Prendere o lasciare
PRENDERE O LASCIARE
Naira
Sistemo la spallina del principesco abito turchino, guardandomi allo specchio.
I diamanti, da cui è ricoperto, risplendono grazie alla luce delle lampade appese al soffitto della mia camera, facendomi sentire una vera principessa.
La gonna si adatta perfettamente al mio corpo, terminando con un lungo strascico, mentre il corpetto monospalla aderisce perfettamente al mio busto mettendone in risalto la profonda scollatura.
«Ander sono pronta» lo informo, socchiudendo la porta per affacciarmi fuori dalla stanza.
«Va bene signorina Idalgo, la accompagno in sala» dice prima di prendermi a braccetto per condurmi verso la fine del lungo corridoio.
Muoviamo solamente qualche passo prima di venire fermati bruscamente dall'arrivo di Ade che, decisamente alterato, non appena incrocia lo sguardo col mio prende Ander per il colletto della giacca, mettendolo all'angolo.
«Ostavaysya zdes'» gl'intima di rimanere fermo in russo.
«Adesso tocca a te» dice
rivolgendomi la propria attenzione «dove diavolo ti eri cacciata?» domanda nervosamente, avvicinando il suo corpo al mio per potermi bloccare le braccia.
«Non muovere un passo traditore del cazzo» grida Ade nel momento in cui Ander cerca d'intervenire in mio soccorso.
Sgrano gli occhi, stupita dalla sua rabbia e resto immobile per qualche secondo prima di rispondergli a tono.
«Tu piuttosto dov'eri? Non sei venuto a prendermi» lo ammonisco, cercando di ottenere una spiegazione che, sfortunatamente, non ricevo.
«Se lui non si fosse messo in mezzo sarei arrivato» prosegue allentando leggermente la presa sulle mie braccia.
«Ade, adesso non è il momento di discutere, dobbiamo accompagnarla in sala» s'intromette Ander, avvicinandosi lentamente a me, prima di ricevere una forte spinta dal diretto interessato.
«Non azzardarti a toccarla, qui ci penso io» lo minaccia, guardandolo dritto negli occhi, pronunciando queste parole col fiatone.
«E non appena sarò di ritorno noi due faremo i conti, visto che ho quasi rischiato di essere licenziato» conclude, osservando la reazione di Ander, prima di prendermi a braccetto.
La schiena, automaticamente mi si riempie di brividi all'idea che il diavolo biondo potesse non esserci più.
E la mente ripercorre quei momenti.
Scuoto la testa per tornare a concentrarmi sul presente e lasciare Ander, imprecante e solo, nel corridoio.
Le sfarzose decorazioni che ci pendono sopra la testa fanno risaltare la smisurata ricchezza appartenente alla mia famiglia, ma stonano con la desolazione delle pareti che circondano il nostro cammino.
«Sentimi bene Cenicienta, non ti azzardare ad allontanarti da me nemmeno per un secondo» spezza il silenzio, riprendendo a parlare, mentre continua a camminare.
«Sono stato costretto da tuo padre a farti da balia e, fuori da ogni aspettativa, questa serata è cominciata nel peggiore dei modi. Vediamo di non farla degenerare ancora di più, intesi?» conclude il proprio discorso in corrispondenza dell'entrata della sala.
Si interrompe per individuare la figura di mio padre e avvicinarsi a lui, dimostrandogli di essere un bodyguard davvero professionale, avendomi finalmente trovata.
«Complimenti Ade, sapevo di poter contare su di te» Iván gli dà una pacca sulla spalla prima di prendere il microfono e salire sul palco, battendo ripetutamente le mani per attirare l'attenzione delle persone presenti e far ridurre il volume della musica.
«Buonasera a tutti.
Vi ringrazio per essere, come ogni anno, presenti alla nostra festa» li lusinga, sorridendo trionfalmente, mentre viene affiancato dalla mia matrigna.
Iván Idalgo sin dai primi mesi di vita è stato istruito per essere questo: un vile approfittatore, disposto a ricevere continue attenzioni dalle persone che lo sostengono nelle sue opere, contribuendo a renderlo sempre più ricco e potente.
«Ci troviamo qui riuniti, questa sera, non solo per festeggiare il nostro amatissimo José, ma anche per darvi una notizia che riguarda la nostra Naira» non appena pronuncia il mio nome una faretto viene acceso e puntato su di me, mentre mio padre, a sua volta illuminato, tende la mano verso di me.
«Mi vida, ti invito a raggiungermi per fare il nostro annuncio» sollecita Ade a farmi avvicinare a lui.
«Quest'anno nostra figlia ci regalerà la gioia più grande di una intera vita: sta per sposarsi» rivela rimanendo in attesa per qualche minuto, mentre i sospiri stupiti dei numerosi ospiti presenti si diffondono nella sala.
«Ma ora lasciatemi il piacere di presentarvi il suo futuro marito: Jorge Molina erede della Inguantis» conclude invitando anche lui a raggiungerci, prima di dare inizio a un lunghissimo applauso unito a grida di gioia.
«Ora che abbiamo condiviso con voi questa meravigliosa notizia lasciamo spazio a nostra figlia, per il suo consueto discorso annuale, poi avremo il piacere di accompagnarla, insieme al suo promesso sposo, a presentarsi a tutte le famiglie che avranno il piacere di conoscerli e scambiare qualche parola con loro» mi consegna il microfono per sollevare il calice in alto, invitando i presenti a fare lo stesso per brindare in onore di questa imminente unione.
Dopo qualche secondo si allontana con il suo fedele perro appresso e Jorge, lasciandomi la possibilità di parlare coi nostri invitati.
Nemmeno immagini cosa ti aspetta papi.
«Buonasera a tutti miei cari.
Come di norma, anche quest'anno siamo qui riuniti a festeggiare San José allestendo feste chiassose e scrivendo articolati discorsi in suo onore» prendo a parlare, sentendo la tensione farsi spazio nel mio stomaco.
«Non posso di certo sottrarmi dal ringraziarvi per essere qui con noi e per aver rispettato il dress code, pur non conoscendone il motivo» intesso le loro lodi, prima di pronunciare la parte più complicata del mio discorso.
«Ma ora veniamo alle cose serie, infondo siamo qui per questo» rivolgo un sorriso alla mia famiglia, ancora all'oscuro di ciò che a breve dirò per ridicolizzarli davanti a tutti.
«I miei genitori e quelli del finto principino qui presente mi stanno obbligando a prendere parte a questa unione solo per onorare una serie di decisioni prese dall'alto.
Vogliono continuare ad arricchirsi sulle vostre spalle e mirano ad ottenere un sempre maggiore successo» spiego loro, consapevole della presenza del Sindaco del nostro paese e un altro centinaio di persone del "popolo comune", come usa chiamarlo mio padre.
In quel momento tenta d'intervenire la mia matrigna ma Iván la ferma, proponendole di capire fin dove mi sarei spinta a parlare.
«Vi assicuro che, al di fuori delle vostre aspettative, non sarà così semplice convincermi a convolare a nozze» pronuncio, sentendo chiaramente la mia perfida madrastra imprecare contro di me.
«Ma che diavolo sta dicendo Iván, fai qualcosa» lo minaccia, mentre lui si limita a continuare a sorridermi, alzando ripetutamente il calice verso di me.
«Detto questo datemi il tempo di rivolgere un pensiero alla mia famiglia, differentemente da quanto fatto da quest'ultima quando ha deciso di incastrarmi in progetti che non prendessero in considerazione nemmeno il mio parere» proseguo e nuovamente Alma s'intromette, gridando infuriata.
«Io le strappo tutti i capelli dalla testa Iván, non farmela mai più rivedere, se non sepolta sotto tre metri di terra» sorrido soddisfatta dalla sua pubblica dichiarazione di odio nei miei confronti.
«Alla mia matrigna auguro di affogarsi rapidamente con tutto il vino che beve quotidianamente. Attenzione: l'alcolismo è una delle malattie croniche più mortali in Costa Rica, mentre l'avarizia, è uno dei sette peccati capitali.
Capito rica, peccato, quindi significa che presto potresti finire all'Inferno a causa della tua fame di danaro e non solo di quella» tremo, esultando per essere riuscita finalmente a impormi.
«E a te mio caro paparino, che dire? Spero che tu possa seguire le sorti della tua compagna e finire divorato dalla tua fame di ricchezza» lo stupore si diffonde tra le pareti della sala.
«Ricordi ancora ciò che mi hai detto quando sono diventata maggiorenne?» gli domando, col sorriso che si fa ancora più ampio quando la sua espressione muta.
«Dalla vita potrai avere tutto ciò che vorrai, mi vida, a patto che tu serva sempre la tua famiglia dimenticando quella sgualdrina di tua madre» rivelo, osservando le espressioni dei presenti.
«Sssh! Fate silenzio per favore» chiedo, per poter portare a termine il mio discorso.
«Godiamoci questa serata e seppelliamo per qualche ora l'ascia di guerra, famiglia mia» m'interrompo, sollevando il bicchiere, accompagnata dal silenzio tombale diffusosi nella sala.
«Padre, Madre vi ringrazio» concludo, sorridente, sentendo il grande orologio posto al centro della sala scoccare dodici rintocchi per segnare la mezzanotte.
Dopo alcuni secondi di silenzio una scarica di proiettili viene sferrata, dall'esterno, contro i vetri della sala che vanno in frantumi.
E in un attimo il panico dilaga.
Persone che iniziano a correre da una parte all'altra del salone da ballo nel tentativo di fuggire o mettersi al riparo, bambini che iniziano a piangere e gridare terrorizzati e camerieri, con ancora i vassoi in mano, che si guardano sgomenti.
«Chiamate aiuto!» grida uno di loro prima che un proiettile lo colpisca dritto in fronte.
Una lacrima mi scorre lungo il volto quando vedo cadere a terra il corpo di quel povero malcapitato, che non aveva niente a che vedere con questo mondo.
E mentre la scena si muove a rallentatore davanti ai miei occhi, sento lo scricchiolio delle suole che calpestano le schegge di vetro e l'odore di fumo che lentamente impregna le pareti.
«Naira dobbiamo spostarci da qui» Ade mi riscuote dopo essersi avvicinato a me mentre, impassibile al suo richiamo, rimango bloccata a osservare la confusione generatasi attorno a noi.
Centinaia di persone confuse corrono per mettersi al riparo, mentre i valorosi uomini appartenenti a ognuna delle famiglie presenti, brandisce la propria arma di difesa.
Intanto una schiera di agenti armati, al servizio della mia famiglia, è disposta in posizione di attacco, pronta a scagliarsi contro ogni potenziale nemico.
«Cenicienta non puoi rimanere ferma. Mettiamoci al riparo» prosegue Ade, cercando di coprirmi con la propria giacca.
Ma io non mi decido a muovermi, incapace di reagire a ogni singolo stimolo.
«Dovresti essere anche tu con loro» esce come un sussurro dalle mie labbra.
Ade si irrigidisce, ma non si perde d'animo e dopo qualche altro minuto di attesa, mi carica sulla spalla trascinandomi a testa in giù per la sala, mentre spara qualche colpo per permetterci di avanzare.
«Lasciami stare cazzo! Anche tu sei, come tutti loro, al servizio della mia famiglia!» esclamo nervosamente stringendo la sua giacca tra le dita.
«Lascia che mi ammazzino almeno, in questo modo, svanirà la loro fonte di ricchezza e la mia matrigna sarà felice» m'infurio, colpendogli ripetutamente le gambe per arrestare i suoi movimenti.
«E mettimi giù cavernicolo, so camminare da sola» riverso la mia frustrazione su di lui, che sospira nervosamente.
«Non me ne frega un cazzo di loro Naira! Ti sto aiutando perché non voglio che tu muoia» dice, dirigendosi verso la mia camera, rimanendo in allerta.
«Riempi velocemente un borsone, ce ne andiamo da qui» mi ordina, una volta entrati, prima di affacciarsi e sparare nuovamente qualche colpo.
Sollevo un sopracciglio, guardandolo con un'espressione infastidita.
«Cosa stai dicendo Ade? Sai che non posso andarmene da qui in alcun modo» lo avverto, prima di accomodarmi sullo spazioso letto matrimoniale, rimanendo immobile.
«Che c'è Naira, non ti piacciono le possibilità?» domanda, prendendo al mio posto un borsone per metterci, in fretta e furia, qualche abito.
Ma prima che io possa rispondere mi fa cenno di rimanere in silenzio, dopo aver sentito alcune voci, poggiandomi il dito indice sulle labbra.
«Non possono essere andati lontano. Cercateli e fate in modo di riportarmi entrambi vivi» la voce di mio padre si diffonde, rimbombando, tra le pareti dell'androne.
«Ti sto offrendo l'occasione di rinunciare a questo matrimonio... Quindi Cenicienta prendere o lasciare» rincara la dose, porgendomi la propria mano, mentre semplicemente sorrido iniziando ad ammassare i vestiti nella borsa.
Ade, seguendo i miei movimenti, scuote la testa velocemente.
«Non abbiamo più tempo per questo, compreremo alcuni abiti per strada. Ora dobbiamo andare prima che ci trovino» prosegue, prima di spiegarmi come avremmo agito.
«Da adesso in poi dovrai rimanere in silenzio e limitarti a seguirmi» incrocia le nostre dita per muoversi più velocemente lungo il corridoio, assicurandosi, al tempo stesso, di avermi con sé.
«Sei ancora con me principessa?» domanda sottovoce, sfiorandomi con piccoli tocchi circolari il dorso della mano, e io annuisco.
«Adesso dobbiamo fare attenzione».
Ci appostiamo accanto al muro portante per controllare la situazione e, mentre una pioggia di proiettili si sparge nella sala del ricevimento, noi ci dirigiamo verso la via d'uscita più vicina, con Ade che non abbassa mai la guardia, ma piuttosto controlla di avere a disposizione una sufficiente quantità di munizioni.
Velocemente oltrepassiamo il giardino, colmo del caos e dell'agitazione creatasi a causa di questo attacco imprevisto e, mentre lui fa una telefonata, lo seguo in direzione del deposito auto di mio padre.
Giunti dinanzi al portone Ade lo spalanca, incurante del rumore, ed entra all'interno per raggiungere l'auto che gli interessa.
Toglie il telo col quale è stata coperta e, dopo aver interrotto la chiamata, dice «prendiamo questa» indicando l'Aston Martin di proprietà della mia famiglia, sorridendo fiero.
«Mi dispiace deludere le tue aspettative ma quello stronzo di mio padre ha piazzato un localizzatore in ognuna delle macchine qui presenti, quindi ci troveranno sicuramente» lo avverto, dicendo addio ai suoi sogni di gloria.
«Lo so Naira, ma questo abbiamo a disposizione al momento.
Il prima possibile cambieremo macchina» conclude invitandomi a prendere posto sul sedile del passeggero, prima di accorgersi del mio sguardo perso nel vuoto.
«Cazzo, dobbiamo sbrigarci» mi riscuote dai miei pensieri, ma prima che possa salire sull'auto, una stretta attorno al polso m'impedisce di muovere un solo passo.
«Amico che state facendo?» domanda Paul sorridente, mentre traggo un sospiro di sollievo.
«Ce ne andiamo e Naira verrà con me» una scintilla attraversa gli occhi dell'autista.
«Sapevo che lo avresti fatto prima o poi... adesso capisco il motivo della tua chiamata!» arrossisco, incapace di comprendere le sue parole.
«Trattala bene» lo ammonisce lasciando la presa sul mio braccio dopo avermi fatto una carezza.
«Ora andate, vi copro io» dice, comunicando all'auricolare di non aver trovato nessuno nel deposito.
«Principessa, la sua carrozza è pronta, partiamo?» mi domanda Ade salendo al posto di guida, in attesa che lo affianchi sull'altro sedile.
Sgommando esce dal cancello lasciato aperto in occasione della festa.
«Addio» pronuncio sorridente, mentre la macchina si allontana dalla casa che racchiude il mio più grande incubo, inconsapevolmente all'oscuro del fatto che il vero incubo mi stesse attendendo al di fuori da qui.
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