5. Malpelo

La mattina seguente Royal salì le scale dopo il consueto giretto mattutino e si trovò in mezzo al caos primordiale: bambini che schizzavano da una parte all'altra della casa, zaini e borse disseminati per il pavimento, sciarpe e cappotti buttati sul divano bianco a fianco a quello su cui aveva dormito.

-Che succede?- chiese a Dorian, l'unico che con il solito aplomb si stava spalmando mezzo barattolo di marmellata alle more su una fetta di pane.

-È lunedì- posò il coltello il ragazzino.

-E quindi?- chiese avvicinandosi al tavolo per prendersi un bicchiere d'acqua.

-Quindi noi dobbiamo andare a scuola- fece lui come se stesse parlando ad un bambino non particolarmente sveglio.

Royal annuì: -C'è un bagno libero?-

Il ragazzino alzò le spalle: -Prima porta a sinistra, suppongo-

Roy abbassò la maniglia del bagno indicatogli da Dorian e spalancò la porta del bagno senza curarsi di bussare.

Cenere si voltò verso di lui con la mascella contratta e una lente a contatto blu tra le dita.

Il ragazzo si pietrificò di fronte a quello sguardo bicolore.

"Dio" non poté fare a meno di pensare guardando l'inquietante ragazza, un occhio di freddo vetro blu e l'altro...

Cinder sorrise. Una smorfia di una sorta d'acido e forse divertito disprezzo a spezzare l'armoniosa curva delle labbra fini e screpolate.

In un battito di ciglia si voltò verso lo specchio sistemandosi il piccolo incriminante sull'iride.

Sbatté un paio di volte le palpebre e poi gli passò accanto sussurrando: -Eccolo, il tuo angelo dagli occhi blu-

-Isabella? Hai un minuto?- domandò Ely accanto ai divani.

Lei irrigidì le spalle senza voltarsi: -Ora decisamente no. Devo portare i ragazzi a scuola-

-Possiamo parlare, quando torni-

Ella afferrò la borsa di jeans, girandosi per una sola occhiata allusiva: -Se vuoi solo parlare...-

Della voce dolce che usava con i bambini, di quella gentile che sfiorava ammaliante le orecchie degli inquilini o di quella educata che sussurrava le risposte alle domande degli insegnanti del liceo non era rimasta la minima traccia. Il suo tono era stalagmite ghiacciata, freddo e duro, più ancora di come lo sentiva quando si rivolgeva normalmente a lui.

Ely strinse i pugni sapendo di meritarla, quella voce, ma annuì: -Ti aspetterò-

"Faresti meglio a non farlo, Johnson" si ritrovò a pensare Isabella scendendo le scale dietro ai suoi fratelli.

Caesar parcheggiò di fronte alla scuola e si voltò verso i sedili posteriori: -Principe Nicholas, spero vi siate divertito, ieri sera. Ora la carrozza è arrivata-

Il bambino puntò fuori dal finestrino i grandi occhi marroni e sorrise: -Grazie Caesar. Puoi dire a Sabe che era bellissima, ieri? Però la preferisco quando gioca a basket. Anche se non riesce a fare neanche un canestro-

L'avvocato annuì, sforzandosi di non mettere a ridere vedendo l'espressione disgustata di Cade.

-Cecily, va tutto bene? Non hai detto una parola da quando siamo usciti di casa- chiese alla bambina quando i due maschietti furono usciti.

Lei fece una smorfia: -Ho solo mal di pancia-

-Ely?- Ella bussò alla porta della stanza degli ospiti -Sono a casa-

Lui le aprì la porta facendole cenno di entrare ma lei scosse la testa: -Vieni in cucina-

-Capisco che tu abbia paura di me ma...-

-Io non ho paura di te, Ely- mentì lei più che convincente -Ora alza le tue chiappe da principino di Hollywood e vieni di là. Ho fame-

Il ragazzo dette un'occhiata all'orologio a muro della cucina, accomodandosi: -Gli altri?-

-I ragazzi sono a scuola, Michael all'università e Caesar nel suo studio con tuo fratello- Ella versò l'olio sul suo piatto di spaghetti e alzò lo sguardo su Ely, seria come un prete in un confessionale -Ora tu risponderai alle mie domande, Ely. Sinceramente-

L'attore annuì senza toccare il suo piatto.

-Se in tribunale andrà solo Royal, che diamine ci fai tu qui?-

-Sono lontanamente implicato nella vicenda- fece lui fissandola negli occhi, non senza un briciolo di stupore: si era aspettato rimproveri e paura (difficilmente urla, certo) ma non pacate domande sul caso.

Ella annuì, arrotolando la pasta sulla forchetta per portarla alla bocca dopo aver domandato: -Sapevi dall'inizio che saresti venuto qui?-

Lui scosse piano la testa: -No, ma abbiamo dovuto cambiare due alberghi e Caesar è andato nel panico. Non sapeva che fare. La notte in cui ti ha chiamata i paparazzi hanno dato il peggio; Royal stava per crollare-

Sabe finì di masticare e abbassò gli occhi. Bevve un goccio d'acqua per evitare di chiedere se il ragazzo fosse effettivamente colpevole: era già tanto se Ely le stava rispondendo seriamente, non era il caso di tirare un calcio a un castello di carte.

Stuzzicò un po' la pasta con la forchetta per poi alzare lo sguardo sull'attore: -Vi ha detto il mio nome? Prima di chiamare, intendo-

-No-

-Ti ho chiesto di non mentire- indurì l'espressione lei.

-Sì. Sì, ma non ho collegato subito: nessuno a scuola lo pronunciava correttamente- tentò di riparare il ragazzo.

-Non ti è venuto un dubbio?- lo incalzò Sabe, spietata.

-Sì, ma ho realizzato quel che speravo solo quando sei scesa ad aprirci- confessò Ely, giocando con la sua porzione di pasta.

Isabella abbassò gli occhi sul piatto, prendendone un'altra forchettata: -E cosa speravi?-

-Parlarti di nuovo- sussurrò lui -Chiarire con te-

Ella rialzò lo sguardo blu fino ad incatenarlo al suo.

Occhi così non sarebbero dovuti esistere, il pensiero solcò rapido la mente del ragazzo mentre lui si perdeva dentro all'oceano.

-Allora chiarisci, Ely- lo sfidò la ragazza, spazientita.

-Perché sei scappata, Isabella?- chiese con il tono di chi sapeva già la risposta.

Lei sorrise incredula: -Come, prego?-

-So di essere stato un coglione- continuò lui -Ma tornare in Italia solo per come ti ho trattata mi sembra un po' eccessivo-

La ragazza lo guardò esterrefatta per un istante poi scoppiò a ridere davanti al ragazzo allibito.

-Oh, cielo!- Sabe riprese fiato dopo svariati secondi -Pensavi davvero che me ne fossi andata per quello? Ely, era già tutto programmato da mesi!-

-Mettiamo che ti creda- ipotizzò lui per nulla convinto -Perché dopo aver risposto ai miei messaggi per due settimane di fila, mi hai bloccato ogni conversazione?-

Ella sorrise abbacchiata: -Perché mi sono resa conto di essere stata un' idiota peggiore di te: dopo quel che è successo casa tua, ti ho chiesto se potevamo rimanere amici e tu mi hai risposto di sì-

-Ed è quello che ho fatto!- la sua espressione non tentò neanche di nascondere il convincimento.

Cenere scosse la testa: -No, Ely: tu mi hai evitata per mesi, anche dopo il mio rientro in Italia. Mi hai iniziato a scrivere a settembre e io ero convinta che ti fosse passata ma poi...-

-Ma poi?- la incalzò lui.

La ragazza mise giù le posate fissandolo: -Poi quello. E, come se non bastasse, Malcom-

Ogni traccia di colore defluì dal voltò dell'attore: -Lo sai-

Lei lo fissò come aveva fatto la sera prima, su quel palco: -Non ero lì, non ho visto nulla, ma ho saputo. Ho saputo e volevo parlarne insieme-

Lui strinse il pugno accanto al piatto ancora pieno: -Perché non l'hai fatto?-

Quegli occhi color del mare al largo gli bruciarono un altro pezzetto d'anima: -Perché tu mi hai scritto prima. Ricordi cosa?-

Lui deglutì: -Ero ubriaco perso, Cenere-

Lei alzò le spalle, triste, sentenziando: -In vodka veritas-

Si sporse verso il tortino di spinaci: -Quando ho letto quel messaggio, ho capito: mi avresti vista solo e sempre così. Non aveva senso continuare a sperare di cambiarti-

-Ti ho chiesto una foto in un momento di ubriachezza, non mi sembra il caso di fare tutta questa scena!- tentò di minimizzare Ely.

Ella lo incenerì fissandolo negli occhi e scandendo frase per frase: -Riassumiamo, vuoi? Hai stretto una specie di legame amicale con una sconosciuta. Dopo tre mesi hai chiesto a questa ragazza, che in fondo neanche conoscevi davvero, di venire a letto con te e quando lei ti ha detto che non se la sentiva e voleva mantenere quello che avevate, le hai detto che andava bene. Ti sei eclissato per mesi, lei ha provato a parlarti e poi ti ha lasciato i tuoi spazi...-

-Isabella...- tentò di interromperla senza neanche sapere cosa dire.

-... lei è tornata a casa sua, tu hai ricominciato a scriverle e poi lei ha saputo del suicidio di una delle poche persone con cui aveva legato qui...-

-Isabella, ti prego- la implorò il ragazzo.

-...e poi lei riceve questo messaggio da te, ubriaco perso e probabilmente fatto di qualsiasi cosa, che le chiedi di spogliarsi davanti a una telecamera per te. Come se lei fosse sempre stata solo un giocattolo erotico, come se non le avessi raccontato dei tuoi problemi e delle tue paure, come se non avessi studiato insieme a lei, come se non le avessi fatto pensare che poteva aver trovato un amico, finalmente!- concluse la sua arringa Isabella senza notare di essere talmente infervorata, nonostante il volume minimo, d'aver sbagliato a coniugare i tempi. Lei.

Non aveva alzato la voce, anzi l'aveva abbassata, notò Ely. Era sempre stato quello il pregio di Isabella Cenere: anche quando la gente le urlava addosso, lei non riusciva proprio a fare altrettanto. Anche quando avrebbe voluto perché il mondo la faceva arrabbiare a tal punto da sentire il bisogno di una valvola di sfogo, non urlava. Mai.

Semplicemente rimaneva lì a guardarti con quei freddi diamanti blu al posto degli occhi e ti diceva tutto. Tutto quello che aveva stabilito di dirti. Né più, né meno.

Ely sostenne l'onda accusatrice dentro quello sguardo: -Tu sai fare male, Isabella-

Se solo in quel momento avesse potuto guardare veramente negli occhi di Ella, avrebbe visto qualcosa che credeva passato riaffiorare insieme al suo sussurrato: -Lo so, Ely. Lo so-

-Signora Davies, che cosa sta facendo?- chiese Caesar dalle scale sgranando gli occhi nel vedere l'adorabile vecchietta in chiara posizione colpevole.

Royal la osservò in silenzio.

La donna, con l'orecchio incollato alla porta del piano di Cinder, fece cenno di tacere.

-Sa che quel che sta facendo è denunciabile?- domandò l'avvocato.

-Andiamo, signor Lewis! Le è venuta più che comoda, la mia abilità con il caso Bells, no?- sussurrò la vecchietta con un furbo e penetrante sguardo azzurro.

L'interpellato fece per aprire la bocca, ma con suo sommo stupore Roy alzò lo sguardo verso la donna con un sorrisino sin troppo angelico: -Noi torneremo più tardi-

L'interpellata annuì: -Bene, la signorina è sempre difficile da sentire e voi peggiorate la situazione-

Cinder raccolse i piatti sporchi per portarli al lavello: -Di che meta parlavi?-

Accese l'acqua, colonna sonora allo stupore di Ely.

-Hai visto la foto- trasse le ovvie conclusioni lui.

Sabe si voltò a sorridergli: -Mi risulta sia pubblica-

-Già- si portò una mano a massaggiarsi il collo, imbarazzato.

Ella chiuse il rubinetto e si appoggiò al mobile: -Hai bisogno che ti ripeta la domanda?-

-No- deglutì Ely.

-Allora?- incalzò nuovamente la ragazza tornando a insaponare una forchetta.

Aveva sempre provato soggezione per quegli occhi, per il colore profondo, troppo scuro per essere considerato un qualsiasi tipo d'azzurro: "Ti ci perdi, ci affoghi dentro a quello sguardo che sembra non vedere nulla"

E invece lei vedeva tutto.

Ely sospirò: era troppo intelligente. Prim'o poi l'avrebbe comunque capito, anche se si ostinava a pensare che nessuno potesse considerarla abbastanza.

-Sei tu, Isabella Cenere. Sei tu la mia meta- occhi negli occhi, la voce calma in attesa della tempesta.

Sabe lasciò i piatti nel lavandino e tornò al tavolo. Si sedette sul bordo dello sgabello tornando con lo sguardo sul vecchio compagno, lievemente ingentilita: -Non sono solo un'altra tacca sulla cintura, non è vero?-

Lui scosse la testa in silenzio.

-Ely, cosa sono?- chiese Ella preparandosi a dirgli di nuovo di no.

Caes a malapena sentì la mano di Royal artigliargli il braccio per trascinarlo fuori tant'era stupito.

Si liberò della stretta solo in giardino: -Che cosa credi di fare, Roy? Sai che se Ella scopre che ho permesso alla ficcanaso più ficcanaso di tutta la casa di ascoltare anche solo la sua lista della spesa, mi uccide?!-

-Io lo so che dovrei essere grato di quello che state facendo per noi. E lo sono, davvero- gli occhi scuri, grigi, del ragazzo viaggiarono verso la casa per poi tornare sull'amico -Ma c'è qualcosa di strano, in tutto questo, a cominciare dalla padrona di casa e sai che se non mi dici tu cos'è, lo scoprirò io-

Caesar capì: -È per questo che non mi hai permesso di staccare la Davies da quella porta. Vuoi capire cosa passa per la testa a lei-

Roy annuì serio e l'avvocato scosse la testa: -Non funzionerà: se vuoi sapere cosa pensa qualcuno, devi chiederglielo direttamente-

Royal sorrise sprezzante: -Forse non hai capito, Caes: a me non interessa cosa pensa lei. Io voglio capire cosa nasconde questa casa-

L'avvocato s'irrigidì: -Stai attento, Royal, perché se farai del male a Cenere o a quei bambini, ti garantisco che non ti aiuterò mai più-

-Non vedo in che modo potrei far loro del male- aggrottò le sopracciglia il ragazzo.

-Cercando le risposte che vuoi e non hai il diritto d'avere- Caesar lo fissò negli occhi, duro -Dopotutto, tu dovresti capire meglio di qualsiasi altro che ci sono storie che non si vogliono raccontare al primo che passa-

-Ella! Guarda cos'ho trovato! Possiamo tenerlo? Ti prego!- Darrel entrò come un piccolo tornado nella cucina, reggendo una piccola palla di pelo rosso.

La diretta interpellata spalancò gli occhi: -Assolutamente no-

-Ma...-

-Ho detto no- fece dura lei.

-Buongiorno, gente!- Caesar entrò in casa Shaw e vide Darrel, la lacrimuccia negli angoli degli occhi, il felide tra le sue braccia.

Spostò lo sguardo su Cenere che si morse il labbro colpevole sussurrando: -Mi dispiace, Darrel, ma in casa quell'animale non può stare e fuori può scappare in qualsiasi momento-

Il micio la guardò con i grandi occhi grigio-azzurri e si dimenò tra le braccia del ragazzino saltando a terra; Ella strinse il pugno vedendo il gatto girare attorno al tavolo e venire verso di lei.

Chiuse gli occhi, un passo indietro.

Il felino s'arresto nel silenzio completo di chi osservava quella scena, ammaliato.

"Sembra quasi che sia lui a non volerla spaventare" pensò sorridendo Royal nel vedere Isabella riaprire gli occhi e prendere un respiro, decisa.

Il gatto si fece avanti lentamente.

Quando la raggiunse, le si sfregò suadente contro le caviglie.

Cenere s'irrigidì ancora di più: -La mia risposta non cambia, mi dispiace, Darrel-

-Lo possiamo prendere noi- fece una voce dalla porta.

Tutti si voltarono verso Michele, accorgendosi in quel momento che al quadro s'era aggiunto anche lui.

-Concordo, grazie per avermelo chiesto- sorrise Caesar -E voi potrete venire a trovarlo ogni volta che volete-

Cinder gli sorrise in un ringraziamento sussurrato.

Darrel fece il giro del tavolo per raccogliere il cucciolo che si stava ancora strusciando contro le gambe di Cenere e lo mise di fronte al naso della sorella: -Scegli il nome-

-Come?- Cinder batté le palpebre stupita da un simile onore.

-Tu gli piaci- motivò il bimbo -Se ti lascio scegliere il nome, magari piacerà anche lui a te, no?-

Ella allungò titubante una mano sulla testolina pelosa dell'animale, accarezzandolo con un dito. Il gatto socchiuse gli occhi allungando il muso verso la mano di Cenere.

-Ha il pelo rosso, gli occhi grigi...- sussurrò lei sembrando sott'incanto per un attimo -Malpelo-

-Oddio!- fece Michael coprendosi la faccia con le mani.

-Cosa c'è? È una delle mie storie preferite!- fece Cenere.

-Lui muore! In modo atroce!- quasi gridò Michele, sconvolto.

-I gatti hanno sette vite- alzò le spalle lei -In ogni caso potrete cambiargli nome, ne sono sicura-

⏯️ Malpelo ricorda ad Ella il protagonista della novella di Verga, Rosso Melpelo per i colori in comune.

⏯️ ️Nota tecnica: noterete il salto dei tempi verbali (e quindi la caduta del concordatio) tra le prime frasi riassuntive di Sabe e l'ultima, nella discussione (sempre pacata, ricordiamolo) che ha con Ely. È una cosa voluta: volevo farne cogliere il livore, spero d'esserci riuscita.

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