64. Segreteria telefonica
Isabella tamburellò con le dita sul ripiano del tavolo, il cellulare sotto gli occhi.
Strinse i pugni sul desco e in un sospirò rassegnato sbloccò il cellulare per far partire l'intercontinentale che le avrebbe scombussolato ulteriormente la vita.
Non attese neanche la risposta: come sentì la cornetta darle il via libera aprì la bocca prima di cambiare idea.
-Accetto-
Dall'altra parte ci fu solo silenzio.
-... ma secondo i miei termini- mise le mani avanti, sperando di non tirare troppo la corda, considerando le posizioni di chi era implicato in tutta quella maledetta storia.
-D'accordo- sorrise Acosta dall'altra parte.
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L'aveva chiamato.
L'aveva chiamato...
Royal fissò la notifica sul cellulare e non ci pensò due volte.
Risponde la segreteria telefonica di...
-Cazzo- masticò tra i denti.
Calcolò il fuso orario, confermando l'ipotesi di un'ora ragionevole.
Decise di aspettare dieci minuti prima di richiamare.
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Isabella spense il cellulare e lo abbandonò sul tavolo.
-Ella?- Cade fece capolino dalla porta della sua stanza -Posso prendere le tempere?-
-Sì, ma se vuoi fare quel che penso devi prima dare il bianco. È in soffitta nello scaffale a destra, in basso-
-Grazie... tutto bene?- il fratello studiò il suo corpo provato, le occhiaie, la criniera di capelli stremati.
Isabella annuì: -Faccio una doccia, okay?-
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Risponde...
Royal si rassegnò: era la terza volta che la chiamava in un'ora, probabilmente non voleva parlargli.
Fece per posare il cellulare ma quello si mise a squillare; una videochiamata lo implorò di dargli retta e lui non poté fare a meno di accettarla.
Sabe, i soli spalancati, la chioma fradicia e le guance rosse dalla doccia calda lo fissò con la sua aria di bambina, non sapendo se parlare o lasciargli spiegare.
Il ragazzo la fissò come se non fosse vera: -Non pensavo ci mettesse così poco ad arrivare, il pacco-
Lei sbatté le palpebre: -Che pacco?-
Roy scosse la testa: -Nulla. Perché mi hai chiamato, ieri?-
Isabella abbassò le palpebre: -Non non volevo, in realtà. Non sapevo se avessi capito, se avessi capito e conseguentemente deciso che non ne vale la pena o...-
-La vale-
La ragazza rialzò gli occhi su di lui: -Sì?-
Lo stuntman annuì, un breve sorriso: -Però, Els...-
-Sì- tornò seria lei -Per tutti e due-
-Vogliamo riprendere i motivi?- sussurrò lui appoggiandosi al muro, seduto sul letto -E smontarli?-
Sabe si morse il labbro, annuendo: -La distanza...-
Royal sorrise: -Non è un per sempre: troveremo il modo di tenere tutto in equilibrio. Ci possiamo chiamare, mandare lettere sdolcinate imparare a conoscerci così, senza mettere il contatto fisico a complicarci la vita, no?-
Lei rise: -Anche i ragazzi, per il momento non sono un problema: se non funziona, non dovremo neanche dirglielo-
-E se funziona, ci preoccuperemo quando saremo nello stesso continente- concluse lui -Ely, Michael e Caes?-
-Suppongo sia impensabile, tenerglielo nascosto a questo punto- si strinse nelle spalle lei -Puoi dirlo anche ad Aileen. So quanto tieni a lei e non è il genere di persona che mi fa esasperare. Non più di Caes ed Ely, sicuramente-
-Come facciamo con Acosta e la tua simpatica vecchietta?- frecciò il ragazzo sorridendo.
Lo stomaco della ragazza si strinse per un istante. Si morse il labbro: - No. A loro no. Per ora no-
-Solo noi due- l'argento le colò dentro, tra le sue crepe di bambola.
-Solo noi due- il mondo di tenebra fuggì la luce dei due soli.
Si sorrisero.
-Allora, signorina Cenere, c'è qualche altra cosa che mi deve dire prima d'imbarcarsi per questa tormentata relazione?- fece balzare le sopracciglia il ragazzo, somigliando per un attimo allo sfrontato seduttore del matrimonio di Iris.
Isabella si bloccò a poco dal chiamarlo Johnson: -Solo che mi dispiace: sono assurda e complicata ho rovinato tonnellate di rapporti nella mia vita per orgoglio, per colpe che forse avevo o forse no, per stupidità, per per milioni di cose, perché io con la gente non ci so stare. Io so stare bene con pochi. Pochissimi... e te lo sto dicendo ora perché anche se non sembra, può andare peggio di così. E io lo so, lo so eccome. Non deve andare così con te. Quindi ora mando a farsi un giro il mio stupido orgoglio e ti dico che che mi sono detta che non era nulla. Poi, che era una cosa strana ma che male poteva fare cercare di capirne un po di più? Poi mi sono detta che era decisamente una pessima idea...-
I suoi soli splendettero come non mai: -Il problema è che è una bellissima pessima idea. Tu non mi hai lasciata in pace un attimo e... e, nonostante tutto, io vorrei davvero tanto provarci con te-
Rimase a guardarlo mentre lui la fissava senza pudore, senza parole, quasi le leggesse dentro, finalmente... perché forse mai prima di quel momento si era sbilanciata così tanto.
Si era buttata nel burrone...
-Sei un sogno quando arrossisci-
Ella spalancò gli occhi soffocando l'impulso di tirargli il cuscino del divano attraverso lo schermo.
...solo per volare.
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Royal si vide il cellulare strappato di mano in mezzo secondo.
-Congratulazioni! Mi chiedevo quanto ci avreste messo ancora- sorrise Ely a Ella, attraverso lo schermo.
La ragazza rise: -A te per essere il primo a saperlo!-
-Vi siete messi insieme?- domandò l'attore facendo ballare lo sguardo tra Sabe e l'occhiataccia di Royal.
-No- fece lui tendendo la mano.
-Comunque, sei sempre stupenda, senerei- ghignò il ragazzo -anche se si vede il reggiseno sotto la maglietta bagnata-
-Fuori- lo cacciò dalla stanza Roy riprendendosi lapparecchio -Scusalo-
-Conosco Ely, Royal- sorrise lei prendendo una coperta per stendersela addosso -Va tutto bene-
-Fai sul serio?- ghignò lui a veder il gesto.
Le guance della ragazza simporporarono mentre tentava di sorridere: -Mi preferivi prima?-
Lui la guardò, eloquente, ma mentì con il sorriso sulle labbra: -Certo che no-
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Ella accarezzò il pacco appena portatole dal corriere.
-Sabe, hai visto la mia maglia argentata?- domandò Emily, l'espressione scocciata.
La sorella sollevò lo sguardo su di lei spaesata: -Prova a guardare nel cesto con la roba piegata. Perché?-
-Stasera esco- la minore neanche la guardò in faccia prima di attraversare la stanza diretta a quella che, fino a qualche mese prima, era la camera di Everett.
Si mise gli stivali, la gonna nera che lasciava decisamente scoperte le gambe...
-Dove ti porto?- domandò Sabe con le chiavi già in mano.
-Passa William. Andiamo al Wonderland- scoccò Emi.
-A che ora ti vengo a prendere?- provò di nuovo lei.
-Non so. Ci pensa Will- si sforzò di non gridarle contro la ragazza.
La maggiore abbassò lo sguardo sul ripiano: -Emi...-
-No! Per una volta, smettila di trattarmi come una bambina! Smettila di fare così, cazzo! Non sei mia madre-
Isabella rialzò lentamente lo sguardo su di lei: -No. Non sono tua madre e non la voglio essere, Emi. Ma questa è l'ultima volta che mi parli in questo modo... Ora vai alla festa, ti diverti e ti dimentichi di qualsiasi cosa stia frullando in quella testolina... ma domattina io e te, parliamo... e se non vuoi parlare con me, c'è Michael, e se non vuoi parlare con Michael, c'è Caesar-
La ragazza uscì sbattendo la porta.
"Wonderland" non aveva sentito belle voci su quella discoteca.
Cinder tentò di scacciare il brutto presentimento: "Però ci lavora Mark, dai!"
⏯️ Il Paese delle Meraviglie (in originale Wonderland) è un paese immaginario, ambientazione principale del libro per bambini "Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie" scritto da Lewis Carroll.
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