71. Vetro e cenere
Roy finì di riempire la sua sacca e sorrise guardando la foto di Ella, sgualcita agli angoli.
Alzò lo sguardo su Pam che lo fissava felice dallo stipite della sua stanza.
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-Sabe!!!- Emi si precipitò in camera della sorella con la pagella in mano -Non so come...-
La sorella la guardò sorridendo: -Ho parlato con gli insegnanti: mi hanno promesso che, se le ultime due verifiche fossero state soddisfacenti, ti avrebbero solo rimandata di tutte le materie sotto la sufficienza ma non bocciata. Agli esami di riparazione, però, devi fare un figurone-
La ragazzina impallidì.
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Michele fissò assorto la sua migliore amica mentre lei puliva il vetro della stufa con un panno bagnato e la cenere.
La fuliggine venne via e il panno finì ammollo nel secchio accanto alla ragazza: -Che c'è, Verdi?-
Lui scosse la testa.
-Michele Verdi...-
-Sembra che Royal si sia messo in testa di farti una sorpresa ma non chiedermi quale- si passò una mano tra i capelli lui.
La ragazza alzò un sopracciglio: -Verdi, sai che sei trasparente per me, vero?-
-Credo voglia venire per questa settimana, prima che inizino le riprese dell'ultima stagione che, per inciso, non sa che registrerete insieme-
Ella sbiancò e si precipitò in bagno portandosi dietro il secchio.
Michael sorrise. Sì, decisamente era di vetro, per lei: trasparente, magari un po' sporco, opaco, a volte... ma Ella sapeva sempre dove guardare per scorgere almeno l'origine dei suoi dubbi.
Lei era stata una scoperta sorprendente, come la cenere sul nero lasciato dal fuoco.
Il ragazzo scosse la testa, raggiungendo la stufa e accarezzandone il vetro pulito, sorridendo affascinato: "La gente non ha la minima idea di quel che può fare la cenere"
Ripensò alla conversazione avuta nel cortile con Roy, mesi prima: "E meno male per te, no, Johnson?"
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Ella ritirò dalla buca delle lettere la busta con i biglietti spediti da Aron e sospirò, chiamando Ely al cellulare.
Riempì l'attesa guardando Rose e Darrel rincorrersi, in cortile, mentre Dorian chiudeva le finestre delle stanze.
-Buonasera, Senerei- l'attore sorrise, dall'altro capo della linea.
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-Hai già prenotato il volo?-
Royal alzò lo sguardo dal borsone, fatto e rifatto almeno tre volte: -No. Volevo farlo domattina-
Ely gli porse un foglio di carta stropicciata: -Prenotalo per la Sardegna: tra due giorni lei e i ragazzi raggiungono sua nonna. Figurati, non c'è di che-
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-...vedi se riesci a farla ragionare tu! Quella è tutta pazza!-
-Leo!- lo rimproverò al telefono la cugina controllando con la punta della scarpa un copertone mezzo sgonfio "Cavolo, Michael! Prima o poi ci lasci le penne"
-Ci ha fatto prendere un infarto! Ha settantotto anni; non può andarsene in Sardegna da gente che neanche conosce e le sta sul...-
-Leo!- ripeté lei entrando in casa per scendere in cantina e cercare il misuratore di pressione.
-Ella!- la scimmiottò lui.
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-Signorina Cenere, posso entrare?- Margaret bussò alla porta di casa Shaw.
La ragazza sollevò lo sguardo dal computer, sorpresa: era la prima volta dall'inizio dell'affitto che la signora del pianterreno saliva le scale senza essere chiamata per un'emergenza.
Ella le accennò la sedia di fronte a lei: -Certo. Va tutto bene?-
-Cecily- mormorò la vecchia accomodandosi -Mi sembra un po' giù, ultimamente-
Cenere sospirò: -Suppongo sia una questione di cuore ma non posso chiederle nulla: mia sorella ha un carattere poco aperto, soprattutto con me-
La Davies la fissò, sogghignando eloquente.
Sabe distolse lo sguardo, l'ombra di un sorriso colpevole sul volto.
-E la sua, questione di cuore?- accavallò le caviglie l'anziana donna.
L'altra si passò una mano tra i capelli mossi sempre più lunghi: -Spero di capirlo in fretta-
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-Dorian!- Elizabeth scese dalla sua bicicletta.
Lui alzò la testa dal libro: -Ciao! Ti chiamo Ily?-
La ragazzina scosse la testa: -No, io mi mandi Isabella?-
-Sì. Perché?- sollevò un sopracciglio Dorian.
-Fallo e basta!- scattò lei.
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-Sicura di non voler entrare?- domandò Ella vedendo la ragazzina bionda stringersi nel cardigan di lana.
Lei scosse la testa: -No sai che l'ho baciata, vero?-
Sabe sospirò: -Ora lo so-
-Che cosa faccio? Lei mi piace ma non so se in quel senso... io non credo in quel senso- Elizabeth si asciugò le lacrime con la manica del maglione.
-Perché l'hai baciata?-
-Credevo che lei lo volesse- mormorò la ragazzina abbassando lo sguardo.
-Forse avrebbe preferito...- Ella si fermò, vedendo l'espressione di Elizabeth mutare.
-Oddio Oddio! Oddio!-
-Vieni su, dai!- fece Sabe, portando in cortile la bicicletta.
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-Mi dispiace, mi dispiace tanto- ripeté per la milionesima volta Elizabeth con addosso un paio di leggings di Ella, troppo lunghi per lei.
-Sono una donna anch'io- sorrise l'altra porgendole un sacchetto di plastica -Può capitare. Metti qui i pantaloni-
La ragazzina fece una smorfia dispiaciuta, prendendo la busta dalle mani della padrona di casa.
Ella alzò lo sguardo su Cecily, incorniciatasi in quell'istante nella porta del corridoio: -Credo che voi due dobbiate parlare un po'-
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-Lo sapevi?- Cecily arrancò sotto il peso della sua valigia azzurra.
Ella l'aiutò a metterla sul nastro trasportatore, scuotendo la testa: -Vedevo solo che c'era qualcosa che non quadrava; se avessi avuto bisogno, ci sarei stata ma... diciamo che non volevo essere invadente. A questo punto, non so se ho fatto bene-
-Stiamo ancora parlando di Elizabeth?-
Sabe si voltò a guardarla, sospirando: -No-
-L'ha i passato anche tu, vero? Il bullismo, intendo... Perché?- Cecily seguì il suo bagaglio con lo sguardo.
-Non lo so- scosse la testa lei con un mesto sorriso -Ci sono persone che non sembrano avere bisogno di un motivo, Ily, persone che hanno semplicemente la necessità di sfogarsi o di richiedere attenzione... persone che decidono di farlo nella maniera più sbagliata possibile-
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-Ci sono- fece Royal al telefono, uscendo dall'aeroporto -Ora dove devo andare?-
-Ti ho mandato foto, nomi e posizione: sono in quell'albero sul cucuzzolo, quello con i gradoni che portano in spiaggia-
-Grazie, Caes- fece per chiudere la chiamata lui -Sei il migliore!-
-Ricordatelo- ribatté l'avvocato, disperato, sotto le sue pile di carta.
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Emily sospirò seduta nel cornicione della finestra.
-Ti serve qualcosa, tesoro?- Cecelia si avvicinò a lei, nella stanza messa a sua disposizione dell'albergo mezzo vuoto.
"Tesoro!" si morse la lingua Emi per non rispondere a tono.
Diciassette anni senza mezza parola e questa doveva saltar fuori dal nulla, illuminarsi al nome di Cecily, invitare lei e i suoi fratelli in quello stupido albergo semideserto e per poco sbattere Ella fuori dalla loro estate...
Meno male che Renata si era infiltrata lì ben prima di loro e li aveva costretti ad ospitarla per un paio di giorni, prima della sua "folle e romantica avventura americana".
-No- saltò giù dal davanzale lei -Devo solo tornare a studiare-
L'anziana donna sorrise, mettendole un piccolo vassoio di frutta e acqua accanto.
Emi fu tentata, per ben più d'un attimo, di sbatterle in faccia che aveva rischiato la bocciatura, sera fatta d'acidi e non era nemmeno lontanamente la ragazzina perfetta e giudiziosa che lei pensava fosse. Si sforzò di rimanere muta: Ella aveva già abbastanza difficoltà così e quella vecchia strega avrebbe solo avuto un'immaginaria motivazione in più per darle contro.
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-Sei terribile- sorrise Cinder, guardando la nonna materna strizzarle l'occhio da sopra i chili di perline del vestito estivo.
-Pretendere un po' di civiltà a me sembra il minimo, considerato il loro comportamento- sentenziò tirando fuori un cappello di paglia per spiaccicarlo sulla testa della nipote -E poi è solo per un paio di giorni... metti questo: con la pelle che hai diventerai un'aragosta bollita tra dieci minuti; la crema solare, l'hai messa, vero?-
Ella esalò, con un sorriso: -Sì, nonna, grazie-
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Sta bene. Decisamente
Ella inviò il messaggio al cugino rimasto nel Nord Italia e scese i gradini fino ai tavoli esterni dell'albergo; alzò lo sguardo al cielo sgombro e al caldo sole sardo.
Si morse il labbro torturando l'orlo del vestitino bianco, così strano sulla sua pelle, e lasciò il cappello di Renata sul primo tavolo che trovò.
Scese i gradoni che portavano al mare sciogliendosi il nodo sul retro del bohemien, si slacciò le scarpe di tela rossa, consumate dalle mille piccole avventure e nascose con cura l'orologio da due soldi dentro una di queste che abbandonò insieme ai calzini e alla stoffa ricamata dell'abito.
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Michael sorrise, vedendo il messaggio sul cellulare di Caes: -Bravo Roy-
Ripensò alla scena di qualche tempo prima: Ella di fronte alla stufa, in mezzo alla cenere.
Tornò ancora più indietro, alla prima volta in cui l'aveva vista compiere quella magia, di fronte al camino dei suoi nonni, gli occhi attenti allo straccio umido e pregno di polvere grigia sul vetro sporco.
Il nero era andato via e lui s'era sentito mancare il respiro comprendendo che mai sarebbe esistito un cognome più adatto a quella ragazza: Isabella era davvero Cenere.
Capace di restituire splendore ad ogni persona.
Capace di lasciarla libera, non appena curati i bollori neri delle fiamme, mai pretendendo nulla.
Capace di dimenticarsi del bene fatto, per ridurre ad un cumulo di schegge affilate e trasparenti le lastre che era riuscita a rimettere insieme...
O, almeno, era così che l'aveva vista per troppo tempo; si era preoccupato, Michael, quando, sempre per spirito d'abnegazione, lei aveva rinunciato temporaneamente a tutto quel che amava per i suoi fratelli.
Ma Sabe non si poteva sottovalutare: si era rialzata dal suo letto d'incubi ed era guarita in silenzio, così, senza chiedere nulla a nessuno. In quei mesi Isabella si era aggiustata le ali, le piume di nuovo al loro posto, e aveva rivolto una volta ancora il viso al pallido sole inglese. Con un sorriso di dolcissima sfida aveva fatto una lista delle sue paure per poi sconfiggerle una alla volta in attesa di gettare quei vecchi incubi in pasto alle fiamme.
Caes, un tempo, aveva preteso di sapere se mai ci fosse stato qualcosa tra loro due.
Michele aveva sbuffato, irritato dalla continua gelosia che il tipico uomo da una botta e via stava iniziando sempre più spesso a palesare nei confronti della ragazza.
No. Mai. Nulla.
E non perché non ci avesse pensato o perché fosse decisamente gay: Isabella era un'anima di fuoco, terribile e bellissima, tormentata e calma insieme... aveva bisogno di qualcuno come lei per potersi lasciar divorare da quel tipo di fiamme.
Per questo, dopo i mesi di dubbi e perplessità su Big Johnson (quando finalmente Ely aveva sbottato davanti a Michael, Caes e Roy un solenne "Cazzo, voi due siete uguali!") a Verdi si erano staccate le fette di salame dagli occhi: se al mondo poteva davvero esistere una persona in grado di aiutare Royal senza soccombere alla sindrome della crocerossina, quella era Ella.
E, se mai nei secoli avesse potuto nascere un'anima affine a quella di Cinder, capace di spogliarla dei suoi veli e di apprezzarla per intero... quella portava decisamente il nome di quell'ammasso di muscoli dagli occhi argentei.
-Tutto a posto?- Caes lo guardò dalla porta della cucina, addosso solo un asciugamano.
-Cupido ha colpito nel segno- sorrise Michele mostrandogli il cellulare e concentrandosi sui ben più che discreti addominali del marito.
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Royal raggiunse il mucchietto di roba di Cenere e lasciò che il suo borsone ci cadesse accanto.
I suoi occhi raggiunsero la figura liliale della ragazza che gli aveva strappata il cuore dal petto e dalla quale se n'era andato, dimenticando di farselo restituire.
Si spogliò della maglietta, un lieve sorriso ad aleggiargli sul volto: non ci stava troppo male, il suo cuore, in mezzo a quelle piccole mani delicate e macchiate d'inchiostro...
Scalzò le scarpe senza neanche chinarsi a slacciarle, guardando come le punte dei capelli di Cinder fossero completamente zuppe d'acqua, nonostante le onde le lambissero appena i fianchi.
Erano cresciuti tantissimo!
Sfregò tra loro i polpastrelli, chiedendo loro di pazientare per sentire i cernecchi di Sabe tra le dita.
Tirò via i pantaloni rimanendo in boxer e sentì un fischio non troppo lontano da lui. Non se ne preoccupò.
Tolse le calze come le scarpe e la sabbia gli riscaldò le terminazioni nervose dei piedi.
Si avvicinò a Ella come un leone a un cucciolo che mai e poi mai avrebbe spaventato...
Lei reclinò il capo, offrendo il volto al sole, accantonando il pensiero dell'ustione in cerca di un'ora (una sola) priva di preoccupazioni.
E mentre era lì, a bearsi della pace dei dolci flutti che la cullavano, qualcuno le sfiorò il braccio e percorse la sua pelle fin su, a pochi centimetri dalla spalla
Spalancò gli occhi, facendo un salto indietro, una mezza giravolta per capire chi mai poteva essere stato tanto spudorato in quel contatto delicato e veloce, avvertito come tutt'altro.
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