Segreti

SEGRETI
Naira

Mi sveglio di soprassalto col nome di Ade sulle labbra.
Stropiccio gli occhi e, ancora assonnata, mi guardo intorno alla ricerca della mia guardia del corpo che, ieri sera...

Speravo che dormendo sarei riuscita a dimenticarmi di quanto accaduto sedici ore prima, ma... aspetta un attimo!
Spalanco gli occhi incredula: sedici ore quanto diavolo ho dormito?!
Scuoto la testa, non posso divagare, anche se il mio cuore mi costringe a farlo per evitare di riflettere troppo su cose che ancora non sono chiare e che potrebbero trascinarmi in una sequenza senza fine dalla quale non sarei in grado di uscire.

Raggiungo il bagno per fare una rapidissima doccia e lavare via dal mio corpo ogni traccia di preoccupazione.

Esco dalla stanza di Ade e mi accorgo di un insolito silenzio: dalla camera di Axel e Devi non provengono risate e sonori schiocchi di baci, da quella di Guinevieve non si sentono gemiti e urla decisamente inequivocabili e infine dalla stanza di Xander e Tristan non provengono schiamazzi e rutti disgustosi.
Quindi, se non si sentono le loro voci, dove sono fini tutti quanti?

Scendo al piano inferiore per controllare dove possano essersi cacciati i proprietari di questa casa e non trovo nessuno nemmeno qui.
Cammino avanti e indietro per il salotto, asciugando con un pezzo di carta il sudore che cola lungo la mia fronte a causa del panico.
Tranquilla, respira, non perdere il contatto con la realtà.

Esco in veranda per prendere una boccata d'aria e impedire al respiro di incastrarsi tra i polmoni, ma nemmeno lo sciabordio del mare in questo momento è in grado di calmarmi.
Questa è la paura di cui parlava Ade sapendomi in pericolo e, anche se non potrò mai ammetterlo davanti a lui, sto provando lo stesso terrore a sapermi da sola in questa enorme casa.

Rivolgo nuovamente lo sguardo verso l'interno della villa e mi accorgo di un particolare a cui prima non avevo dato importanza: la tenda color panna, posta all'angolo della sala.
Bingo!
Mi avvicino ad essa per scostarla ma inavvertitamente sbatto contro una porta chiusa.

Indecisa sul da farsi, rimango un attimo ferma a capire per quale motivo abbiano, in questa casa, una stanza chiusa e nessuno di loro sia reperibile, fino a quando non sento la voce di Devi provenire dal suo interno.  

«Ragazzi come facciamo con Naira?» domanda schiarendosi ripetutamente la gola.

Avvicino il mio orecchio alla porta e rimango in attesa di sentire qualcosa di più.
«Stasera non possiamo tirarci indietro Devi» l'avverte Ade, prendendo parola prima che qualcun altro possa dire qualcosa di troppo «cercheremo di farlo con altri incarichi di minore importanza» s'interrompe abbassando improvvisamente il tono di voce.

«Sono le otto Ade, dobbiamo sbrigarci» prende parola Xander, mentre mi sembra di sentire alcuni oggetti scorrere su una superficie.

Evito di perdere tempo e, prima che possano accorgersi della mia presenza, corro al piano superiore fingendo che non sia successo nulla.

Infatti, pochi secondi dopo fa la sua entrata in camera un Ade imbronciato che mi costringe a rimanere immobile, seduta sul letto, per evitare di destare sospetti.

«Ben svegliata Cenerentola» si prende gioco di me avvicinandosi all'armadio per procurarsi un jeans e una T-shirt nera attillata.

«Stiamo per uscire?» domando speranzosa prendendolo in contropiede: i suoi muscoli si contraggono mostrandomi la tensione che scorre nel suo corpo.

«Sto per andare a correre» dice, facendomi sollevare un sopracciglio, insospettita.

«Coi jeans?» domando, sorridendo di sbieco vedendolo ulteriormente agitato.

«Non credevo che alla sig.na Idalgo interessasse il mio abbigliamento per una semplice sessione di jogging» mi sorride di rimando prima di raggiungere il bagno e chiudercisi all'interno.

Stupida guardia del corpo previdente.
Scuoto la testa e, incapace di accettare la sconfitta, sfrutto il silenzio e la solitudine del momento per procurarmi un completo comodo da indossare per seguirli.
Questa volta finalmente scoprirò cosa si nasconde dietro le loro conversazioni, i loro sussurri e quella porta tanto affascinante quanto terrorizzante.

Pensa Naira, rifletti, qual è il posto in cui trovare le informazioni che nessuno di loro ti darebbe?
Mi guardo intorno nella stanza, setaccio con lo sguardo ogni angolo, buco e anfratto fino a quando la schermata del telefono di Ade s'illumina e, come un fulmine a ciel sereno mi mostra la soluzione.

Faccio un profondo respiro e, cercando di controllare i frenetici battiti del mio cuore, mi avvicino al suo comodino.
Con mani tremanti sollevo il suo cellulare e, senza nemmeno doverlo sbloccare, trovo un indirizzo in bellavista:

"Rue Lamartine 46, Pointe-à-Pitre.
e.n."

Sorridente mi prendo qualche secondo per esultare, grazie all'indizio fornito dall'abbreviazione "esta noche" inserita nel messaggio, prima che l'apparecchio inizi a suonarmi tra le mani, spaventandomi e costringendomi a lanciarlo per terra, provocando un sonoro tonfo che non resta inosservato all'udito di Ade.

«Naira che succede?» domanda, da dietro alla porta del bagno, costringendomi ad appoggiare nuovamente il telefono sul comodino e ad asciugarmi il sudore dalla fronte prima che esca e mi colga sul fatto.

Decisa a ignorarlo e, incapace di controllare la mia contentezza scendo nuovamente al piano inferiore per rifugiarmi in veranda, consapevole di non poter rimanere lì a lungo.

Le opzioni sono due e sembrerebbero entrambe a mio sfavore: se rimanessi qui mi vedrebbero e finiremmo a discutere ancora prima che possano mettere piede fuori casa, ma al tempo stesso se mi chiudessi dentro una qualsiasi stanza non li vedrei uscire e non potrei seguirli.
In più, come se non bastasse, a causa delle assurde convinzioni del mio carceriere non posso mettere piede fuori dal cancello da sola, quindi l'unica cosa rimasta da fare è provare...

«Buonasera bella signorina, qual buon vento la porta su questa veranda?» 
Bingo! Xander è proprio quello che cercavo.

Lascio uscire uno sbuffo dalle labbra, fingendomi infastidita «vorrei tanto uscire a fare una passeggiata ma sono sicura che se Ade lo sapesse me lo impedirebbe» sbatto ripetutamente le ciglia, avvicinandomi di qualche passo al suo corpo.

Il biondo deglutisce rumorosamente, appoggiandosi alla balaustra con le mani.
«Che ne diresti se domani uscissimo di nascosto?» mi sfiora una guancia con le dita e il mio volto si piega in un'espressione di disgusto.

In quel momento non posso fare a meno di paragonare il suo tocco a quello di Ade: le mani lisce e magre del primo, non mi scaturiscono nulla a confronto delle mani callose, ruvide e forti della mia guardia del corpo.
Pensare al modo in cui le dita di Ade si sono chiuse a circondarmi il volto prima che mi si avvicinasse mi causa un fremito incontrollato che rapidamente mi fa scuotere la testa.
Non perdere di vista l'obiettivo.

Batto il piede a terra infastidita e riprendo a parlare «io voglio uscire stasera, non aspettare domani» assumo un'espressione indispettita che immediatamente fa breccia nello sguardo di Xander.
Perfetta principessa capricciosa mode on.

Ma prima che possa rispondermi il tuono di una voce roca interrompe la mia sceneggiata.

«Naira smettila di fare la sciocca e lascialo in pace! Vai da Devi che ha bisogno di parlarti» un'espressione dura gli si forma sul volto quando tentenno nell'eseguire immediatamente il suo ordine.

Devi dev'essere il loro diversivo e non posso permetterle di distrarmi dal mio obiettivo.
Prima di congedarmi, incapace di dargliela vinta, sollevo la mano sinistra mostrandogli il mio dito medio con un'espressione di puro godimento dipinta sul volto.

«Di cosa volevi parlarmi?» la raggiungo di corsa, prima di essere racchiusa in un caloroso abbraccio.

«Tu, cara la mia Naira, sei fantastica!» esclama costringendomi a inarcare un sopracciglio.

«È evidente che il modo in cui gli tieni testa lo eccita da morire. Mi chiedo per quale motivo si stia trattenendo così tanto» sbatto una mano sulla fronte, incredula.
Ci risiamo.

«Ti avevo chiesto di smetterla di riaprire l'argomento in mia presenza» la ammonisco, osservando il suo volto colorirsi di rosso, in un'espressione colpevole.

«Piuttosto, ora, parliamo di cose serie» mi schiarisco la voce, abbassando leggermente il tono «mi dici dove state andando tutti vestiti di nero?» la prendo alla sprovvista con la mia domanda.

«Non posso» la sua espressione muta mentre scuote la testa, rivolgendo il proprio sguardo verso Ade che, persino da lontano, tiene sotto controllo la situazione.

«Possibile che nessuno di voi sia capace di ribellarsi a quell'essere?» pronuncio queste parole infastidita e incredula, aprendo le braccia verso l'esterno.

Prima che Devi possa rispondermi, anche se penso che non lo avrebbe comunque fatto, veniamo interrotte dall'arrivo di Axel, Tristan e Guinevieve.
«Siamo pronti?» chiede quest'ultima guardandosi intorno alla ricerca di Ade che lentamente si avvicina, invitando gli altri a fare lo stesso per circondarmi.

«Mi dispiace» sussurra Devi, assicurandosi che possa sentirla solo io.

Mentre Guinevieve, Xander e Tristan escono Devi, Axel e Ade rimangono ancora intorno a me.
«Cosa diavolo state cercando di fare?» domando innervosita dal loro atteggiamento, mentre sulle labbra di Ade spunta un sorriso.

«Che c'è principessa, ora che hai smesso di fare la preziosa non ti piace essere messa all'angolo?» m'infastidisce col suo tono saccente, sfiorandomi impercettibilmente la guancia.
Non perdere la concentrazione Naira, non puoi lasciarglielo fare.

Distratta dai miei stessi pensieri non mi rendo conto di essere rimasta sola vicino al bancone della cucina e per quanto tenti di correre veloce per raggiungerli non riesco a impedire che mi chiudano dentro.

«Siete degli stronzi» batto ripetutamente i pugni sulla porta, incapace di accettare il loro comportamento.

«Pensavo fossi mia amica» alzo il tono riferendomi a Devi che, inaspettatamente, rilascia un singhiozzo dispiaciuto.

«Ricordati che non è colpa sua» sussurra Axel mentre asciugo la lacrima che mi è scivolata lungo il volto rimanendo completamente sola, circondata dal silenzio.
Com'è possibile che mi sia lasciata distrarre da un paio di occhi scuri così facilmente?

Arresa alla mia reclusione in questa villa, torno al piano superiore rifugiandomi nella stanza che sono costretta a condividere con Ade.

Sbuffo, frustrata dai numerosi pensieri che sgomitano nella mia testa per avere la precedenza ed essere considerati, anche se in quel momento la confusione la fa da padrona ed io non posso che esserne succube.
Come ho potuto farmi questo?

Ancora incredula, scorro disinteressata lo sguardo nella camera fin quando non mi accorgo della finestra lasciata aperta.

«Questo era proprio ciò che ci voleva» pronuncio euforica ad alta voce.
Prima di prendere decisioni avventate, però, mi sporgo per controllare la situazione: un ampio balcone, a cui prima di quel momento non mi ero minimamente interessata, forse perché la portafinestra era sempre rimasta chiusa, si apre sul panorama di Guadalupe.
Fortunatamente accanto ad esso si erge verticalmente una grondaia a cui basterà aggrapparsi per raggiungere il piano inferiore.
Dovrebbe essere un gioco da ragazzi. O almeno spero.

Ripenso all'indirizzo letto sul telefono di Ade e, prima di partire raggiungo il bagno della stanza per risciacquarmi il viso e cercare di allontanare ogni traccia di frustrazione, stanchezza e disperazione.

Dopo aver messo il telefono, che Ade mi ha lasciato sul comodino, in tasca salgo sul balcone e mi aggrappo al tubo che sporge dal muro facendo presa con le mani per tenermi saldamente alla lamiera.
Lentamente inizio a spingermi verso il basso, lasciando che i piedi si muovano quasi come se stessero scendendo dei gradini.

Col cuore in gola mi auguro di non trovare nessun pericolo lungo la strada, visto che per la fretta ho dimenticato di procurarmi una qualsiasi arma di difesa.
Stupida, stupida, stupida.

Una volta poggiati i piedi per terra asciugo il sudore formatomisi sulla fronte, ma prima ancora che riesca a muovere un solo passo un grido di frustrazione risale la mia gola nell'intravedere Tristan a braccia conserte, appostato davanti alla porta d'entrata.
Come ho fatto a sperare che non avrebbero previsto i miei movimenti?

«Bene, bene, bene ecco qui la stupida principessa di questa casa» dice con tono infastidito avvicinandosi alla mia figura.

«E dimmi un po', dove pensavi di andare?» mi sbeffeggia iniziando a controllare dentro le mie tasche «pensa che non sei stata nemmeno così tanto furba da procurarti un'arma» dice con tono di ammonizione prendendo il proprio telefono dalla tasca.

«Ti prego non dirlo ad Ade» congiungo le mani in preghiera, vedendo una strana luce attraversare i suoi occhi.
Scuote la testa e ghigna «forse non hai capito che se non fosse per lui e le sue idee non ci metterei nemmeno un secondo a liberarmi di te» e in quel momento fa partire la chiamata alla mia guardia del corpo.
Sono rovinata.

«Avevi ragione tu, ha cercato di scappare» dice, senza nemmeno salutarlo.
Ecco cosa si stavano dicendo quando Ade ha abbassato la voce.
Che sospettasse la mia presenza dietro la porta?

«Pensa che non ha imparato niente, stava uscendo senza nessuna protezione» prosegue e in quel momento la mia pelle si riempie di brividi a causa del silenzio che ci circonda.

Rimango chiusa nel mio stesso abbraccio fino a quando Tristan non poggia il proprio telefono al mio orecchio.

«Cenerentola entra in casa e non azzardarti a dormire prima del mio ritorno. Dobbiamo parlare» chiude la conversazione mentre il suo scagnozzo, con un'espressione severa dipinta sul volto, apre la porta per sbattermi nuovamente all'interno della casa.

«Per colpa tua sono costretto a farti da balia e a non portare a termine l'incarico con gli altri» dice, probabilmente sovrappensiero.

Ora o mai più, ora o mai più.
Sono quasi pronta a fargli una domanda, ma il suo sguardo di ghiaccio m'impedisce anche solo di respirare.

«Sparisci dalla mia vista. Non importa dove sarai o cosa farai, basta che non ti addormenti prima dell'arrivo di Ade» e con un gesto della mano mi scaccia dal salotto, rimanendo nell'oscurità a dare voce ai propri pensieri.

Trascorre una quantità indefinita di minuti prima che il mio corpo venga scosso da un violento e inaspettato tremito: la porta di casa sbatte e, pochi secondi dopo, la voce di Ade rimbomba tra le alte pareti della villa.
È il momento.

Sospiro, frustrata, passandomi le mani tra i capelli prima d'iniziare a battere ripetutamente la suola della scarpa sul pavimento.

È inaccettabile come, sovrastata dall'ordine degli eventi, non riesca a muovere nemmeno un muscolo per dirigermi verso il piano inferiore e affrontare Ade.
«Vorrà dire che aspetterò che sia tu a raggiungermi» sussurro coi sensi all'erta.

Pochi secondi dopo sento alcuni passi rimbombare nel corridoio, fino a raggiungere la stanza di Ade.
Ingoio il groppo formatomisi in gola e aspetto di venire sopraffatta dalla sua ira, ma inaspettatamente non accade, anzi... sento provenire dall'esterno della camera un battere ripetuto e continuo sul legno della porta.

Incapace di emettere un singolo suono mi avvicino alla maniglia per abbassarla.
«Mi dispiace tanto» vengo presa alla sprovvista da Devi che mi stringe tra le proprie braccia «Ade è il nostro capo e io non posso permettermi di discutere con lui» si giustifica, con una speranza ad accenderle lo sguardo.

Annuisco lentamente, accarezzandole i lunghi capelli castani.
«Non hai bisogno di chiedermi di perdonarti, ho sbagliato anche io» ammetto staccandomi lentamente dal suo abbraccio.

Devi si asciuga una lacrima prima di cambiare completamente espressione.
«Non vorrei dovertelo dire ma Ade ti sta aspettando in salotto ed è anche parecchio nervoso» mi mette in guardia, rimanendo a osservarmi per qualche secondo, prima di invitarmi a seguirla in corridoio.

«Adesso dovrai proseguire da sola» sospira dispiaciuta «sappi solo che si è fermato a discutere con Tristan prima di intimarci di sparire dalla sua vista».

Sollevo gli occhi al cielo «non cambierà mai» ammetto mentre la mia amica mi fa un occhiolino giocoso e si chiude alle spalle la porta della propria stanza.

Con la lentezza di una lumaca percorro la scalinata per dirigermi in soggiorno: il silenzio che ci circonda è davvero agghiacciante.

«Ti prego fai che l'ira di Ade non si abbatta su di me come una tempesta» congiungo le mani in preghiera rivolgendo per qualche secondo il mio sguardo verso l'alto.

Sceso anche l'ultimo gradino mi schiarisco la gola, attirando immediatamente l'attenzione del mio carnefice che si fionda a passo svelto verso di me, mi prende per il gomito e mi conduce verso il divano, assicurandosi che non mi muova.
Come non detto.
Nemmeno questa volta le mie preghiere sono state esaudite

«Mi dici cosa pensavi di dimostrare con la tua missione suicida?» domanda senza permettermi di rispondere «oltretutto nemmeno furba ti sei fatta: sei uscita senza armi, senza una torcia e soprattutto senza un minimo di buon senso e allerta per il pericolo» rincara la dose costringendomi ad abbassare lo sguardo.
Non posso credere che abbia davvero ragione.

Un sospiro lascia le mie labbra, mentre ancora rimango in silenzio, stizzendolo.

«Che c'è Cenerentola ora non hai più niente da dire?» ringhia provocatorio concentrando la propria attenzione su di me.

«Non so nemmeno io cosa volevo fare» sussurro a voce bassa, rivolgendo nuovamente il mio sguardo verso il pavimento.

«Scusa cosa? Ripeti che non ti ho sentita» poggia due dita sotto il mio mento per costringermi a guardarlo negli occhi.

«Non so cosa volevo fare, va bene? È solo che sono stanca di tutti questi segreti» ammetto alzando notevolmente il tono notando come la sua espressione si adombri.

«Te lo dico io: visto che non sapevi come far passare il tempo hai ben pensato di vestire i panni della perfetta principessa viziata e metterci i bastoni tra le ruote, sbaglio?» rincara la dose assicurandosi la mia completa attenzione.

«In più ci hai costretti a fare a meno di Tristan per salvarti la pelle» lascia in sospeso la frase prima di riprendere a parlare «perché è così che si comportano le ragazze viziate: prima fanno i capricci e poi si mettono nei guai per attirare l'attenzione» frustrato incastra le dita tra i riccioli biondi che si stanno nuovamente allungando.
Allungo una mano per fermare il suo movimento, ma questo mio gesto si ferma a mezz'aria: cosa stavo pensando di fare?

«Se hai bisogno di farti una scopata me lo dici e ti procuro un ragazzino adatto alle tue esigenze, ma se non è questa la tua necessità penso proprio che dovresti iniziare a rimanere al tuo posto» si morde il labbro inferiore, prima di ammettere qualcosa che nemmeno lui vorrebbe dire ad alta voce.

«Non possiamo doverci occupare anche di te quando ci troviamo in situazioni come quella di stasera» conclude, lasciandomi finalmente la possibilità di rispondere.

«E in che situazione vi trovavate, se posso chiedere, sua maestà?» domando innervosita dalle sue insinuazioni riprendendo a parlare prima che mi risponda.

«Ti comporti esattamente come faceva mio padre: mi tratti come una stupida incapace a prescindere da ciò che faccio o dico» scuoto la testa lentamente.

«E io che pensavo che con te sarei stata meglio» ammetto, prendendolo alla sprovvista.

«Senti Naira, forse quello che non capisci è che sei tu stessa che ti comporti così. Se non facessi la metà delle cose che fai, se non ti ribellassi forse potrei iniziarti a considerare come una vera persona adulta» mi risponde, trattandomi nuovamente come una stupida.

«E poi, mi dimostri ancora una volta di non aver minimamente capito o meglio ascoltato nulla di ciò che ti ho detto» fa uscire aria dal naso nel tentativo di calmarsi.

«Quello che facciamo, comunque, non ti riguarda» tenta di mettere fine alla nostra conversazione, ma glielo impedisco.

«No Ade, questa volta non lo accetto: se vuoi che me ne stia zitta e buona devi dirmi cosa state escogitando» si alza bruscamente passandosi ripetutamente le dita tra i capelli.

«Avanti, adesso non fare tu lo stupido, non puoi lasciarmi all'oscuro di tutto per sempre» siamo entrambi in piedi, uno di fronte all'altro quando sulle mie labbra si forma un sorriso vittorioso per essere riuscita a metterlo all'angolo.

Ma nemmeno per idea.
All'improvviso mi spinge contro la parete poggiandomi il gomito sotto al mento per obbligarmi a tenere alta la testa.

«Non provare a utilizzare i miei stessi metodi per farmi parlare ragazzina. Non sei tenuta a sapere niente, quindi smettila di farmi domande» il suo fiato caldo s'infrange contro il mio volto tanto che, non appena si accorge della nostra eccessiva vicinanza, si allontana quasi come se ne fosse scottato.

«Adesso sei tu quello che fugge» sussurro, mordendomi il labbro per attirare la sua attenzione.

«Forse tutti abbiamo bisogno di fuggire almeno una volta nella vita» mi lascia a bocca aperta con la sua risposta.

«Vai di sopra e smettila di fare domande anche agli altri. Nessuno ha intenzione di farti sapere nulla, soprattutto fino a quando continuerai a comportarti in questo modo» anticipa qualsiasi tipo di mossa che potrei compiere, assurdo.

«Io ti odio» grido, avvicinandomi alle scale «forse non sai cosa significhi essere reclusi in casa, dover sottostare alle leggi di un dittatore che non tiene minimamente in considerazione la tua opinione e soprattutto dover accettare il suo aiuto perché altrimenti senza di lui saresti nei guai, ma ti assicuro che è quanto di più lontano da ciò che avrei desiderato fuggendo dalle grinfie di mio padre» ammetto, con le lacrime agli occhi, prima di aggrapparmi al corrimano e iniziare a salire qualche gradino.

«Domani sveglia alle cinque: ci alleniamo insieme» finge di non avermi sentita, prima di stravaccarsi sul divano: inizialmente si stropiccia gli occhi, forse per la stanchezza e lo stress poi torna con le dita tra i capelli, lasciandosi andare ad un respiro frustrato.
Proprio tu sospiri?

Arrivata di fronte alla porta della stanza di Ade, vorrei deviare verso la camera di Devi per parlare con lei, ma temo che possa essersi riuscita a ritagliare un momento d'intimità con Axel, quindi evito.
Sospirando entro e mi siedo sul letto a fissare il vuoto, osservando di tanto in tanto la figura riflessa nello specchio: Ira, quando finirà tutto questo?
























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