80. Tempo di rischiare: l'oro dei tiranni
Si era svegliato con la sagoma di una fanciulla di neve in bilico sul bordo del materasso e aveva impiegato più di due minuti a capire che Ella era davvero lì, a un braccio da lui, in quel letto davvero troppo grande per lei sola.
Si era sentito sereno, di quella felicità pacata provata poche volte nella vita.
Ormai aveva smesso di cercare un perché: le era entrata dentro senza neanche sforzarsi. Lo voleva, almeno la metà di quel che lui voleva lei. E lui... Dio, se la voleva.
Sorridente, esasperata, ribelle, infantile, con quei capelli impossibili che neanche avevano la scusa d'esser ricci, con le mani minuscole e forti abbastanza da aprire il cuore altrui come se fosse un barattolo di marmellata, con lo sguardo lungimirante perso nell'infinito e le rotelle in testa a girare senza sosta...
La voleva in cucina con lui a mangiare d'asporto, sopra un tetto a promettergli di rimanere, intorno a un tavolo coi suoi fratelli mentre gli passava un vassoio, in macchina a litigare per guidare, in biblioteca a infilare biglietti colorati in mezzo alle pagine e neanche si accorgeva della gelosia bruciante provata per Lloyd, con le ciocche fradice di pioggia e di mare, senza lenti di plastica a tentare di nascondere i suoi soli...
Pelle contro pelle, le labbra a togliere e dare ossigeno.
Chiuse gli occhi per un istante, allungando il braccio alla cieca.
Gli angoli della bocca gli si sollevarono non appena sentì la pelle di Ella sotto le dita. Alzò le palpebre, la mano allungata sul braccio di Cinder, lo stupore e la felicità nello scoprirla lì, semplice e vera.
Deglutì mentre la gioia di saperla nel suo letto, fiduciosa abbastanza da concedergli l'onore di vederla senza maschera o corazza, si faceva strada nel suo petto.
-Tutto okay?-
Sollevò lo sguardo sulla ragazza, gli occhi lucidi: -Sei qui-
Ella sorrise: -Già-
Lui osò di più e la fece rotolare a sé, abbracciando quell'eburneo corpo che, nel sonno, aveva perso ogni traccia di quella freddezza che l'aveva tenuto lontano per mesi.
-Sei bella- le accarezzò l'incavo del collo con il naso, un bacio sulla spalla di seta, la schiena di lei contro i pettorali, un braccio a stringerle la vita.
-Con l'alito del mattino e un nido di rondini in testa... suppongo siano gusti- sorrise lei.
La risata di Royal riverberò sulla sua spina dorsale.
Passarono mezzo minuto in silenzio, immobili, ad ascoltare il respiro l'uno dell'altra.
-Non mi hai mai chiamato "Roy" - sussurrò il ragazzo, le parole contro la pelle di lei.
-Mi piace il tuo nome: sei reale, Royal- Ella si voltò a guardarlo -Tu e l'argento nei tuoi occhi-
Lui alzò un angolo delle labbra: -Non sarebbe meglio l'oro per un re?-
-L'oro è dei tiranni. L'oro è sole ustionante, luce che ti brucia le retine, alla fine... l'argento è scuro, raro, prezioso nonostante il tempo gli lasci segni pieno di sfumature e significati nascosti- Cenere sorrise lasciandolo affogare in iridi di bosco e parole di vento -E, nonostante ciò, ancora in grado di brillare-
-Sono d'argento?- stiracchiò le labbra lui.
-Sei d'argento- sorrise Isabella.
-A proposito- Royal si allungò ad aprire il cassetto del tavolino accanto al letto -Questo l'hai perso in Sardegna-
Un po' di colore affluì sulle guance della ragazza che tese una mano per accogliere la rondella argentata: -E tu l'hai tenuto per così tanto tempo perché...?-
Roy la guardò titubante.
Con le gote calde, i cernecchi sparpagliati sul cuscino e quel sorrisino a dipingerle le labbra di affetto... non voleva cambiare quell'opera.
Ma le doveva anche questo.
-Credo di non essere poi così diverso da mio padre- esalò vedendo gli occhi della ragazza scurirsi, la bocca a schiudersi per lo stupore.
-... se voglio tenere qualcosa di tuo sempre con me, se sono terribilmente geloso e...-
-Perché credi che sia rimasta in reggiseno di fronte a te, ieri sera?-
Lui la guardò, senza capire.
Sentì la mano di lei sul viso, l'anello nero e la rondella argentata fredde contro la sua guancia.
Gli occhi della ragazza lo tennero fermo mentre cercava di fargli entrare in testa una cosa: -Questo, Royal, è un corpo al quale tu non farai mai del male-
-Com...?-
Le dita di Sabe corsero a tappargli le labbra: -Lasciami finire, per favore... tu non puoi, non riesci neanche a immaginare di poter far del male se non per difenderti, Royal! Questo è un corpo al quale non farai mai del male... non perché sia il mio, ma perché tu sei nel tuo-
La mano di Cinder si mosse fin sotto il mento per sollevargli il viso e poterlo continuare a guardare negli occhi: -Ogni volta che facciamo qualcosa, tu ti fermi a chiedere il permesso... hai idea di quante poche persone lo facciano? Come riesci a ritenerti uguale a tuo padre quando l'unica cosa che hai preso da lui è il cognome, Royal? Il mio... il corpo di una donna non deve farti temere di perdere il controllo perché ne hai quasi troppo: sai controllarti. Lo sai fare. Non sei come lui. Non sei lui-
Si fermò a guardare le stille salate finire sul guanciale, rotolargli giù dal viso fino a raggiungere la base del collo. Proprio lì, dove la piccola cicatrice circolare spiccava chiara e sbagliata su quella pelle di morbido cuoio scuro.
Sabe vi abbassò appena gli occhi sopra. Non si fermò: l'aveva già vista e, dalla forma, aveva intuito anche cosa poteva essere successo... non era affar suo, se Royal non voleva metterla a parte: un conto era parlarsi e conoscersi meglio, un altro forzare l'altro a raccontare ogni minima cosa dolorosa.
Strinse il ragazzo tra le braccia, chiudendo gli occhi, chiedendosi cosa fare.
-Ho ancora il tuo elastico- sussurrò lui.
Ella sorrise: -Tienilo, se ti fa piacere... Comunque, un po' di gelosia non ha mai ucciso nessuno-
-No?- Roy l'allontanò da sé per poterla guardare in viso; lei quasi seduta tra le lenzuola aggrovigliate e lui sdraiato sulla schiena per poterla fissare negli occhi senza dover stare chinato, per una volta.
-Suppongo significhi solo che tieni abbastanza a me da avere un po' di paura di perdermi- gli regalò un sorriso sghembo e unalzata di spalle, lei.
Il ragazzo la imitò: -E tu? Ci tieni abbastanza da aver paura di perdermi?-
La ragazza abbassò lo sguardo, voltando la testa altrove.
Ma Royal lo vide, quel suo annuire in modo quasi impercettibile.
E quando Cinder si voltò, rossa in viso, capì che il suo cuore aveva già scelto.
Doveva solo trovare il modo di far ragionare la testa, sorrise felice, il miocardio impazzito, lo sguardo glorioso di chi aveva già vinto.
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Sabe chiuse il baule della macchina di Royal: -C'è tutto. Credo-
-Va tutto bene?- il ragazzo le si avvicinò con le chiavi dell'auto in mano.
-Sì... tu come stai?-
-Stiamo parlando. Stiamo parlando davvero, tirando fuori argomenti che non pensavo di poter affrontare da solo; è bello-
Cenere sorrise, con quella semplicità accecante che era propria di lei.
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-Sieda- le intimò Acosta aprendo la portiera dell'ennesima macchina color pastello.
-Per...?- lo incoraggiò Ella dimenticandosi della Lincoln azzurrina.
-... Favore- quasi ringhiò lui.
La ragazza si accomodò sul sedile.
-Non sono un codardo, signorina- sibilò.
"Codardo e becero" alzò un sopracciglio Ella.
Aron si passò una mano sul viso, sospirando: -Cos'ha capito?-
-Non farebbe meglio, e prima, a dirmi la verità?-
L'uomo esalò nuovamente, gli occhi lucidi e il sudore in fronte: -Mi dispiace-
"Lo spero bene!" Cinder mantenne la sua aria tranquilla.
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-Kalinda?- mormorò Roy dopo qualche chilometro di totale silenzio.
-Ogni tanto la sento singhiozzare ma non si vuole aprire- Ely prese la curva più velocemente del solito -L'hai detto a Ella?-
L'argento negli occhi del ragazzo s'incupì un momento: -No-
≠
-Sua moglie è danese- lo sguardo di Ella si perse oltre il vetro del finestrino -e la metà dei nomi propri della sua serie sono parole danesi... un omaggio alla donna che ha sposato e che credeva di non amare-
Lo sguardo di Aron tornò su di lei che gli precludeva il viso rivolgendolo al cielo preannunciante tempesta.
-Che male c'è, Acosta?- Sabe si girò a guardarlo negli occhi stanchi -Che male c'è nell'amare?-
-Non l'ho sposata per amore- fu onesto lui -Per quasi tutta la vita, ho creduto che avrei amato solo lei, solo la mia migliore amica-
-E poi Freja s'è ammalata-
L'uomo annuì, sbattendo la mano sul volante. Il clacson della Lincoln si fece sentire nel parcheggio deserto dal quale era partito tutto il resto del cast.
-È così ingiusto- i singulti di Aron sembravano tirati fuori dalla sua gola con ferri incandescenti, le lacrime che sbucavano dalle palpebre e si raccoglievano nelle borse oculari erano simili ad aghi.
Sabe allungò una mano a stringere quella coperta di macchie e rughe dell'uomo: -Lo so-
-Mi ha sempre amato e io mi sono accorto di ricambiare solo quando le hanno diagnosticato l'Alzheimer. Dio, questa vita fa schifo!- si sfogò ancora Acosta.
-Le è rimasto accanto- Ella cercò d'usufruire di tutto il tatto che disponeva -E la va spesso a trovare-
-Non mi riconosce sempre- si tamponò gli occhi con un fazzoletto Aron.
-Ma si sente sempre amata, Acosta- sorrise materna Cinder, stringendogli ancora la mano.
-Grazie, mia cara- ricambiò mestamente l'uomo per mettere in moto -Ora mi faccia le domande per le quali ha diritto a una risposta-
Sabe chiuse gli occhi, esalando: -Margaret sa tutto di questa storia, essendo la sua migliore amica nonché compagna di malefatte?-
-No- Aron strizzò il suo fazzoletto di stoffa e accettò quello di carta portogli dalla ragazza -Sono...-
Un singhiozzo lo interruppe.
-Calma. Possiamo uscire, se vuole-
Lo scrittore scosse la testa: -Margaret e Tobias sono stati tutto quel che avevo per anni... Quando il mio migliore amico è morto, il legame tra me e Margaret si è saldato ancora di più. Io ero già sposato con Freja ma, per altri tredici anni ho continuato ad amare solo lei-
Ella cercò lo sguardo dell'uomo, perso nelle spire di tempo addietro.
-Ha letto qualcosa di mio al di fuori di quel che le ho mandato?-
-No- mormorò Sabe -Cos'ha scritto?-
Acosta rise: -Melensaggini. Una storia d'amore dietro l'altra, tutte dedicate alla sigla di una certa Margaret Davies, naturalmente. Lei non l'ha mai saputo-
Cenere annuì, l'ombra di un sorriso triste sulle labbra.
-Fa paura diventare vecchi, lo sa? Quando Freja è stata colpita da quella roba- Aron chiuse gli occhi, l'ennesimo singhiozzo a sconquassargli l'animo -mi sono subito preoccupato di quel che sarebbe successo a me...-
Ella non ruppe il silenzio, comprendendo che il racconto era solo a metà.
-E poi mi sono reso conto d'amarla in un modo che non credevo possibile: Margaret era un fuoco continuo che mi bruciava il cervello, Freja... Freja era come immergersi nell'acqua limpida: le cose si vedono diversamente ma non è per forza una brutta sensazione-
-No, non la sembra- sorrise Ella.
Gli occhi ancora lucidi dell'uomo si fermarono nei suoi: -Non volevo succedesse anche a lui-
-Lo so- sospirò Cinder -Ma l'aver buone intenzioni non cambia le cose: non può giocare con le vite altrui, Acosta, gliel'ho già detto-
-Non le ho chiesto di venire solo per replicare un triangolo amoroso riuscito male la prima volta, però- lo scrittore si soffiò il naso, decidendosi a partire nella speranza di riuscire a prendere l'ultimo volo per il Wyoming -Lei è qui anche per una sorta di esp...-
-Sono qui perché Royal non sa recitare- sorrise Ella accomodandosi meglio sul sedile -Margaret le avrà detto qualcosa e lei avrà pensato "tentar non nuoce, vediamo se riesco a togliergli la serietà perenne dal viso"-
-Più o meno- ghignò Acosta di fronte alla sfacciata sagacia della giovane -È arrabbiata?-
-Dubito solo della sua sanità mentale- sbirciò fuori dal finestrino, la ragazza -Posso farle una domanda indiscreta?-
-Certamente- si rilassò finalmente Aron.
-Se sapeva di non amarla, perché l'ha sposata?-
L'uomo esalò: -Era ricca. A me servivano soldi ed ero uno scrittore senz'alcuna speranza di venir ricambiato dalla propria amata... Come lei sa, le parole non nutrono-
Ella tentennò finché lo scrittore non parcheggiò dentro al primo posto auto libero: -Io credo, Acosta, che le parole siano state le uniche cose a tenerla in vita, in questi anni-
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-Avrebbe preferito le ali argentate, quindi?- Acosta sollevò lo sguardo dal pranzo in seconda classe.
-Lascio loro ai tiranni e alla loro avarizia- ghignò Sabe stappando la bottiglietta d'acqua per poi tornare seria -L'oro è sole accecante che brucia le retine... l'argento scintilla forse meno ma è più raro, più umile, più...-
-Reale?- fu il turno dello scrittore a sorridere.
Sabe distolse lo sguardo con un sorriso, concedendogli il punto.
-Cosa l'ha indotta a comportarsi così?-
La voce dell'uomo la costrinse a voltarsi: -Prego?-
-Cosa le ha fatto pensare di potermi dare del codardo e passarla liscia?- stuzzicò il contorno lui, tenendola docchio.
-Il fatto che, per quanto possa essere convinto di assomigliare a Ely, ha un modo di fare proprio anche di Royal Johnson... al contrario di lui, però, non ha una scusa- bevve un sorso a canna lei.
-E dove ci somiglieremmo, sentiamo?-
-Non siete in grado di essere attori... eppure vi calate in personaggi così distanti da voi... Un po' lo capisco: sottostiamo tutti a regole sociali e nessuno è veramente sé stesso- Sabe posò la bottiglietta davanti a sé, continuando a fissare Acosta negli occhi -Ma forse è il caso di smetterla d'impersonare il bullo della situazione e il tiranno maledetto alla sua età, signor Acosta-
-Io non...-
-Lei si pentirà di non essersi comportato nel migliore dei modi e non solo con sua moglie, se continua così- lo sguardo di Ella lo pietrificò sul posto -E lo sa meglio di me, Acosta. Forse è arrivato il tempo di essere un po' più umano. Forse è arrivato il tempo di rischiare che la gente la detesti anche per quello che è, non solo per come appare. Forse è arrivato il tempo di rischiare che le persone che le stanno a cuore la imparino ad amare-
⏯️ Lincoln Continental del 1961⬆️
⏯️ Idea generale della serie di Acosta ⬇️
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