Non fai altro che scappare

NON FAI ALTRO CHE SCAPPARE 

Naira 

Silenzio.
Ciò che mi circonda è una densa nube di assoluto silenzio che si insinua nelle vene, togliendomi il respiro.
Respira Naira.

Nulla tra queste quattro mura mi è mai sembrato così solitario come in questo momento.
La casa sta cercando di parlarmi, ma io non voglio più ascoltarla.
Silenzio.
Sento di essermi perduta nuovamente, senza avere alcuna possibilità di ritrovarmi.
Sei ancora qui?

Dopo il bacio con Ade sono fuggita, incapace di dare un ordine alle sensazioni che hanno scombinato la mia testa e il mio cuore.
Da dove dovremmo ripartire ora?

Incapace di ostacolare la confusione generata da questi pensieri, arrotolo il lenzuolo al lato del letto e scendo, scalza, alla ricerca di Devi.
Busso alla porta della stanza che condivide con Axel e, cercando di non disturbare il suo sonno, la scuoto leggermente.

«Devi svegliati» con una mano poggiata sulla sua spalla, tento di risvegliarla.

«Ti prego, non puoi lasciarmi sola» sussurro, cercando di trattenere a fatica le lacrime, mentre continuo a scuotere il suo corpo.

Improvvisamente si risveglia, sospirando preoccupata.
«Tu che diavolo ci fai qui alle quattro di notte?» domanda infastidita mentre un’espressione dispiaciuta mi si dipinge sul volto.

«Non mi ero accorta che fosse così presto, ma non riuscivo a calmarmi. 
Ho bisogno di parlare con te dei pensieri che non mi lasciano via d’uscita» ammetto, abbassando la testa verso i miei piedi scalzi.

«E non potevi aspettare un orario ragionevole?» inarca un sopracciglio, mentre scuoto ripetutamente la testa. 
Solleva gli occhi al cielo e uno sbuffo le fuoriesce dalle labbra.

«E va bene, sediamoci in corridoio» dice, abbandonando il dolce tepore delle coperte, prima di indossare le ciabatte.
Le luci soffuse, appese al soffitto del corridoio, creano un’atmosfera tranquilla per parlare, senza essere disturbate, lontano da occhi ma soprattutto orecchie indiscrete che potrebbero ascoltare quanto stiamo dicendo.

«Io da ieri sera…» scuoto la testa confusa dai miei stessi pensieri «anzi sarebbe meglio dire poche ore fa, non riesco a capire più nulla» ammetto, scoraggiata da quanto accaduto.

Sul volto di Devi compare un’espressione consapevole.
«Se sei venuta qui per chiedermi informazioni, sai perfettamente che non posso dirti nulla» si guarda intorno per qualche secondo prima di riprendere a parlare, abbassando ulteriormente la voce.

«Lasciarti le chiavi sul tavolo del salotto è stato rischioso per me» rivela, con sguardo colpevole dipinto sul volto.

«Sapevo che eri stata tu!» esclamo, stringendola tra le mie braccia, riconoscente per quanto ha deciso di fare, mettendosi in una situazione decisamente poco piacevole.

«Meglio che non lo sappia nessun altro allora» mi ammonisce, appoggiandosi il dito indice sulle labbra per farmi abbassare il tono.

«So perfettamente che non puoi dirmi nulla e, dopo che ho scoperto di avere ragione non ti chiederei mai di scegliere tra me e lui, mettendoti in una posizione scomoda. 
Vorrei solamente avere la possibilità di comprendere meglio quello che sento» spiego seria, osservando la sua espressione stranita.

«E io in questo cosa c’entro?» domanda, sorridendo di sbieco per l’assurdità di questa situazione.

«È che… ieri sera, all'improvviso… Ade mi ha baciata» sgancio la bomba, coprendole immediatamente la bocca per evitare che urli.

«Tu stai dicendo che finalmente è successo qualcosa tra di voi?» domanda euforica, fregandosene della mia presa sulle sue labbra.

«È grandioso! Dobbiamo festeggiare immediatamente» mi scuote leggermente, mentre mi rendo conto del rossore che ha colorito le mie guance, sentendole calde.

Ammettere ad alta voce che Ade mi ha baciata non è stato come mi aspettavo. Credevo che non avrei provato nulla, che questa cosa mi sarebbe scivolata addosso con indifferenza, mentre invece credo di aver sentito un fremito al solo pensiero che il diavolo biondo possa farlo di nuovo.

«Naira ci sei?» chiede Devi schioccandomi le dita davanti agli occhi.

«Dio, sono così irrecuperabile?» sconvolta, mi passo lentamente una mano sul volto.

«Potresti esserlo, ma non perdiamoci in chiacchiere. Cosa hai provato?» domanda a bruciapelo, costringendomi a perdermi nuovamente tra i miei pensieri.

«Dio Devi, non lo so nemmeno io!» esclamo esasperata «so solo che è stato fantastico» rivolgo il mio sguardo verso il pavimento, incapace di ammettere a voce alta i miei pensieri.

«E finalmente direi» la mia amica fa un urletto soddisfatto, prima che la sua espressione si adombri.
«Ma avete fatto anche altro…?» lascia la frase in sospeso, mentre scuoto la testa in segno di diniego.

Stranamente trae un sospiro di sollievo, prima di riprendere a parlare.
«Ma ti ha detto…?» lascia la frase in sospeso, ricominciando con segreti e misteri di cui sono già fin troppo stanca. 

«No, non ha voluto dirmi nulla» sconfitta, scuoto la testa «ed è anche per questo che mi sento confusa… 
Mi sembra che i miei sentimenti per lui stiano iniziando a portarmi verso qualcosa di diverso, poi mi ricordo dei segreti, delle bugie e dei ricatti… e torno di nuovo al punto di partenza, scostante e diffidente» sospiro, sentendo il cuore battermi freneticamente nel petto. 

«Ho già vissuto per anni al fianco di una persona disonesta, non posso permettermi di affidare il mio cuore a una persona che per miliardi di valide motivazioni potrebbe essere come mio padre» concludo e Devi si irrigidisce. 

«Io non… io non…» a fatica riesce a formulare una frase di senso compiuto. 
Che sta succedendo? 

«Credo che questo tu debba capirlo da sola e che sia arrivato il momento di andarmene» in fretta si alza, poggiando le dita sulla maniglia della porta. 

«Che ti succede Devi? Se non posso affidarmi a te, per confidare i miei pensieri, come faccio?» domando, sentendo una lacrima rigarmi il volo. 

«Naira io sono troppo coinvolta» ammette sconfitta.

«Come hai detto tu, non puoi obbligarmi a scegliere, devi cercare di capire tu stessa cosa vuoi, tenendo bene a mente che ci saranno sempre cose che non potrai sapere» mi guarda per qualche secondo negli occhi, prima di entrare nella stanza e chiudersi la porta alle spalle. 

Non riesco a credere che mi abbia lasciata qui da sola, che si sia rifiutata di darmi una mano…
“Questa situazione mi farà impazzire” penso, dirigendomi nuovamente verso la camera di Ade. 

Mi siedo sul letto, con la schiena appoggiata alla testiera e rimango vigile ad ascoltare i rumori che mi circondano. 
Dagli scricchiolii provenienti dall’esterno, allo sciabordio del mare ogni singolo suono contribuisce solamente a farmi sentire più inquieta dell'attimo prima.

Dopo un tempo che mi pare infinito, sento un rumore provenire da una stanza adiacente alla mia.
Con tutte le mie forze desisto dall’alzarmi e correre in salotto insieme alla persona che sta scendendo le scale, rimanendo seduta esattamente dove sono, in attesa che il nuovo giorno faccia il suo corso. 

Apro gli occhi di scatto, e un respiro affannato fuoriesce dalle mie labbra.
Tossisco, come se avessi trattenuto il fiato per un tempo indefinito e incastro le dita tra i capelli, nel tentativo di riprendere regolarmente a respirare.

Mi guardo intorno e osservo il sole passare attraverso i vetri della porta finestra.
No, no, no, no, no.
Non può essere successo di nuovo.
Mi sono addormentata senza nemmeno rendermene conto e adesso…
Adesso cosa Naira?
La casa è nuovamente immersa nel silenzio.
Respira.

Con una determinazione mai avuta prima d'ora, scendo di corsa al piano inferiore per scoprire la verità.
La porta di casa è aperta, quindi i ragazzi non possono essere andati lontano, lasciandomi libera di scorrazzare dentro ma soprattutto fuori casa.

Il silenzio circonda le pareti, esattamente come questa notte, quando i pensieri non mi lasciavano modo di respirare.
Devono essere chiusi dentro, è l’unica spiegazione plausibile alla loro assenza.

E questa volta non mi lascerò scoraggiare da una porta chiusa.
Quello sarà il primo muro che mi impegnerò ad abbattere per raggiungere la verità a cui tanto ambisco, ma che nessuno qui dentro sembra disposto a condividere con me.

Sfilo una forcina dai capelli, scosto la tenda del salotto e mi avvicino alla porta. 
Per fortuna ieri sera, prima di uscire di casa, temendo di essere rimasta chiusa dentro, mi sono procurata gli strumenti necessari alla fuga, che si sono rivelati estremamente utili questa mattina. 
Sento dei sussurri provenire dall'interno della stanza, accompagnati a degli strani rumori. 

Silenziosamente infilo la forcina nella serratura iniziandola a muovere prima da un lato, poi dall’altro. Dopo qualche secondo gli intagli del chiavistello si sbloccano e, sul mio viso si forma un sorriso vittorioso.
Finalmente.

Spalanco la porta e, come calamite, diverse paia di occhi si poggiano sconcertate sulla mia figura.

Impedisco ai ragazzi di avvicinarmisi per scortarmi fuori dalla stanza, alzando un braccio con il palmo della mano aperta verso di loro e come una furia osservo quanto mi circonda: ho finalmente messo piede nella misteriosa “stanza blu”.
Questa, più che una comune stanza sembra essere un laboratorio: ha le pareti dipinte di blu e al suo interno, al centro, si trova un enorme tavolo da lavoro con appoggiati strumenti, microscopi, bilance e delle grandi luci appese al soffitto che illuminano la stanza, eliminando la penombra.

«Ditemi cosa state facendo qui dentro» il mio tono non ammette replica, mentre mi avvicino ad Ade e osservo, per qualche interminabile secondo, ciò che ha tra le mani: una collana che, a tutti gli effetti, sembra di diamanti.

Sposto lo sguardo su Devi, seduta al suo fianco, che con un monocolo da oreficeria controlla l’autenticità di un bracciale, mentre Axel, Xander e Tristan stanno classificando alcune pietre preziose.
Sembra che nemmeno si interessino della mia presenza.

«Dimmi che cos’è questa roba prima che perda la pazienza» il respiro diventa affannoso.
In quel momento mi rendo conto di far fatica a mantenere il controllo.

«Cosa diavolo sono questi? Cosa ne dovete fare?» continuo a parlare con un tono di voce alto, senza ottenere risposta.

Lentamente mi avvicino a Xander, sotto lo sguardo vigile di Ade, per prendere una manciata di pietre e scagliarle, senza preavviso, contro il diavolo biondo «mi devi dire cosa stai facendo con questa roba!» il mio tono è ormai alterato e sconvolto. 

Mi sembra assurdo che tutto questo sia accaduto sotto i miei occhi, per settimane, senza che mi rendessi conto di nulla.

«Non dirmi che siete voi…» sussurro, colpita improvvisamente da una verità inaccettabile.
Ma tutti continuano a rimanere in silenzio, alcuni di loro con lo sguardo basso, mentre Guinevieve sembra godersi la scena, da un angolo della stanza, senza muovere un dito.

«E va bene» sconfitta prendo la rincorsa e corro fuori casa, sentendo le voci ovattate di Ade e Xander che discutono su chi debba rincorrermi.

«Non avevi detto che la corsa non ti piaceva principessa?» domanda, ironico, il diavolo biondo iniziando a seguirmi.

«Cosa non capisci Ade? Ti sembra questo il momento di scherzare?»
Continuo a correre, sentendo i suoi passi sempre più vicini.

Improvvisamente le dita della sua mano destra si ancorano attorno al mio gomito.
«È ora di fermarsi» dice, strattonandomi, per farmi ritrovare nuovamente di fronte a lui, notevolmente vicina al suo corpo. 

I nostri respiri sono affannati, il petto si solleva e abbassa ritmicamente, cercando di incamerare quanta più aria possibile. 
Da quella posizione sento il suo respiro sulla pelle e vedo il suo sguardo, implorante, percorrere ripetutamente il mio volto, come a volersi accertare che sia realmente qui.

«Non sei così facile da prendere, vero Cenerentola?» domanda, incurante delle mie parole.
«Dove pensavi di andare?» torna alla carica, incapace di sopportare il mio silenzio, che è l’unica cosa che vorrei potergli concedere, in questo momento, anche se devo capire e per farlo sono costretta a parlare.

«Dovunque, purchè sia lontano da tutti voi! 
Da quando sono qui non avete fatto altro che mentirmi!» grido cercando di sfilarmi ripetutamente dalla sua presa ferrea.

«Non faccio altro che pensare al giorno in cui ho deciso di scappare con te» ammetto, abbassando lo sguardo verso i miei piedi, incapace di reggere il suo sguardo.

Il diavolo biondo, colto completamente alla sprovvista dalla mia rabbia rimane in silenzio per un tempo che mi pare interminabile, fino a quando finalmente si decide a parlare.

«Io non ho fatto altro che pensare a quel bacio» ammette, facendomi mancare il fiato quando mi sfiora la guancia con la punta delle dita. 

«Non è il momento Ade» sussurro, con voce arrochita dallo sforzo, in attesa di ricevere una spiegazione.  

Lui scuote la testa e, con un sorriso rassegnato dipinto sul volto, finalmente risponde.

«È complicato Naira, non credo che capiresti» sospira, allontanandosi di qualche centimetro da me, mettendo una distanza infinita tra i nostri corpi e le nostre menti.

«Questo lascialo decidere a me» dico, nella speranza che si convinca a proseguire.

Scuote la testa ripetutamente, fino a quando riprende a parlare «produciamo copie contraffatte di gioielli costosi» sgancia la bomba e quello che sta ammettendo mi piomba addosso come un secchio di acqua gelata.

«Quindi non solo siete dei piromani, ma anche dei truffatori?» mi esce un tono eccessivamente stridulo dalla bocca.
Ade non commenta, ma si limita a rimanere in silenzio.

«Siete voi la banda di “stupidi mocciosi” di cui parlava mio padre» sospiro, sentendomi sopraffatta da questo mare di bugie, a cui il diavolo biondo sembra non voler dare una fine.

«Come si dice Ade, chi tace acconsente, giusto?» afflitta, allontano lo sguardo dal suo, prima di riprendere a parlare.

«Visto che siamo in vena di confessarci verità, c’è altro che devo sapere?» provo a domandare, nella speranza che finalmente si decida a parlare.
Ma naturalmente questa è una speranza vana, perché Ade rimane in silenzio.
Ancora, ancora e ancora.

«Cosa ci faccio davvero qui? Perché un giorno mi baci e il giorno dopo ti comporti come se non fosse successo nulla? 
O mi proteggi e poi sembra che non ti importi più nulla? 
Perché non sei più come l’Ade diciottenne che ha iniziato a prendersi cura di me?» gli pongo queste domande, a raffica, osservando il modo in cui la sua espressione da addolorata si fa più seria e rigida.

«Nemmeno a me piace essere diventato quello che sono, ma principessa ti devi accontentare di quello che hai davanti» un sorriso amaro gli si forma sulle labbra prima che si decida a proseguire.

«Non posso dirti molto, almeno per il momento» conclude, provando ad avvicinarmisi, ma con una mano che lentamente gli si poggia sul petto fermo qualunque suo tentativo di rabbonirmi.

«Fino a quando non ti deciderai a darmi maggiori spiegazioni non ho intenzione di rivolgere la parola a te, come a tutti gli altri. 
Ti restituirò la stessa moneta che mi hai riservato per tutto questo tempo» amareggiata lascio che una lacrima mi scorra lungo il volto. 

«Principessa lasciami il tempo…» non gli do modo di finire che riprendo a correre nuovamente verso casa, seguita da lui.

«Diamine fermati e lasciami parlare» riesce a sfiorarmi il gomito e a interrompere la mia furiosa avanzata per qualche secondo. 

Fortunatamente mi libero dalla sua presa «hai avuto tempo a sufficienza per parlare, ora basta» e raggiungo la porta d’entrata. 

Mi avvicino rapidamente alla rampa, salendo le scale due gradini per volta, e una volta arrivata nella stanza che condivido con Ade mi chiudo rapidamente la porta alle spalle, girando la chiave nella serratura.
Non appena anche lui la raggiunge inizia a battere ripetutamente i pugni sulla superficie legnosa.

«Aprimi, cazzo, principessa non fare la bambina» il suo tono è duro, infastidito. 
Ma, nel tentativo di estraniarmi dal mondo, poggio un cuscino sulle orecchie e, con le lacrime agli occhi, fingo di non sentirlo. 

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«Cenerentola lasciami il tempo di parlare» continuo a gridare, battendo ripetutamente i pugni sulla superficie, mentre sento alcuni singhiozzi provenire dall’interno della stanza. 
Ormai le mie nocche sono spaccate e la pelle è arrossata a causa della furia con cui sto colpendo la porta.

«Cosa sta succedendo qui fuori?» Axel esce dalla propria stanza, togliendosi gli occhiali per stropicciare gli occhi. 

«Non avete risolto, vero?» domanda retoricamente, ricevendo un'espressione infastidita in risposta. 

«Credo che la porta di questa stanza, chiusa a chiave, sia un segnale inequivocabile» apro le braccia rivolgendole verso l'alto.

«Naira è estremamente arrabbiata con me dopo quello che è successo ieri sera.
Sperava di ottenere ulteriori spiegazioni dopo averci visto nella stanza blu, ma visto che non potevo parlarle di nulla ha deciso di chiudersi dentro, riservando a ognuno di noi religioso silenzio» cerco di essere breve, incapace di ammettere a voce alta che probabilmente la principessa di questo castello ha perso completamente fiducia in me.

«Sapevi che avrebbe reagito in questo modo»
Axel mi rimprovera, battendo ripetutamente una mano sulla mia spalla.

«Sì, lo sapevo… Ma sappiamo tutti benissimo perché facciamo questo lavoro, che è lo stesso motivo per cui lei non può saperne nulla, almeno per il momento» gli ricordo, alterandomi.
Axel annuisce, rimanendo in silenzio per alcuni minuti prima di riprendere a parlare.

«Io ti ho visto quando sei con lei. So perfettamente quello che senti Ade. Sei…» non gli lascio modo di terminare la frase che rispondo bruscamente.

«Non posso permettermelo Ax, lo sai perfettamente» gli ricordo, schiarendomi la gola, quando improvvisamente sentiamo un tonfo provenire dalla stanza. 

«Cosa è stato?» domando allarmato, avvicinandomi col volto alla porta.
Accosto l’orecchio alla superficie legnosa nel tentativo di sentire se quel colpo viene seguito da altri rumori.

«Naira cosa succede?» busso ripetutamente alla porta, sperando che mi rassicuri, ma in risposta alla mia domanda ricevo solamente silenzio.

«Principessa adesso inizio a preoccuparmi» trattengo in gola un grido frustrato «se non mi apri, tra cinque minuti butto giù la porta e, non mi interessa se sarai nuda perché io ti guarderò» cerco di sfoderare la carta della provocazione per convincerla a parlare, ma purtroppo, ancora una volta, dall’interno della stanza rimbomba solo il silenzio. 

Mi giro verso Axel e, dopo aver ottenuto un cenno d’assenso da parte sua, iniziamo a prendere a spallate la porta, fino a quando la serratura cede e si apre. 

«Non ti azzardare a varcare la porta di questa camera» minaccio Axel, entrando nella stanza, costringendolo a rimanere a una giusta distanza di sicurezza, mentre mi guardo intorno alla ricerca di Naira. 

Presto attenzione ai rumori che ci circondano sentendo un fruscio provenire dal bagno. 
«Dev'essere in doccia» alzo il tono, ingoiando il groppo formatomisi in gola all'idea che possa essere successo qualcosa di grave, e spalanco la porta. 

«Principessa io sto entrando, se devi coprirti fallo adesso» mi avvicino all'anta e la apro, scorgendo Naira con gli occhi chiusi, seduta sul piatto della doccia con le gambe strette al petto. 

Muovo il suo braccio destro, che segue i miei spostamenti senza fare resistenza e, preso dalla preoccupazione le sento il battito, circondando il suo polso con le dita. 
Fortunatamente una flebile pulsazione rintocca contro il mio polpastrello. 

«Ade ci sei?» Axel richiama la mia attenzione.

«Sì, sì sto arrivando. Dev'essere svenuta a causa dell'elevata temperatura dell'acqua e del vapore che si è diffuso nella stanza» lo informo, avvicinandomi ulteriormente al corpo di Naira. 

«Mi vuoi dire cosa stai cercando di fare stupida ragazzina? Farti del male non è contemplato tra le tante cose da fare» ammetto, circondandole i fianchi con il braccio e poggiandomi il suo sulle spalle, per cercare di spostarla il più rapidamente possibile verso la camera.

Raggiunto il letto cerco di farla accomodare, per quando mi sia possibile e, dopo averla coperta con un asciugamano, chiamo dentro Axel che mi porge un flacone di profumo da farle annusare per farla rinvenire.
Improvvisamente i suoi occhi si spalancano e un respiro affannato e stanco fuoriesce dalle sue labbra.

«Esci subito da qui» sussurra stringendosi al petto l'asciugamano, con tutta la forza che ha in corpo e gli occhi disgustati dalla mia vicinanza.

«Scordatelo Cenerentola, mi hai fatto prendere un colpo» ammetto stringendo la presa sull'asciugamano che le avvolge il corpo, sedendomi accanto a lei.

«Non voglio niente da te Ade, devi lasciarmi in pace» sospira, mordendosi il labbro, dopo essersi ricordata di non dovermi parlare.

«Purtroppo per te sarai costretta a ricevere il mio aiuto ancora per molto tempo» sorrido di sbieco.

«Esci da qui Ade o ti assicuro che non mi vedrai più» dice, con estrema serietà, costringendomi ad alzarmi di scatto.

«Come puoi chiedermi di lasciarti sola dopo essere appena stata male?» alterato mi posiziono di fronte a lei che, a fatica, si alza a sua volta e, mentre parla, mi spinge verso l'uscita.

«Non mi sembra che ti sia interessato tanto quando avrei voluto sapere la verità.
Ora fai la stessa cosa, rimani in silenzio ed esci» e, con un’inaspettata spinta mi fa ritrovare nuovamente fuori dalla camera da cui, non so come, mi richiude fuori.

«Naira sei completamente impazzita» grido, furente, sotto lo sguardo attento di Axel.

«Hai bisogno di aiuto principessa» sussurro, sentendomi in colpa «non puoi affrontare tutto da sola» e in quel momento mi rendo conto di quanto le mie parole rivolte a Naira siano in realtà indirizzate verso di me.

Il silenzio nuovamente rimbomba tra le pareti del corridoio, Devi si ferma davanti alla porta della camera che condivide con Axel e dopo avermi rivolto uno sguardo sconfitto lo richiama.

«Amico devo andare» batte ripetutamente la mano sulla mia spalla, prima di lasciarmi solo.
Rimango immobile, incapace di comprendere come agire, prima di tornare nuovamente alla carica.

«So che mi senti Cenerentola. Sappi che non me ne andrò da qui fino a quando il tuo silenzio stampa non sarà terminato. Anche a costo di seguirti ovunque per sentirti rivolgermi una misera imprecazione» la avverto, sedendomi sul pavimento con la schiena poggiata contro la porta della stanza.

Rimango immobile, in attesa di sentire qualsiasi rumore provenire dall'interno, per sapere che Naira sta bene e che è al sicuro, ma nulla mi conferma che adesso non stia tentando di scappare dal balcone.

«Se stai cercando di scappare non sarà così facile, ti teniamo d'occhio per evitare che tu faccia qualcosa di sconsiderato» la avviso, senza demordere.

Probabilmente comportandomi in questo modo non sto facendo altro che dimostrare di essere uno stupido orgoglioso, che non vuole ammettere che sì, vorrebbe dirle tutta la verità ma che davvero non può farlo, perché da quando ha iniziato a farle da guardia del corpo, a proteggerla e a fare in modo che non le torcessero nemmeno un capello, dalla morte di mio fratello sono cambiate tantissime cose.
Troppe per essere comprese con una breve conversazione di pochi minuti.
Perché l'Ade che ha conosciuto lei non esiste più da molti anni e, forse, è stato una copertura che ogni tanto riemerge.

Ancora mi domando chi sia il vero Ade.
Quello che Naira tanto si ostina a voler richiamare, a far comparire nuovamente.
Arrivato a questo punto so solo che vorrei essere libero.
Libero dai pensieri, dalle imposizioni, dalle restrizioni e da tutti i motivi che mi obbligano a prendere determinate decisioni.

Poggio lentamente la testa contro lo stipite della porta e socchiudo gli occhi, per cercare di riposare almeno un po’.
Durante la notte, come ho detto a Naira, non ho fatto altro che pensare alle sue labbra.
Ho dovuto fare una lunga camminata per impedire ai miei pensieri di prendere il sopravvento e condurmi verso una strada impervia, dalla quale non troverei più via d'uscita.
Lentamente, con questi pensieri che mi vorticano per la testa, socchiudo gli occhi e mi addormento, senza nemmeno rendermene conto.

La chiave gira lentamente nella toppa e, all'improvviso, mi ritrovo con la schiena poggiata al pavimento a causa dell'inaspettato gesto compiuto da Naira che, stupita dalla mia presenza, cerca di scansarmi senza riuscirci.
Le mie dita, infatti, si stringono saldamente al suo polpaccio per impedirle di compiere altri movimenti.

«Dove pensi di andare?» domando con un sorrisetto ironico a colorirmi il volto. 

«Giusto, il silenzio stampa» ricordo, sperando che i suoi occhi riescano a dirmi qualcosa. 
Ma è la sua espressione di ghiaccio a farmi comprendere che forse, per questa volta, non c'è modo di riuscire a ottenere qualcosa. 

«Non mi hai lasciato modo di dirti nulla Naira» sospiro, sistemandomi meglio sul pavimento, col cuore che mi palpita furioso nel petto. 

Volutamente rimango seduto a terra, desidero che mi squadri dalla testa ai piedi per leggerle dentro, mentre lei fa per divincolarsi dalla mia presa.

«So che probabilmente qualsiasi cosa dirò non servirà a nulla, ma dammi del tempo. Quando sarà il momento saprai ciò che devi sapere» dico, lasciando che un sospiro fuoriesca dalle mie labbra «non si mette all'angolo un bodyguard principessa, ricordatelo» proseguo, nella speranza che nei suoi occhi si accenda una scintilla, ma Naira questa volta sembra completamente assente, decisa a far sentire la propria assenza.

«Non credevo fossi così codarda…» lascio la frase in sospeso «non fai altro che scappare, proprio come Cenerentola, anche se non è mai mezzanotte quando te ne vai» dico, sentendo la sua pelle irrigidirsi sotto le mie dita. 

«Forse finalmente sono riuscito a trovare uno dei tuoi tanti punti deboli» sorrido di sbieco, sapendo perfettamente di non avercela ancora vinta.

«Sappi che non permetterò al tempo di trascorrere lasciando che tu non mi parli» la avverto, alzandomi in piedi per guardarla negli occhi.

«Farò in modo di rifarti conquistare la fiducia in tutti» dico, prima di tornare al mio tono burbero di sempre.

«Vai principessa, avanti…
Infondo le principesse del castello hanno bisogno di quelle assurde bevande per essere presentabili» dico, facendole un occhiolino, mentre lei grugnisce infastidita e inizia a percorrere la rampa di scale.

«Comunque ti ho sentita, me ne sono accorto. Lo trasformerò prima in un sorriso e poi di nuovo in parole… però non prendertela con gli altri, sono io l'unico responsabile» concludo il mio discorso mentre lei finisce di scendere le scale per raggiungere la cucina.

Pochi secondi dopo vengo raggiunto da Devi che mi poggia una mano sulla spalla.
«Complimenti diavolo, forse per una volta sei riuscito ad usare il giusto modo con Naira» sorride rassicurante.
«Vedrai che si risolverà» si allontana lasciandomi nuovamente solo coi miei pensieri, le decisioni da prendere e i piani da far quadrare.
Senza pietà.

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