Cuori frantumati
Eravamo una di quelle coppie dal litigio facile, mai d'accordo su qualcosa.
A partire dalla colazione la mattina.
Ho frantumato così tanti bicchieri contro il muro nella speranza di colpirlo in pieno viso, ma lui si scostava sempre.
«Sei diventata matta tutto d'un colpo?» mi urlava contro lui, guardando il bicchiere rotto per terra. «Hai deciso di farmi fuori?»
«Forse, almeno la smetteresti di sparare stronzate!»
E io sapevo che dopo aver pronunciato quelle parole, saremmo finiti tra le lenzuola del letto, o il tappeto della sala a fare l'amore.
A perdonarci.
Eravamo così, ci amavamo disperatamente e ci odiavamo perdutamente.
Ma si sa, le cose belle finiscono e gli amori si frantumano. Come quei cocci di vetro che raccoglievo ore dopo dal pavimento della cucina, con solo la sua felpa addosso.
E come quei bicchieri ci siamo rotti anche noi.
Me ne accorsi quando pronunciata la fatidica frase, lui avanzò verso di me, con gli occhi incendiati di rabbia, mi sorpassò e uscì di casa. Erano diversi giorni che dopo aver litigato mi baciava e mi lasciava da sola.
Quel giorno mi lasciò da sola e basta.
Abbassai leggermente il capo sentendo gli occhi pizzicare. Cos'era appena successo? Perché non avevo le sue mani che mi tiravano i capelli nel tentativo di rendere un bacio passionale e rude, ancora più passionale e rude?
Con gli occhi colmi di lacrime andai in sala a sedermi sul divano. I piedi che sfioravano il tappeto, le mani chiuse in grembo.
Lo aspettai per ore.
Seduta sulla morbida stoffa di quel mobile, spettatore di tanti litigi, un leggero ronzio nelle orecchie e un dolore al petto che mi toglieva le forze ogni secondo che passava.
Non lo avevo sentito rientrare. E quando mi alzai dal divano, voltandomi, trasalii nel vederlo poggiato allo stipite della porta. Sospirai affranta distogliendo lo sguardo dal suo viso. Dai suoi occhi glaciali che mi guardavano come se fossi una qualunque persona sulla faccia della terra.
Presi la tazza che era poggiata sul basso tavolino e andai in cucina. La sciacquai velocemente riponendola nella credenza dopo averla asciugata.
«Cosa ci è successo? Perché tu ora dovresti essere al quarto orgasmo post-litigata, e invece hai appena lavato una tazza» le parole mi giunsero lontane, ovattate.
«Non lo so cosa ci sta succedendo. So che preferirei essere al quarto orgasmo piuttosto che stare qui a lavare una tazza» risposi guardandolo negli occhi. Lui aprì la bocca per dire qualcosa ma la richiuse subito. Mi mordicchiai l'interno della guancia, aspettando una risposta.
«Ci amiamo ancora almeno?»
«Non lo so» e non lo sapevo davvero. Faceva un male cane, ma non sapevo se lo amavo ancora si o no. Era diventato tutto così confuso negli ultimi tempi. «Tu pensi che non ci amiamo più?»
«Litighiamo ancora» mi rispose lui, come se quella fosse una prova che tra di noi ci fosse ancora l'amore.
«Vero, e dopo che io ti ho tirato un bicchiere facciamo sesso. Ma non faccio sesso da parecchio. Quindi c'è qualcosa che non va» feci una pausa. «Da parte tua c'è qualcosa che non va. Perché io ho ancora voglia di fare sesso» precisai prima che lui mi potesse rispondere.
«Vuoi fare sesso?»
«Non..non voglio fare sesso! Voglio capire cosa c'è che non va!» alzai il tono di voce passandomi una mano nei capelli.
«Io voglio fare sesso...» alzai gli occhi al cielo a quella risposta.
«Sai che dovrebbe essere un discorso serio questo, vero?»
«Lasciami finire di parlare, ho detto che voglio fare sesso. Non che voglio fare sesso con te» l'aria che avevo nei polmoni mi abbandonò fino all'ultima traccia di ossigeno. Mi guardava deluso, ferito. Dovetti tenermi al ripiano dove c'erano i fornelli. Mi sentivo le ginocchia molli.
«Ho tentato tante volte di... di capire cosa si fosse rotto...» alzai una mano per fermarlo, per farlo stare zitto. Respiravo a fatica, i polmoni non volevano sapere di ricevere l'ossigeno che serviva loro. «Anna...» mi chiamò lui vedendomi in quello stato.
Cercai di respirare, per calmarmi. Alzai lo sguardo sul suo.
«Penso che ci serva una pausa» mi lasciai uscire quella frase in un sussurro.
Lentamente uscii dalla cucina fermandomi in corridoio. «Cosa stai facendo?»
«Hai detto che vuoi fare sesso giusto? E io ho detto che ci serve una pausa. Sto dando inizio a questa pausa» presi il giacca e la infilai.
«No, no. Anna Lerman non provare a lasciarmi, non provare a uscire da quella porta, non ci provare. O ti giuro che in questa casa non ci entri più.»
Mi girai afferrando la maniglia della porta e la aprii. «Allora pare che sia diventato un addio.»
Ci guardammo negli occhi. Il cuore frantumato come i cocci dei bicchieri che raccoglievo. Diedi un'ultima occhiata intorno a me e mi chiusi la porta alle spalle.
Quella fu l'ultima volta che lo vidi. Fu un addio improvviso, non calcolato. Ad un certo punto avevo anche sperato che mi prendesse, e strattonandomi mi facesse piegare sul tavolo della cucina abbassandomi i pantaloni e mi scopasse.
Di solito quando litigavamo di brutto succedeva così.
Il sesso, probabilmente, sarà sempre la cosa che mi mancherà di più. Non perché non l'abbia amato, ma perché in quel rapporto così intimo ci metteva tutto l'amore di cui avevo bisogno.
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