45. Camera 206
-Che ci fai qua?- Caes sollevò un sopracciglio vedendo Dorian impegnato sugli esercizi suppletivi per il giorno dopo.
-Riflette sui suoi peccati- sorrise allegra Ella piazzando la teglia di pollo al curry in mezzo al tavolo, i capelli tirati su in morbidi odango.
-Allora?- si mise le mani sui fianchi l'avvocato attirandosi il risolino trattenuto di Sabe.
Dorian cercò d'evitare l'occhiata d'intesa a Cinder: -Ho sbagliato a consegnare un compito e la prof mi ha assegnato degli esercizi in più per domani. E un'insufficienza-
-Io l'ho portato a prendere un dolce- s'accomodò serafica la ragazza -Mi sembrava già piuttosto punito per una dimenticanza che sarà sicuramente capitata anche alla professoressa almeno una volta nella vita-
-Io... d'accordo- sospirò Caesar imitandola: nell'ufficio presidenziale di quella scuola voleva tornarci il meno possibile, soprattutto dopo le due settimane che erano seguite alla sua sfuriata nelle quali aveva temuto che i gemelli scoprissero il suo colpo di testa.
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-Ho lasciato Michael con Roy- Caes si rimboccò le maniche per lavare i piatti.
Ella posò un secondo lo sguardo su di lui, poi ritornò alla tabella che stava tracciando sul foglio.
-Com'è stato fuori pericolo, mi ha chiesto di te- Caes si voltò verso di lei, le mani in ammollo.
La ragazza sospirò, fermando la penna, girandosi per incontrare lo sguardo scuro di Lewis.
-Capisco perché gli stai mentendo, Ella. Lo so. L'ho passato con Michael e avevo gli stessi dubbi, ma...-
-Ma "gli sto mentendo"- abbassò lo sguardo lei, precludendogli gli occhi in agitazione.
-Già- annuì Caes.
Sabe sospirò: il problema stava nel fatto che lei non stava mentendo.
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-Sono a casa. C'è anche Will!- urlò Emily spalancando la porta.
Sabe si materializzò a due metri da loro: -Ciao, ragazzi. Il cibo è in cucina... Emi, quest'estate ti ho prestato un mio vecchio quaderno per capire genetica, giusto?-
La ragazzina annuì lanciando un'occhiata a William, temendo la reazione della sorella quando avrebbe fatto lo stesso.
-L'hai portato qui? Ne avrei bisogno-
-È nel terzo cassetto della scrivania- si torturò le mani Emi.
-Te lo riporto subito- annuì Sabe voltandosi finalmente verso l'ospite.
Ella sbatté le palpebre, poi alzò le spalle: -Sembrano terribilmente dolorosi ma la faccia è tua. Fatemi sapere se vi serve qualcosa-
Will sorrise facendo scintillare il metallo in faccia: -Tua sorella è fuori come un balcone ma l'adoro-
-Ciao Emily. Will...- si palesò Caes con una tazza di caffè in mano, la schiena attaccata allo stipite.
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Ella fissò l'esempio di calcoli genetici sui gruppi sanguigni di anni prima e sospirò.
Non erano fratelli.
Si passò una mano tra i capelli ed esalò ancora.
Non era l'unica a mentire.
"Omettere" la corresse il suo cervello.
-Omettere- gli diede ragione in un mormorio.
Chiuse il quaderno e lo rimise a posto.
-Ella?- Dorian si affacciò nelle stanza -Emily dice che ha bisogno di te-
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-Grazie- sussurrò Emi guardandola riconoscente.
-Io devo andare- Caes posò l'ennesimo caffè della giornata sul tavolo fissando male William.
-Ti accompagno- lo prese sottobraccio Ella.
-No- sussurrò esasperato Cade, sbattendo silenziosamente l'album da disegno sulle sue ginocchia.
Will gli si avvicinò: -Perché no?-
Il ragazzino gli mostrò lo schizzo preparatorio: -Non sta ferma più di cinque minuti! È la settima prova che faccio!-
Emily lo fissò pensierosa: -È il tuo regalo di Natale, vero?-
Cade annuì: -Mi mancano quello di Ella, quello di Darrel e quello di Dorian-
-Dorian sta sempre a leggere, come mai non inizi da lui?- gli si sedette accanto Emily, sbirciando nell'album alla ricerca di un eventuale suo ritratto finito.
-È noioso- fece lui chiudendo il raccoglitore esasperato -A lui piace Poseidone, no?-
-Ade- lo corresse la sorella.
-È la stessa cosa- liquidò l'osservazione lui -Volevo farlo con la tunica e il tridente in mano-
-Toga- fece di riflesso Emi.
-È uguale- ripeté lui -Ily sta preparando gli schizzi per i vestiti. Io, poi, farò il resto-
-Fai Dorian- insistette la ragazza -Disegnalo mentre è concentrato nella lettura, ficcagli in mano un bidente e mettilo seduto su un trono. Io intanto penso ad un modo per tener fermi Darrel ed Ella-
-Un bidente?- domandò Will quando lei lo trascinò in cucina.
-La folgore a Zeus, il tridente a Poseidone e il bidente ad Ade, dio dei morti, quello che vince tutto...- sorrise Emily addentando un panino. Masticò e inghiottì -Vivere con Ella e Dorian ti fa scoprire un sacco di cose che nessuno sa-
William alzò le spalle chinandosi su di lei per un bacio a stampo: -Non credo di raggiungere il genio di Ulisse ma epica mi è sempre piaciuta. Ho un po' di libri illustrati, se servono a tuo fratello...-
-Davvero?- si stupì lei.
Il ragazzo alzò le spalle: -Tuo fratello non mi dispiace... Ascolta, è quasi un anno che stiamo insieme e voi siete sempre molto gentili con me... Vuoi venire a mangiare a casa mia il giorno dopo Natale?-
Emily sorrise felice: -Andata, White-
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-Quel piccolo metallaro da strapazzo...- scosse la testa Caesar.
Ella ruotò gli occhi: -Hai finito? Tu hai un pentagramma tatuato sul braccio, dannazione!-
-È una cosa completamente diversa- pontificò Caes.
-D'accordo- Sabe si arrestò sul terzultimo gradino a partire dall'alto -Fallo. Dì tutto quel che non ti piace di William, senza riserve. Ma fallo ora e mai più: se sono motivi logici, puoi provare a chiedergli di cambiare ma se non li sono, Caes, ti masticherai la lingua ogni volta che proverai a parlargli-
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-È la tua bambina- sorrise Ella stringendogli una spalla dopo mezz'ora di sproloqui inutili su William -È normale che tu la veda ancora così.. solo che la devi lasciare mettere il viso fuori, ogni tanto: fa parte del crescere, correre il rischio di sbagliare scelta-
-Quindi lo sai anche tu che...- ricominciò Caesar zittendosi di fronte all'occhiataccia della ragazza -Scusa-
Sabe si rialzò in piedi, spolverandosi i pantaloni: -Devo ripescare Cecily dalla Davies-
-No. Rimango io- cambiò improvvisamente idea Caes mettendole in mano un biglietto -Tu vai da Royal-
-Ma...- protestò lei mentre le dita le si chiudevano di riflesso sulla carta plastificata.
-Per cortesia, Ella! Era in un bagno di sangue e ha chiesto di te. Gli hanno riempito il corpo di sangue e ha chiesto di te. Vai almeno a sapere che vuole!- esplose Caesar.
Sabe indurì l'espressione ma decise di uscire, sforzandosi per non sbattere la porta.
Tamburellò sul cruscotto con le dita per poi decidersi a comporre il numero di Michael che non rispose.
Chiuse gli occhi, ricordandosi che di lì a due giorni aveva un esame e buttò il cellulare nello zainetto.
Uscì dal parcheggio tentando di non fare idiozie dato l'umore e attraversò il cancello elettrico.
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"È una pessima idea" si ripeté per la cinquantesima volta Sabe scendendo dalla macchina per salire i gradini del Crimson, il biglietto stretto tra le dita.
Aveva girato tutta la città per sbollire la rabbia e poi lo sguardo le era cascato sul biglietto dell'albergo di lusso macchiato d'inchiostro. Lo aveva girato e l'inconfondibile scrittura spigolosa di Royal Johnson le era balzata davanti agli occhi.
Prese un respiro e varcò la soglia dell'albergo: "È una pessima idea"
Le occhiate di sussiego del personale la seguirono mescolandosi a quelle di curiosità o di divertito sprezzo dei clienti. Ella ingoio l'ennesimo rospo della giornata e si fermò al bancone.
-Desidera?- la voce del receptionist grondò ghiaccioli.
-Camera 206, Robin Goodfellow. Sì, ho un appuntamento e no, non desidero nulla, grazie- fece per voltarsi lei, sperando che nessuno la fermasse.
L'uomo spalancò gli occhi: -Mi scusi, signorina: non avevo inteso...-
Ella se lo ritrovò al fianco, immediatamente pronto a chiamare l'ascensore.
-Non si disturbi: vado a piedi- fece Sabe individuando le scale.
-Aspetti, l'accompagno!- si precipitò l'uomo.
Sabe gli gettò un'occhiata dopo la prima rampa: -Non è necessario, davvero-
-Come...- ansimò l'uomo -ha conosciuto... il signor...?-
-Goodfellow- lo aiutò lei, gettandogli un altro sguardo.
L'uomo annuì.
-Incontrandolo. La prego, torni di sotto: non voglio doverla soccorrere- lo implorò Ella più che altro per levarselo dalle scatole.
L'uomo annuì e, voltatosi, scese le scale con lo stesso ardire che aveva usato per salirle.
Ella si morse le labbra: "È una pessima idea"
Dopo un altro paio di rampe attraversò il corridoio e si fermò davanti alla porta numero 206.
Bussò.
Era una pessima idea, ma Royal non era l'unico a voler risposte.
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Royal le aprì in maglietta nera, jeans e fasciatura candida al braccio: -Sei venuta-
Sabe annuì, lo sguardo che fuggiva dal suo petto ma non s'alzava sugli occhi: -Volevo sapere come stavi-
Il ragazzo fece un passo indietro: -Entra. Io prendo una maglia e sono da te-
Lei avanzò d'un paio di passi nella stanza e s'arrestò, lo sguardo che vagava su tutto tranne che lui.
Lui la scrutò, chiedendosi che diamine non andasse in quella bella testolina. Rinunciò a capire ed entrò in bagno a prendersi un maglione: -Non so proprio come facciate voi inglesi a vivere con questo tempo: piove tutto l'inverno!-
-E non hai visto la primavera...- mormorò Ella continuando a far ruotare lo sguardo sulla piccola stanza immacolata: era piuttosto certa che tutto quell'ordine non fosse merito del personale dell'albergo.
-Hai freddo anche tu, vedo- sorrise appoggiandosi alla cornice della porta.
Sabe sorrise, abbracciata a sé stessa, guardando un punto fisso davanti a sé, stringendosi nelle spalle.
Royal la squadrò ancora da capo a piedi: giacca e pantaloni spessi, maglione di lana e scarponcini imbottiti...
-Ora non vorrei dire- provò a scuoterla -Ma qui dentro ci sono comunque diciotto gradi-
Cenere si riscosse: -Sì, certo-
Tolse la giacca ed il suo sguardo si fermò di nuovo altrove: -Quella è tua?-
Roy seguì i suoi occhi sentendo il cuore accelerare il battito mentre Ella si avvicinava alla sua polaroid. Trattenne il fiato mentre lei prendeva una foto dal mucchietto accanto alla macchina fotografica tacciando quella vocina da brava ragazza che le diceva di non toccare la roba altrui...
Anche perché quella non era roba altrui.
Quella era lei.
In pantaloni scuri e camicia bianca, da donna per una volta, con i capelli tenuti su da una matita H3 le ciocche sfuggenti di fronte al sorriso esasperato e una mano (che lentamente stava iniziando a guarire a forza di creme cortisoniche) ricoperta di anelli argentati sulla fronte a sottolineare la disperazione rassegnata e scherzosa di fronte al disastro che il fotografo aveva deciso di tagliare in favore del piano americano.
Era lei.
-Avrei dovuto chiederti il permesso...- la voce di Royal le fece sollevare gli occhi dalla foto ma Ella si rifiutò di assecondare l'istinto che la voleva a girarsi di scatto verso di lui.
-...ma eri troppo perfetta per perdere il momento e rischiare un no- concluse il ragazzo.
Sabe posò la foto sulla cassapanca, al suo posto: -Hai un buon occhio e una mano più che discreta... Così tra i lavori che vorresti fare ma non fai c'è anche questo-
-È una parte di me che sono disposto a sacrificare- mormorò Roy ancora in attesa.
Ella si volse verso di lui che stava aspettando solo quello. Solo il veder i suoi occhi. Senza filtri, senza lenti a renderli freddi, senz'altro velo se non quello dell'emozione.
-Se questa è veramente una parte di te, Royal merita d'essere scoperta, non gettata in un cestino- lo affogò lei solo sfiorandolo coi suoi occhi caotici.
-Ti guardi mai solo dall'esterno?- domandò il ragazzo catturando quello sguardo da serpe ipnotica col suo argento, rompendo il suo incantesimo per sostituirlo con il proprio.
-Come?- sbatté le palpebre Ella.
-Tu hai fatto due domande e io una sola- mormorò lui, il volto abbassato sui suoi lineamenti di bambina -È il mio turno, quindi... ti guardi mai con gli occhi degli altri, Ella?-
Spezzò la serietà della domanda racchiudendole un odango tra le dita e stropicciandoglielo con un sorriso neanche fosse una pallina di gomma: -Sembrano orecchie-
Lei sorrise ma il suo tono rimase serio: -Continuamente-
Fece un passo indietro, abbassando lo sguardo: -Credo che sia inevitabile: per quanto fingiamo non c'interessi, l'opinione della società non ci passa addosso senza lasciar segni, quindi cerchiamo di adeguarci. O di creare scandalo-
-È questo che fai tu? Crei scandalo?- sorrise Royal.
-Non sono sufficientemente famosa, temo- ricambiò lei -In ogni caso... è un guardarsi con gli occhi degli altri anche il pesare le proprie azioni: cercare di scusare un comportamento perché c'è la possibilità d'aver frainteso il mio o giudicare senza pietà perché, dannazione, avevi tutti gli elementi per sapere cosa stava succedendo ma non hai voluto vederlo...-
-È un "tu" generico, questo?- domandò il ragazzo.
Ella sorrise, stanca: -No, ma non è per te. Ora io dovrei...-
-Sì- Royal le scoprì l'avambraccio dalla manica del maglione rosso -Lo so-
Le mostrò l'elastico per capelli rubatole dal polso: -Domani ti dovrò restituire questo-
Ella schiuse le labbra ma decise di riprendersi la giacca e uscire, il tono quasi seccato: -Domani sarò in biblioteca-
-Allora verrò in biblioteca- sorrise lui.
⏯️ "Ulisse", protagonista dell'"Odissea" di Omero (dicasi, infatti, altresì Odisseo)
⏯️ Robin Goodfellow è il nome del servitore di Oberon in "Sogno di una notte di mezza estate" di Shakespeare
⏯️ L'uso di nomi di fantasia negli hotel da parte di persone famose viene da "Notting Hill" dove l'attrice si spacciava per signora "Bambi" o quant'altro.
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