38. Pseudonimi e controfigure

-Ti ha mandata Ely in quella casa?- sussurrò Royal, gli occhi grigi di cielo lacrimante.

-No. L'ho costretto a dirmi dove fossi- Ella spostò la caraffa d'acqua per poterlo guardare in viso -Non volevo rischiasse il posto quando potevo dargli una mano-

Il ragazzo alzò un angolo della bocca, mesto: -Non mi dai proprio soddisfazioni, eh?-

-Mi dispiace- lo sguardo di Cenere fu talmente sincero da spaccargli il cuore un altro po'.

Royal Johnson non l'aveva mai sospettato prima di conoscerla: il suo miocardio poteva ridursi in pezzi sempre più piccoli, martoriati e numerosi ma lui se lo sarebbe lasciato strappare dal petto finché lei non gli avrebbe sibilato di starle lontano.

Era una cosa che doveva capire prima di uscire da lì, decise. Doveva capire quanto poteva insistere ancora senza correre il rischio di perderla del tutto.

Ma prima le doveva una spiegazione.

La fissò in quegli occhi che, nella scarsa luce filtrata dalle finestre, sembravano neri anziché nocciola.

-Non interrompermi, okay? Non è una storia che racconto a tutti, quindi lasciami finire- la pregò Roy, il tono duro di chi si aspettava soltanto che l'altro fosse d'accordo.

Cenere avrebbe voluto dirgli che non c'era il bisogno di raccontare nulla, davvero, ma non poteva: voleva la storia. E voleva spiegazioni; nonostante cercasse di dimenticare i lividi che lui le aveva lasciato non poteva evitare di chiedersi il perché delle reazioni di quel ragazzo.

Annuì.

-Mio padre era un uomo violento- sbottò lui mandando a benedire il discorso che aveva iniziato nella sua testa: non c'era un modo più semplice di dire la cosa quindi meglio che fosse rapida -Mia madre è rimasta con lui finché suo marito non se l'è presa anche con me. Pochi giorni dopo la nostra fuga ci ha trovati e lei l'ha spinto giù dalle scale dell'albergo dove ci eravamo rifugiati. Mi ha preso e portato dai miei zii, scaricato come un pacco postale davanti a casa loro. Non la vedo da quel giorno- lo sguardo di Royal ritornò presente negli occhi di calmo caos della ragazza.

Sabe gli lasciò il tempo di riprendere fiato e concludere: -Non voglio essere come lui, El...-

-Non lo sei- non si trattenne lei.

Il ragazzo sorrise senza un minimo di gioia, allungando le mani a serrare i polsi di Cinder in una stretta di lacci di seta che la fece sussultare: -Tu non hai idea di quel che ho pensato dopo aver visto cosa ti avevo fatto-

-E cos'hai pensato?- deglutì lei, gli occhi vibranti.

-Che se ero in grado di farti quello senza neanche accorgermene- Royal tenne lo sguardo immerso nel caos di lei -ero il degno figlio di quel mostro; quei dannati segni hanno quasi mandato all'aria tutto il lavoro del mio psicologo, lo sai?-

Cenere neanche sentì le dita di Royal abbandonarla: come avrebbe potuto, coi loro occhi che annegavano gli uni negli altri cercando disperatamente una via di salvezza nelle reciproche iridi?

Sabe si morse il labbro, scuotendo lievemente la testa.

-E poi mi hai trascinato qui a forza, senza neanche rendertene conto- sussurrò Royal chinandosi un po' più verso di lei che sentì il cuore sprofondarle nei piedi.

Ella strinse la stoffa della tovaglia in un pugno, abbassando lo sguardo.

-Quella era la mia vecchia casa- mormorò ancora lui -Erano sette anni e mezzo che non la vedevo-

Isabella rialzò gli occhi, fermi, e lui vide qualcosa: la patina lucida di chi è sensibile e forte, disposto a dividere il dolore che gli altri si portano dentro, a far sentire un po' meno il peso sulle spalle...

-Non sono riuscito ad entrare. Non lo farò mai, credo- concluse lui.

-Un giorno riuscirai, invece- sussurrò Sabe tornando a fissarlo con il suo intenso caos -Ci riuscirai, Royal-

-Come fai a saperlo?- Roy la fissò con un sorrisino scettico.

-Se sei arrivato fino a questo punto, un mucchio di mattoni non può farti crollare il mondo addosso- sorrise Ella con quella semplicità disarmante che aveva solo lei.

Il ragazzo alzò un angolo della bocca: -Suppongo di no-

-Si è raffreddata- mormorò Cinder stuzzicando la pasta con la forchetta, incapace di sostenere ancora quegli occhi di pioggia -Mi spiace-

Lui finì le farfalle con un sorriso: -Il peperoncino scalda comunque-

-Lascia stare- Isabella allontanò la mano di Royal dalle stoviglie -Farò più tardi... Ti devo delle risposte anch'io, no?-

-Non ne sembri molto felice- constatò lui.

Sabe si strinse nelle spalle alzandosi per andare a sedersi sul divano a gambe incrociate: -Non mi piace un granché, parlare di me-

Lo sguardo del ragazzo si scurì. Roy la seguì, silenzioso.

-Hai detto di voler delle risposte e qualcuna io l'ho avuta- finì Ella.

"Qualcuna?" si sorprese lui: era certo di essere stato il più esaustivo possibile!

-Ho tante domande, Royal- sorrise lei di fronte alla sua reazione -Quali sono le tue?-

Lui non si fermò in tempo: -Perché la lettera ti ha confusa tanto?-

Si sedette accanto a lei, in modo molto più tradizionale e composto nonostante il busto ruotato verso Sabe.

"Troppo vicino" pensò Cinder tirando più indietro le gambe e distogliendo lo sguardo, intimorita dalla reazione che avrebbe suscitato la sua risposta -Non pensavo che tu fossi uno da carta e inchiostro e poi hai scritto cose che non capivo. Quando ho iniziato a farmi un'idea, addirittura a comprendere forse, ho abbassato lo sguardo e c'era il mio dannato numero sulla tua lettera-

Roy sgranò gli occhi sorpreso: aveva seguito il consiglio di Caes per chiarire con lei. Non si aspettava certo di aumentare i suoi dubbi.

-Al matrimonio di Iris stavo evitando anch'io la folla. A dirla tutta volevo tornare in albergo il più in fretta possibile. Poi ho sollevato lo sguardo e ti ho vista appoggiata al balcone, con quello scialle da vecchia signora e l'aria persa nel vuoto. Forse me ne sarei andato ma poi ti ho vista rabbrividire- il ragazzo le sorrise -Avrei voluto offrirti la giacca ma quando ti sei girata ho capito che avresti rifiutato subito nel migliore dei casi e poi...-

-Saltiamo la parte in cui mi sono resa ridicola, ti prego- bofonchiò Ella imbarazzata.

Lui sorrise, anche con gli occhi: -Eravamo in due a giocare, se non ricordo male. È stato un piacevole, strano, imprevisto, possiamo dire-

Lei ruotò gli occhi sentendo qualcosa di molto simile ad un sorriso piegarle le labbra contro il suo stesso volere. Si decise per l'imbeccata: -E poi?-

-Poi...- gli occhi grigi di Roy mutarono in nerofumo posandosi su di lei -... poi una donna ha deciso che non le piaceva sentirsi dire di no e ha fatto tanto da riaprire il caso dell'omicidio di mio padre. Sapevo che sarei ritornato, ho anche pensato di chiamarti, davvero, una volta finito tutto-

Lo sguardo del serpente si rivelò per com'era senza la trappola dell'ipnosi: -Ma non in quel momento, Ella, io non...-

Scosse la testa: -E poi è accaduto l'impossibile: tu, proprio tu, la bambina nella cucina, la dama rinascimentale della festa... ci hai ospitati in casa tua. E sei praticamente una mamma single!-

Royal non dette segno di notare l'irrigidimento della ragazza a quella parola, troppo concentrato ad arrivare fino alla fine della linea: -Non so da quanto. Non so se da quel giorno in cucina o quando ci hai aperto la porta in pigiama alle tre del mattino, non lo so. Magari da più avanti... tu mi sei piaciuta, tu mi piaci. E continuerai a piacermi, a prescindere dalla risposta che darai quando ti farò quella domanda... non ancora-

Ella richiuse le labbra sotto i palmi di lui che ritornò al suo posto come se nulla fosse e continuò: -Ma non potevo, capisci? Dovevo, volevo essere sicuro di non farti del male prima di provare a fare qualsiasi cosa. Ma tu non lo sapevi e continuavi ad essere gentile con tutti... Dio, non sai quante volte avrei preso a pugni in faccia Mark per le sue battute-

Sollevò ancora i suoi proiettili d'argento su di lei che si sentiva sotto il mirino dall'inizio della conversazione: -Ma non eri mia. E io, te lo giuro, Ella, non sono mai stato geloso. Di nessuna ragazza che frequentassi, men che meno di semisconosciute... Che cosa mi hai fatto, eh, Cinder?-

Vide il suo sguardo tremare, la bocca schiudersi.

Proprio non riuscì a trattenersi: allungò la mano bronzea e quasi la poggiò sulla guancia della ragazza che riuscì a trovare le parole appena prima del contatto...

-E poi?-

Roy sospirò: l'avrebbe ucciso.

-E poi mi sono preso del tempo. Tempo che ho passato a pensarti, in realtà. Non ti ho dimenticata e, credimi, ci ho provato- assottigliò gli occhi che, contornati da quelle ciglia nere, brillarono -Sei intrigante con una maschera, Ella, ma quando hai fatto il tuo discorso non riusciva a toglierti gli occhi di dosso nessuno-

Lei abbassò lo sguardo, portandosi una ciocca dietro il lobo.

Lui si spinse un po' più vicino: -E poi mi hai quasi fatto rassegnare. Non pensavo avrei mai ringraziato Verdi: ero più impegnato a cercare di non disintegrarlo ogni volta che ti toccava...-

Sabe alzò un sopracciglio eloquente ed incredula.

-Sì, lo so- sorrise Royal di fronte alla sua reazione -Ma mi dava fastidio. Mi da ancora fastidio-

Lanciò fiocine argentate su di lei, cercando di trarla a sé con quei suoi diabolici occhi: -Ed eccoci qui-

La ragazza deglutì a vuoto, rendendosi conto che lui si stava abbassando ancora su di lei, lento ma inesorabile maremoto.

Come dire di no a quella scossa tellurica? Come spaccargli ancora il cuore dopo che lui l'aveva aperto così a lei, martoriato ma ancora forte e speranzoso? Con che coraggio? Con che cuore?

Gettò un'occhiata all'orologio e sbiancò: -Oh, santa, santissima pace!-

-Che succede?- volle informarsi Royal già con un'idea piuttosto precisa della risposta.

-Alice e Darrel escono da scuola tra dieci minuti- rispose Ella con uno stivale sì e uno no -E io ne impiego venticinque ad arrivare da loro-

-Guido io?- propose Roy -Non arriverai in tempo ma neanche così tanto in ritardo-

Sabe si fermò per un secondo: il più grande dei Johnson aveva già guidato la sua auto e, per una volta, poteva anche permettere ad un semisconosciuto di andare con lei a prendere i fratelli... cos'era quindi che le suonava in testa?

-Al diavolo, sì! Grazie- gli lanciò le chiavi.

-Quanto entusiasmo, Cenere- sorrise lui dando prova di riflessi notevoli.

-Ti basta questa?- fece scettica Sabe porgendogli la sua felpa.

-Sono di scorza dura, non ti preoccupare- sorrise lui infilandosela, più limitato del solito dalla camicia di Ella che tirava da tutte le parti.

Darrel lanciò una lunga occhiata allo stuntman, prima di entrare nell'auto e cercare lo sguardo di Isabella nello specchietto retrovisore.

Gli occhi coperti di blu della sorella si abbassarono sulla strada.

-Siete usciti insieme?- pensò bene di chiedere Alice con un sorriso da un orecchio all'altro.

-No- fece un mesto mezzo sorriso Roy.

-Sì- provò a giocare in anticipo Sabe fallendo clamorosamente.

-Non si dicono le bugie, Ella- la rimproverò Darrel sorridendo di fronte all'espressione diabolica della sorellina.

Lei sospirò sotto lo sguardo scrutatore di Royal.

Cenere fece in tempo giusto a poggiare i piedi sul terreno del cortile: un paio di colpi di clacson le fecero alzare lo sguardo sul taxi che parcheggiò appena fuori dal cancello.

Ely saltò giù dall'auto dirigendosi verso di loro.

Sabe allungò le chiavi ad Alice: -Vi ricordate come si disattiva l'allarme, no?-

-Io sì- Darrel tirò via la sorellina lasciando la maggiore a scongiurare una lite prossima tra fratelli.

-Che cazzo ti è saltato per la testa, Roy?!- Ely tirò un ceffone alla base della nuca del fratello che incassò senza dar segno di averlo sentito.

-Mi dispiace- il maggiore sembrava serio.

L'attore esalò girandosi a guardare il suo angelo dagli occhi blu: -Grazie, Ella, davvero-

Lei chinò la testa, silenziosa.

Il cellulare di Sabe squillò ancora e lei dette un'occhiata allo schermo sospirando.

-Noi andiamo, Ella. Fatti sentire, okay?- i topazi del ragazzo cercarono lo sguardo di zaffiro dell'amica che annuì e rispose al telefono consentendogli di trascinare via Royal.

Michele frenò di colpo vedendo la macchina di Sabe sbucare dal cancello all'improvviso.

-Che succede?- urlò abbassando il finestrino.

Ella scrisse tre lettere sul finestrino laterale appannato: SMS.

Il ragazzo annuì e la lasciò passare per poi entrare nel cortile di casa Shaw: -Dorian, vedi se trovi un caricabatterie per il mio telefono per favore-

-È solo alla riunione- fece il ragazzo scendendo dalla macchina -Ti avrà scritto che ci ha mollati alla vecchia megera e che ha lasciato qualcosa in frigo o che la cena è da preparare. Te lo trovo comunque, il caricabatterie-

-Grazie- sorrise Michael alla piccola versione maschile di Cinder.

... il fatto è che tu ti nascondi dietro ad uno pseudonimo e io dietro ad una controfigura. Mio fratello è l'unico che ha capito che la paura non serve, Cenere.

Ella sospirò, facendo per mettere via il cellulare.

Ella, lo so che non ti piace esporti ma non puoi continuare così. Non tenerlo sospeso. Nessuno di voi due lo merita.

Mise il cellulare in borsa e sollevò lo sguardo.

-Chi si propone come rappresentante, quindi?- il papà di qualcuno iniziò il momento clou della serata.

Sabe sospirò, silenziosa.

-Isabella potrebbe essere perfetta, non trovate?- Maxwell gettò la granata.

-No- sibilò lei.

-Lo faccio io- si offrì una mamma contemporaneamente.

-Ma...- iniziò l'agente.

-Arance- sussurrò Ella chinandosi verso il poliziotto.

Cenere mangiò in silenzio, quella sera, lo sguardo pensieroso, la mente che tornava alla maglietta di Roy lasciata di fronte alla stufa, i messaggi di Ely, le chiamate perse con Caes e Michael...

Chiuse gli occhi. Solo per un istante.

Il tempo di realizzare che quel giorno lei e Royal non si erano dati neanche la metà delle risposte che bramavano.

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