2_TATTO
La sua pelle aveva una grana talmente sottile sotto le mie dita...
Era la prima volta che sfioravo il suo volto, la prima volta che permettevo a me stesso di saziarmi della sua bellezza, non solo con gli occhi, ma con il tatto.
Le strinsi la mano, era fredda, la primavera era appena iniziata e lei aveva dimenticato i guanti; ringraziai il cielo e mi guardai attorno sorridendo.
Tutto stava sbocciando.
Anche il mio amore per lei.
****
"Andrea!" la voce di mia madre mi ridestò, lasciai immediatamente la cornice con la sua foto, come se ne fossi stato scottato, non volevo commenti, non volevo essere compatito.
"Andrea, ti prego, devi lasciarla andare!" Mia madre aveva visto, aveva capito. "Ti stai distruggendo, tesoro, devi lasciarla andare, devi tornare a vivere!" Non capiva, nessuno comprendeva che io, semplicemente, non potevo. Non potevo lasciarla andare. Se l'avessi fatto non mi sarebbe restato nulla.
Se avessi permesso ai ricordi di abbandonarmi, cosa sarebbe restato di noi, del nostro amore, della morbidezza della sua pelle sotto le mie dita?
L'avrei ricordata ancora?
Chiusi gli occhi e con le dita sfiorai la sua foto, ne ripercorsi i tratti, mi soffermai sulle sue guance rosee, mi beai del suo sorriso. Per un istante, mi illusi di sentire ancora il calore della sua pelle.
Volevo illudermi, dovevo illudermi, se non l'avessi fatto non sarei sopravvissuto alla durezza della realtà.
"Non posso, mamma, semplicemente non posso!" Risposi pacato e sicuro come era nella mia natura. Avevo preso la mia decisione da tempo ormai. Le voltai le spalle, sapendo che soffriva per me, ed uscii da casa; era quasi il tramonto, l'ora che preferivo; il momento di massimo fulgore del sole prima di cedere il passo all'imminente notte.
Passeggiai lentamente, nel tepore di un crepuscolo di fine estate, con l'impellente bisogno di stare solo, di pensare a me, alla mia vita, al mio futuro senza di lei.
Mi sedetti esausto, sulla panchina del nostro primo appuntamento, quella stessa panchina dove per la prima volta le mie mani avevano sfiorato le sue, dove per la prima volta, le nostre labbra si erano toccate.
Chiusi gli occhi, poggiandomi una mano sulla guancia, quella stessa guancia che lei aveva carezzato e asciugando l'unica lacrima che mi ero concesso di versare.
No, mia madre non poteva chiedermi di lasciarla andare, nessuno poteva chiedermi di lasciarla andare, nemmeno Nina.
"Andrea..." una voce nota mi fece sussultare. Alice.
Mi voltai.
"Sta bene?" mi chiese con un'ombra di preoccupazione negli occhi.
Mi riscossi, dovevo avere un aspetto orribile. Non dormivo più bene da mesi ormai. Solo quando ero al lavoro e solo per poche ore, mi concedevo di dimenticare tutto: dolore, preoccupazioni, sofferenza. Solo per poche ore il mio lavoro diventava la cura dei miei affanni.
"S... sì" balbettai, mentre la ragazza si accomodò al mio fianco.
"Volevo ringraziarla, Andrea, sà per l'altra sera!" Sorrise con tutto il corpo; quella ragazza era un raggio di sole sceso per caso ad illuminare un angolo di mondo.
"Per cosa, Alice? Io non ho fatto nulla!" Lei sorrise furbetta, aveva capito il mio gioco, e prima che potessi rendermi conto di ciò che stava succedendo, si avvicinò a me e di slancio baciò la mia guancia.
"Carlo mi ha finalmente invitato a cena!" Disse prima di scappare via con un gran sorriso stampato sul volto.
"Sono felice per voi!" sussurrai tra me e me vedendola allontanarsi. "Ci vediamo stasera a lezione" dissi a voce più alta sorridendo all'amore che vedevo sbocciare in lei.
Spero che tu sia felice Alice, pensai alzandomi e dirigendomi verso casa.
Fra poco il buio sarebbe sceso di nuovo a riempire la mia vita e le mie notti insonni.
****
"E' andata via la luce!" la voce di Nina sembrava così spaventata, non riuscivo ad immaginare, come una donna di venticinque anni, potesse aver ancora paura del buio.
"E allora?" risposi con l'ombra di un sorriso nella voce.
"Ho paura, non sto scherzando: ho paura dei temporali, ho paura dei black out, ho paura di... " sentivo il suo respiro farsi più agitato e forse non era solo il buio a spaventarla.
L'avevo invitata a casa mia, avrei cucinato per lei, era la prima volta che accettava di stare da sola con me.
"Ti faccio il couscous alle verdure!" le avevo detto, "se ti va, puoi aiutarmi a sminuzzare gli ortaggi!"
"Non hai una candela in questa casa?" La voce di Nina era sempre più agitata e stuzzicava la mia fantasia.
Mi avvicinai sfiorandole il braccio nudo; sobbalzò, poi rabbrividì sotto il mio tocco.
"Non ti spaventare, sono solo io!" Le sussurrai all'orecchio, lasciandole un piccolo bacio nell'incavo del collo.
La sentii sospirare, quando le mie mani la cercarono nel buio, sfiorando i contorni del suo viso, delle sue labbra, del suo collo...
La sentii appoggiarsi a me, cercandomi, ricambiando quelle carezze che al buio erano più facili da fare, che nell'oscurità sembravano più intense, più pregne di significato.
"Cerco una candela... " dissi con il respiro accelerato dall'eccitazione.
Mi fermò.
"Godiamoci il buio e i suoni di questa notte di tempesta, dove tutto sembra più forte e più intenso; dove tutto diventa possibile!"
Accarezzò la mia bocca con la guancia accaldata."Godiamo della nostra vicinanza e del calore delle dita che si intrecciano."
Mi sfiorò le dita allacciando la sua mano alla mia.
"... e delle labbra che si incontrano." e mi baciò così, nel buio della notte, nel silenzio di una città bloccata.
Avrei dato qualunque cosa perché il tempo si fermasse, cristallizzando la perfezione di quell'istante.
****
Il mio quartiere si stava illuminando e brulicava di persone in cerca di refrigerio dalla calura estiva, ma io non avevo voglia di unirmi a loro.
Volevo tornare a casa e prepararmi un couscous alle verdure, nell'illusione che il tempo seguisse a ritroso il suo percorso fino a riportarmi a quell'istante di infinita perfezione.
Spensi la luce e chiusi gli occhi sperando di sentire ancora quel tocco gentile sulla mia guancia, ma ero solo, nessuno ad aspettare il mio ritorno, nessuna candela ad illuminare il mio buio.
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Couscous alle verdure
un tripudio di colori e sapori
Per il couscous
270 ml circa di acqua, due noci di burro, 250 gr di couscous, due cucchiai di olio extravergine di oliva.
Per le verdure
Uno spicchio di aglio, qualche foglia di prezzemolo, una carota media, una cipolla media, una melanzana media, cinque cucchiai di olio extravergine di oliva, un peperoncino fresco, otto pomodori ciliegino, due zucchine piccole, sale q.b.
Preparazione
Lavare, asciugare e tagliare a tocchetti piuttosto piccoli la melanzana che verrà salata e posta in un colapasta per almeno 20 minuti a perdere la propria acqua .
Iniziare a preparare il couscous mettendo l'acqua in una pentola larga e capiente, portarla ad ebollizione, poi versarvi un cucchiaino di sale, aggiungere il couscous (a pioggia), due cucchiai di olio, mescolare e poi spegnere il fuoco.
Livellare bene il couscous con un cucchiaio e lasciar riposare 2 minuti in modo che la semola assorba l'acqua.
Aggiungere due noci di burro,
Far cuocere dolcemente per altri 2 minuti, poi spegnere il fuoco e, servendosi di una forchetta, sgranare bene il couscous che verrà temporaneamente lasciato da parte.
Lavare e tagliate a cubetti la carota, la zucchina e i pomodorini.
Sbucciare l'aglio, tagliare a pezzettini il peperoncino e porli a rosolare in una padella capiente assieme a 5 cucchiai di olio e al cipollotto tritato.
Aggiungere quindi le carote, le zucchine e le melanzane sgocciolate.
Far stufare le verdure a fuoco dolce per altri 5 minuti fino a che saranno leggermente cotte, ma non sfatte, poi salare e spegnete il fuoco.
Unire i pomodorini e versare tutto in un contenitore insieme ad il couscous con qualche foglia di spezzettato.
Servire il couscous alle verdure guarnendolo con delle foglie di basilico.
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