40. Il tuo inferno

Cenere si palesò di fronte al regista che la indirizzò verso la zona delle roulotte usando un copione come puntatore, una piccola smorfia persa nel borbottio: -Tra un po' mi toccherà prenderla nel cast, signorina-

Sabe seguì l'indicazione sorridendo al commento.

Un respiro profondo, il cuore tacciato ed esiliato nel profondo di sé... Ella si fece coraggio e bussò alla porta del camper.

Royal aprì in maglietta bianca e pantaloni scuri: -Cosa ci fai qui?-

Sabe si sforzò di sorridergli: -Dobbiamo fare una cosa, ricordi?-

-Ella io non cr...-

Lei si slacciò la cintura e fece direttamente volare lo zaino dall'altra parte del cancello: -Un passo alla volta, Royal. E se non te la senti, si torna indietro. Io però devo recuperare lo zaino comunque-

Il ragazzo la guardò, ormai a cavalcioni della porta del cancello, bellissima e fiera, nonostante l'impaccio dei movimenti.

Isabella seguì con lo sguardo il ragazzo, stando attenta a non oltrepassare mai i due metri di distanza da lui: non era una cosa semplice, già lo sapeva, ma vedere uno della stazza di Roy che si guardava intorno come se i suoi incubi potessero convertirsi di nuovo in realtà... faceva effetto.

-Mia madre mi chiudeva qui, quando papà si ubriacava- sussurrò il ragazzo svelando un armadio nel muro della cucina.

-Stai bene?- si fece coraggio Isabella seduta sui gradini, le braccia a circondarsi le gambe. La stupidità della domanda le risuonò in testa: come poteva stare bene?

La vista dell'armadio aveva rotto gli argini del ragazzo che subito aveva riversato fuori tutto: parole sconnesse, frasi complete di dolore o malinconia, singhiozzi trattenuti in gola, lacrime represse... tutto.

Ed Ella era rimasta lì, ad accogliere tutto quel dolore. Perché Royal ne aveva bisogno.

Poi lui si era voltato ed era tornato fuori.

Una volta sui gradini, però, aveva sentito il dolore del colpo che era stato rivedere quella casa; aveva sentito il bisogno di sedersi ed era rimasto lì, sospeso, con gli occhi persi nel vuoto.

Cinder aveva aspettato per un paio di secondi prima di abbassarsi contro la ringhiera, scivolando leggera a terra.

E aveva aspettato.

E aspettato.

E aspettato...

Roy annuì lentamente, alzandosi in piedi e voltandosi verso di lei: -Non avresti dovuto farlo-

Sabe, ancora a terra, si morse il labbro, chinando il capo.

-Ella?-

Lei alzò lo sguardo su di lui, scoperto affinché non potesse pensare che gli celasse il sadismo nell'invitarlo ad entrare nella tana del lupo.

-Grazie- sussurrò il ragazzo con l'argento ancora sotto l'acqua.

Cenere riuscì a stiracchiare un sorriso e ad accettare la mano che Roy le tendeva per alzarsi in un movimento decisamente più fluido di quel che avrebbe coreografato tirandosi su da sola.

Qualcosa si fermò con quel tocco, l'avambraccio di candida seta bianca e la mano di cotta bronzea scivolarono l'una sull'altro in una carezza. Gladiatore e vestale si videro e conobbero ancora una volta, scampati al naufragio dei loro occhi; salvatisi a vicenda, ancora...

Ella abbassò il capo: -Grazie-

-Perché?- sussurrò lui cercandola ancora, le dita ancora a ghermirle dolcemente la pelle diafana.

-Perché cosa?- inarcò un sopracciglio lei confusa. L'incanto non si ripresentò quando le iridi s'incontrarono nuovamente nel quesito.

-Perché mi hai portato qui? Non eri obbligata- assottigliò le palpebre lui, scrutandola speranzoso.

Lei distolse nuovamente lo sguardo, un dolce sorriso sul volto, le spalle alzatesi solo per abbassarsi lievi e il braccio che ritornò alla proprietaria con la grazia di un battito d'ali di falena.

Proprio non riuscì a smettere di sorridere, incamminandosi verso il cancello: "Perché, Royal? Cielo... C'è un fascino assurdo nelle persone crepate... c'è il mistero di quel che le ha rese così, la bellezza un po' lisa dei cerotti sopra i segreti, bene sul male... c'è qualcosa di talmente tenero in loro che ti fa venire voglia di sistemarli. Di metterti lì e prendere ago e filo, martello e chiodi e provare, almeno... a sistemare tutto... ascoltare una storia che merita di essere raccontata, stringere la mano al narratore, asciugargli le lacrime, offrirti di passare dalla tragedia alla commedia..  almeno per un po', giusto il tempo di riprendere fiato... Perché una persona del genere, una persona "rotta", come la chiamano tanti... ti entra dentro, Royal. Anche se non lo vuoi... T'incanta con il suo mondo di colori stesi sopra al monocromo, di sorrisi fragili e di forza, forza indiscutibile... perché, se riesci veramente a conoscerla, Royal, non è più una questione di ferite... Ormai sono tutte cicatrici...e le cicatrici sono bene, Royal: ci ricordano il male subito e ci pregano di non farne ad altri proprio perché conosciamo l'entità di quel dolore... ed, è vero, da una ferita puoi guarire, da una cicatrice no... ma queste parti rotte fanno di noi ciò che siamo: il dolore è qualcosa da temere, è vero, ma... da non dimenticare"

-Ella?- la richiamò incerto Roy, vedendo quello sguardo scuro perso nella contemplazione del vuoto.

La ragazza si riscosse: -Non ero obbligata, è vero, ma volevo farlo-

-Perché?- insistette lui.

Cinder sorrise, la dolcezza a riempirgli gli occhi, le braccia incrociate sul seno: -Perché hai passato l'inferno, Royal, ma ne sei uscito. Era tutto qui: un mucchio di mattoni come ultima testimonianza fisica... mi sembrava giusto dimostrare a quel bambino che non si deve più nascondere nell'armadio-

Sabe si strinse ancora a sé, forse per il freddo, forse per evitare di lasciare una carezza sulla guancia del ragazzo: -Il tuo inferno te lo porterai dentro per sempre, Royal... ma, poco per volta, imparerai ad affrontarlo e non lasciarti sommergere. Forse rimarrai sospettoso, magari avrai tanti conoscenti e pochi amici... ma un giorno troverai qualcuno che scavalcherà quel muro, qualcuno che metterai a parte di di tutto questo, del tuo inferno... e quel qualcuno ti amerà da impazzire... qualità e difetti-

Lui sembrò non cogliere l'antifona: -Forse quel qualcuno l'ho già trovato-

Cenere si sforzò di sorridere: -Lo spero per te-

Roy la guardò girarsi per mettere il piedino sul cancello e slanciarsi per scavalcare: "Cosa mi nascondi ancora, Ella?"

Isabella frenò dolcemente: -Sei felice, Royal?-

Lui si girò a guardarla, stranito dalla domanda: -Cosa?-

-Sei felice?- lo fissò negli occhi lei.

-Io... sì, suppongo di sì. Perché?-

Sabe sorrise, spegnendo il motore e inserendo il freno di stazionamento: -Perché m'interessa... in genere quando si vuole sapere come sta una persona, si chiede se sta bene e tutti rispondono di sì perché non vogliono ammettere che ci sia qualcosa che non va o perché si vergognano o perché è una formula di cortesia, in fondo, o per mille altri piccoli grandi motivi... se si è felici, si sta bene. Allo stesso tempo, se si risponde di no alla domanda "sei felice?", non significa che non si sta fisicamente o moralmente bene ... significa solo che non ci basta. E va bene... "Sei felice?" non costringe nessuno a mentire per qualsivoglia motivo-

Aveva abbassato lo sguardo in quella paura di chi sapeva di essere troppo profondo e complicato per potersi aspettare un giudizio positivo o una frase scondita d'ironia, le mani simili a farfalle agitate disegnanti voli pindarici nell'aria.

Ma Royal, sebbene si fosse perso a metà strada, le alzò il mento con l'indice: -Sono quasi felice, Ella. E sto bene. Grazie-

Lei sentì gli angoli della bocca tirarsi in un sorriso e Royal non dovette neanche sforzarsi di descriverla: bellissima.

-E tu, Ella?- domandò slacciandosi la cintura per chinarsi su di lei -Tu sei felice?-

Lei sbuffò e roteò gli occhi, ancora sorridente: -Non ancora ma ci sto lavorando-

Imitò il ragazzo per poi scendere: -Tu resti lì?-

-Allora- Royal la guardò dalla cornice della porta del suo caravan -Ciao-

-Ciao- Ella si morse il labbro capendo che si sarebbe pentita di non dirgli quel che pensava -Johnson?-

Lui scese sul gradino: -Sì?-

-La prossima volta che decidi di avvicinarti a una ragazza mentre stai con un'altra, cerca di essere un po' più chiaro: se fossi stata un pochino presa da te, a quest'ora saresti un cadavere-

-Senerei!-

Royal maledisse suo fratello.

Sabe si voltò forzando un sorriso: -Ciao, Ely-

-Ti vogliono i due pezzi grossi- le scompigliò i capelli l'attore rimediandosi un pugno sullo sterno -Sei violenta, cazzo!-

-Cosa vogliono da lei?- si fece avanti Roy.

-Lei gli dirà di no, tanto- alzò le spalle il fratello, incamminandosi.

Ella inarcò un sopracciglio ma lo seguì.

-Detesto essere prevedibile- mormorò a mezza bocca Cinder una volta finito di ascoltare la proposta di Robert e Aron, scrittore nonché produttore dei libri e della serie che stava maniacalmente portando avanti.

-E questo che vuol dire?- domandò il regista.

-"No"- s'alzò la ragazza -Vuol dire "no"-

-Ma non può!- s'intestardì Aron scattando in piedi per fissarla oltraggiato nelle lenti blu oceano.

-Io dico di sì- sibilò Ella prendendo lo zaino ed uscendo dalla roulotte di Robert -Con permesso-

-Io non le do il permesso! Ritorni immediatamente qui!- urlò lo scrittore correndole dietro con il suo metro e sessanta stirato -Le ho detto...-

-E io le ho detto di no- sibilò Isabella voltandosi a guardarlo in faccia -No, perché ho sei fratelli a cui badare e due neosposini che mi riempiono la casa di biglietti al limite del coma diabetico e delle luci rosse. No, perché non mi sento a mio agio di fronte ad una macchina fotografica durante le foto dei matrimoni, figuriamoci davanti ad una telecamera. No, perché sono allergica al contatto fisico e, considerati i suoi personaggi, ce ne sarà decisamente troppo e, no... perché il suo carattere è terrificante e io sto seriamente pensando di mandare la mia educazione a farsi un giro e indicarle la porta del bagno più vicina!-

Si concesse di respirare e mordersi la lingua per evitare di rimangiarsi tutto e chiedere perdono prostrandosi a terra. Strinse i suoi capelli in un pugno e si tolse il pass, ficcandoglielo in mano: -Tuttavia credo di capire l'ossessione che ha per i suoi personaggi e il fatto che le cose non saranno mai e poi mai le stesse-

Sospirò, passandosi una mano nei capelli: -Qualcuno lo odierà e lei lo sa meglio di me, ma... gli altri ne ameranno anche i dettagli in difetto che scoveranno dentro il suo terrificante tentativo di perfezione, signor Acosta... ora, le direi "arrivederla" ma sappiamo entrambi che è improbabile, non è vero?-

-Johnson!-

Ely si voltò con l'ascia decorata tra le mani: -Prevedo guai-

-Stai fermo- lo riprese la donna china sull'orlo del mantello di pelliccia sintetica.

-La tua amica, come si chiama?- lo fissò negli occhi Aron.

-Isabella Cenere, perché?- domandò il ragazzo provando a rimanere immobile.

-Non la conosco- scosse la testa il produttore -Che cosa ha scritto?-

-In che senso?- trattenne il respiro Ely mentre la sarta provava a stringergli la cinta oltre il necessario.

-Il libro! Che libro ha scritto? O deve ancora pubblicare?- s'accigliò pensieroso Acosta.

-E lei come lo sa, che ha scritto un libro?- domandò il ragazzo preoccupato dalle presumibili abilità di stalker dell'uomo.

-E tu come lo sai che un asino è un asino?! Certe cose si capiscono quando si è uguali, Jhonson!-

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