49. Els

Ella si rannicchiò in un angolo del letto, sentendo il materasso cigolare sotto il peso del ragazzo.

-Se avessi davvero voluto fare quel che temi, lo avrei fatto già molto tempo fa, Els- Royal fu monocorde.

-Non ho pensato a nulla- mentì lei.

Roy sorrise sdraiandosi accanto alla ragazza: -Els... sei umana-

Non riuscì a vedere la sua espressione ma, dentro di sé, seppe che era mutata.

Circondò la vita sottile di Sabe con un braccio e la tirò verso di sé facendo scontrare la schiena lattea e i capelli color rame contro il suo petto di bronzo.

Sussultò come lei: quanto era masochista?

-Royal, no. Per favore- sussurrò lei, il viso contro il cuscino.

Da quella posizione le riuscì a vedere, le lacrime.

Aggrottò le sopracciglia: aveva già notato come lei mal reagiva al contatto fisico. A quello di quasi tutti.

-Cosa ti ha fatto mio fratello per farti odiare così tanto gli uomini, Els? Pensava con quel che aveva nei pantaloni, certo, ma non ha mai...- sussurrò col terrore della risposta negli occhi che lei non voleva guardare.

-Nulla- scosse la testa lei, l'acqua marina ancora tra le ciglia.

-Els- ritentò, stringendola un poco -Ti prego-

E le barriere si ruppero sotto la forza del leone, il gatto nero di Sabe fece un passo avanti, timoroso del mondo e grato di poter aprire il cuore così, per una volta.

Ella non seppe dire se fu quel misero sorso di cioccolata corretta, la pelle bruciante di Royal contro la sua schiena o quel brivido ancora da capire ma troppo, troppo, dolce che le procurava quel soprannome, Els...

Seppe solo che lo lasciò entrare.

-Ely è stato un gentiluomo, anni fa: mi ha chiesto di poterlo fare con me ma quando ho detto di no, non ha insistito... Due anni dopo, un altro ragazzo mi ha chiesto la stessa cosa e, dopo pochi mesi, un uomo con più del doppio della mia età non ha smesso un secondo di abbracciarmi e dirmi che ero matura. Non ho mai amato tanto la voce di mio nonno... Mi ha lasciata andare come l'ha sentito- Cenere imbrigliò le lacrime all'interno degli occhi -Non amavo gli abbracci neanche prima, ma da quel giorno non mi lascio toccare da nessuno. Nessuno, d'altro canto, ha manifestato il desiderio. È sempre stato così: poche persone, tutte talmente sbagliate da capire a un passo dal troppo tardi che non avrei mai dovuto conoscerle-

Roy deglutì: non ce l'aveva con lui, vero? Gli avrebbe detto quando diventava troppo... vero?

Nessuno, d'altro canto, ha manifestato il desiderio.

No. Non parlava di lui perché neanche lo prendeva in considerazione.

Però doveva aiutarla, doveva dirle qualcosa, non poteva lasciarla così, con le lacrime incastrate tra le ciglia e l'ansia nel petto: -Els, girati-

Lei scosse la sua criniera leonina.

-Els, per favore- la implorò lui sentendosi troppo lontano da Ella che, nel bel mezzo del discorso, s'era nuovamente ritirata sul bordo del letto.

-Non voglio doverti guardare negli occhi, Royal- sussurrò determinata lei -Compassione e disprezzo mi hanno sempre dato sui nervi, quindi qualsiasi cosa ci sia nel tuo sguardo, non voglio vederla-

Royal la riportò a sé, nonostante lei fosse talmente tesa da sembrare un cavo d'acciaio tirato. Affondò il naso nei suoi capelli odorosi di fuoco e pioggia.

-Ti sto toccando- sussurrò, la voce pacata -Ma non voglio niente che non voglia anche tu, Els; non tutti gli uomini sono come quelli che hai incontrato-

Lei si portò le ginocchia al petto mentre le lacrime riuscivano ad uscire dalla prigione in cui le aveva costrette. Era stanca, distrutta dalla fatica della giornata e di quella di fingere, demolita sotto la vergogna di un passato del quale non avrebbe dovuto curarsi perché lei non aveva fatto niente.

-Perché fai così, Royal?- mormorò lasciando che le ultime lacrime silenziose inzuppassero il cuscino.

-Così come?-

-Perché mi strappi tutto di dosso? E perché lo fai così?- mormorò lei sentendo gli occhi chiudersi.

"Perché non sono così disinteressato, Els" la guardò addormentarsi lui "Perché posso accettare di starti lontano ma voglio esserci, voglio entrarti dentro"

-Questa non è una favola- mormorò lei a occhi chiusi, stringendo il cuscino mentre iniziava a sognare d'un altro mondo.

-Suppongo di no- commentò lui sopprimendo la voglia di rubarle un piccolo bacio e dimenticarsi della garanzia di appena due minuti prima. Sospirando, sciolse il nodo dei suoi bicipiti facendo sì che le braccia di Morfeo sostituissero del tutto le sue.

La guardò dormire, le spostò una ciocca ondulata sorridendo alla sua serica consistenza. E pensare che lei se li era tirati su in due palline giganti da bambina quando, sciolti sulla schiena, gli spezzavano il fiato come neanche la passione di un bacio. Con il loro colore di caramello e quella sensazione morbida...

"Così bella" posò lo sguardo su di lei, priva delle maschere discioltesi nel sonno.

Esalò di frustrazione: quando, esattamente le era entrata dentro così, costringendolo a diventare un cacciatore di leonesse? Quando l'aveva portato nella sua vecchia casa? Quando aveva visto le sue gote erubescenti mentre rideva al Crimson? Quando l'aveva lasciato dormire sul divano? Quando aveva spalancato, seppur riluttante, la porta per lui ed Ely? Durante la festa di Halloween con quel vestito stupendo e quelle stupide corna? La sera del matrimonio di Iris, con più maschere a coprire le sue sembianze che filtri suoi pensieri?

In nessuno di quei momenti, temeva.

Royal rivide la ragazzina nella cucina di Pam, anni prima. I suoi cernecchi a frustare l'aria intorno a sé, le sue stille vere, le sue lenti false...

L'aveva colpito anni prima perché non si era dimenticato della sfumatura dei suoi capelli o del colore maledetto delle lenti...

E poi... poi l'aveva rivista e aveva iniziato a innamorarsene. Per quei piccoli gesti, quelle parole sussurrate, quei pezzi di lei che gli permetteva di scorgere attraverso il velo della vestale.

Passò gli occhi sulla sua figura, dai capelli impossibili alle gambe, costellate di graffi e lividi, delle quali intuiva la forma sotto le coperte di pelliccia sintetica. Gliele rimboccò fino a coprirle anche le spalle tremanti e si ridistese abbastanza lontano da rispettare il suo volere.

Poi sospirò e cedette alla tentazione: allungò una mano ad aggrapparsi alle lunghe ciocche castano-ramate della ragazza e, senz'accorgersene, le sfregò con un rumore soffice e ruvido insieme che gli mandò i brividi lungo la schiena.

Continuò ad accarezzarle i capelli fino ad addormentarsi con un sorriso sulle labbra.

Roy si svegliò scoprendo che le sue dita non erano più nella massa voluminosa dei capelli di Cinder. Alzò lo sguardo sul lettuccio di Alice e su quello di Cade per scoprire solo i corpicini dei bimbi raggomitolati sui materassi.

-Buongiorno, cari!- la moglie di John entrò in camera con il vassoio della sera precedente -Isabella è in cortile a cambiare le gomme a John, che cara ragazza!-

-C'è qualcosa che non sai fare?- Royal si fermò ad un passo da Cinder con il tè bollente in mano.

-Non hai idea di quanto stia apprezzando la domanda- Ella strinse l'ultimo bullone con la pistola -Ma sì, tantissime-

-Tipo?- le porse la tazza lui vedendola alzarsi.

-Parkour, disegnare, parlare tedesco... Davvero troppe cose- Sabe indicò la tazza -È corretto anche quello?-

Il ragazzo assaggiò sapendo che, dopo la cioccolata della sera prima, tutto poteva essere: -No-

Cenere chiuse le mani sulla tazza, lo sguardo basso a bearsi dei fumi che ne uscivano: -Grazie-

-Tutto bene?- Royal le sfiorò una guancia -Sembri pallida-

Ella si tirò indietro, la bevanda ondeggiò nella tazza e lui capì: -Els, scotti!-

-Svegliati, Ella. Devi mangiare- Caes posò il vassoio sul comodino della ragazza.

Lei rantolò, girandosi su un fianco insieme ai suoi trentanove gradi: -Come lo sapevi?-

-Cosa?- Caesar si sedette sul materasso.

-Come sapevi che avrebbe finito per piacermi?-

-Non lo sapevo, ma ci speravo: era come se foste perfetti l'uno per laltra- sorrise Caes per poi commettere un errore madornale -Come se solo tu potessi salvarlo-

Non era una favola, decisamente no.

-Dai, Darrel- lo implorò la sorella.

-Fa schifo- protestò lui.

-Lo so. Dopo videochiamiamo Rose, okay?- gli propose Sabe con la pastiglia in mano.

Lui la ingoiò senza ulteriori storie per poi allungare la mano sul portatile della sorella.

Ella s'alzò dal tronco nel boschetto sul retro di casa sua, la febbre ormai scesa e il cervello concentrato sulle meccaniche di quel che le sembrava un gioco perverso.

Caes aveva cercato di metterla insieme a Royal perché sperava in una sua ipotetica sindrome da crocerossina per aiutarlo a venir fuori da qualcosa... qualcosa che, il suo istinto le diceva, non aveva a che fare con la casa sperduta nel bel mezzo dell'Inghilterra.

Non era decisamente l'unica ad avere segreti e questo non le piaceva.

-No, Verdi, sto bene- fece esasperata Ella al cellulare -Te lo porto io per le dieci, tanto sto già salendo le scale di casa tua-

La ragazza chiuse la chiamata e si fermò di fronte alla porta dell'appartamento di Michael e Caes.

Sospirò inserendo la chiave nella toppa per farla ruotare e socchiuse la porta gettando un'occhiata all'interno.

Storse il naso, infilandosi in casa: -Dove sei, palla di pelo?-

Il rosso micio le corse incontro e lei si chinò a prenderlo in braccio, viziandolo un po', per una volta.

-Sei ingrassato- constatò Sabe sorridendo.

Portò il gatto nello studio di Michael e si guardò intorno: -Quaderno nero degli appunti, quaderno nero degli appunti... quaderno nero degli appunti!-

Fece per allungare la mano sulla copertina scura ma il suo sguardo finì sulla pila di quaderni riempiti di foglietti a lato della scrivania. Sbatté le palpebre un paio di volte.

-Il tuo padrone mi prende il giro- fece una smorfia al gatto che sbadigliò menefreghista.

Sbuffò prendendo tutti i quaderni con la copertina nera e lasciando andare Malpelo che balzò giù dalla scrivania per seguirla e sfregarsi sulle sue gambe, preda delle fusa.

Isabella scosse la testa: -Falso di un gatto, tanto lo so che vuoi mangiare-

Si fermò nella piccola cucina per cercare una borsa in cui infilare i quaderni dell'amico e dare un'occhiata alle ciotole di Malpelo.

Riempì solo quella dell'acqua, vedendo l'altra piena: -Quindi vuoi solo le coccole, eh?-

Il micio le si sfregò contro le caviglie e lei lo tirò su dando un'occhiata all'orologio: -Ti porto con me, che dici, Malpelo?-

Lui si lanciò di nuovo giù dalle sue braccia, per andare ad infilarsi nel trasportino in cui dormiva, sopra una vecchia e consunta maglia di Sabe.

Ella chiuse lo sportellino attirandosi un soffio leggero.

-Dieci minuti, te lo prometto- sorrise.

-Ti amo!- Michele neanche la guardò mentre chiudeva le mani sulla busta.

-Mi assicurerò di dirlo a Caesar- sorrise Ella -Devo correre: ho Malpelo in macchina-

-Sta male?- domandò il padrone con una lieve ruga di preoccupazione in mezzo alla fronte.

-Volevo solo tirarlo un po' fuori da quell'appartamento- sorrise ancora la ragazza -Lo porto al parco e poi te lo lascio a casa prima di pranzo-

-Il tuo istinto da predatore è rimasto a casa tra i cuscini?- domandò Isabella con il micio tra le braccia, spaventato a morte dal verso di un giovane corvo che aveva di meglio da fare che curarsi di lui.

Cenere si alzò dalla panchina, il gatto rosso ancora stretto al petto con gli artigli conficcati nel maglione antracite. Rabbrividì.

-Andiamo a casa, eh?- passò un dito sulla testolina del gatto.

Malpelo strofinò il musetto contro la sua candida gola scoperta.

Ella sospirò: -Che cosa devo fare?-

Immerse lo sguardo in quello del gatto sbuffando: -Ma proprio grigi dovevi averli, gli occhi?-

⏯️ Morfeo, dio dei sogni per i greci.

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