73. La vita come un musical
Ella abbassò il pugno chiuso, davanti alla porta della stanza assegnata a Royal.
-Emi, stai bene?- domandò entrando nella stanza accanto.
La ragazzina accese il paralume affianco al letto: -Scusa... scusami-
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Royal uscì dalla stanza di Ella con le dita sporche d'inchiostro; un biglietto lasciato in cima a una pila di magliette sul letto della ragazza, una scritta in blu persiano a rivelare un'altra debolezza, una promessa sottintesa a una richiesta.
Chiedimi di restare
Erano tre parole talmente piccole che quasi non credeva che avrebbero potuto cambiare tutto. Forse.
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-Perché non mi hai detto nulla?- Emily si strinse alla sorella che, in maglione e pantaloncini, ringraziò la pioggia per aver portato un po' di fresco -Per gli acidi, intendo. Non mi hai mai neanche rimproverato-
-Perché ti conosco, Emi- la strinse Ella -Quando ti viene fatto notare un errore, ti fustighi da sola finché non capisci come rimediare. Ti aveva già aperto gli occhi Caesar, non avevo motivo di ripeterti le stesse cose quando avevi capito tutto, no?-
-Pensavo fossi incazzata con me-
-La ero. Ero arrabbiata e spaventata. Tantissimo... Cielo, quel che non ho passato quella sera, Emi! Potevano molestarti, stuprarti, rapirti, magari addirittura ucciderti... Cielo- la voce di Sabe si perse nei singulti della ragazza.
Cenere fece scivolare le dita tra le ciocche scure della sorella: -Hai capito. Quella sera ti abbiamo trovata, Emily, forse non in condizioni stupende ma ti abbiamo trovata viva. Viva... ti sei ripresa e poi hai scoperto di White; forse io e Caes avremmo dovuto capire chi era la famiglia del tuo ragazzo per poterti dire prima certe cose. Forse avremmo dovuto dirvi tutto quando è successo a Leen, non lo so... so solo che questa cosa si aggiunta alla colpa degli acidi e che io non mi sono accorta di nulla finché il tuo rendimento scolastico non è esploso. Dovevo tenerti d'occhio e non l'ho fatto, dovevo esserci e non sono stata troppo presente... mi dispiace, Emi-
"Io non ti ho detto nulla" ammise la ragazzina solo a sé stessa.
-Non è che vuoi rimanere in questo albergo insieme ai nonni rimbecilliti, vero?- riuscì solo a dire tra le lacrime -Perché è sufficiente che la nostra estate faccia schifo non serve che anche la tua sia così-
Ella alzò un sopracciglio.
-Hai detto a tutti che saresti andata in America lasciandoci a tua nonna per essere sicura che andasse tutto bene. L'abbiamo accettato anche se non tutti con gioia. In estate funziona così da anni, ormai: ci lasci a Renata e ti riposi un po'. È giusto così- Emily si tirò a sedere, guardando sua sorella negli occhi -Stanno anche arrivando Michael e Caes... Vai con Roy-
-E dov'è che hai imparato a parlare così?- domandò Cinder con un groppo in gola, uno di quelli da sorriso in viso e cuore gonfio d'amore.
-Ho una sorella scrittrice- alzò le spalle l'altra.
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Cenere si lasciò cadere sul letto nel buio completo della stanza, la stanchezza nelle membra, le palpebre pesanti, il pensiero di vedere Royal prima del giorno dopo rintanato in un angolo della mente.
Allungò una mano sul cellulare: l'una del mattino.
Impostò una sveglia per le sette e mezza con l'intenzione di raccontare tutto a Roy prima di partire. Con che parole, ancora non lo sapeva, ma in qualche modo avrebbe fatto.
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-Sgraffigni spesso i biscotti dalle dispense altrui?- Benedict guardò Sabe con un sorriso terribile.
Lei rifiutò il suo sentirsi in colpa come l'avvertì farsi strada in lei: -Sua moglie mi ha detto di servirmi-
Si alzò dalla sedia, mezzo biscotto tra le dita e uno sguardo di sale.
-Mio figlio- Anthony prese fiato -Mio figlio... lascia stare-
Ella se lo vide sfilare davanti veloce come il fulmicotone, non una parola di più o una cedevolezza permettente il capire.
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-Hai visto Royal?- domandò Ella dalla scala di pietra.
Renata alzò lo sguardo su di lei, sorpresa: -Pensavo fosse con te... oh-
Sorrise, ammiccando al ragazzo dietro la nipote: -Suppongo dobbiate recuperare un po' di tempo perduto-
I ragazzi la guardarono allontanarsi sorridente.
-Tua nonna è pazzesca- il basso di Roy le solleticò le orecchie.
Ella si girò: -Sì, è vero-
Si guardarono, di nuovo naufraghi in quel mare d'indecisione che i rispettivi occhi riflettevano sempre.
"Allora?" cercò di trasmetterle lui con uno sguardo.
Sabe si passò le mani sui fianchi, in un riflesso incondizionato: -Quando hai il volo?-
Il cuore del ragazzo precipitò al suolo, rovinando sui gradini sbozzati nella pietra: -Tra un paio dore-
Alla ragazza non sfuggì la smorfia disegnatagli sul viso.
-Non vuoi andare?- chiese facendo un istintivo passo verso di lui.
Royal le scrutò il volto da bambina, non capendo: -Perché credi c...-
-ELLA! ELLA!- Darrel corse verso di loro con il volto rigato di lacrime, la morte nel cuore.
Senza fiato, le fitte della milza a farsi sentire, le si fermò accanto: -Alice... ape-
Cinder spalancò gli occhi: -Dove?-
-Davanti alla porta... cortile- ansimò il piccolo.
Lei si precipitò là, mollando i due maschi a fustigarsi da soli coi loro pensieri.
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-Dove?- Ella per poco non franò addosso alla sorellina che gonfia le indicò un puntò sul collo.
La ragazza le tolse il pungiglione e l'intestino della creaturina che aveva dato la sua vita per un atto di dolore.
-EMI!- urlò accarezzando la testolina della piccola.
La ragazzina le fu accanto in un attimo: -Non la trovavo-
Sabe iniettò il contenuto della fialetta nel corpo della sorellina: -Starai meglio, stellina. Starai meglio-
Le pressò delicatamente un paio di dita sul collo sentendo già un miglioramento del gonfiore, seppur minimo.
-Va tutto bene- le sorrise per poi voltarsi verso Emi -Sei stata bravissima... qualcuno ha chiamato l'ambulanza?-
La ragazzina storse il naso: -Quando ho urlato a Cecelia cosa stava succedendo, ha detto che tu avresti dovuto sapere cosa fare; se fossi stata in un'altra situazione, l'avrei presa a schiaffi-
"Pure io" masticò una mezza parolaccia in testa, Sabe: -Non mi piace lasciarvi qui con loro-
-Vai con Roy. Noi staremo con la nonna- decise Alice parlando a fatica -Vai con Roy-
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-Posso entrare?- Darrel guardò sua sorella sistemare le lenzuola e le maglie che durante la notte erano finite sul pavimento grazie al suo sonno agitato.
-Certo, vieni- Sabe continuò a piegar magliette, chiedendosi ancora una volta dove fosse finito Royal.
-È colpa mia-
Ella chiuse gli occhi: "Che diamine di vizio di famiglia"
Gettò le magliette piegate sulle lenzuola e si sedette così d'averlo di fronte al naso: -No, non la è, Darrel-
-Invece sì- lui sollevò il musetto bagnato di lacrime sul viso di Ella -Abbiamo litigato e sono corso sotto al portico dove c'era un alveare-
Cinder trattenne il respiro, sforzandosi per non cambiare espressione: era un bambino, non meritava biasimo.
-Pensavo le avesse viste; volevo solo stare da solo- una lacrima traditrice gli rotolò sul naso -Mi dispiace-
Isabella fissò negli occhi il piccolo: -Non è stata colpa tua, Darrel. Tu non volevi che si facesse male, non volevi che si pungesse... la prossima volta, però, sempre che ce ne debba essere una, parla chiaramente. Darrel, guardami, non è stata colpa tua-
Gli occhi scuri del piccolo si spalancarono: -Ma...-
-Non. È. Stata. Colpa. Tua- scandì Ella sollevando i suoi soli ad illuminargli quella verità.
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"In ritardo, clamorosamente in ritardo"
Ella tamburellò nervosamente le dita sul cruscotto, Renata accanto a lei che sfrecciava poco al di sopra dei limiti di velocità.
-Arriverai in tempo- la tentò di rassicurare sua nonna.
-Come in qualsiasi film romantico che finisce in aeroporto?- la prese in giro nervosa Sabe.
-Lo vedo più come un buon inizio- sorrise l'altra, la ciocca grigia in mezzo ai capelli bianchi brillante d'argento.
Isabella sospirò: -Ho solo la borsa con me: quando ho visto il biglietto sotto al letto ti sono venuta a cercare subito e mi sono dimenticata la sacca in camera-
-Darrel e Cecily capiranno e tu te la sei cavata in situazioni peggiori. Il cellulare l'hai, no?-
-Sì, quasi scarico... sull'aereo dovrebbe esserci la possibilità di...-
-Lo prenderete insieme, stai tranquilla- sorrise Renata immettendosi nella strada per l'aeroporto.
"E pensare che odio i cliché" celiò lei iniziando a slacciarsi la cintura.
Sì, li odiava, ma non voleva partire senza che lui sapesse.
Come sua nonna frenò, si gettò fuori dal veicolo, la tracolla già addosso, l'urgenza negli occhi.
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-La prego- supplicò Ella tendendo il biglietto per l'imbarco di due ore più tardi, quello che aveva prenotato da mesi.
-No- scandì per l'ultima volta il signore dietro al computer.
-Devo dire al ragazzo che è appena salito che...-
-Sa quante persone ci hanno provato?- bofonchiò annoiato il tizio.
-Davvero?- si stupì Cenere.
-Se ne vada- agitò la mano l'uomo -Prima che chiami la sicurezza-
La ragazza si voltò sconfitta dal tabellone: Royal era appena partito per l'America.
-Cinder! Cinder!-
Ella voltò la testa verso la fiumana di gente e per poco non finì a terra sotto il peso di Michael.
-Cosa... ?!-
-Caes ha trovato una signora che non vuole partire subito, dammi il tuo biglietto e preparati, hai mezz'ora- corse via il ragazzo sfilandole tutto dalle mani.
Cenere lo vide schizzare dall'altra parte dello stanzone e confabulare con una donna dai tratti ispanici.
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-Corri- intimò Michael ad Ella -Ti mancano dieci minuti-
Sabe prese il biglietto, ancora una punta d'indecisione negli occhi: -I ragazzi...-
Caesar l'afferrò per un braccio, costringendola a guardarlo negli occhi.
-Tempo fa hai fatto una scelta, Ella. L'hai fatta perché ti sei resa conto che due persone su tre che studiavano e una che lavorava non sarebbero mai riuscite a mandare avanti una famiglia di sette bambini- Caes prese fiato all'idea di Ev -Per il momento l'hai abbandonato e messo nel cassetto il tuo sogno ma io ti prometto che, primo poi lo realizzerai comunque... Ora, ti prego, corri dietro a quell'uomo che ti ama-
La ragazza strinse il biglietto tra le dita, la paura negli occhi.
-Cazzo, Ella!- sbottò l'avvocato -Sali su quel dannato aereo! Sì, sarà difficilissimo, anche perché voi due siete complicati da far paura, ma... se non gli corri dietro adesso, te ne pentirai a vita-
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-Aron? Sono Ella... Ho bisogno di un favore- come scese dall'aereo, la ragazza si attaccò al telefono, una mano a massaggiarsi l'altra che aveva subito la stretta di un bambino terrorizzato all'idea di volare.
-Sto arrivando; Caesar Lewis mi ha chiamato. Più tardi devo tornare sul set ma, se ci sbrighiamo, possiamo pranzare insieme con qualcosa al volo. Le chiamerò un taxi per farla portare a casa di Johnson, sperando che sia lì, e poi ci raggiungerete insieme. Lo ha chiamato?-
-Sì. Ma non risponde- bofonchiò Ella guardandosi attorno -Posso provare a scrivere a Ely, quantomeno il passaggio dovrei averlo assicurato anche nel caso finisca male con Royal-
-Sarà il caso che non finisca male: quel ragazzo non è in grado di recitare-
Sabe assottigliò gli occhi mentre il presentimento che più volte l'aveva sfiorata si faceva nuovamente strada in lei: -Mi dirà mai perché ha scelto me?-
-No- fu lapidario lo scrittore -Sono davanti a lei nella macchina viola-
Ella alzò lo sguardo rimanendo a bocca aperta.
Si guardò intorno prima di attraversare e aprire la portiera: -Sul serio? In aeroporto con una Mustang? Ma che cavolo ha per la testa? Si vuol far derubare?-
-Mi piace andare veloce- si sistemò gli occhiali Aron.
-Beh, non s'azzardi- fece lei mettendo la cintura senza dar segno di notare un flacone sul cruscotto -A me piace arrivare viva-
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-Veda di non riportarmelo frignante- fu dolcissimo Aron con il motore ancora acceso -E di non frignare lei-
-Sa, Acosta tutte le volte, proprio quando sto per ringraziarla di qualcosa, lei mi costringe a masticare la lingua- i soli di Ella scintillarono sopra al suo sorriso -Non è un po cresciuto per questo gioco?-
Lo scrittore portò lo sguardo davanti a sé: -Chiuda-
Isabella obbedì con un sorriso: era una partita solo rimandata.
Aron sgommò via, riducendola a tossire sul ciglio della strada e a voltarsi per fronteggiare una paura.
Cinder storse il naso di fronte al monolocale incastrato tra le mura di un quartiere periferico piuttosto abbandonato: -Tempesta col cavolo, Acosta-
Bussò alla porta con due rapidi tocchi di nocca e si morse il labbro, nell'attesa.
Fissò il porta nome attaccato accanto alla porta: Johnson.
Un cognome come tanti, di fronte a quell'uomo che come tanti non lo era per nulla ...
Cosa doveva provare a leggerlo di continuo, quando gli ricordava solo il padre?
Perché era così, Sabe ne era convinta.
Fece per bussare di nuovo, maledicendo l'assenza del campanello e delle risposte di Ely ai suoi messaggi, che si fermò con la mano chiusa su sé stessa a mezz'aria.
-Ho...- deglutì di fronte all'argentato sguardo vitreo di Royal -Ho provato a chiamarti-
Lui sbatté le palpebre per poi allungarsi sulla cassettiera del piccolo ingresso e mostrarle il cellulare in silenzio.
Cenere sollevò lo sguardo dallo schermo ormai inservibile, tentando un sorriso: -Se sta diventando un'abitudine, ricordami di non prestarti mai il mio-
Roy deglutì, cercando con gli occhi i soli della ragazza, nascosti dalle lenti blu: -Che ci fai qui?-
-Ho dimenticato... ho evitato di dirti una cosa perché non sapevo come avresti reagito- sostenne lo sguardo lei, annegandolo ancora una volta -O meglio, all'inizio l'ho evitato, poi, dopo un paio d'ore dal tuo arrivo in Sardegna, ho provato... ma prima ci siamo cercati senza trovarci, poi siamo stati interrotti un paio di volte e poi Alice è stata punta da un'ape e lei è allergica alle api e... tutto questo sembra allucinante e pieno di cliché ma...-
Sabe tacque a riprendere fiato, lo sguardo di Royal a colarle sul viso.
-I cliché funzionano sempre, per questo esistono- la voce di Royal fu talmente strana e bassa da sembrare un gracidio.
-No- Ella si morse il labbro inferiore per poi alzare lo sguardo su di lui in un sorriso -I cliché sono soluzioni semplici a un problema complicato, cose che dovrebbero risolverti una situazione in maniera decisamente banale ma comprovata... invece, forse questa soluzione incasinerà tutto... perché tu mi piaci, perché, sì, anch'io voglio conoscerti e conoscerti per intero-
Cenere gli porse un biglietto spiegazzato, un biglietto che Royal non ebbe bisogno di aprire per riconoscere.
-Quindi, sì. Se mi vuoi capire nonostante i giorni-goccia, se mi vuoi conoscere anche come iperattiva e simil bipolare, se sei disposto a chiudere un occhio sul casino che sono e su tutto quello che comporto... bambini e vicini invadenti inclusi... Sì. Rimani-
Le labbra del ragazzo non fecero in tempo a curvarsi che lei continuò: -Perché io rimango. Scelgo di rimanere e, sì, lo faccio anche per te. Non solo ma anche... è questo che volevo dirti. Per questo mese mi avrai tra i piedi... per diverse ragioni che ti spiegherò ma, non meno importante... non voglio che tu debba scegliere tra me ed Ely, Royal-
-Queste ragioni mi piaceranno?- il basso le sfregò nuovamente le orecchie mentre lo sguardo dell'uomo cambiava.
-Spero di sì- sostenne lo scintillare dell'argento lei.
Un colpo di clacson li fece sobbalzare.
-Ma lo fanno apposta- sbuffò Ella guardando Ely scendere dall'auto impropriamente ferma di fronte all'appartamento.
-Sono banali- le sorrise Roy -Loro si accontentano dei cliché-
Ed Ella ricambiò. Non poté far altro perché, per lei che viveva la vita come un musical e giudicava i film come se fossero reali, quella battuta non era solo un complimento. Quella battuta era una promessa, un buono per un tentativo di comprensione.
"L'amore simpiccia' sorrise Sabe ignorando la battuta di Ely "Vediamo quanto hai ragione, Margaret"
-Andiamo! Neanche l'hai fatta entrare!- continuò il ragazzo imperterrito -Su una superficie orizzontale quanto sareste stati più comodi?-
Royal gli gettò un'occhiataccia: -Vuoi finirci tu, su una superfice orizzontale?-
-Con Ella, magari. Con te...- fece un verso lui.
Cenere lo guardò, sorpresa e felice per lui: era una battuta!
Era una vera battuta, sentita in fondo al cuore come tale.
Sorrise perché in quel momento la certezza le morse il naso: non piaceva più ad Ely.
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