5_GUSTO
Una tiepida serata d'estate portava alle mie narici l'odore di gelsomino e di fiori d'arancio.
Steso, nella penombra solitaria della mia camera da letto, lasciavo che i pensieri fluissero liberi nella mia mente, lasciavo che i ricordi tornassero a lei, al suo sorriso dolce, alla sua pelle morbida e fresca, alle sue guance rosee ai suoi capelli lucidi dalla consistenza serica, alla sua bocca...
Non avrei voluto, né avrei dovuto permettere ai ricordi di invadermi; i ricordi erano dolorosi e tristi, i ricordi servivano solo ad acuire maggiormente il peso della sua assenza. Ma stasera... stasera ero troppo stanco per mantenere sotto controllo la mia mente, ero troppo stanco per impedirmi di pensarla. E allora chiusi gli occhi, lasciandomi cullare dai dolci profumi estivi, che lievi filtravano nel mio cuore.
****
Non ricordavo di aver mai visto qualcosa più bello e di più invitante di Nina, la prima volta che facemmo l'amore. Il sapore della sua pelle era dolce sotto la mia lingua, che esitante, ne esplorava ogni centimetro. Morbido come velluto, liscio come una mousse al cioccolato, speziato e piccante come la cannella; il suo corpo si presentava ora a me in tutto il suo fulgore, mentre esitante lo liberavo dall'intralcio dei vestiti.
Ero spaventato dalla portata del mio desiderio per lei, spaventato da un sentimento talmente forte da sembrare quasi irreale; talmente totalizzante da essere in grado di distruggere il mio cuore e la mia anima, qualora non fosse stato ricambiato con uguale intensità. Avevo paura. Sì paura, quando dopo cena i nostri abbracci si erano fatti più intensi, i nostri baci più profondi e intimi; quando le nostre mani avevano preso ad esplorare reciprocamente i nostri corpi.
Se lei non avesse provato le mie stesse sensazioni?
Se non le fossi piaciuto come lei piaceva a me?
Un adolescente, ecco cos'ero diventato, un adolescente insicuro e timoroso; non più Andrea Corindi chef di un ristorante pluri-stellato; non più l'uomo forte e deciso in grado di dirigere, con pochi precisi gesti, una brigata di venti persone. No, di fonte a Nina ero semplicemente un uomo, e lei con un solo sguardo, era in grado di mettere a nudo la mia anima e il mio cuore lasciandomi indifeso e fragile. Il mio corpo e il mio cuore tremavano di fronte all'eventualità di un suo rifiuto, ma Nina, la splendida creatura che ora danzava con me al ritmo dei nostri cuori innamorati, mi voleva, mi desiderava, proprio come io desideravo lei. Era tutto incredibilmente vero, lei era con me, si beava della mia presenza e della tenerezza nei miei gesti e nelle mie parole; io ero con lei, e stavo incredibilmente bene.
****
Mi alzai dal letto con un'evidente erezione, l'avevo sognata ancora, e ancora per qualche istante la mia mente si era illusa; illusa che i due anni appena trascorsi fossero solo un brutto, terribile sogno e che in realtà fosse in cucina a prepararmi un caffè freddo, come solo lei sapeva fare. Per un istante ancora sperai che verità e sogno avessero invertito le loro strade. L'illusione durò poco, ero ancora solo, la parte di letto accanto a me era vuota e fredda: lei non c'era più. Guardai fuori dalla finestra, era l'alba, l'alba di una radiosa domenica mattina, ma io ormai da molto tempo, non riuscivo più a gioire a pieno di questi miracoli che la natura a volte regala.
Mi limitavo a sopravvivere, superstite all'assenza di lei.
Faticosamente, con un peso sul cuore che non riuscivo a scrollare via, mi trascinai verso la cucina, sul tavolo i resti di una sacher torte che non mi ero sentito di lasciare agli inservienti della scuola di cucina; perché la sacher torte mi ricordava lei, la mia Nina al culmine del piacere. Dolce, calda, sensuale e profumata, la mia donna era un boccone prelibato che avevo sempre voglia di mangiare e di cui non mi sarei mai stancato. Mi sedetti a tavola con una tazza fumante di caffè, fissando resti del dolce ormai in briciole.
Come la mia vita pensai.
Bevetti un sorso, assaporandone il gusto amaro e fissando il vuoto davanti a me. Nel mio cuore, l'eco di un dolore intenso, come non ne sentivo più da tempo. Forse, era stata la realizzazione di questo dolce la sera precedente, a farmi pensare a lei un momento di più; forse, l'aver ricordato i momenti in cui la mangiavamo insieme dopo l'amore, ridendo e spargendo le briciole sulle lenzuola, aveva indebolito le mie difese; forse era la tensione sessuale che sentivo tra le coppie che si erano formate a lezione; ma stanotte l'avevo sognata, e il sogno era stato incredibilmente reale. Un ricordo, più che un sogno vero e proprio. Lei che con lo sguardo triste e assente mi diceva addio. E ora, in questa splendida mattina di fine estate, mi sentivo più solo che mai.
Decisi di uscire per andare al parco, il mio appartamento mi andava stretto oggi; mi sentivo soffocare dai ricordi e dal dolore, avevo bisogno di respirare, di sentire l'aria e il sole sul mio viso, di rigenerarmi al fresco del bosco di betulle che circondava la cittadina in cui mi ero rifugiato.
Mi stesi sotto un albero e chiusi gli occhi. Il suono delle foglie, mosse dalla tiepida brezza che ora lambiva il mio viso, riportavano alla mia mente un altro suono, quello della sua voce triste.
****
"Non posso più restare con te Andrea io... io non ti amo, forse non ti ho mai veramente amato!"
Non riuscivo a credere che lo pensasse davvero, i suoi occhi erano tristi mentre mi diceva: "Andrea io... io sto con un'altra persona".
****
"Andrea!" Una voce mi distrasse dai miei pensieri, riportandomi alla realtà.
"Alice, che ci fai..." mi bloccai, notando che mi fissava con una strana espressione negli occhi.
"Perché è così triste?" Disse asciugandomi dal viso una lacrima che non sapevo di aver versato. "Sa, ora che ci penso, io non l'ho mai vista davvero sorridere, Andrea!" disse spiazzandomi. "Lei ci insegna la passione e l'amore per il lavoro, ci spinge a collaborare assieme, a fare squadra, ci comunica la gioia di fare qualcosa che ci piace, però lei..." fece una pausa, piegando la testa di lato e fissandomi con i suoi occhi così profondi e intensi. "Lei non sembra provare la stessa gioia, non più almeno." Rimasi un istante in silenzio, cercando di assorbire il colpo che le sue parole mi avevano inflitto. "Lei non è più felice da tempo." Continuò.
Abbassai gli occhi sottraendomi al suo sguardo indagatore. Alice aveva ragione, mi aveva capito più di tutti quelli che dicevano di conoscermi. No, non ero felice, e come avrei potuto.
La mia allieva si sedette al mio fianco continuando a fissarmi negli occhi.
"Sa, avevo avuto questo sospetto già da tempo, ma ieri sera, mentre ci spiegava come realizzare la Sacher, ne ho avuto la conferma." Mi sorrise arrossendo, quasi intimidita da quello che stava per rivelarmi. "I suoi occhi erano lucidi e tristi, se non ci fossimo stati noi e se lei avesse avuto meno controllo di sé, forse avrebbe pianto o gridato, forse."
"Sì, lo avrei fatto!" Dissi prima di riuscire ad impedirmelo.
"Il suo amore le manca molto, non è vero?"
"Sì", confermai, non riuscendo più a frenare le parole.
"E il menù che ci ha fatto preparare in queste settimane è un omaggio al vostro amore..."
"Sì, lo è, anche se me ne rendo conto solo in questo momento..." dissi sorpreso. Avevo preparato un ciclo di lezioni per i miei studenti, è vero, ma in realtà avevo ripercorso la nostra storia d'amore cucinando i piatti che più me la facevano sentire vicina.
"Lei è ancora innamorato come il primo giorno. Queste cose si percepiscono sa!" Distolse finalmente lo sguardo dal mio, fissandolo insistentemente sui fili d'erba che si muovevano alla lieve brezza mattutina. "E il suo amore si è esteso anche a noi allievi; noi l'abbiamo percepito e come lei, ci siamo innamorati dei nostri compagni, e del suo lavoro..." arrossì, evitando ancora una volta i miei occhi.
Probabilmente lei e Carlo si erano messi insieme.
"Grazie, Andrea, grazie per averci insegnato cosa significa vivere un grande amore!" Disse ormai rossa come un peperone, ma con gli occhi che sprizzavano gioia. "Mi sono resa conto di non aver mai davvero amato prima d'ora, e me ne sono resa conto grazie a lei, guardando attraverso i suoi occhi, respirando l'amore che mette in tutto quello che fa." Si era alzata in piedi, la nostra conversazione stava per finire. "Ora se può, cerchi di essere un po' felice anche lei, perché sa, è davvero bello vederla sorridere!" Arrossì di nuovo e mi diede un bacio sulla guancia. "Chi l'ha lasciata è stato davvero stupido!" Sentenziò, e con un sorriso che andava da un orecchio all'altro mi salutò. La guardai e sorrisi, per la prima volta dopo tanto tempo, sorrisi davvero. Tornai a casa con il cuore più leggero e un sorriso, che lieve aleggiava ancora agli angoli della mia bocca.
Ma era stata davvero lei la stupida, oppure ero io, quello che si era stupidamente illuso che la nostra storia fosse qualcosa di epico e indistruttibile?
La realtà era che non riuscivo ad accettare che lei fosse come tutte le altre donne, non riuscivo a credere che mi avesse mentito così spudoratamente, non potevo pensare che il suo corpo mi avesse mentito, il suo corpo che si donava al mio con gioia e passione fino a poco tempo prima...
Eppure era andata via. Non l'avevo più vista, neppure per caso; non l'avevo più cercata, non mi aveva più cercato. Scomparsa, dileguata, come nebbia fredda che si disperde al primo sole di primavera.
Al mio ritorno trovai il tavolo invaso dalle formiche: avevano divorato le briciole della torta che vi avevo incautamente lasciato, avevano divorato ciò che restava dell'omaggio a lei, a noi. Le spazzai via gettando ciò che restava nella spazzatura; "un gesto catartico" pensai, mentre il sorriso si allargava sempre di più sul mio viso. L'alba di domani avrebbe trovato un uomo diverso, un uomo disposto a lasciarsi il passato alle spalle e ad andare finalmente avanti.
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Sacher torte:
amara dolcezza
Ingredienti:
250gr di cioccolato fondente,
174 gr di burro,
260gr di zucchero semolato,
180gr di farina 00,
6 uova (divisi in 6 tuorli e 6 albumi),
20gr di miele, un pizzico di sale.
per la farcitura
350gr di confettura di albicocche
per la copertura
300gr di cioccolato fondente,
350ml di panna liquida,
50 gr di miele.
Sciogliere il cioccolato fondente a bagnomaria o nel microonde e lasciarlo raffreddare finché arriva ad una temperatura di circa 32°;è importante che il cioccolato non sia troppo caldo altrimenti scioglierà il burro nell'impasto.
Dividere i tuorli dagli albumi,
Porre nella ciotola di una planetaria munita di frusta il burro a pezzetti a temperatura ambiente, i 110 gr di zucchero semolato e il miele e azionare la macchina fino ad ottenere un composto spumoso.
Unire a filo il cioccolato a 32° e i tuorli uno alla volta.
Montare gli albumi con un pizzico di sale, quando saranno bianchi, incorporare i restanti 150 gr di zucchero poco alla volta, fino a montare gli albumi a lucido.
Aggiungere l'albume all'impasto e mescolare delicatamente con una spatola o la frusta dal basso verso l'alto per non smontare le uova.
Aggiungere la farina setacciata mescolare sempre delicatamente.
Imburrare e foderare con carta da forno una tortiera di 24 cm e versare all'interno l'impasto, livellarlo con una spatola
Cuocere la torta in forno preriscaldato statico a 180° per 50/60 minuti (se ventilato a 160° per 40/50 minuti).
A cottura ultimata sfornare la torta e farla raffreddare su una gratella poi dividerla in 3 dischi, setacciare la confettura in modo che sia liscia e senza grumi e farcire la torta.
Spennellare anche tutta la superficie esterna con la confettura, lasciarla asciugare per almeno un'ora a temperatura ambiente.
Sciogliere la panna fresca liquida e il glucosio, mescolando fino a quando il composto sfiorerà il bollore,
Spegnere il fuoco e versare il composto sul cioccolato fondente tritato.
Mescolare fino ad ottenere una crema senza grumi e lasciar raffreddare la salsa che dovrà raggiungere i 32°.
Ricoprire la torta interamente e per finire realizzare la scritta Sacher versando la glassa avanzata in un cono di carta da forno o una sac-à-poche con un'apertura molto stretta.
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