51. Ora lo sai
-Non ho ordinato niente- Royal aprì la porta in maniche corte e pantaloni mimetici.
Isabella abbassò la mano fino al proprio fianco: -Hai da fare?-
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-Perché mi hai portato qui, Els?- il ragazzo gettò un'occhiata agitata alla sacca di sangue che si stava riempiendo grazie alla decisione della ragazza.
-Volevo parlarti- puntò il caotico sguardo nel suo, lei.
Royal cercò qualcosa in quegli occhi: -Di cosa?-
-Volevo sapere se sta andando tutto bene: ieri eri distante. Più del solito, direi- mormorò lei impacciata.
Ti prego, non glielo dire: s'incazzerà come una bestia...
Roy scosse la testa per zittire la voce del fratello: -No. Tutto bene-
Ella affilò lo sguardo, le nocche totalmente sbiancate, il laccio emostatico che le segava la pelle: -Non sono l'unica ad avere una maschera, vero? E questa è la mia domanda di oggi-
-Con me non la tieni più, vero?- si sporse deliberatamente lui su di lei.
-Non si risponde ad una domanda con un'altra domanda- lo stilettò con lo sguardo Sabe.
-Signorina Cenere- l'uomo li interruppe sorridente e la liberò da ago e laccio emostatico -Grazie mille ancora. Sa come funziona, vero?-
-Sì, grazie. Non mi metta il...- Ella sospirò alla schiena del tizio che le aveva incerottato mezzo braccio.
Si alzò e recuperò la sua roba per poi avviarsi verso la porta, Royal mezzo passo dietro di lei, perso nelle sfumature autunnali dei suoi capelli sempre più lunghi.
Sabe sbatté la gamba contro lo stipite della porta e per poco non cadde.
L'infermiera che le passò accanto scoccò acida al ragazzo: -La faccia mangiare; dona mezzo litro di sangue e pensa di andarsene così, ma io non so!-
-Me ne assicurerò- sorrise Roy, ancora con le mani su Ella.
Si accorse che stava tremando.
-Stai bene?- le sussurrò preoccupato, avvicinandosi ancora di più.
-Sì. Non mi toccare- si liberò lei -E rispondi alla mia domanda-
E Royal mentì. Spudoratamente e con il cuore tra le fiamme dell'inferno: -Io non porto nessuna maschera, Ella: se ho qualcosa da dirti, te lo dico-
Sabe forse non era una specialista in rapporti sociali, ma una bugia la sapeva riconoscere...
Tra Leonardo ed i ragazzi, però, aveva imparato quand'era il caso di desistere per prepararsi al prossimo attacco.
Tuttavia una frecciatina non riuscì proprio a trattenerla: -No, hai ragione: non sei mai stato un gioco per me, Royal... nessuno lo è mai stato-
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-Mangia- la spronò Roy attirandosi un'occhiataccia dalla ragazza.
-Chiariamo una cosa: tu non mi dici cosa fare- lo fissò truce lei -Io mangio, se ho fame, chiaro? E non è solo femminismo...-
-Ah, no?- la interruppe lui ghignando.
-La devi finire con questo vizio di non lasciar finire di parlare, Royal- gli puntò un cucchiaino contro, un sorriso sardonico dipinto in viso e lo sguardo di una serpe pronta a mordere -Ho problemi alla tiroide quindi sono costretta a fare quel che vuole lei, okay? Non sono anoressica, sono normopeso. Sono magra perché brucio velocemente ma non abbastanza da avere l'appetito di uno stereotipato maschio adolescente, okay?-
-Okay- sorrise Roy.
Sabe prese un biscotto dal vassoio che lui aveva ordinato per tutti e due, le labbra alzate di appena mezzo millimetro: -Si sentono le rotelle nella tua testa girare, sono fastidiose.. a cosa stai pensando?-
-A cosa pensi della notte sul Ben Nevis- gli anelli argentati delle iridi del ragazzo la ustionarono, neanche Bram Stoker avesse scritto di loro.
Ella perse un paio di battiti, la bocca socchiusa, la mente congelata in quell'istante in cui Royal le aveva chiesto di...
-Fredda e umida. Maledettamente fredda e umida- si portò il biscotto alle labbra costringendosi a fissare negli occhi quel dannato gladiatore che solo in teoria non avrebbe mai potuto mettere alla prova la pazienza di una vestale. In pratica le vestali erano umane, non divine; in pratica le vestali potevano anche morire sotto la forza dei gladiatori. A nulla sarebbe valso invocare una dea...
-Mi prendi in giro?- sgranò gli occhi lui.
-È una domanda che potrei ribaltarti. Hanno cambiato la definizione di amicizia nelle ultime settimane?- i soli di Ella si fecero più intensi.
-Non ti saresti lasciata toccare così da nessun altro- la forzò ancora Royal.
-Michael e Myricae- lo inchiodò alla sedia con gli occhi lei, alzandosi -A loro l'avrei permesso. Ai miei amici l'avrei permesso-
-Siediti- le chiese lui.
Ella scosse la testa sorridendo allibita. Senza una parola di più, prese giacca e borsa e si diresse all'uscita ignorando i richiami del ragazzo.
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-C'è Ella?- domandò Royal attaccato alle sbarre del cancello.
Michael gli aprì: -È sul retro... forse è il caso che venga con te-
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-Ma cosa?- mormorò Royal.
-Spiega quelle dannate ali e supera il cielo di una realtà che ti impongono gli altri- sorrise Ella al vuoto.
Michael tossicchiò e lei si voltò di scatto verso di loro, imbarazzata come non mai.
Deglutì ma si fece forza: era quello che voleva, no? L'ennesimo motivo per cui Roy avrebbe aperto gli occhi e visto che, anche se fosse stato possibile, non sarebbe stata adatta a lui.
Si avvicinò, le gote brucianti d'imbarazzo represso.
-Ora lo sai- sussurrò sforzandosi di sorridergli, a un passo da lui -Ora vedi i difetti, sai che sono fuori di testa e infantile, sai che sono cocciuta e dannatamente ostile al contatto, che anche se un giorno ti permetterò, forse, magari, chissà... di accarezzarmi, non riceverai lo stesso da me. Non volere questo, ti prego: anche se fosse possibile, farebbe solo star male entrambi-
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Gli aveva parlato come se fossero da soli, come se Michael fosse trasparente, fatto del vento che fischiava tra gli alberi del boschetto sul retro.
E poi se n'era andata, lasciandolo lì insieme all'amico dagli occhi furbi e dalle parole taglienti.
Michele era scoppiato a ridergli in faccia non appena la porta d'ingresso le si era chiusa alle spalle: -La tua espressione è stupenda!-
Roy si voltò verso di lui, stralunato: -Ma ti sembra normale?-
-No ma di solito non la si becca a parlare a "sé stessa"- sorrise Michael sedendosi sul tronco -È tipico delle persone creative. Cinder non sente voci, crea personaggi, da un tono a ognuno, un carattere, un modo d'esprimersi. E per farlo non le basta prendere appunti per evitare che le esploda il cervello, per farlo deve anche recitare copioni che in realtà non ha ancora scritto, creare un contesto, aggiungere alla scena i personaggi... non soffre di disturbi è semplicemente peculiare-
-Come lo sai?- si sedette Roy.
-Studio psicologia e sto facendo tirocinio: conosco le persone affette da disturbi mentali e conosco la mia migliore amica. Il test sul QI che l'hanno costretta a fare le ha dato 139 punti, nonostante sia io che lei sappiamo che non serva a nulla e che quel punteggio non significa che lei è un genio; le hanno anche fatto fare il test di Rorschach, le hanno detto che è una persona dotata di grande fantasia, come se non lo sapessimo!-
Michele si alzò lasciando che i tralci verdi dei sui occhi avviluppassero l'argento di Royal: -Fa paura, Roy ma se riesci a starle vicino e a provare a capire il perché dei suoi comportamenti, a farti spiegare quel che non comprendi... scopri di aver permesso alla persona più bella del mondo di rendere decisamente migliore la tua vita-
-Sapevi che mi sarei innamorato di lei?-
-Naturalmente- sorrise Michele -Quel che non mi aspettavo era che lei s'innamorasse di te. Sì, Royal, è innamorata. Magari si rifiuta di ammetterlo o magari non l'ha ancora capito, ma è innamorata-
-Come lo sapevi? Che mi avrebbe fottuto il cervello, intendo-
L'altro rise, immaginandolo usare un linguaggio del genere davanti a Cenere: -Quella ragazza potrebbe far cadere chiunque ai suoi piedi... se solo chiunque avesse coraggio da vendere, testardaggine a sufficienza ed una predisposizione particolare a non pensare che sia da ricoverare solo perché non è come gli altri-
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-Posso entrare?- il basso le sfregò le orecchie e lei lo odiò.
Sabe sollevò lo sguardo dal libro e lo posò su Royal nella cornice della porta: -Sei già praticamente dentro, che me lo chiedi a fare?-
-Posso sedermi?- entrò nella stanza lui.
Ella fece un gesto con la mano invitandolo ad accomodarsi.
-Rettifico: posso sedermi vicino a te?- le cercò gli occhi.
Cenere si rannicchiò in un angolo del divano, lasciandogli spazio, l'espressione di morbido granito.
Roy si sedette ad una distanza che reputò poco più che minima per Isabella: -Posso chiederti di nuovo cosa pensi di quella sera?-
Cenere lo ammonì con lo sguardo: -Mi appello al quinto emendamento-
Il ragazzo sorrise: -Non siamo in America-
-Lo so- si morse il labbro inferiore lei, precludendogli il viso nel girarsi.
-Els- la mano di Royal le strinse il ginocchio -Perché continui a fare così?-
-Perché anche se forse ora non vuoi, tu te ne andrai- tornò a guardarlo lei, i brividi lungo la schiena e la postura tesa per la mano serrata sulla sua gamba.
-Els- sorrise lui scuotendo la testa.
-Tu te ne andrai- lo disse come un ordine.
-Perché?- esalò ancora lui.
-Perché sarò io a distruggerti pezzo per pezzo, a portarti via qualcosa giorno dopo giorno... ci distruggeremo l'un l'altro perché dovremmo trovare compromessi per qualsiasi cosa, dovremmo modificarci. E per chi? Per me, per te? Perché? Ci distruggeremo l'un l'altro e questo ucciderà quel che resta di me e se non avrai ancora preparato i bagagli, sarò io a scappare, io a scacciarti-
-È quello che vuoi?- sussurrò lui, muovendo il pollice sul ginocchio della ragazza -Che vada via?-
-Credo tu sappia la risposta- soffiò Cenere, sentendo gli occhi bruciare -Mi hai già salvata da un cumulo di neve, da cos'altro mi vuoi salvare, Royal?-
-Dal tuo orgoglio- lo sguardo di Royal fu talmente intenso che Sabe fece l'impossibile per non lasciarsi andare ai lacrimoni -Perché alla fine è solo quello che continui a mettere in mezzo. Vuoi avere sempre ragione, vuoi fare sempre tutto da sola. Perché non ti lasci aiutare?-
C'era della disperazione in fondo alla gola di Roy, ricacciata giù perché lei non si accorgesse quanto lo mandava fuori di testa vederla rialzarsi da sola dal pavimento, correre da una parte all'altra del Paese per aiutare un amico, farsi carico di cose che mai le sarebbero dovute competere a quell'età. Lo uccideva veder che lei nascondeva il dolore e la stanchezza dietro ad un sorriso e che continuava ad andare avanti mentre nessuno si accorgeva davvero di come stava lei, mentre nessuno la guardava davvero, mentre nessuno se ne interessava abbastanza...
-Perché la sono- sostenne lo sguardo Ella col suo caos mutante -Io sono orgogliosa-
-Se sei così orgogliosa- masticò il ragazzo tra i denti sforzandosi di respirare, la mano stretta sulla gamba di Cenere, la mente divisa tra il volerle ringhiare addosso ed il terrore di farle del male -se non indietreggi davanti a nulla, perché cazzo continui a scappare da me?-
-Perché tu non vuoi essere mio amico, Royal. E perché io so quali sono i miei limiti. C'è differenza tra orgoglio e stupidità- sibilò lei colpendogli l'arto per spostarlo e strisciare sul limite del divano.
Il ragazzo sorrise: -Neanche tu, impiastro-
"Impiastro" voltò lo sguardo infastidita da quel nomignolo.
Anche se in realtà non la chiamava "impiastro" (in inglese quella precisa parola non esisteva)... la chiamava nuisance: fastidio, seccatura, rompiscatole, scocciatura, ossessione...
Quella parola, poi, suonava terribilmente simile a "nuovo senso", "no senso" quasi neanche lei ne avesse uno per lui. Come se, anche inconsciamente, Royal stesse cercando di dirle che non capiva, che non la comprendeva...
-Ti sbagli- alzò il mento, orgogliosa come Atena; folgori di Zeus negli occhi lucenti -L'unica cosa che voglio in questo momento, Royal, è esattamente essere tua amica-
E non fu una bugia.
Davvero non la fu perché era la cosa più grande che poteva permettersi con lui, nonché l'unica che avrebbe mai pensato di potergli concedere...
Se era lì per baciarla e andare oltre, presto se ne sarebbe andato capendo che lei non avrebbe ceduto.
Perché sapeva benissimo che la pazienza di nessuno è infinita, sapeva che uomini e donne prima o poi desistono. E sapeva che lei non poteva permettersi di corrergli dietro in un attimo di follia.
Oltretutto sarebbe stato da ipocrita far qualcosa che aveva detto a Michele, pochi mesi prima, di non approvare davvero...
Lei non si poteva buttare perché era la rete di Michael e Caesar. Nessuno l'avrebbe presa al volo, se non avesse calcolato tutte le possibilità e scelto quella più sicura per i ragazzi.
-D'accordo- sospirò Royal allungandosi su di lei per recuperare il cellulare a fiori sul bracciolo del divano e aprire la rubrica.
-Che stai facendo?- sgranò gli occhi Ella ancora col cuore in gola per la manovra non autorizzata del ragazzo.
Lui le restituì il cellulare guardandola superiore: -Gli amici si scambiano il numero di telefono, così quando sono nei guai possono chiamarsi, impiastro-
Sabe lo fissò male: -Non chiamarmi così: mi fa sentire stupida-
Royal si morse la lingua per evitare di dirle che la doveva essere a reprimere così tutto, perché quel tutto c'era, e non dargli neanche una spiegazione decente, completa e comprensibile.
-Interrompo qualcosa?- sorrise Michele entrando in casa con Darrel che aveva la mandibola praticamente ingessata da quanto stringeva i denti a vedere sua sorella e lo stuntman vicini sul divano.
-No- sorrise Ella alzandosi elegante, in barba all'"impiastro".
-Vado- la imitò Roy allungando una mano sulla sua giacca solo per avvicinarsi a Sabe e sussurrarle -Tu chiamami, però-
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-Ti guarda come se anche i tuoi difetti fossero qualità, Cinder- Michele lasciò cadere lo zaino di Darrel sul divano col sottofondo della porta sbattuta dal bambino ed un sorriso sulle labbra.
-Io...- Ella sospirò, scuotendo la testa -Io lo vorrei davvero, Michael. Ma non si può-
-Perché?- si sedette l'amico al tavolo della cucina.
-La reazione di Darrel ti dice niente?- la stilettata degli occhi nocciola aprì un mondo a Michael.
⏯️ Abraham Stoker, detto Bram, è stato uno scrittore irlandese, divenuto celebre come autore di Dracula (che spero conosciate tutte, bestioline, anche solo per fama). L'argento, *ca va sans dire è contro i vampiri...
Chiedo umilmente perdono per l'assenza della cediglia dovuta alla tastiera del cellulare che mi fa sclerare male.
⏯️ "Atena dagli occhi lucenti", glaucopide, è un epiteto omerico citato in moltissime strofe degli aedi.
⏯️ VESTALE. - Col nome di "virgines Vestales" si designavano, in Roma antica, le sacerdotesse addette al culto di Vesta (cercate su Internet nella pagina della Treccani. È lunghetta ma vale la pena leggerla).
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