15. Per favore
Lei lo guardò senza comprendere: -Cosa?-
Vide Royal prendere un respiro per poi accovacciarsi davanti a lei e allungare le mani verso le sue.
Lei scivolò ancora più indietro sul divano, soffiando: -Non azzardarti, Johnson: c'è un limite a tutto-
-Per favore- lo sguardo troppo chiaro del ragazzo cercò di catturarla.
C'era qualcosa in quegli occhi che la supplicava di credergli. Qualcosa che stava tentando di farle dimenticare tutte le congetture elaborate dal suo cervello sul comportamento del ragazzo e sul caso.
-No- scandì chiara.
Roy abbassò le palpebre, sconfitto: -Fallo tu, allora-
-Perché dovrei?- rise lei continuando a non capire.
L'uomo aprì lentamente le palpebre rivelando uno sguardo da fiera ferita: -Voglio essere sicuro di non averti fatto del male, ieri. Ti prego-
"O di non aver lasciato prove" non poté far a meno di pensare lei, terribilmente lucida. Strinse i denti girandosi a guardare altrove per non lasciargli vedere il dolore che le causava anche solo l'idea di quella stretta.
-È da quando sei in questa casa che non fai altro, Royal- sussurrò, troppo stanca per cercare di fingere.
Lui sentì qualcosa, al centro del petto, accartocciarsi sotto la stessa stretta che doveva aver percepito lei ai polsi, la sera prima.
Ella riportò lo sguardo su di lui; era asciutto.
Sollevò una manica del suo maglione di lana bianca.
-Dio!- sussurrò lui vedendo le ombre marroncine dei lividi sulla pelle color panna.
Sabe si chinò su di lui: -Non sono i lividi a preoccuparmi, Royal: riesco a diventare viola anche solo pensando di cadere sul pavimento. Non è quello il problema-
Royal alzò gli occhi lucidi sui suoi che, per una volta, lo guardavano dall'alto: -È qual è, allora, Ella? Ti ho lasciato le mie dita sulla pelle, cazzo!-
Lo sguardo di lei tremò per un secondo: -Dimmi che non ti ha dato piacere, Royal. Dimmi che non fai così con altre donne, che non le forzi in nessun modo. Dimmi che non strappi loro segreti che dovrebbero poter scegliere a chi donare. Dimmi che non ti fa star bene, fare del male a qualcun altro-
Continuava a guardarlo, con quegli occhi di caos in mezzo alle occhiaie. Il suo sussurro partoriva argomenti già sentiti, le sue labbra rotte dal freddo britannico lo imploravano per una risposta che negasse tutto quello. Si stava sforzando di non accusarlo.
Qualcosa si ruppe in quell'uomo, si sciolse, si strappò, lacerandogli il cuore: come poteva esistere una persona del genere nel suo mondo di graffi e lividi? Un mondo che solo Ely e i suoi genitori avevano curato per il momento.
Ma il colpo di grazia arrivò alla fine di quella preghiera sussurrata, arrivò quando Cinder mormorò: -Dimmi che mi sto sbagliando a pensarlo, Royal. Dimmi che, da qualche parte, dentro di te, c'è ancora il ragazzino che mi ha vista con le lenti blu nella cucina dei suoi. Per favore-
Per favore.
"Per favore" quando gli chiedeva di lasciarle i polsi.
"Per favore" quando gli ordinava di spostarsi e lasciarla andare.
"Per favore" in quel momento, cuore in mano e sguardo nel suo.
Royal spalancò gli occhi nel sentire le dita leggere di Ella sfiorargli la guancia, accarezzargli le lacrime.
-Per favore, Roy- mormorò lei ritirando la mano un po' troppo velocemente -Dammi una risposta-
Non avrebbe dovuto farlo, si rimproverò lei. Avrebbe dovuto dire tutto a Caesar e buttarlo fuori casa; Michael aveva ragione: cercava il buono anche dove non c'era e questo avrebbe finito per rovinarla.
Royal sentì subito la mancanza di quel tocco gentile, troppo gentile.
Talmente tanto da risultare assurdo, se collegato al modo in cui gli strappava le viscere.
-Solo con te- sussurrò colpevole lui provando a imitare il gesto della ragazza sulle crepe liquide tracciate dalle gocce salate di quel viso innocente.
Dio, sembrava una bambina con quei codini!
Cenere afferrò l'arto di Royal a mezz'aria, gli occhi scintillanti, la voce ferma: -Perché?-
Lui comprese il riferimento alla sera prima e lasciò che Cinder lo allontanasse: -Perché stavo cercando di fare il possibile per farti stare lontano da me. Deve aver funzionato dal momento che hai paura-
-Paura?- lei rise, amara come la bile che le stava salendo in gola -Io non ho paura, Roy. Io sono terrorizzata da te. Non so cosa fare con te-
-Neanch'io con te- sussurrò lui.
-Ella?- una voce bianca s'inserí in mezzo ai bisbigli di quelle adulte.
Entrambi si voltarono verso la porta spalancata della cucina.
-Arrivo, tesoro- Sabe s'alzò benedicendo Alice in italoinglese, tanto era frastornata.
Royal sospirò, vedendo la figura della ragazza allontanarsi da lui: era una visione alla quale si sarebbe dovuto abituare e lo sapeva.
Recuperò il cellulare e lo portò all'orecchio: -Mi scusi se la disturbo; non ho la minima idea del fuso orario. Volevo solo dirle che credo di essere nei guai, guai piuttosto seri... no, con una ragazza... sì, il prima possibile. Io ritorno tra pochi giorni-
≠
Roy la fissò ridere insieme ai suoi fratelli, il giorno dopo, senza capacitarsi d'essere così perso dietro lei.
Quando gli era strisciata sotto la pelle così?
Ogni singolo sguardo, suono o movimento lo incatenava a lei.
Anche se i suoi occhi non erano rivolti a lui.
Anche se gli sbuffi, le risate, le parole erano per tutti gli altri.
Anche se i gesti delle sue mani rovinate erano talmente poco ragionati da poter essere destinati a chiunque.
Che diamine gli aveva fatto? Come aveva fatto?
Sospirò passandosi una mano sulla faccia prima di sobbalzare al consueto buongiorno di Caesar.
Michele gettò un'occhiata a Cinder. Breve, brevissima.
Poi incastrò quegli occhi, verdi colline d'Irlanda, nei suoi, la mandibola talmente contratta da sembrare cementificata al resto del viso.
Royal distolse lo sguardo.
-Abbiamo grandi novità- annunciò Caesar con un rullio delle mani sul tavolo.
Ella si voltò a posare il suo bicchiere nel lavandino con la sensazione di sapere cosa stava per succedere.
-Ci sposiamo!- comunicò appunto Michele.
La cucina esplose di felicità e Sabe si stampò un sorriso di circostanza in faccia: lei non aveva il diritto di giudicare.
Si voltò con gli angoli della bocca sollevati, lo sguardo coperto dalle lenti blu e le paure sotterrate dalle espressioni felici di Michael e Caesar: se loro stavano bene, allora lei sarebbe stata bene nella loro orbita.
≠
-Cinder?- la voce di Verdi si fece strada tra le altre, al tavolo.
Lei alzò lo sguardo dal suo piatto: -Sì?-
-Ho bisogno di una mano- codificò Michele, decidendo di rinunciare alla più comune frase portatrice di guai e sangue da pulire sulle piastrelle "dobbiamo parlare''.
Lei annuì, alzandosi dal tavolo per seguirlo giù per le scale e finire in giardino.
-L'ho visto quello sguardo, Cinder- fece lui accarezzandole una guancia.
Lei inarcò un sopracciglio: -Quale?-
Ne erano volati talmente tanti nel corso della mattinata: da lei a Michele a Caesar a Royal, ancora Michael e lei.
-Cenere- la riscosse dai suoi pensieri lui -Guardami-
Lei obbedì, lo sguardo spalancato che al resto del mondo sarebbe sempre sembrato indecifrabile e innocente.
-Cinder, non lo fare- l'ammonì Michele sentendo apprensione e impazienza montare.
-Non fare cosa?- sopracciglio inarcato
-Non giudicare- sbottò, seppur con pacatezza lui.
-Non ti ho detto nulla!- fece lei, punta sul vivo.
-Ma l'hai pensato!- sbottò lui.
Sabe abbassò le palpebre per un momento: -L'abbiamo già fatto due anni fa, questo discorso, Verdi-
-E mi avevi promesso che non l'avresti fatto!- si scaldo il ragazzo.
-No, Michael: io ti ho promesso che non ti avrei mai messo i bastoni tra le ruote perché meriti di essere felice, non ti ho mai detto che avrei abolito ogni singolo pensiero dalla mia testa. Non posso evitarlo, Michael. Non puoi chiedermi una cosa del genere, non puoi chiederla a nessuno!- Cenere prese fiato -Io non ho il diritto di farti cambiare idea sulle tue scelte ma tu hai il dovere di non proibirmi di avere una mia idea. Okay?-
Il ragazzo deglutì: -È un modo per dirmi che non approvi?-
Ella gli accarezzò la guancia: -Mi sembra solo presto ma è la tua vita, Michael, la mia opinione non deve contare più di tanto. Dopotutto i nove anni di differenza non vi hanno messo poi tanto nei guai come credevo inizialmente, no, Verdi?-
E non poté fare a meno di ricambiare quando il ragazzo le sorrise.
Era la scelta giusta. Se lo faceva sorridere così, doveva per forza esserla.
≠
-Posso darti una mano?- Caesar si palesò nella cucina di casa Shaw.
Cenere alzò gli occhi dalle padelle: -Sì. Certo-
Lo lasciò ai fornelli per spostarsi sul tagliere: -Posso farti una domanda?-
-Sul matrimonio?- Caes accese la ventola sopra di sé.
Ella sorrise: -In realtà no-
-Sui Johnson?- andò per esclusione l'avvocato.
Sabe annuì: -Sei molto legato a loro, vero?-
Caes prese un mestolo di brodo da aggiungere al riso: -So che possono sembrare... Sì, beh, il punto è che non li conosci come li conosco io, Cinder-
Lei continuò ad affettare i funghi per il condimento del piatto prestando attenzione alle sue parole.
L'avvocato girò il risotto nella padella: -Quasi sei anni fa, c'era questo gruppetto di ragazzini mezzi ubriachi, al pub. Uno di loro era messo peggio di altri e cercava di riprendersi il cellulare da quella banda di piccoli idioti. Quel ragazzo era Ely-
Cinder smise di affettare funghi: "E se...?"
-Che facesti?- si sforzò di domandare.
-Recuperai il cellulare finito in un vaso e chiesi al ragazzo il numero dei suoi genitori per farlo venire a prendere. Mi disse che non c'erano ma mi diede comunque un numero. Mezz'ora dopo, Royal si presentò di fronte a me con il casco della moto sottobraccio e l'aria di uno che non vedeva un letto da due giorni. Mi offrii di portare Ely a casa in macchina mentre Royal mi faceva strada a passo d'uomo col motorino. Ci fermammo un'infinità di volte- Caesar sbuffò al ricordo poi si volse verso Ella -Quando arrivammo a casa dei ragazzi, cercai di capirne qualcosa, restituii il cellulare a Ely e lui controllò i messaggi e dopo poco scoppiò a piangere. Mi fece piuttosto effetto-
Sabe cercò di mettere a tacere quella vocina speranzosa dentro di lei.
-Gli chiesi perché e lui mi mostrò lo schermo: c'era una richiesta piuttosto esplicita a una ragazza a cui sembrava tenere veramente tanto- lo sguardo di Caes ritornò su di lei -I genitori di Ely invasero il salotto e ci conoscemmo così-
Ella sorrise portandosi sulla pentola con il tagliere: -E continuasti a frequentarli-
-Sì. Scoprii che quella famiglia era felice solo all'apparenza, così, quando diventai avvocato, decisi di preoccuparmi anche dei loro casi. Iris li consigliava già da quando avevo incontrato i due ragazzini- l'uomo dette un'occhiata alla ragazza.
Lo sguardo di Cenere vibrò per qualche istante.
Caesar ormai non ci faceva più caso: Ella metteva e toglieva le lenti in continuazione in un susseguirsi di apatia d'un blu sensazionale ed emozionanti colori banali.
Non aveva ancora capito il perché ma Michael gli aveva assicurato che tutto quel che Ella faceva aveva una sua logica. Logica che però non voleva condividere.
Cinder spense i fornelli: -Caes, te lo chiederò una sola volta e ti prego di rispondermi perché non so più cosa pensare. Io non voglio sapere i dettagli del processo ma tu, ora, devi guardarmi negli occhi e giurarmi che non farebbe mai nulla di male a me o ai ragazzi. Ti prego-
L'avvocato a aggrottò la fronte: -Perché mi fai questa domanda, Cinder?-
-Tu rispondi- insistette lei con gli occhi nei suoi -Rispondi soltanto-
-Non hai idea di quello che ha passato, Ella. Nessuno ce l'ha. Non potrebbe mai far del male. A nessuno- Caesar fu mortalmente serio.
Il cervello di Sabe raccolse le informazioni e le inserì insieme al resto con un sospiro che disegnò una curva convessa sulle sue labbra morsicate: -Allora sono sicura che troveremo il modo di convivere-
Il sorriso di Cenere raggiunse anche gli occhi ma l'indole avvocatesca dell'uomo non si fece distrarre: -Non hai risposto, Ella. Cos'è successo?-
-È lo stato solo molto insistente, tutto qui. Mi ha spaventata ma se mi dici che è una buona persona, ti credo, Caesar- riaccese la fiamma sotto la padella iniziando a girare il risotto ai funghi.
-Cenere?- Caes le tolse il mestolo di mano -In che modo ti ha spaventata, esattamente?-
Lei deglutì.
≠
-Mi dici che cazzo ti passa per la testa, Royal?- il ringhio di Caes gli arrivò dritto al cervello.
Poche persone in vita sua, lo avevano preso per il colletto (soprattutto da quando era cresciuto oltre il metro e ottanta) ma Caesar, incurante d'esser più basso di lui, non si fece problemi a strattonarlo: -Perché stai facendo di tutto per farti odiare da lei, Roy? Vedo il modo in cui la guardi, cazzo!-
Il ragazzo si liberò delle sue mani: -Io voglio sapere, Caesar!-
Lui non aveva idea, non aveva proprio idea, di tutto quel che voleva sapere da lei.
-Chiederlo da persona civile, no, eh?- sbottò l'altro scuotendo la testa mentre lo lasciava andare.
-Non posso. E tu sai il perché. Quella... Dio, quella ragazza è ovunque e io non so cosa diamine fare! Tu proprio non vuoi comprendere ma io devo tenerla lontana da me! È meglio così- sussurrò rassegnato Royal con immagini di terrore davanti agli occhi.
-Perché?- quasi urlò esasperato Caes -Perché condannarti così?-
-Perché io ho il terrore che un giorno potrei diventare come lui, perché il mio schifo lei non lo merita, Caesar! Perché è più facile sapere che lei mi odia che vederla come ho visto mia madre!- sputò finalmente il ragazzo
-Cenere non è tua madre, Royal- Caesar lo fissò negli occhi, petrolio e argento a scontrarsi -Fidati, non è lei-
-Le ho lasciato dei lividi sui polsi, Caes!- quasi si strozzò lui con le parole.
-Perché credi che sia qui a farti la lavata di capo, Roy? Li ho visti quei lividi! Lei ha iniziato a fare domande- l'avvocato si trattenne dal tirare un ceffone allo stuntman.
-Avrebbe dovuto farle subito. Ma chi diamine si porta gente in casa senza neanche sapere chi è?!- il ragazzo, esasperato, si sedette sul gradino.
-Si fida di me, Roy- si sforzò di calmarsi l'avvocato -E io mi fido di te-
-Non so se fai bene- si prese la testa tra le mani lui.
-Hai chiamato Grayson?- domandò l'altro sedendoglisi accanto, un po' più calmo.
Royal annuì, in silenzio: -E dire che mi ero illuso di averla superata-
Caes sospirò: -Certe cose non passano mai del tutto, Roy. Ma non arrenderti: forse non è interessata a te in quel senso ma in qualche modo la è-
-E come fai a saperlo?- rise amaro lui.
-Perché si è fatta trovare. È molto brava a nascondersi, sai?- sorrise Caes.
-Questa è casa sua, non è che può nascondersi così bene- gli fece notare il ragazzo dagli occhi argentei.
Caesar rise come se sapesse qualcosa che a lui sfuggiva: -Tu cambia solo maniere. Sii te stesso, Royal, non cercare di fare il coglione solo per impaurirla, d'accordo?-
-Ragazzi? Michael sta preparando la cena. Io stasera devo uscire: mi vedo con un paio di vecchie conoscenze- fece Ella, chiavi in mano e tacco dieci ai piedi.
-Vestita così? Dove vai?- la squadrò Caes -Non fraintendermi: sei uno schianto ma non mi sembra mise da pub-
-Alloggiano al Crimson e offrono loro- sorrise Sabe abbassando appena il capo -Gaetano mi ha detto che me lo deve, dopo tutti i panini che mi ha scroccato al liceo-
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