi che cosa stupenda, quell'altra affianco è Andromeda che nel mito è la figlia, sta in mezzo tra Cassiopea e Perseo che però è visibile a ottobre" Piton la osservava parlare del cielo, spiegargli come quell'insieme di luci avessero un senso e che anzi, fossero in perfetta armonia, gli occhi brillavano riflettendo il cielo stellato e gli mancò il fiato, era così bella e dolce e intelligente, non sapeva come aveva pensato di privarsene. Si risvegliò dai suoi pensieri sentendola richiamarlo per fargli vedere qualcos'altro.

"Conosce Saffo?", "Sta sera mi stai trattando come se fossi il primo passante che capita" non si accorse neanche di averle dato del tu, Artemisia si mise a ridere e quando si fu fermata lo guardò con uno sguardo che lui non riuscì a capire ma gli scaldò il cuore.

"Quelle sono le Pleiadi", gli indicò un gruppo di stelle appena visibili al di sopra delle montagne. Lui le osservò ma dopo un attimo tornò a guardare la ragazza affianco a lui, che aveva iniziato a recitare:

Tramontata è la luna

e le Pleiadi a mezzo della notte;

anche giovinezza già dilegua,

e ora nel mio letto resto sola.

Scuote l'anima mia Eros,

come vento sul monte

che irrompe entro le querce;

e scioglie le membra e le agita,

dolce amara indomabile belva.

Ma a me non ape, non miele;

e soffro e desidero.

La osservò parlare con commozione, e lui rimase affascinato da lei che gli riservava sempre sorprese.

"Chi te l'ha insegnata?", "Mia madre aveva un libro con tutti i frammenti di Saffo", seguì un silenzio leggero dettato dal rispetto della memoria di sua madre. Piton si accorse che il prato si stava rischiarando ma non riusciva a comprendere quale fonte di luce potesse illuminare in quel modo l'ambiente.

"Oh, guardi! Sta sorgendo una meravigliosa luna piena", al di là delle montagne un primo frammento luminoso si stava affacciando sul castello e si rifletteva sulle leggere onde del lago che brillavano come gemme.

Artemisia rimase incantata davanti a quello spettacolo per diversi minuti fin quando Piton non si azzardò a chiedere: "Conosci l'ode del sublime?"

"Sta andando proprio sul romantico professore" lo prese in giro e lui sbuffò infastidito pentendosi già di quella richiesta. Artemisia però lo accontentò iniziando a recitare anche quella poesia.

Iniziò con voce chiara, sicura di sé

"Pari agli dèi mi appare lui, quell'uomo

che ti siede davanti e da vicino

ti ascolta: dolce suona la tua voce

e il tuo sorriso

accende il desiderio. E questo il cuore

mi fa scoppiare in petto: se ti guardo

Rapita lei stessa dalle parole alzò gli occhi in quelli di Piton e la voce le tremò per un attimo prima di recuperare l'intonazione giusta.

per un istante, non mi esce un solo

filo di voce,

ma la lingua è spezzata, scorre esile

sotto la pelle subito una fiamma,

non vedo più con gli occhi, mi rimbombano

forte le orecchie,

e mi inonda un sudore freddo, un tremito

mi scuote tutta, e sono anche più pallida

dell'erba, e sento che non è lontana

per me la morte."

Quando terminò era lei quella prossima a morire e la voce le mancava davvero. Piton respirava profondamente e osservava Artemisia rapito dal suo volto stravolto. Non si era accorto di quanto fossero vicini fino a quel momento e la ragazza parve notarlo in contemporanea. Intorno a loro il silenzio della notte li avvolgeva, tutta la natura sembrava essersi fermata per assistere ed ascoltarla.

Artemisia guardò il mago di fronte a lei, un calore dolce le avvolse il petto e decise di non pensare più alle conseguenze delle sue azioni. Si sporse, in un gesto al di fuori di ogni logica, gli occhi chiusi e così non si accorse del fatto che lui le andò incontro.

Le loro labbra si unirono in un bacio dolce, lento, assaporato con calma. Lui si beò di quelle labbra calde e piene, le portò una mano sul viso accarezzandola con una delicatezza tale che era quasi intangibile, Lei gli portò incerta una mano sulla nuca accarezzando i capelli neri e attirandolo leggermente verso di lei, inconsciamente preoccupata che potesse andare via.

Fu l'uomo, ubriaco di lei, ad approfondire il bacio e Artemisia completamente dipendente da quel contatto non fece resistenza, sentiva solo il suo cuore battere con forza contro lo sterno e faticava a prendere respiro. Si separarono solo quando il trasporto li portò a stendersi sul prato umido e freddo che li risvegliò da quell'idillio.

Si guardarono, entrambi ansimanti e si ritirarono a sedere. Artemisia avrebbe voluto dire qualcosa ma si obbligò a tacere, temeva il confronto con Piton. L'uomo si alzò con un gesto fluido e le porse la mano per aiutarla a mettersi in piedi, lei l'accetto e sollevò gli occhi nei suoi sperando di capirne i pensieri ma in fondo a quei pozzi neri era impossibile intravedere qualcosa.

"Rientriamo" furono le uniche parole che le disse. 

Il pomeriggio successivo, come aveva promesso a Lidia, uscì a Hogsmead da sola con lei. Si videro appena fuori dal portone principale e si avviarono insieme verso il villaggio.

"Come stanno andando le lezioni? Tu hai un sacco di corsi da seguire, hai superato tutti i GUFO, io invece mi devo preoccupare solo di poche materie" iniziarono con le solite conversazioni di circostanza.

"Bene, per adesso sto seguendo tutto senza problemi e mi sono organizzata le giornate per studiare un po' tutti i giorni".

"Ho saputo che dopo la punizione con Piton lui si sia quietato. Meglio così, ti stava rendendo le lezioni un inferno, Gabriel mi raccontava sempre le sfuriate che ti faceva"

Il solo pensiero di Piton la fece arrossire e la riportò a quella mattina, quando si era risvegliata e il suo primo pensiero era stato quel bacio. Le sembrava quasi di averlo sognato.

"Si, ho fatto buon viso a cattivo gioco. Ho chiesto scusa per avergli risposto e dopo alcune ore a pulire calderoni deve aver pensato di avermi umiliata abbastanza per tutto l'anno scolastico", riuscì a dissimulare al meglio.

"Non so come tu faccia. Io gli avrei messo le mani alla gola appena entrata nel suo studio per la punizione". Artemisia rise immaginando la scena.

"Ti va se entriamo un attimo in cartoleria? Ho bisogno di qualche penna copiativa" le chiese la riccia ed entrarono nel negozio indicato.

Una volta all'interno un tepore leggero le avvolse e si poterono sfilare i lunghi cappotti. Solo allora Artemisia notò la gonna a balze dell'altra che le lasciava scoperte le gambe lunghe ed eburnee, in un momento diverso ci si sarebbe soffermata di più ma la scena della notte prima la perseguitava facendole sentire ancora più caldo. "Come stai bella Artemisia!" le disse Lidia arrossendo, così le sorrise e le disse di rimando: "Anche tu stai molto bene".

Si defilò subito dopo tra gli scaffali guardandosi intorno senza cercare un oggetto preciso ma fu catturata da alcune penne stilografiche e una in particolare le saltò all'occhio: la piuma era di un nero talmente intenso da avere riflessi blu e viola mentre l'impugnatura era in argento e un serpente vi si attorcigliava attorno come nel bastone di Esculapio, dio della medicina nel pantheon greco. Non badò al prezzo e la comprò senza pensarci una seconda volta.

Mentre uscivano dal negozio Artemisia si specchiò nella vetrina. Non si era veramente impegnata per vestirsi bene, aveva sfruttato un abbinamento che sapeva già starle discretamente e non aveva dovuto crucciarsi più di tanto. Aveva addosso un semplice pantalone a sigaretta nero con sopra un dolcevita bordeaux, le scarpe erano i suoi soliti mocassini in pelle comodi e caldi, il cappotto la proteggeva dal freddo... era un abbigliamento più funzionale che altro, eppure Lidia la trovava bella...

Decisero di entrare ai tre manici di scopa per bere una burrobirra, inoltre avevano appuntamento lì con gli altri quel pomeriggio. Quel luogo aveva la capacità di creare una convivialità e una confidenza immediata.

"Va bene dai, non ci giro intorno, se ti ho invitata a uscire oggi non era per fare due chiacchiere tra amiche. Mi sembra palese"

Quella schiettezza ebbe l'istantanea capacità di mettere Artemisia in imbarazzo

"Io... lo immaginavo ma vedi, io non-"

"Aspetta!" la interruppe "capisco che tu ora ti senta a disagio, sono stata brusca ma non sapevo come dirlo altrimenti, però quello che vorrei tu sapessi è che mi piaci molto e vorrei poterti frequentare" si spiegò gesticolando insicura, quell'immagine intenerì Artemisia che si sentì in dovere di dirle almeno una mezza verità.

"Lidia, tu sei una delle ragazze più belle che io abbia mai visto e sei una mia cara amica. Mi lusinga che io ti piaccia ma ho già una donna nella mia vita e anche se ora siamo lontane amo lei. Mi spiace"

"Oh... capisco..." la delusione nelle parole dell'altra era palpabile. 

Per fortuna dopo qualche minuto entrò nel locale il resto del gruppo che vedendole sedute a un tavolo le andò incontro e interruppe quel silenzio imbarazzante. Si sedettero tutti al tavolo e ordinarono ma Artemisia era nervosa e decise di prendere u whisky incendiario sperando che scacciasse la tensione.

"Hey! Stai sulla buona strada per ubriacarti?" la prese in giro Gabriel

"Hai mai bevuto davvero in vita tua? Non ci si ubriaca con un whisky" gli rispose infastidita.

"Va beh ho capito, è andata male tra voi due, ma almeno non ho perso", si rese conto di aver parlato troppo solo quando lo sguardo nero di Lidia saettò su di lui.

"Cosa non hai perso?" fu la domanda insistente di Charlotte che anticipò l'amica.

"Ecco... io... io e Lidia..." era in difficoltà e cercava di trovare un'idea a cui aggrapparsi.

"Ecco noi... avevamo scommesso che...", la minaccia negli occhi di Lidia si fece ancora più insistente.

"Ecco io... io avevo detto che era etero mentre Lidia che fosse lesbica. Quindi se tra loro è andata male ho vinto io, ecco tutto", alla fine Gabriel tirò un sospiro di sollievo.

"Gabriel" ne richiamò l'attenzione Artemisia, e lui si voltò a guardarla negli occhi

Legilimens: la scena della vera scommessa su chi l'avrebbe baciata per prima le si manifestò immediatamente.

"Mi spiace dirti che avete perso entrambi, sono bisessuale. Ora scusatemi ma questi giochi da ragazzini mi innervosiscono", e così dicendo si alzò e se ne andò. 

Se dovevano rovinarle la giornata c'erano sicuramente riusciti. La sua reazione poteva risultare pesante forse ma detestava sentirsi oggetto di attenzioni non richieste. Decise di rientrare al castello, faceva troppo freddo lì per le strade di Hogsmead e aveva concluso il suo giro di acquisti. Lungo la strada il pensiero di Piton tornò insistente ma sta volta l'entusiasmo della mattina era scemato e veniva trascinata dalla sua mente nei peggiori scenari possibili. Forse aveva rovinato tutto, ora che si stavano riavvicinando lei aveva voluto di più e aveva complicato le cose, l'avrebbe allontanata di nuovo e sta volta poteva incolpare solo sé stessa e la sua mancanza di raziocinio. Voleva parlargli per chiarire ma al contempo pensava che fosse meglio lasciare a lui il tempo per pensare, se si fosse sentito stretto avrebbe reagito peggio, magari non sarebbe riuscita neanche a salvare il salvabile. Che guaio aveva fatto, come le era saltato in mente di baciarlo? Era stato un bel momento, secondo lei molto romantico, aveva sentito il cuore battere dopo più di un anno di sofferenza ma ne era valsa la pena se significava perdere Piton per sempre?

Quando rientrò al castello i corridoi erano deserti, erano tutti ancora al villaggio e così sarebbe stato per le successive ore, aveva tutto il tempo di cambiarsi i vestiti freddi e umidi e andare in biblioteca a leggere qualcosa, voleva tenersi impegnata per non cedere all'impulso di correre dall'insegnante per parlargli. Ma i suoi propositi vennero meno quando, poco prima di girare verso la scala che l'avrebbe condotta ai sotterranei una figura ammantata di nero sbucò nel suo stesso corridoio. Artemisia si immobilizzò a guardarlo, le sembrava quasi difficile metterlo a fuoco tanto il suo corpo era in allarme.

Piton non fermò la sua camminata ma rallentò il passo, si soffermò sulla sua figura cercandone un difetto ma tranne che stava visibilmente tremando non avrebbe potuto appuntarle nulla. In quei pochi passi che li separarono ripensò ai dubbi che lo avevano divorato quella notte, dopo essere rientrato nelle sue stanze. Era stato un errore baciarla? Farsi trasportare dalle sue parole, dai suoi occhi luminosi, le labbra morbide, il cuore martellante nel proprio petto? Era stata di certo una follia, una roba sconsiderata, illogica. Ma era stato un errore? Razionalmente sì. Lo considerava grave? In tutta onestà no. Non poteva essere grave baciare l'unica persona di cui apprezzasse la compagnia, con cui sentisse un'immediata intesa, con cui aveva intrattenuto le migliori conversazioni degli ultimi quindici anni, ma soprattutto era l'unica persona che quando lo guardava non lo faceva sentire sbagliato, i suoi occhi non erano pietosi né pieni di rabbia o spaventati, erano semplicemente vividi. Eppure era sbagliato baciare una studentessa, una ragazza con quasi vent'anni meno di lui, e che non amava. Perché lui amava Lily, e nessuna donna poteva sostituirla, neanche se era giovane, bella, intelligente, determinata, sarcastica e potente come lo era Artemisia. Forse quindi avrebbe dovuto privarsene ma ripensare ai mesi appena trascorsi senza di lei glielo rendeva impossibile. La voleva nella sua vita finchè avrebbe potuto, fino alla fine dell'anno, quando si sarebbe diplomata e, sperava, sarebbe andata il più lontano possibile dalla guerra.

I suoi passi si interruppero, si trovava di fianco a lei, rivolti nelle direzioni opposte del corridoio, potevano avanzare di un passo e ignorarsi. Artemisia si sentì stringere il polso nella mano liscia dell'uomo e delicatamente tirare verso la direzione da cui era appena venuta, fece un mezzo giro su sé stessa e si voltò a guardarlo.

"Deve dirmi qualcosa?" chiese con voce preoccupata. "Cena da me sta sera", un sorriso le nacque sul volto alleggerendola da ogni angoscia. "È un invito o un ordine?" lo canzonò causando uno sbuffo divertito che fu una risposta soddisfacente. 

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