54. Tempesta dentro
Ella ricontrollò l'indirizzo e il nome sull'enorme pacco che il corriere le aveva lasciato davanti al cancello.
-Cos'hai ordinato?- domandò Michele scendendo le scale con le pantofole regalategli da Renata il Natale precedente.
-Nulla- aggrottò le sopracciglia lei.
Il suo cellulare squillò per la settima volta nel giro di venti minuti.
Come le precedenti sei, lei rifiutò la chiamata.
Il telefono le segnalò la perseveranza di chiunque ci fosse dall'altra parte.
-Santa pace!- sbottò la ragazza cedendo e portando l'apparecchio ai capelli che le coprivano il lobo -Non so chi sia, né cosa voglia ma...-
-È buona norma e regola, signorina- la interruppe una sgradevole voce conosciuta -Dar modo all'altro di presentarsi, prima di buttare giù il telefono-
-Acosta- ringhiò la ragazza -Ora che mi ha fatto notare la mia mancanza posso sbatterglielo sul muso? Ma come diamine si permette di farmi la morale quando chiaramente non sono stata io a darle il mio numero?!-
-Ho le mie fonti- sorrise dall'altro capo della linea, lo scrittore -Volevo solo avvisarla che tempo fa le ho spedito un pacco e che per il suo compleanno gliene arriverà un altro. Buon Natale, mia cara-
Sabe rimase con il cellulare in mano e lo sguardo sgranato: c'erano decisamente troppe cose che non quadravano in quella storia e lei era decisamente stufa di tenersi le domande in testa per buona educazione.
Sventrò il cartone facendo apparire l'intera collana di volumi di Aron Acosta sormontata da un lezioso fiocco rosa e una busta di valore venti volte superiore a quelle che usava lei.
Fece per aprirla ma la voce di Michele ruppe la bolla di nervosismo che la circondava: -Cinder, dobbiamo andare a prendere i ragazzi-
Emise un gemito, lanciandogli un'occhiata supplicante: -Dammi una mano a portare questi di sopra e poi andiamo-
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-Mi ha fatto entrare tua nonna- mise le mani avanti Royal alzandosi dalla sedia sulla quale era stato obbligato dalla donna che gli aveva messo davanti caffelatte e torcetti perché era "tanto sciupato".
Renata interruppe il cicaleccio col quale aveva sedato il ragazzo fino a quel momento e agitò il mestolo di legno in aria con un sorriso: -Mi ha detto che è un vostro amico e Margaret, di sotto, ha confermato-
Ella sbatté le palpebre, sorpresa dalla figura di Roy nella sua cucina, infastidita dall'invadenza delle due donne e ancora nervosa per la chiamata di Aron: -E voi due, di grazia, come vi siete capiti?-
-Traduttore online- sorrise fiera sua nonna, scivolando nel piemontese a fine della frase come spesso le accadeva quando si perdeva nei suoi pensieri e neanche si preoccupava di dove finiva il filo del suo discorso -E poi "friends" lo capiscono tutti anche 'Ntoni, quello che porta le mucche sui muent-
Sabe sorrise scuotendo la testa e tentando di resistere all'impulso di mettersi a mandare a quel paese sua nonna e i monti piemontesi per poi mettere alla porta il giovane che la fissava sin troppo intensamente.
-Stasera si fa la pizza!- fece Alice tutta contenta, stringendo il bigliettino dell'Avvento in mano.
-Il sugo è pronto e lì ci sono i grembiuli- le strizzò l'occhio Renata -Ho dovuto faticare per trovarne uno che stesse a questo poverino-
Sabe deglutì ma a Royal non servì neanche il traduttore online perché l'anziana donna aveva sollevato un grembiale da pizzaiolo che poteva stare giusto solo a lui.
Aprì la bocca per scusarsi con Ella ma Renata ricominciò a blaterare in italiano e Roy si perse di nuovo. Cercò aiuto in Michele che gli strizzò locchio dicendo che avrebbe fatto una chiamata e invitato anche gli inquilini del pianterreno a cena nel salone.
Ella sembrò distendersi leggermente alla notizia: -Ragazzi, andate a lavarvi le mani. Prepariamo il tavolo in sala da pranzo: qua non ci sta tutto-
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Cenere tornò in cucina per vedere sua nonna parlare lentamente e gesticolare al giovane che stava digitando qualcosa al cellulare con una mano e tentando di allacciarsi il grembiule con l'altra.
-Ci penso io- fece Ella piazzando in mano alla vecchia il barattolo dell'origano e spedendola insieme agli altri in sala da pranzo.
Nella penombra della cucina, si avvicinò al ragazzo che sollevò gli occhi dal traduttore, avvertendola arrivare: profumo e voce ormai gli erano troppo famigliari.
Sabe neanche lo guardò in viso: le sue piccole mani rovinate corsero dietro la schiena di Royal che si ritrovò quei capelli che adorava sotto il naso. Ella afferrò i lacci troppo lunghi del grembiale e, incrociandoli, li portò davanti, sulla pancia piatta del ragazzo. Strinse il nodo senza tirare eccessivamente, senz'accorgersi che non era l'unica a essersi dimenticata di respirare.
Se solo Cenere avesse alzato lo sguardo per un attimo, se solo la differenza d'altezza non fosse stata decisamente troppa in quel frangente, se solo in uno dei due ci fosse stato un briciolo di coraggio in più... si sarebbero visti rossi in viso e con lo sguardo perso entrambi.
Ma Ella si concesse giusto un mezzo secondo di tentennamento prima di avviarsi verso la sala da pranzo con un mormorato: -Vieni?-
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Ella ebbe particolare cura ad evitare di stargli accanto, quella sera: durante la preparazione delle pizze s'infilò tra Leonardo e Caesar e durante la cena scelse come commensali a fianco lei, Margaret e sua nonna, preferendo ruotare gli occhi tutt'intorno alla zona dalla quale lo sguardo ipnotico di Royal non si perdeva un attimo di lei.
I capelli bianchi di farina, l'espressione gioiosa che avevano i suoi occhi mentre si leccava il sugo dalle dita, il sorriso sfuggente e imbarazzato dai complimenti di quel bellimbusto magrolino di Mark, la risata educata alle barzellette sul tribunale di Caes... Dio, se era bella.
Sospirò staccandole a forza lo sguardo per poterlo rivolgere ad Alice e la sua infinita curiosità.
E non se ne accorse...
Sabe gli rubò un altro scorcio, un po' come lui faceva con le fotografie.
Ormai ne aveva talmente tanti con tutti quelli della serata avrebbe dovuto cancellare quelli più vecchi, pensò mordendosi il labbro inferiore, indecisa.
Sospirò, registrando mentalmente l'espressione buffa e intenerita che lui faceva alla domanda di Alice.
Doveva pure essere bravo con i bambini, maledizione!
- Quindi il mio assistito non è colpevole di furto, bensì di estorsione!- terminò Caes battendo una manata sul piano del lungo tavolo in quello che un tempo era il salone degli spettacoli.
Ella si riscosse quel tanto che bastava per sorridere alla domanda di Darrel che chiedeva se era peggio del furto, l'estorsione.
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Ella si passò il dorso d'una mano sugli occhi e Roy sorrise, riconoscendo la movenza felina.
Sospirò, alzandosi per tornare in albergo: -Ci rivediamo a Natale-
Cecily gli lanciò una lunga occhiata penetrante per poi girarsi a guardare la sorella che si sollevò a sua volta per annuire e accompagnarlo alla porta.
La ragazzina strinse la forchetta nel palmo, le nocche che si sbiancavano.
Michele le posò una mano sulla spalla: -Tutto bene, Ily?-
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-Royal?- domandò Ella un attimo prima che lui uscisse sotto la pioggia.
Lui tornò sui suoi passi: -Sì?-
-Che..- Sabe si morse il labbro indecisa -Che ne pensi di lettere ed email?-
Meglio prepararsi un piano B, si disse: conoscendosi, avrebbe fatto un disastro nel migliore dei casi.
Il ragazzo aggrottò la fronte, rispondendo senza pensarci: -La roba si perde per strada e le email finiscono nello SPAM, perché?-
Lei scosse la testa e le lunghe ciocche di caramello le sfuggirono al fermaglio: -Nulla...-
Roy s'appoggiò allo stipite, fissandola negli occhi: -Diciannove-
"Proprio non ce la fa, a non fare lo spaccone" trattenne il sorriso Cenere.
-... possiamo dimenticarci dei numeri?-
A lei si seccò la bocca: voleva restare?
-Pe... Perché?- balbettò.
-Voglio essere sicuro del fatto che tu non mi sbatterai il telefono in faccia, quando sarò in America- sorrise lui.
Ella sentì il cuore sprofondargli negli antiscivolo, spaccandosi ulteriormente senza far rumore: -Suppongo di sì-
Non poteva perdere anche l'amicizia che aveva faticato tanto a concedergli, si sforzò di sorridere.
Meglio così, le sussurrò il suo miocardio tentando di risalire di nuovo al suo posto, meglio amici che niente.
Sabe chiuse la porta lasciando Royal con un lieve sorrisino sulla faccia e la gioia nel cuore: piano piano ce l'avrebbe fatta a far innamorare quella ragazza.
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Sabe aprì la lettera di Aron Acosta e sospirò apprestandosi a tentare di comprendere la bistrattante testa dell'arrogante scrittore.
Sua nonna fece il suo ingresso nel salotto, la vestaglia arancione tutta pieghe e frange avvolta sul corpo da ballerina in sovrappeso. Si accomodò sul sofà squarciando lo spazio che la nipote metteva sempre tra sé stessa e gli altri: -È un bel ragazzo-
Ella alzò gli occhi su di lei, rimettendo a posto la missiva di Acosta: -Può essere ma non credo che abbia davvero capito che io sono e pretendo un vero impegno-
Lanziana donna la scrutò: sua nipote davvero non l'avrebbe mai compresa.
Con la testa tra le nuvole, i suoi comportamenti troppo maturi o quasi infantili, lo sguardo perso o scavante negli altri...
-Hai il pessimo vizio di decidere prima del tempo come sono fatti gli altri- Renata sistemò le pieghe della vestaglia per poi alzarsi dal divano e tornare nella stanza degli ospiti -C'è un unico problema, mia cara: ti sei dimenticata di dirlo al Padreterno. Fossi in te, uno così non me lo farei scappare-
Se ne andò con un sorrisino satanico sulle labbra, dannata drama queen della terza età, impicciona nella storia damore della nipotina perché ancora sanguinante dalla sua completamente franata insieme al decesso del marito.
Isabella esalò: non doveva dirle nulla, doveva lasciare che si arrovellasse, che si desse da sola domande e risposte sbagliate.
Ripescò la lettera dal tavolino e, finalmente, ne decifrò i ghirigori della scrittura pesantemente classica dello scrittore.
Cara Ella Sabe,
devo confessare che mi diverte immaginare l'espressione con cui accoglierà questi doni, ma non è solamente per farla disperare che mi accingo a scriverle questo biglietto, mia cara.
Legga i libri, mi lasci il tempo di scrivere quello in cui comparirà lei e poi decida.
Una sola volta nella mia vita non ho ottenuto ciò che volevo perché ho rinunciato. Lo rimpiangerò per sempre...
Non sarà lei la seconda, mia cara.
Si goda la lettura e le seguenti proposte.
Ora ha il mio numero; sarò lieto di sentirla ciarlare circa la mia insistenza fuori luogo o insultarmi nel suo simpatico dialetto da ragazza bucolica...
E non prenda tutto questo come un'inappropriata avance, mi raccomando: so che ne sarebbe capace.
Suppongo che in questo momento sia sangue che ribolle e tempesta dentro, quella tempesta che la distingue mia cara... temo quindi di non poter dilungarmi oltre con lei.
Distinti saluti,
Aron Acosta
-Ma che....!- Cinder si morse la lingua, alzandosi dal divano.
"Arrogante, stupido, lezioso, pomposo..." un dubbio le fece interrompere l'elenco mentale.
Non voleva sbagliarsi ma... "mia cara", "lo rimpiangerò per sempre", "si goda la lettura", "ciarlare", "simpatico dialetto", "non prenda tutto questo come un'inappropriata avance, so che ne sarebbe capace", "quella tempesta che la distingue"...
Sorrise, scuotendo la testa, allibita dalla sua stessa cecità.
Dette un'occhiata allorologio: le dieci e mezza.
Storse il naso: improponibile presentarsi a casa di qualcuno a quell'ora.
Lo sguardo le finì sul portatile: "Una piccola ricerca, però, la posso fare..."
⏯️ La serie di Acosta potrebbe essere (grosso modo) ispirata alle trame di GOT raccontatemi da amici. Non ci metto la mano sul fuoco perché non le ho mai viste (no, neanche uno scorcio piccino picciò...) e nemmeno lette (Eu sinto Muito).
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