1.5

Uscire durante la notte non era stata una buona idea, ma Shu Lien non aveva avuto tempo di pensare in modo lucido. La giovane aveva semplicemente seguito il suo istinto, decidendo di sfruttare l'assenza dei genitori, allontanatisi in vista della loro consueta passeggiata serale, per correre in direzione della piazza di Xuliang. Il luogo in cui si ergeva la Pagoda degli Auspici, il punto più sacro di tutta Qiong. In quel luogo, su dei gusci oracolari, venivano lette profezie che, si diceva, provenissero niente meno che dai Cieli.

Tuttavia, Shu Lien non stava andando lì per ricercare uno dei preziosi gusci di tartaruga, bensì per vedere Sheng.

Il suo amato era un orfano e aveva vissuto nella Pagoda degli Auspici fin dall'infanzia, insieme a suo fratello, di qualche anno più piccolo. Sheng se l'era sempre cavata da solo, aveva sacrificato se stesso per raggiungere un posto di lavoro di tutto rispetto fra le mura della famiglia Lu, e Shu Lien sapeva quanto meritasse una vita onorevole accanto a lei. Avrebbe potuto dargli ricchezze e farlo vivere nell'agio, ma suo padre aveva rovinato tutto.

Shu Lien raggiunse lo steccato che cingeva i giardini della grande pagoda con una mantella sollevata sul capo, che l'avrebbe nascosta da sguardi indiscreti, poi si addentrò nel cortile e alzò il viso in direzione dell'immensa struttura che si ergeva su otto piani. I tetti di tegole d'oro erano percorsi da dragoni argentei e le pareti rosse dipinte con figure eleganti. I suoni dei mantra ripetuti dai monaci si ergevano dall'interno, confondendosi al rimbombo delle campane di bronzo che attorniavano il cortile rigoglioso.

Shu Lien non era entrata molte volte in quel luogo, perciò si torturò il labbro inferiore prima di avviarsi in direzione delle scalinate di marmo che le permisero di accedere all'interno della Pagoda. Per sua grazia, Sheng era ancora a meditare, come faceva sempre dopo il lavoro, per questo non ebbe bisogno di cercarlo. Lui sedeva a gambe incrociate nell'ampia sala d'entrata, di pianta circolare, sul cui pavimento era stato dipinto un gigantesco fiore di loto e alle cui pareti risplendevano un centinaio di candele brucianti.

«Sheng» lo chiamò Shu Lien, abbassandosi la cappa del mantello. Il giovane sussultò prima di voltarsi. Aveva degli occhi terrorizzati, quasi non si aspettasse di poterla mai vedere in quel luogo. «Sono io. Devo parlarti...»

«Non dovresti essere qui» la interruppe Sheng, mettendosi in piedi e sistemandosi la cinta purpurea che gli cingeva i fianchi stretti. Nella sua voce vi era talmente tanta severità che Shu Lien temette di restarne soffocata. «Ti hanno vista, mentre camminavi verso la Pagoda degli Auspici? Se tuo padre sapesse che hai lasciato la sua dimora in piena notte...»

Shu Lien sospirò affranta. Certo non si era aspettata un'accoglienza così fredda, ma doveva essere determinata e continuare nel suo piano originale. «Mio padre ha intenzione di separarci, Sheng. Sono venuta qui per annunciarti...» le parole le mancarono in gola, e solo dopo qualche istante di calma riuscì a replicare: «Che mio padre ha intenzione di farmi sposare Yong, il primo principe di Kaewang.»

Finalmente, Sheng parve avere una reazione. Il suo volto diventò pallido e le sue dita si strinsero in un pugno stretto, che fece scrocchiare qualche nocca. Poi, la sua voce fuoriuscì in un sussurro. Un sussurro appena percepibile. «No... Tu non sposerai nessun principe.»

Shu Lien annuì e avanzò in direzione del suo uomo, per posare una mano sopra la sua casacca e stringerne il tessuto. Era pronta ad aggrapparsi a ogni possibilità, pur di essere felice. «Ascoltami bene: dobbiamo scappare. Dobbiamo andarcene via stanotte, lontano, dove mio padre non ci troverà.»

Sheng rimase in silenzio in un primo istante, mentre il suono cupo di un gong faceva vibrare le candele. Poi, avvolse le dita intorno alle sue spalle e scosse il capo, agitando i lunghi capelli castani. «No, non possiamo scappare. Pensi che Yan Kai ci lascerà fuggire? E poi, come vivremmo? Come dei mendicanti? No, non posso tornare a fare quella vita e non è ciò che desidero offrirti.»

Deglutire quel boccone amaro fu difficile per Shu Lien, che lasciò ciondolare le mani lungo i fianchi sentendo il tintinnare dei suoi bracciali. «Potrei portare con me i miei gioielli e venderli. Forse potremmo racimolare abbastanza denaro da comprarci una casa. Staremo bene per un po'.»

«Non è così semplice come credi» la interruppe Sheng, il quale pareva aver sviluppato una predilezione per infrangere ogni sua idea. «Anche se partissimo stanotte, tuo padre sguinzaglierebbe ogni uomo del suo esercito per trovarci. Anzi, per trovarti. Io ho lavorato fra le sue schiere, ho visto come sono i suoi soldati: severi, violenti...» il giovane sospirò appena, liberando un sospiro amaro. «E poi, io non posso lasciare solo Lu Han.»

Shu Lien incrociò le braccia sotto i seni, sentendosi infreddolita all'interno dell'abito nero, ricamato con fiori bianchi sulle gonne, che aveva indossato per confondersi alla notte e non dare nell'occhio. «E se lo portassimo con noi? Tuo fratello ci sarebbe utile, è un ottimo artista marziale» asserì, sperando, almeno quella volta, di trovare una risposta affermativa.

A parlare ci pensò Lu Han, che emerse da una tenda di organza con passo sinuoso. Shu Lien lo aveva sempre trovato simile a un serpente, capace di soffocare chiunque in poche e semplici mosse.

«Così ci ammazzerai tutti, gu niang» la appellò, senza alcuna gentilezza, il giovane. A differenza di Sheng, Lu Han possedeva dei lineamenti delicati. Aveva un viso ovale con delle labbra piccole e gli occhi grandi, i capelli bruni che scivolavano dolcemente sulla schiena, racchiusi in parte sulla testa. «Tu sei solo un gatto che si crede più furbo della tigre.»

Shu Lien si torturò le dita in preda al nervosismo. Sì, era proprio un gatto e suo padre era sempre stato la tigre. Yan Kai era abituato ai colpi bassi, tanto da sapere come fronteggiarli. Aveva vissuto tutta la vita sui campi di battaglia, aveva fatto carriera come stratega, sarebbe riuscito ad anticipare ogni sua mossa. Non c'era modo di batterlo in astuzia.

Dunque era davvero tutto perduto?

«Sheng...» provò di nuovo la ragazza, cercando lo sguardo dell'uomo di cui era innamorata. «Qui c'è in gioco anche la mia libertà e io non me ne starò buona a lasciare che mio padre decide della mia vita. Farò qualcosa, con o senza di te.»

Sheng rimase in silenzio per un istante, e Lu Han ne approfittò per sedersi sugli scalini marmorei che dividevano il piano terra da quello superiore, dove i monaci stavano meditando. «Da ge, non possiamo rischiare la vita per i capricci della tua nuova fiamma. E tu non puoi nemmeno mordere la mano che ti ha nutrito per cinque anni. Come pensi che reagirà il generale Lu quando scoprirà che una dei suoi soldati più fidati ha una relazione illecita con la sua primogenita? Perché di questo stiamo parlando» sbottò Lu Han, guardandola di sbieco. «Shu Lien, il fiore di loto di Xuliang...»

Sheng sollevò un braccio, come a dirgli di tacere, e Shu Lien intravide una speranza. Un singolo sprazzo di luce, nascosto dietro coltri di nubi. «Io farò ciò che è giusto, Lu Han. Non morderò la mano che ci ha nutrito, ma nemmeno resterò in silenzio mentre la donna che amo viene venduta al migliore offerente» asserì, per poi rivolgersi a Shu Lien. «Domani mi presenterò a tuo padre e gli chiederò ufficialmente la tua mano. Magari, se vedrà che ho intenzione di mostrargli sincerità, si convincerà a darci la sua benedizione.»

Shu Lien incurvò le labbra in un sorriso mesto, sentendosi quasi più sicura. Decise quindi di avvicinarsi e allacciare le braccia dietro il collo di Sheng. «Grazie» gli sussurrò vicino all'orecchio, pur restando straziata dal non sentirlo ricambiare il suo abbraccio. Era come se il soldato stesse temendo di aver fatto il passo più lungo della gamba. «Sheng'er»

Lui la allontanò, pur rivolgendole un sorriso di comprensione. «Ora vai, d'accordo? Ci vedremo domani pomeriggio alla tua mansione» le promise, accarezzandole la guancia.

Shu Lien si fece bastare quel gesto amorevole, prima di chinare elegantemente il viso e voltare le spalle ai due fratelli. Lu Han dovette lamentarsi, poiché Shu Lien avvertì il suono saccente della sua voce nelle orecchie, ma poco le importava.

Aveva ottenuto ciò che voleva: una speranza.

**

Shu Lien aveva masticato insicurezza per tutto il giorno, e solo dopo pranzo aveva ritrovato un po' di lucidità. Come di consueto, erano tutti riuniti in sala da giorno. Dalang studiava sui suoi libri di filosofia, lei e la madre ricamavano sedute sui divani e il padre riposava in una posa composta, con la guancia appoggiata alle nocche e gli occhi chiusi.

Shu Lien sobbalzò quando udì bussare alla porta, e si alzò in piedi con uno scatto fuggendo in corridoio e fermando una serva dall'aprire la porta. Ci pensò lei, calpestando l'orlo del nuovo hanfu dorato, prima di aprire le porte scorrevoli e trovarsi davanti il volto nervoso di Sheng.

«Lien'er» la chiamò lui, in maniera confidenziale, seppure il suo tono fosse ridotto a un sussurro.

Shu Lien strinse il suo braccio destro fra lemani e lo costrinse a entrare nel corridoio, prima di rassettare la sua casacca. Doveva essere nuova, poiché non gliel'aveva mai vista indosso, di seta finissima. «Finalmente sei qui. Vieni con me in sala da pranzo, mio padre sta riposando.»

Sheng deglutì sonoramente, cominciando ad avanzare in direzione del luogo designato. Tutto in lui gridava paura, terrore quasi. Sheng stava sudando e aveva le nocche sbiancate a causa della stretta ferrea dei pugni. «E dimmi... tuo padre è calmo?»

Shu Lien annuì, sebbene quello fosse un quesito difficile a cui dare risposta. Yan Kai era sempre calmo, come un lago placido in estate, ma quando si sentiva tradito o adirato, non c'era tifone capace di fermarlo. «Lo è, ma tu devi essere sicuro, non vacillare mai davanti al suo sguardo. D'accordo?» provò a essere ottimista la ragazza, incrociando gli occhi scuri di Sheng. Lui annuì, posando la fronte sulla sua in un gesto affettuoso. Shu Lien gli sorrise, accarezzandogli una guancia. «Ti annuncio» gli sussurrò, prima di entrare velocemente nella stanza più luminosa della grande mansione Lu. «Fuqin, muqin. C'è una persona che vuole vedervi.»

Detto ciò, Sheng fece il suo ingresso nella sala da giorno, con un'espressione tesa sul viso roseo. Quando Dalang lo vide, chiuse il suo libro con uno scatto sdegnato, Tae-ri smise di ricamare e adagiò il tamburello da cucito al suo fianco, mentre Yan Kai socchiuse le palpebre e, dopo averle sbattute varie volte, aggrottò le sopracciglia. «Che cosa ci fa Sheng qui? Dovrebbe essere in servizio.»

Sheng prese coraggio e posò le ginocchia a terra, mantenendo i pugni stretti e un'espressione integerrima sul viso cupo. Sembrava quasi stesse andando al patibolo. «Dàren, mi trovo davanti ai vostri occhi perché devo farvi una richiesta.»

Shu Lien avvertì lo sguardo del padre su di sé, e poté paragonarlo con quello di un predatore: una tigre. Decisamente una tigre che aveva già puntato la sua preda, ed era pronto a balzarle addosso. In ogni caso, fece finta di nulla, mentre il magistrato di Qiong faceva cenno a Sheng di continuare. «Chiedimi ciò che vuoi, ragazzo.»

Sheng si prostrò al suolo, ora non aveva nemmeno il coraggio di guardarlo negli occhi. Shu Lien si voltò in direzione del fratello, e vide Dalang lanciarle uno sguardo ammonitore, che la giovane ignorò. Non aveva mai compreso l'odio del fratello nei confronti di Sheng, e nemmeno le importava. Era troppo tardi per tornare indietro. «Sono qui per chiedervi la mano di vostra figlia, dàren

Per un attimo, il silenzio regnò indisturbato nella sala da pranzo. Shu Lien pregò affinché quella quiete portasse buon frutto, invece, il padre si lasciò andare in una risata amara e non si scomodò neanche dall'alzarsi. La sua risposta fu come un fulmine a ciel sereno. «Non ho tempo da perdere, guardia.»

Sheng drizzò la schiena e cercò lo sguardo dell'uomo, stavolta toccato da quel netto rifiuto. Yan Kai non lo aveva nemmeno preso in considerazione e Shu Lien poteva esattamente immaginare come si sentisse: mortificato. «Dàren, se mi darete in sposa vostra figlia non ve ne farò pentire. La tratterò come si conviene a una donna del suo rango.»

Il magistrato fece per rispondere, ma Tae-ri posò una mano affusolata sul suo braccio, per placare una rabbia che, se fosse esplosa, avrebbe frantumato tutti. «Yan Kai, non vedi quanto è determinata nostra figlia? E quanto la ama questo giovane? Forse dovresti prendere in considerazione l'idea di lasciarli sposare, sai che Lien'er sarebbe in grado di darti del filo da torcere.»

Shu Lien intrecciò le dita in grembo, sentendo gli occhi inumidirsi nell'osservare il padre allontanare il tocco della moglie per alzarsi in piedi e puntare lo sguardo in quello di Sheng. «Shu Lien sarà la prossima regina di Kaewang, questo è quanto ho deciso e quanto avverrà. Tu, invece, Sheng, farai meglio a sparire dalla mia vista per sempre prima che decida di declassarti ai più infimi ranghi dell'esercito.»

Di fronte quella chiara provocazione, Shu Lien si fece avanti e guardo il padre in segno di sfida. Non avrebbe abbassato la testa, non stavolta. «Osate anche portarmi a Kaewang, e io vi prometto che arrecherò solo disonore a questa famiglia. Non sarò mai la regina perfetta a cui voi ambite.»

«Lo sarai, invece» sibilò Yan Kai, voltandosi verso la veranda, dove due uomini in servizio sostavano, in attesa di ordini. «Portate Sheng nelle prigioni della città, che ci rimanga fino a nuovo ordine.»

Tae-ri si portò una mano alla bocca, ma non osò proferire parole. Sheng, invece, si alzò in piedi e cercò di allontanare i due uomini, che però sfoderarono le loro sciabole, puntandogliele al collo, impedendogli di difendersi. «Dàren, lasciatemi andare!»

Shu Lien era incredula. Non riusciva a immaginare che suo padre potesse abbassarsi a tanto pur di raggiungere le sue ambizioni. Era disposto a sacrificare Sheng e lei. E per cosa? Per rafforzare il legame di alleanza che intercorreva fra Kaewang e Qiong? Non era altro che mero interesse politico.

«Fuqin!» singhiozzò Shu Lien, cercando di intromettersi fra Sheng e i due tirapiedi, ma venne solo spintonata al suolo. Suo padre non batté ciglio e nessuno, né sua madre né suo fratello, alzarono un dito per aiutarla. «Fuqin, lasciate andare Sheng!»

Yan Kai sedette nuovamente sul divanetto imbottito e si voltò a guardare la finestra, come faceva sempre quando voleva tranciare di netto ogni sua parola. Non l'aveva mai ascoltata, non l'aveva mai presa seriamente. Lei era la sua primogenita, eppure... Shu Lien si era sempre sentita di valere meno di una serva, davanti al padre.

E questo doveva cambiare. Tutto doveva cambiare.

Al limite della pazienza. Shu Lien estrasse uno spillone dalla propria acconciatura e se la puntò alla gola, con le lacrime agli occhi, mentre Sheng veniva trascinato nel corridoio, lontano da lei. «Se non lo lascerete andare, morirò suicida davanti ai vostri occhi!»

Quelle parole provocarono una reazione, ma in Dalang e in Tae-ri, non in suo padre. Suo fratello si alzo di scatto, mentre sua madre spalancò gli occhi, urlando terrificata: «No, Shu Lien, metti giù quello spillone!»

La ragazza non osò adagiare lo strumento al suolo, anzi, lo pressò contro la pelle, così da aprire un piccolo taglio sul collo, da cui cominciarono a scorrere lunghe stille di sangue. «Se fuqin non libererà Sheng... Entro stanotte avrà una figlia da seppellire.»

Di fronte quelle parole, Yan Kai sembrò ritrovare la lucidità. Si voltò a guardarla, con aria schernitrice. Nei suoi occhi non vi era neanche un briciolo di compassione, solo la determinazione di chi avrebbe presto raggiunto il suo obiettivo. «Dovresti crescere, invece di scalpitare ogni volta che qualcosa non va come avevi desiderato. Prova a guardare al di là e, forse, capirai il mio punto di vista. Un giorno mi ringrazierai.»

Due lacrime solcarono le guance di Shu Lien, che sentì le spalle tremare e serrò le labbra, ferita dalle parole severe che suo padre aveva pronunciato. A volte lo odiava, avrebbe preferito nascere nella famiglia di un contadino, anziché condividere un legame di sangue con l'uomo che la stava privando della felicità.

«Pensate che io sia cieca, fuqin? Che le mie siano le semplici parole di una bambina? Beh, vi sbagliate» detto ciò, Shu Lien fece per ficcarsi la punta dello spillone in gola. Sarebbe morta, invece che vivere una vita lontana da Sheng, in un palazzo, al fianco di un uomo che avrebbe odiato.

Sì, morire era una scelta decisamente migliore a un futuro del genere, ma invece che riuscire ad affondare del tutto lo spillone sotto la carne, Shu Lien vide Dalang afferrare uno dei pennelli da calligrafia per scagliarglielo proprio sulle mani. La ragazza gemette di dolore e lasciò cadere lo spillone al suolo, incapace di difendersi.

La giovane fece per avventarsi di nuovo su di esso, ma le braccia materne la afferrarono, il profumo floreale di Tae-ri le riempì le narici, prima che quest'ultima la colpisse a dei nervi precisi dietro la nuca due dita. In un attimo fu il buio davanti a lei. Shu Lien cadde all'indietro e sbatté la testa al suolo, udendo come ultimo suono, solo le urla di Sheng, il quale, di peso, stava venendo caricato su un palanchino.

**

Gu niang: ragazza

Da ge: fratello maggiore

Dàren: Signore

Muqin: madre

Fuqin: Padre

Ebbene, partiamo già di buona lena con le gioie <3. Povera Lien comunque, il destino non le sta sorridendo, ma lei non ha nessun potere su di esso. Suo padre la tiene in pugno e per quanto Yan Kai vi possa sembrare cinico vi assicuro che se la vedete dal suo punto di vista... la questione ha pure senso XD. Lui vuole il bene sia per la figlia che per la Contea di Qiong. Sheng è solo un soldato, non potrebbe mai dare a Lien un tenore di vita adatto al suo rango e non apporterebbe nessun beneficio alla Contea T.T

Eppure, si dice che l'amore sia più forte di qualsiasi altra cosa!

Ma sarà davvero così?
Lien riuscirà ad averla vinta?
E perché Dalang sembra disprezzare così tanto Sheng?

Eh beh, lo scopriremo, ma non questa settimana. Vi aspetto venerdì, con il terzo principe, Mi-sun e un nuovo personaggio <3. L'ultimo, e poi possiamo dire di averli introdotti tutti quanti <3

Ah, piccola nota.
Ricordatevi Lu Han, per il futuro. :')

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