56. L'amore s'impiccia

-Buona Vigilia, signora Davies- sorrise Ella con una stella di Natale infilata nell'elastico che le domava la chioma tutta cernecchi.

La donna strinse la presa sulla scatola di biscotti fatti in casa che la ragazza le porgeva: -Entri, mia cara. Il tè è quasi pronto-

Margaret sorrise inzuppando un biscotto nel suo tè: -Sì, Cecily è un bel tipino, davvero. Ma non mi sorprende poi tanto: in fondo, l'ha educata lei-

Sabe poggiò la tazzina sul piatto: -Signora Davies? Posso chiederle qualcosa per la quale potrebbe non rivolgermi mai più la parola?-

La donna sgranò gli occhi.

-Posso rivedere la foto del suo matrimonio?- domandò Cenere, mordendosi un labbro.

La vecchietta si allungò sull'album e glielo porse senza smettere di guardarla negli occhi: conoscendo la ragazza, doveva sperare che gli occhi da falco pellegrino non funzionassero a dovere, quel giorno...

Isabella sfogliò le pagine fino a trovare quella che ritraeva sposi e invitati, insieme. Fissò i volti sconosciuti uno per uno per poi trovarne uno che, sconosciuto, non lo era poi troppo.

Le sopracciglia corrugate, la bocca fine tirata, scorse le fotografie fino a trovare l'allora giovane sposa immortalata con un ben più giovane uomo che doveva evidentemente conoscere ancora bene.

Sollevò lo sguardo sulla Daviers, le lenti blu a renderla impassibile: -Conosce Aron Acosta. Per questo sapeva dei Johnson-

L'anziana donna annuì.

-Ha finto magistralmente bene, davvero- chiuse il libro fotografico la ragazza sforzandosi di rimanere calma mentre aveva solo voglia di appendere per i capelli Margaret, Aron, Caesar, Royal, Ely e chiunque altro sarebbe saltato in quella storia assurda da qualche parte -Mi stupisco che Acosta non le abbia proposto un qualche ruolo-

Si alzò mascherando il livore con la compostezza e fece un paio di lenti passi avanti e indietro: -Ha intenzione di spiegarmi tutto o devo giocare ancora a fare la detective?-

-Come l'ha capito?- domandò la donna sembrando di colpo molto più vecchia sapendo di dover solo pregare che l'altra l'ascoltasse.

La ragazza le lanciò un'occhiataccia ma rispose comunque: -Lei guarda solo serie d'azione o vecchie commedie romantiche quindi non mi spiegavo come potesse conoscere i due Johnson nonostante il loro viso sia praticamente su qualsiasi giornaletto di cinema... Poi ho conosciuto Acosta e sulle prime mi ha dato sui nervi, molto più di lei quando ci siamo conosciute. Mi dava la sensazione d'averlo già visto ma proprio non ricordavo dove... Mi ha scritto una lettera, sa? Ha la curiosa abitudine di chiamarmi "mia cara", usa parole desuete e stralci di frasi che ho sentito solo in bocca a lei... ne sentivo l'eco ed è una cosa che mi è già successa con una ragazza che consideravo amica. Non è finita bene, ma suppongo che lei riesca a immaginarlo da sé-

Ella si costrinse a respirare, richiamando a sé tutta la sua santa pazienza: -Non capivo perché diamine si fosse attaccato all'idea della musa, non pensavo neanche che una persona normale, mi passi il termine, potesse davvero averne una in un ambito del genere... Ieri notte, andando contro tutti i miei beneamati principi sulla privacy di personaggi pubblici e non, ho fatto una ricerca-

Deglutì, sotto lo sguardo attento della vecchia che si stringeva le mani in grembo: -È curiosamente saltato fuori che quell'uomo abbia fatto le sue stesse scuole, università a parte. Di internet non mi fido fino in fondo ma di una foto da diplomato, sì-

Le mostrò lo schermo crepato del cellulare che ritraeva un giovanissimo Aron Acosta ch'esibiva orgoglioso il suo pezzo di carta e una Margaret fanciulla che l'abbracciava ridendo: -Me l'ha mandata stamattina Ely: gli ho chiesto se sapesse qualcosa di voi due-

-Non è come crede- la Davies le lanciò uno sguardo lucido.

-Non lo è mai, non è vero?- sferzò Ella tradendo la sua calma composta.

Dannazione se faceva male. E dire che con tutto quel che aveva passato, credeva di poterlo sopportare...

Strinse i pugni, conficcandosi le corte unghie nella carne cedevole dei palmi: Margaret Davies non l'avrebbe vista piangere, non le avrebbe dato anche quella soddisfazione dopo averle inconsciamente permesso di giocare a fare la burattinaia.

-Allora com'è?- sibilò impedendo ai lucciconi che sentiva in fondo a sé di risalire. Si era pure messa le lenti, santa pace! Con quelle sarebbe stato allucinante sforzarsi di non piangere...

La vecchia abbassò il capo.

Ella scosse la testa mentre una piega amara le deformava le labbra fini, mentre un mormorio dentro di sé la pregava di aspettare: sicuramente la situazione era solo molto incasinata.

"L'ho già passata" pensò rivolta alla sua coscienza avente una voce curiosamente simile a quella di Myricae "Sia dannata, se mi umilierò ancora così!"

-Si... si ricorda il nostro primo discorso sui tipi d'amore?- domandò Margaret alzando il viso a cercare i suoi occhi -Platonico, eros, ludos, amicizia...-

La voce di Myricae la costrinse a rimanere lì, ferma sullo stipite.

La Davies, donna tutta d'un pezzo con la parola perennemente pronta, non si era mai comportata così per nessuno. Mai aveva avuto quel tentennare nel provare a spiegare qualcosa, mai nei suoi occhi era apparsa l'ombra della paura livida di perdere una persona che era un pezzo così importante del suo mondo.

Ma per Isabella Cenere, sì. Per quella ragazza, dimenticò anche la sua aria di pietra.

S'alzò lentamente dalla sedia imbottita, forse per non spaventarla, come si fa con gli animali confusi e impauriti, o forse per gli acciacchi che ogni giorno le ricordavano che regalo era la vita: -Io e Aron non ci siamo mai persi ma la nostra storia è così complicata, signorina Cenere... non mi aspetto che comprenda quel che ci lega ma non è la nostra storia quella importante, adesso-

Implorò Ella con lo sguardo e la ragazza si sedette a gambe incrociate, sul bordo della seggiola, le mani strette al bordo del desco che l'aveva ospitata tante volte.

Margaret si umettò le labbra a disagio, allungò una mano su un biscotto a forma di cuore e ne staccò un pezzettino, giusto per tenere le mani impegnate di fronte all'oblio blu di Cinder: -Quel che è importante è che Ely sta particolarmente a cuore ad Aron... non mi chieda il perché, non ne ho idea. Ha fatto di tutto per averlo nella sua serie infantile...-

Ella trattenne una smorfia: "Infantile! Teste che rotolano e sesso ogni due minuti, ma... Infantile!"

-... e quando ci è riuscito, si è accorto del legame che lo lega a suo fratello- Margaret sbriciolò un altro pezzo di sablé -Royal è finito nei guai con una qualche piovra hollywoodiana o qualcosa del genere e Aron ha voluto sapere vita, morte e miracoli dell'affare in cui era implicato. Quando ha scoperto che sarebbero finiti qui perché gli avvocati americani avevano deciso di lasciare il caso al Paese in cui si era collocato il fatto, mi ha chiesto dove mai avrebbe potuto sistemarli-

Sabe si ricordò di un particolare: -Gli ha dato il nome di un albergo?-

-Sì- annuì la vecchia -Non sapevo che sarebbe degenerato tutto e che ci sarebbero piombati proprio in casa-

-Ma... ?- domandò Ella volendo guardare bene anche laltro lato della medaglia.

-Ma volevo che lei li conoscesse- la guardò negli occhi -Sapevo che se c'era qualcuno senza un camice o una cravatta in grado di aiutare quei ragazzi, quella era lei, signorina e Aron me li aveva dipinti in un modo tale che ho pensato che, per forza di cose, almeno uno dei due si sarebbe accorto di com'è-

Sabe si massaggiò le tempie, tentando di non lasciarsi incantare: -Perché l'aveva già visto accadere-

Non era una domanda ma Margaret annuì.

Isabella sospirò: -Sicura che sia tutto?-

La Davies lasciò cadere ciò che rimaneva del biscotto nel piattino: -Non avevo previsto che la storia si ripetesse, non pensavo che entrambi i ragazzi notassero la sua luce, signorina. Finalmente aveva una possibilità di scelta e lei la voleva, la vuole fare, quella scelta... ma tra mille paranoie e troppa poca confidenza non si sarebbe mai mossa prima che le bestiole che alleva nel piano di sopra non avessero raggiunto la maggior età-

-Quindi si è preoccupata di trovarmi un lavoro sapendo perfettamente cosa ne avrei pensato- si sforzò di non digrignare i denti Ella -Elevarmi a musa ispiratrice, poi!-

-In realtà ho solo chiesto a Aron se poteva far qualcosa in Inghilterra in modo da farvi incrociare... la sua bravura nell'ambito della recitazione l'ha steso, però. Non credevo che anche il piccolo Johnson si sarebbe inconsciamente schierato con noi per farla notare da Aron. Non mi chieda perché, ma l'ha colpito, signorina Cenere e ora stravede anche per lei-

Ella ebbe l'impressione di saperlo, il perché: la donna le stava lasciando troppi indizi.

Si alzò cogliendo lo sguardo timoroso dell'anziana.

-E tutto questo come ci riporta all'inizio del suo discorso?- domandò con le mani appoggiate al tavolo a sostenere tutto il peso del busto.

La donna, che non era tipo da saltar di palo in frasca, stirò le labbra in un mesto sorriso: -L'amore, qualsiasi tipo d'amore, signorina Cenere s'impiccia. L'ha provato lei stessa con i suoi fratelli, nel risolvere le dispute tra il signor Verdi e il signor Lewis, l'ha visto in me che da tempo cerco di spronarla verso qualcosa che sia degno di lei, lo vede in Johnson che fa di tutto per suo fratello e lo vede nell'altro Johnson che ha una pazienza da santo nello starle dietro! L'ha saputo in Aron che s'è preso sotto l'ala...-

-Va bene!- soffiò Isabella in un sussurro rigato di lacrime.

La Davies si paralizzò nell'istante in cui notò le stille salate divorare alla ragazza centimetri di pelle diafana.

Non l'aveva mai vista così: in bilico su una lama di rasoio, decisa a non lasciarsi cadere. Né nella voglia di farle vedere quanto diamine stava male, né in quella che la scopriva piena di dubbi, una volta ancora...

Ed Ella vista in quel momento era davvero la nuova creatura dipinta da Aron con l'inchiostro delle parole: straziante da guardare, indomabile a tutti fuorché a sé stessa, anche con la spada calatale sopra a spezzarla per sempre...

Ma tra realtà e fantasia il confine non è sempre così labile, rammentò la vecchia vedendo Sabe stringere il tavolo fino a sbiancarsi, se possibile, le mani.

-Non so se tutto quello che mi ha raccontato è vero, signora Davies- la fissò inclemente Ella -Magari è davvero un'attrice grandiosa ma, francamente, non vedo a che pro-

Deglutì, rialzandosi, il tono sempre basso, le lacrime ormai sale asciutto sulla pelle d'alabastro: -Dice che l'amore s'impiccia, d'accordo. Che s'impicci, che faccia le pulci a tutti, ma non s'azzardi mai più a farlo in segreto. Sono terribilmente seria, signora Davies: mi giochi ancora uno scherzo del genere e non la considererò davvero più una mia inquilina-

Trasse un lungo respiro: -E non si aspetti che sia sufficiente attendere qualche ora: non credo che la tratterò con i guanti in questi giorni... Mi faccia sapere se continuerà a seguire Cecily, che in ogni caso non dovrà venirne a saper nulla esattamente come tutti gli altri, o se ritiene troppo... emotivamente scomodante la cosa per entrambe le parti. Buona giornata. E si goda i biscotti-

Si tirò dietro la porta avendo cura di non farla sbattere e pestò un piede per terra: -Santa pace!-

Margaret riaprì la porta ma le bastò un'occhiataccia per lasciar sola la padrona di casa: -No-

Il suono di quel monosillabo le percorse il corpo.

Isabella Cenere era troppo buona e, nella sua bontà, terribile come solo qualcuno che sa davvero amare può essere: le aveva lasciato l'occorrente per arrivare in cima alla collina dove la stava aspettando, ma la collina era fatta di specchi e difficilmente la ragazza avrebbe mosso un dito per aiutarla nella scalata. Non dopo che si era buttata da sola a valle.

Le aveva lasciato la sua presenza ma non la sua anima, non la semplicità con cui avvolgeva le cose, il sorriso che la scaldava durante le conversazioni impegnate o il buon cuore che, ancora una volta, aveva dimostrato.

Sarebbe stata dura, sospirò la Davies, ma ce l'avrebbe fatta: le persone come Isabella, quelle cucite di parole romantiche e gesti accorati sotto il mantello della freddezza, non erano mai entrate a far parte del suo mondo prima di lei.

E s'era vero che chiunque avrebbe voluto una persona fatta per comprenderla, Margaret avrebbe smosso mari e monti per andarsi a riprendere l'unica amica profonda che avesse mai avuto.

Erano fatte della stessa pasta, nonostante fossero modellate diversamente.

E alla fine della sua vita fatta di giorni regalati dalla signora con la falce, lei ci voleva arrivare blaterando di pettegolezzi e citando Marcuse, Arendt e Freud insieme a quella ragazza che le faceva sbocciare il sorriso anche quando non voleva. Non certo rinsecchita pianta morta in un angolo buio.

-Stai bene?- Leonardo la guardò da sopra la pasta al forno di sua nonna.

Ella annuì spegnendo il cellulare: c'era qualcosa che Ely non le diceva.

Renata rientrò in cucina dopo essersi lavata le mani: -Hai litigato con Margaret? Cosè successo?-

Sabe sorrise scuotendo la testa: -Nulla-

Con la voce di Myricae in testa che le diceva che gli errori rimanevano tali e che quella donna era diversa dalla presunta amica che aveva avuto, aveva pensato tutta la mattina al racconto della donna.

Si era decisa per una videochiamata in America senza pensare a piangere ancora su dell'ipotetico latte versato e il bel faccione di Acosta le aveva fatto gli auguri, sorpreso.

Sabe si era resa conto d'esser paranoica ma gli aveva posto un paio di domande alle quali lui aveva risposto nonostante il sospettoso sconcerto, capendo immediatamente com'era Aron in realtà...

L'aveva già perdonata, Margaret, ma era decisa a mettersi un freno, a capire come fare prima di buttarsi di nuovo a pesce in quella situazione: la Davies non l'aveva fatto con cattive intenzioni ma doveva comprendere che non poteva giocare a fare la marionettista quando si trattava dei sentimenti altrui.

-Ci passerà con un paio di muffin ai mirtilli, fra qualche mattina- fece soave, strizzandole l'occhio.

Meglio aspettare che il tran tran del Natale scemasse un poco, prima di sistemare il caos lasciato nei rapporti con chiunque non fosse Royal Johnson.

Allungò una mano verso la caraffa e dette un rapido sguardo al libro aperto sullo scaffale ed alla penna troneggiante su di lui: meglio conservare un piano B, conoscendosi, meglio fare le cose per tempo e trovare soluzioni ai guai che avrebbe sicuramente scatenato.

-Buon Natale!- strillò Alice entrando in casa come un piccolo razzo rosa.

-È domani- sorrise Ella alzandosi a portare il piatto nel lavello -Com'è stata l'ultima mezza giornata?-

-Darrel ha baciato Rose- fece la piccola peste mentre il fratello si slacciava le scarpe lanciandole un'occhiataccia.

-Tecnicamente è stata lei e poi mi è semplicemente finita addosso-

Ella sorrise ancora: -Ho bisogno di due assaggiatori per la crema del dolce di domani. Ci pensate voi mentre io e Michael andiamo a prendere gli altri elfi?-

Darrel le lanciò un'occhiata riconoscente precipitandosi verso la ciotola di mascarpone e cioccolato insieme alla sorellina.

Ella salì le scale di corsa, quella sera, e spalancò la porta di casa ritrovandosi Royal che usciva.

-Vieni anche tu?- neanche si sforzò di modificare la sua espressione stupita.

-Sembra che il comitato anziani sia piuttosto favorevole- sorrise lui.

-Perché non canti quelle in latino?- domandò Roy seduto accanto a lei nel banco accanto al coro.

Sabe sorrise: -Lo farei con una pronuncia completamente diversa-

Attese la fine dell'"Adeste Fideles", raggiunse la segretaria della parrocchia con una busta di prodotti italiani che le aveva procurato Leo.

-Grazie ancora- Royal strinse la mano alla donna che gli schioccò un molto poco inglese bacio sulla guancia e augurò loro buon Natale.

-Ci vediamo alle undici, allora- sorrise Roy saltando giù dalla macchina dopo che Renata se l'era sbaciucchiato tutto perché era davvero un ragazzo d'oro.

Cinder gli sorrise, aprendogli il cancello: quanto era diversa dalla Davies, se pianificava tutto maniacalmente così con lui? Non era un po' rigirarsi quel povero ragazzo tra le dita? Il non dirgli tutto lasciandolo sottinteso, il pensare a come riparare a errori che già sapeva avrebbe commesso?

Sospirò, vedendolo sparire nella notte, perché aveva rifiutato il passaggio in albergo e lei proprio non poteva lasciargli varcare la soglia di casa...

Salì le scale, si cambiò e filò in camera sua.

Immobile, guardò l'enorme pacco sulla scrivania.

Lo scartò piano, rimanendo senza parole ancora una volta di fronte alla bravura del ragazzo che l'aveva incorniciata in una semplicità eterna ed esasperatamente divertita... lui la sapeva davvero guardare.

Gli occhi le si inumidirono: perché rendere tutto più difficile?

⏯️ Adeste Fideles: canto natalizio trascritto da un tema popolare irlandese per un coro cattolico (1743-1744).
Guardate su Wiki per maggiori informazioni.

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