85. Quello schifo
-"Proprio non ti ricordi di me?"- chiese Ella, seduta sul giaciglio di pelli, improvvisato in mezzo al terreno coperto dalla notte.
Royal si spogliò della cotta di cuoio bollito, lasciandola cadere accanto al fuoco scoppiettante, dando la schiena alla ragazza: -"No"-
Cenere s'alzò lenta: -"Quante cose ti ha portato via, Kain?"-
Accarezzò in punta di dita la cicatrice disegnata sulla spalla di lui: -"Rammenti almeno chi eri tu?"-
-"Cosa vuoi dire?"- il ragazzo si volse verso di lei guardandola dall'alto –"Puoi farmi vedere da dove vengo, principessa?"-
Sabe esitò: -"Farà male"-
-"Quanto?"- la prese per le braccia lui andandole vicino, troppo vicino.
-"Quanto tutto quello che ti hanno già fatto"- si tirò indietro di poco lei, memore del suo ruolo e del fatto di essere davanti a tutto il cast.
-"Allora sopravvivrò, principessa"- la lasciò andare lui sembrando tutto fuorché naturale –"Fai la tua magia"-
-Buona!- urlò Robert spezzando il silenzio esasperato e dando il via al cicaleccio sulla temperatura del set improvvisamente fattasi più calda.
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-Odio questo posto- sussurrò Royal, sistemandosi il nodo alla cravatta.
Ella gli strinse una mano. Silenziosa, cercò di dargli un minimo di incoraggiamento con lo sguardo.
Il ragazzo portò le nocche di lei alle labbra, sfiorandole appena, grato.
-Ragazzi, vi muovete?- li superò Ely percorrendo il corridoio del tribunale, mal celando la sua agitazione.
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-È tutto, grazie- l'avvocato lasciò tornare Isabella al suo posto prendendo un foglio -La difesa chiama Royal Johnson al banco dei testimoni-
Sabe si sforzò di non fissare il ragazzo nel tornare al suo posto mentre lui prendeva spazio dove richiesto.
Ely le strinse la mano alla ricerca di conforto e nella speranza di poterla rassicurare un po': -Sta bene, senerei. È da quando ti ha conosciuta che sta bene-
"No, Ely. Ti prego, non dire così" Cenere appoggiò la testa sulla spalla dell'attore con un sospiro -Finirà bene per Kali e Jamie finirà dentro-
-Lo so- le strinse la mano il ragazzo -Lo so, ma è comunque terribile-
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Tutto lì.
Kalinda s'alzò meccanicamente dal sedile dietro il taxista non appena l'auto si fermò lasciando i soldi sul sedile del passeggero. Lanciò un'occhiata alla piccola roulotte deserta che avrebbe dovuto accoglierla.
Rimpianse la compagnia di Ely subito prima di quella del suo piccolo appartamento ai bordi del centro.
Una mano si appoggiò sulla sua spalla.
Si girò di scatto, la mano già nella borsa, serrata sullo spray al peperoncino che le aveva messo in mano Roy senza mezza parola.
-Ely- squittì riconoscendolo.
-Scusa, non volevo spaventarti- il ragazzo titubò un istante prima di ritirare la mano -Vieni: dormi al ranch, stanotte-
Sarebbe stato sempre così? Avrebbe sempre avuto la paura di mandarla in frantumi semplicemente toccandola? ...e lei? Lei avrebbe continuato a desiderare e respingere il tocco di un uomo, da lì in poi?
-Io non...-
Anche quello di chi aveva il suo cuore da un paio d'anni, ormai?
-Ella fa le lasagne- l'attore abbozzò un sorriso, passandosi una mano tra i capelli -E a me fa piacere-
-Se Ella fa le lasagne- lo prese in giro lei, trovando coraggio.
Proprio no, decise mentre Ely mormorava ancora qualcosa sommessamente.
Proprio non ci stava a farsi depredare di altro così. Almeno...
"Almeno" cosa?! Almeno una carezza? Un bacio, una notte? Un matrimonio, una famiglia felice, magari...
-Kali, stai bene?- mormorò preoccupato l'attore, scuotendola, delicato.
Lei spalancò gli occhi: -Io... io...-
Ely alzò le mani a stringerle dolcemente il viso: -Va tutto bene. Jamie è dentro, ora. Non ti può far nulla. Ci sono io, okay? Ci sono...-
Kalinda si sporse appena, alla ricerca d'amore e di sicurezza.
Si sporse appena ma fu sufficiente: labbra a toccarsi insperate e cuore a esplodere.
La frenesia d'incontrarsi, la curiosità di scoprire la forma dell'altro, l'innegabile felicità... sentirono tutto.
Il cellulare di Ely squillò un paio di volte e forse anche quello di Kalinda.
Non importò, non in quel momento.
-Ti ho aspettato così tanto- sussurrò lei sulla bocca dell'attore, gli occhi chiusi, il pentimento a strisciarle dentro non appena avvertì i lineamenti del ragazzo cambiare, sotto le sue dita; aprì gli occhi.
-Vieni a cena da me- si scostò lui afferrandole un polso nel vederla scurirsi in viso -Kali, se non m'importasse nulla di te, non è a cena dai miei che ti avrei invitata-
E la ragazza capì che la sua reazione era stata solo sorpresa: "Ma tu guarda, anche Ely Jhonson teme un rifiuto!"
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Pamela sorrise, uscendo sul portico passandosi le mani sul grembiale e vedendo quel nipote quasi figlio caricarsi Ella su una spalla e correre verso il lago.
Royal Johnson aveva vissuto un'infanzia orribile; costellata da violenza e terrore dell'abbandono, difficoltà nel fidarsi degli altri e timore di non essere abbastanza uomo nel trattare le donne. La sua adolescenza non era stata tanto meglio, in effetti: l'egida dell'esempio paterno a sventolargli su una spalla e la voce accogliente e ruvida di Christopher a soffiargli nell'orecchio dall'altra, non dovevano essere state semplici da gestire in quel tratto di vita che era già eufemistico definire dualista di per sé.
Vederlo camminare di fianco a Ella, sorridere a tavola circondato da fantolini agitati, guardarlo sognare e perdersi nei capelli di Sabe... scatenava in Pam quell'orgoglio materno che le stringeva il cuore al punto da dimenticarsi di dover controllare se Cinder fosse davvero una brava ragazza: doveva esserla, se lui sorrideva così!
Pamela rientrò in casa col cervello in sollucchero: il bambino a cui era stato negato l'amore era diventato l'uomo che aveva davanti, era diventato l'amore che gli era stato negato. O, meglio ancora, era diventato abbastanza forte, puro e coraggioso da riuscire a donare l'amore che gli era stato negato.
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-È tardi, Kali, rimani qua a dormire- propose Royal attirandosi gli sguardi di mezza tavola.
"Esattamente, dove?" si sforzò di sorridere Pam: quella ragazza le piaceva nonostante il volume decisamente meno pacato di quello di Ella ma non sapeva proprio cosa offrire a un nuovo ospite.
-Dormi in camera mia e io dormo in quella di Roy- trovò una soluzione Ely, rapido.
-E Roy dove dorme?- domandò burbero Christopher.
Lo stuntman accennò alla sua personale laterba: -Casa sull'albero. È da un po' che non faccio una notte lì-
Pam fece saettare uno sguardo incoraggiante dal nipote a Ella, approvando.
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Sabe piegò la testa di lato nel suo sacco a pelo, una ruga in mezzo alla fronte.
Royal sospirò, stringendola a sé e passando un dito su quelle righe che le increspavano il volto nel tentativo di spianarle: "Quando ti deciderai a parlarne con me, impiastro?"
Il battito accelerato contro il suo stomaco sembrò calmarsi un pochino e il ragazzo si lasciò sfuggire un sorriso: "Non allontanarti perché potrebbe fare un male cane. Per favore, Els, non andare via anche tu"
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Prima di aprire gli occhi, Sabe si affidò al suo naso: l'odore di Royal era decisamente più persistente, intorno a lei e sentiva le braccia di lui circondarle la vita.
Corrugò le sopracciglia rammentando la fatica ad addormentare Alice, la notte precedente, e la corsa fino alla casa sull'albero nel buio completo.
Aprì gli occhi, cercando di mettere un po' di spazio tra lei e Roy.
-No- mormorò lui.
-No, cosa?- sussurrò lei, conscia del fatto che probabilmente il ragazzo stava sognando.
-Se non ti allontani posso fingere che sia un sogno, che tu non lo farai mai- il ragazzo aprì gli occhi su di lei, scossa da insoliti brividi –che tu abbia davvero smesso di scappare-
-Non sto scappando, Royal, non da te- Cinder allungò una mano sui capelli di lui che stavano iniziando ad arricciarsi -Ma ho delle responsabilità e non intendo tirarmi indietro: non posso rimanere in America, lo sai, e non ho intenzione di importi di venire da me possiamo continuare a trovare il modo di vederci ogni tanto, chiamarci tantissimo, ma...-
Il ragazzo le prese il viso tra le mani e premette le labbra sulle sue: -Lasciami un paio di giorni-
Ella abbassò lo sguardo in un muto assenso: -Non scappo, se tu rimani-
-Io non sto scapp...-
-No, è vero, ma non sono l'unica ad avere dei segreti, Royal- sussurrò lei posando la testa sul suo petto –magari con i tuoi hai fatto pace, ma neanche tu li condividi con me-
Royal chiuse gli occhi, stringendola un po' di più, chiudendo gli occhi: -Hai visto le cicatrici-
Sabe annuì contro di lui: -E tu le mie-
-Guardami, Isabella-
"Isabella", non "Els".
Quasi non ricordava più d'avere quel nome; che fosse un'altra, la persona che stava chiamando?
Cinder si morse un labbro ma obbedì ugualmente.
-Tu non hai niente a che fare con quello schifo- nuvole che celavano lampi negli occhi e rombo di tuono incipiente nella voce, Royal non le era mai sembrato tanto perentorio, tanto spaventato.
"Preferisce le armature, no? Impari a portarle" la sfotté la voce di Acosta dal suo cervello.
Ella si staccò da lui e si sedette per guardarlo meglio in viso, seria: -E tu non hai nulla a che vedere con il mio, di schifo. Eppure vuoi capire, vuoi entrare, guardare, dare un nome a tutte queste cicatrici e, ora ci credo, lo vuoi fare perché t'interesso. Non sono solo un paio di begli occhi, non sono solo un cervello utile a risolvere i compiti altrui, non sono una tua amica... non so che sono ma, per qualche misteriosa ragione, tu ci tieni a me e vuoi entrare nel mio mondo. Quindi perché non riesci a capire che è così anche per me? Perché non riesci a capire che voglio anch'io vederti? Capirti?-
Roy pressò le labbra sulle sue famelico d'aria, silenzio, spazio vuoto da sostituire ai problemi; le mani del ragazzo corsero alla pelle tiepida del girovita di lei, sotto la maglietta del pigiama.
Sabe gli strinse la mascella per allontanarlo: -No, non così... me l'hai insegnato tu che non si può scappare di fronte a certe cose. Ora levati-
Il ragazzo obbedì, attonito ed Ella lo scansò per scendere celere la scaletta: -Dammi un paio d'ore per sbollire, Royal. È per il bene di tutti-
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