Giorno 3 - una ragazzina
Giorno 3 - una ragazzina
Sono diventato vecchio.
Non so quando è successo.
Forse nel momento esatto in cui è finita la guerra.
Quando tutta la mia vita ha perso improvvisamente di significato.
Io che ho passato l'esistenza a strisciare nell'ombra.
A difendere una finzione architettata ad arte.
Un ragazzino con un peso troppo grosso da portare.
E un mondo che mi ha sempre guardato con sospetto.
E adesso sono qui.
Abbandonato sulla poltrona che per anni è stata la mia unica compagna.
Lei, e la mole di libri infinita che ho passato la vita a leggere.
E mi ritrovo alla ricerca spasmodica di un nuovo piano da seguire.
Senza il coraggio di farlo.
E arrivi tu.
Una ragazzina insopportabile che mi ha infastidito per anni.
Con la tua mano perennemente alzata.
Con la tua voglia malata di dimostrare una superiorità purtroppo innegabile.
E mi fai tornare la voglia di combattere.
E non so neppure il perché.
Forse perché sei stata l'unica a trovare il coraggio di affrontare tutte le mie ombre.
Forse perché sei venuta a prendermi a schiaffi fino a qui.
In questi sotterranei in cui nessuno vuole scendere.
Con la tua maledetta voglia di imparare.
Di sapere.
E di aggiustare le cose.
Hai pensato ad un libro al quale anche io ero arrivato con difficoltà.
E mi hai stupito.
Io che pensavo di non poter essere stupito più da niente.
Sicuramente non pensavo potessi stupirmi tu.
E quella libertà che ti sei lasciata scappare senza pensarci troppo.
Della quale ti sei vergognata.
Per la quale non hai voluto darmi soddisfazione.
Ma i tuoi occhi luccicavano mentre mi chiamavi per nome.
E non ho avuto il coraggio di distruggerli.
Io che ho sempre distrutto tutto.
E allora l'ho fatto anche io.
Non so perché.
Non lo avrei mai fatto.
Ma ora è diverso.
Sono vuoto.
Dal giorno in cui ho puntato la bacchetta sul mio unico amico.
E l'ho ucciso.
E adesso ci sei tu, con la tua assurda mania di salvare il mondo.
Di mettere a posto tutto.
E io mi sono lasciato travolgere da qualcosa di sconosciuto.
Dalla voglia di ricominciare.
Tra poco sarai qui.
In questa stanza buia.
Ancora una volta.
E io ravvivo il fuoco.
Perché questi sotterranei sanno essere gelati.
Quasi quanto so esserlo io.
Mi sorprendo a preoccuparmi di qualcosa di cui non mi sono mai occupato.
E lo faccio per te.
Una ragazzina.
A pensare con entusiasmo alla tua voglia di sapere.
E a desiderarla.
Vicino a me.
Alla mia anima scura che non sa rapportarsi con l'umanità.
Della quale, peraltro, non ha mai sentito il bisogno.
Fino ad adesso.
Fino al tuo arrivo quaggiù.
E sono un idiota.
E un vecchio.
E dovrei scacciare il tuo pensiero con ogni briciolo di forza.
Non lo faccio.
Perché non ci riesco.
Avverto i tuoi passi dietro alla porta.
Indugi.
Ancora.
Come hai fatto ieri.
Come hai fatto sempre.
Forse hai paura.
Forse non vuoi che io lo sappia.
Ma io sento tutto.
Osservo tutto.
So quasi sempre tutto.
Anche se non riesco a capirti.
E soprattutto, non riesco a capire me stesso.
Cosa ci fai qui?
Cosa ti porta a cercarmi?
Cosa mi porta a cercare te?
Stupidamente.
O forse l'ho capito.
E mi fa paura.
Mi fa paura il mio aspettarti.
E mi terrorizza il tuo venire a cercare me.
Perché sono vecchio.
Ma non così vecchio da non riconoscere cosa si cela nel tuo sguardo.
Com'è cominciato, Hermione?
Cosa ti ho fatto?
In che modo il fantasma nero che tutti temono, si è trasformato nell'uomo che ti fa tremare il respiro?
La maniglia si abbassa.
Mi anticipa l'urgano che rappresenti.
E io mi trovo a corto di parole.
A corto di pensieri.
A corto di un fottuto piano che possa salvarmi da me stesso.
E da te.
La porta si apre.
Tu guadagni il centro della stanza.
Un nuovo libro stretto tra le braccia.
Un nuovo progetto da portare a termine.
Con me.
Senza che io riesca a capire il perché.
Hai i capelli raccolti.
Sembra che tu sia riuscita a domare quei ricci perennemente ribelli.
Mi sorridi.
E io non so cosa fare.
Perché vorrei sorriderti anche io.
Ma non sono capace.
O forse si.
E ho paura di farlo.
Mi alzo dalla poltrona.
Raggiungo la scrivania che attende il nostro lavoro.
Tu mi segui.
Mi guardi.
Come sempre.
Non parli.
Non sai cosa dire.
E io ti ringrazio in silenzio per non farlo.
Perché le tue parole mi sorprendono.
Mi traumatizzano.
Mi fanno sentire impotente di fronte al tuo sorriso timido.
Sempre nascosto.
Sempre solo accennato.
Apri il libro.
- "Ho trovato questo..."
La tua voce è sottile.
Interrompe il silenzio che fino ad adesso mi ha difeso.
- "Può servirci?"
Lo dici con entusiasmo.
E io mi lascio schiaffeggiare dal tuo ottimismo.
Osservo le pagine.
E hai ragione.
Sei intelligente.
Attenta.
E mi fai incazzare.
Perché nessuno mi coglie di sorpresa.
Nessuno lo aveva più fatto da anni.
Tranne te.
Una ragazzina.
La stessa che ho visto crescere.
La stessa che mi ha innervosito ogni anno, nascosta dietro al suo banco e al suo innegabile sapere.
E che adesso mi affascina.
Mi tramortisce.
Mi terrorizza.
- "Ho pensato che potesse funzionare... Vedi? La formula è la stessa. Si ripete in tutti libri. Però usano sempre finali diversi.
Come se fosse il finale a determinare l'incantesimo, capisci?"
Continui a rivolgerti a me con una confidenza che non dovrei concederti.
Ti guardo.
Hai gli occhi velati di entusiasmo.
E io non sono capace di allontanarti.
- "Capisco..."
Sussurro.
Tu batti le mani
E io resto fermo.
Ad osservarti con sospetto.
E con un interesse che non voglio riconoscere.
Perché non so che altro dire.
- "Lo lascio qui, così lo leggi. Adesso vado a fare una passeggiata sul lago. Vieni anche tu?"
Me lo chiedi come se fosse normale.
Come se il fantasma nero che striscia nei sotterranei da tutta la vita, potesse abbandonare il suo nascondiglio ad affrontare il giorno con te.
E dovrei cacciarti in malo modo.
Come ho sempre fatto.
Ma non ci riesco.
Maledizione!
Mi ritrovo intrappolato in un personaggio scomodo.
Quello che vorrei abbandonare.
Quello che non devo abbandonare.
Perché sono vecchio.
E sono stanco.
E sono solo da tutta la vita.
Ma questo pizzicore alla bocca dello stomaco, io lo conosco.
E so che non devo permettergli di conquistarmi il respiro.
Perché io ci sono già passato.
E non può che fare male.
A me.
Ma soprattutto a te.
Vattene via, Hermione.
Nutriti di luce.
E lascia perdere me.
Che non sono nient'altro che ombra.
Lascia perdere le mie mani sporche di sangue.
La mia anima malconcia.
E i miei fantasmi eterni.
Perché non ho niente da darti, ragazzina.
Se non un mucchio di cultura stantia.
Un'infinità di libri letti.
E una valanga di nozioni inutili.
E questo non serve per vivere, Hermione.
Lasciatelo dire da chi ha avuto il sapere come unico compagno, per ogni maledetto giorno, delle sua maledetta vita.
- "Non vuoi venire?"
Lo chiedi con la voce velata di delusione.
E io sospiro.
Chiudo i libri in malo modo.
Perché sono un idiota.
E non sono così forte da lasciarti uscire di qui.
Lontana da me e dal mio mondo fatto di silenzi.
E mi detesto.
Mi faccio schifo.
Perché sono un vecchio pieno di ombre.
E tu una ragazzina piena di sogni.
Sorrido obliquo.
In quel modo saturo di sarcasmo che dipinge il mio volto.
L'unico che so indossare per provare a difendermi.
Per provare a difenderti.
Perdonami Hermione.
Per non essere abbastanza forte da scaricarti addosso tutto il distacco di cui sono sempre stato capace.
E per farti vedere che forse, nascosta sotto una casacca nera, c'è ancora qualche traccia di un uomo.
Mi volto verso la libreria.
Inforco il mantello.
Lo getto velocemente sulle spalle.
Tu mi guardi sorpresa per un istante.
Poi saltelli sul posto.
Hai capito.
Sai che ti seguirò.
E forse non sai spiegartelo.
Ma sembri felice.
E io sembro un cretino.
Ancora di più.
Mentre abbandono il mio anfratto umido per raggiungere con te la sponda di un lago incantato.
Io che sono solo un vecchio mago dal cuore logoro.
Con te.
Che sei solo una ragazzina.
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