1.22

Suo padre, il re, aveva disposto che Yong non avrebbe potuto, in alcun modo, far visita a Shu Lien. Le guardie non gli avevano nemmeno lasciato varcare le porte della prigione, e lui era dovuto ritornare da Mi-sun con la coda fra le gambe, dannandosi per la propria condizione.

La donna che aveva cominciato ad amare era chiusa al freddo di una prigione, per un torto che non aveva di certo commesso, mentre la donna con cui era cresciuto nelle stagioni estive aveva appena perso il suo erede. Entrambe stavano soffrendo e Yong aveva le mani legate.

Il principe camminava avanti e indietro nel cortile del palazzo di Mi-sun, con le braccia serrate dietro la schiena. La leggera brezza del vento non fu clemente e gli occhi si inumidirono di fastidio.

Perché era capitata proprio a lui una simile disgrazia? Dopo tutti gli sforzi che stava facendo per rasentare la perfezione? Per quale motivo?

Yong non riuscì a trovare risposta ai propri quesiti che notò Areum soffermarsi di fronte le porte del palazzo. La sua gemella aveva le dita congiunte sul grembo e le labbra serrate. La volpe, Hwa, da cui non si separava mai, sembrava nervosa quanto lei dal modo in cui le gironzolava attorno.

«Yong» lo chiamò Areum, andandogli incontro in un fruscio di gonne d'onice.

«Areum, sei qui» Yong si sentì sollevato nel vedere almeno lei. Le prese la mano e la strinse, cercando una sicurezza di cui aveva bisogno. «Sarei venuto a cercarti presto.»

Il viso della gemella si contrasse in una maschera angosciata. Ricambiò la stretta con forza. «Come sta Mi-sun?»

La volpe si infilò fra le gambe di Yong, come a voler aggiungere la sua presenza alla conversazione, ma lui non vi badò e scosse la testa. «Non bene, non fa che piangere e gridare. Se provo ad entrare, insiste nel mandarmi via, insultando me e Shu Lien, ma io so che non è stata lei.»

Areum abbassò il mento di fronte quelle parole e i capelli le sfiorarono le guance. «E tu chi pensi sia stato?»

Non era forse ovvio? Yong ci aveva riflettuto a lungo, giungendo alla sola possibile conclusione.

Le abbandonò la mano, passandola fra i propri capelli sciolti, prima di parlare con sicurezza. «Junoh. Deve essere stato lui. Voleva distruggermi, lo vuole da sempre, così si è avvicinato a Mi-sun per farle del male, e ha scaricato la colpa sulla donna che amo. Mi ha colpito due volte.»

Il modo in cui suo cugino e Mi-sun erano entrati insieme alla festa del banchetto lo aveva infastidito, e non poco. Li aveva osservati per tutta la durata del banchetto, notando quanto Junoh si fosse premurato verso la principessa di Sunju, con ogni mezzo possibile.

«Oh... sì, avrebbe senso» mormorò Areum, riluttante, evitando il suo sguardo. Era strano, lei non aveva mai avuto alcuna sorta di problema nel fissare negli occhi le persone. «Yong, se Mi-sun sta davvero così male, vorrei vederla. Mi è concesso?»

Per un attimo il principe scrutò nello sguardo di lei, a fondo, come se avesse intuito una insolita insicurezza. A volte la sua energia interna lo metteva in guardia quando qualcosa non andava, ma non vi prestò più attenzione del dovuto. «Forse tu riuscirai a farla ragionare, ormai non mi ascolta più.»

Yong le indicò di seguirlo nella stanza della prima moglie e Areum lo affiancò, senza smettere di torturarsi le dita. Già dalla veranda udivano le grida di Mi-sun, accompagnate da singhiozzi continui. La stanza da letto era in penombra, le finestre chiuse non permettevano al sole tiepido di entrare a illuminare le pareti su cui emergevano lunghi dipinti di paesaggi invernali.

«Ridatemi mio figlio!» esclamò Mi-sun, distesa mollemente sul letto, avvolta dalla sola veste da notte. Le guance tonde, una volta pallide, erano colme di lacrime umide, mentre il rossore si era sparso fin sugli zigomi. I capelli sciolti correvano sulle spalle, devastati dalle dita che li avevano scomposti per la disperazione.

Yong, nel vederla in quel modo, affrettò il passo per raggiungerla, mentre Areum e la volpe rimanevano dietro di lui. Si sentiva in colpa per non aver prestato alla principessa più attenzione del dovuto, in parte ciò che era accaduto era causa sua.

«Mi-sun!» la chiamò. Non appena vide la ciotola fumante del medicinale rimasta intatta fra le mani di Sujin, la afferrò. Si sedette sul bordo del letto, scansando le lenzuola e sollevò il cucchiaio laccato per raffreddare il liquido amaro. «Fatela sedere.»

Le donne lì accanto si inchinarono, ubbidienti, e si affrettarono ad aiutare la loro padrona a posare la schiena contro un cuscino, così da sollevarsi.

Mi-sun gli serbò uno sguardo colmo di astio, strattonandosi con violenza alla forte presa delle dame. «Vattene! È colpa tua, solo tua! Se mi avessi protetta non sarebbe accaduto niente del genere!» gli urlò addosso, con gli occhi sgranati e le vene pulsanti alla base del collo.

Yong non badò alle espressioni cupe della sorella, né al ringhio di Hwa che si era rifugiata dietro le sue gonne di fronte le ingiurie di Mi-sun. Posò il cucchiaio nella ciotola, stritolando la ceramica fra le mani. «Come posso proteggerti dai veleni?!»

«Hai favorito quell'assassina e mi hai dimenticata!» insisté Mi-sun, facendo cadere a terra una dama che tentava di pettinarle i capelli. «Le hai permesso di farmi del male, sei un dannatissimo infame!»

Una rabbia cieca si iniettò nelle vene di Yong. Lasciò la ciotola su un mobile lì accanto e si alzò in piedi, rimbrottandola con uno sguardo di rimprovero. «Non ti avrebbe mai fatto del male» sibilò. «Shu Lien è buona, onesta, non potrebbe mai toccarti. Sei stata tu a farti del male da sola, dal momento in cui ti sei avvicinata a mio cugino.»

«Io?!» Mi-sun scoppiò a ridere, afferrò poi la ciotola e la gettò ai suoi piedi. I frantumi colpirono la volpe che scattò indietro, ma la principessa non ci badò. «Quando avevo bisogno di te, dov'eri, nel suo letto?! C'era solo Junoh vicino a me, non tu!» sottolineò con amarezza. «Non osare parlare male dell'unica persona che mi abbia mai dimostrato affetto sincero o ti sgozzerò con le mie stesse mani!»

Yong strinse i pugni e si voltò verso Areum, cercando aiuto. «Diglielo tu, Junoh non ha tormentato Dier per anni? È un essere abominevole!»

La gemella guardò Mi-sun, subito dopo il fratello. Le labbra le tremavano. «Yong, vieni fuori. Devo dirti una cosa.»

Di fronte a quella richiesta, lui capì di aver esagerato. Mi-sun aveva appena perso ciò che l'aveva resa felice e invece di sostenerla l'aveva rimproverata.

Il giovane annuì, ma senza dire più niente, uscì fuori da quella stanza troppo scura e piena di dolore, dirigendosi sotto la larga veranda. Anche Hwa trotterellò fin lì, accompagnando Areum. Lei gli prese la mano e fece per parlare, ma in quel momento un paio di guardie corsero loro incontro, inchinandosi in un tintinnare di armature. «Daegun mama! Alcuni insorti sono entrati a palazzo e stanno mettendo a ferro e fuoco qualunque edificio trovino davanti!»

Insorti?

Yong strinse la mano della sorella, cercando conforto. Era così adirato con se stesso che ora quel problema sembrava insopportabile.

«Portate l'armatura al principe» ordinò Areum, drizzando la schiena. «Mio fratello vi raggiungerà a breve.»

«E mandate dei soldati a proteggere il palazzo di mia moglie!» aggiunse lui, prima che le guardie andassero via.

Yong scese velocemente dalla veranda, doveva andare ad aiutare suo padre e i generali, ma Areum lo bloccò. «Aspetta! Prima di andare, devo parlarti.»

Cosa aveva in testa? Come poteva chiedergli di fermarsi quando dei nemici avevano appena attaccato il loro mondo sicuro? Yong si voltò nervosamente verso di lei e le urlò contro. «Ti sembra questo il momento di parlare?!»

«È importante, per favore!» Areum gli sbarrò la strada, e Hwa fece lo stesso, mettendosi seduta e fissandolo con lo sguardo giallo.

Il principe alzò gli occhi al cielo e annuì, spazientito. «Avanti, dimmi! Spero sia una questione fondamentale.»

«È che...» Areum si bloccò per un istante. Fuori dal cortile, oltre le mura, si udiva lo squillo di corni e tamburi che segnalavano gli attacchi imminenti. Il fumo dei primi fuochi si sollevò verso il cielo. Gli insorti dovevano essere già entrati a Gwajin. «Sono stata io a far abortire Mi-sun. L'ho avvelenata perché avevo paura che se fosse nato un maschio, avrei perso ogni diritto al trono.»

Yong, che aveva cominciato a battere un piede a terra, si bloccò in quel momento. Indietreggiò di un passo e gli occhi bruciarono di tradimento. Anche lui desiderava il trono ma mai, mai aveva pensato di ottenerlo facendo del male alla sua preziosa sorella.

Come aveva potuto, Areum, trattarlo in quel modo?

«Tu...» mormorò. «Tu hai fatto del male a Mi-sun? A mio figlio?»

«Sì, l'ho fatto... Avevo pianificato tutto. Sono colpevole anche per quanto riguarda l'imprigionamento di Shu Lien, ma me ne sono pentita subito...» sussurrò, tremando dal nervosismo. «Perdonami, per favore. Non avrei dovuto fare niente del genere...»

«Areum!» la voce esplose, ma dovette calmarsi, per timore che altri li sentissero. «Come hai potuto far loro del male?» Yong la prese per le spalle, strattonandola. «Quando mai ho cercato di interpormi a te, dimmelo! Non ho forse evitato che sposassi un principe viziato in una terra straniera?! Non ti ho aiutata a rimanere qui, a casa nostra? E tu mi ripaghi diventando una vile assassina?»

Lei impallidì a quelle parole. Non riusciva a guardarlo negli occhi. «So che ho sbagliato, ma ti chiedo lo stesso perdono. Se tornassi indietro non farei nulla di ciò che ho fatto... Mi dispiace, credimi!»

Il suo sforzo non lo rabbonì. Era improvvisamente esausto e un senso di nausea lo colpì. Yong scosse la testa, sgomento. Avrebbe potuto dire qualcosa di cui pentirsi, se i soldati non fossero tornati con la sua armatura e le armi.

Yong le gettò addosso uno sguardo rancoroso. La avvicinò e sussurrò al suo orecchio, perché nessuno sentisse: «Se ti dispiace tanto, allora mentre io cerco di fermare i ribelli, tu vai a liberare Shu Lien dalle prigioni. Finché non saprò chi vi è a capo, non posso gestire questa situazione.»

Areum strinse i pugni a quelle parole, ma non mosse un solo muscolo.

«Se farò quanto hai detto» gli sussurrò, a sua volta all'orecchio. «Mi perdonerai?»

Lui, senza pensarlo davvero, annuì. Yong non avrebbe mai e poi mai perdonato Areum, ma se non poteva entrare nelle prigioni, lei poteva farlo. «Sì, potrei perdonarti.»

Areum indietreggiò insieme a Hwa. Nei suoi occhi vi fu un improvviso guizzo di determinazione chela portò ad annuire. «Bene, allora aspettami» disse, sollevando le gonne di seta per correre via.

Yong si morse il labbro inferiore, sentendo il sapore del sangue.

Era vero che le pugnalate arrivavano davvero dalle persone più vicine.

***

Il palazzo era diventato una prigione di fuoco e Areum aveva dovuto fare appello a tutta la sua velocità per evitare gli insorti e dirigersi verso le grandi porte delle prigioni. I soldati che erano riusciti a penetrare nel palazzo portavano le armature di Qiong, e la ragazza non si stupì. Aveva visto e sentito sua madre domandare al re di ripensare alle proprie azioni, perché, evidentemente, queste si sarebbero ritorte contro di loro.

Areum attraversò raggiunse le porte della prigione e si piegò pur di riprendere fiato. Le gonne le ostruivano la camminata, ma non demorse e puntò lo sguardo sulle cancellate dipinte di verde. Queste ultime erano sgombere delle guardie che erano solite pattugliarne l'ingresso, ciò regalò alla principessa un vantaggio non indifferente.

Tuttavia, Hwa le sbarrava la strada. Non perdeva un attimo per tirarle la gonna fra i denti affilati e guaire, come se volesse supplicarla di stare alla larga da quel luogo. Ogni volta che Areum faceva un passo, Hwa la mordicchiava, facendole perdere la pazienza.

«Ora smettila!» gridò Areum, al limite della rabbia. Aveva sbagliato, i sensi di colpa le avevano corroso le viscere e lei doveva cercare in ogni modo di recuperare la fiducia perduta del fratello. «Lasciami passare, Hwa!»

La volpe disobbedì ancora una volta, osservandola con quei suoi piccoli occhi lucidi e preoccupati. Areum, però, non le diede retta e la colpì dolcemente con un calcio che le consentì di raggiungere i portoni verdi. La principessa afferrò le maniglie circolari e le tirò verso l'esterno, in modo da poter creare uno spazio adatto al passaggio del suo esile corpo.

Hwa guaì di nuovo, ma lei la ignorò e si introdusse all'interno del piazzale sterrato, dove varie e lunghe costruzioni munite di sbarre di legno si innalzavano da terra. Areum si guardò intorno, notando i numerosi prigionieri impauriti. L'odore della paglia bagnata era nauseante e mal si accostava a quello del sangue che macchiava gli strumenti di tortura.

La principessa si fece coraggio e corse in direzione del padiglione sotto cui le guardie erano solite riposare. Da bambina si era intrufolata varie volte in quel luogo, preda della sua inestinguibile curiosità. Sapeva che tutte le celle avevano un'eguale serratura. A causa del trambusto generale, le guardie dovevano aver sgomberato per andare a unirsi all'esercito principale. Questo concesse alla principessa di individuare la chiave disposta su un gancio. La afferrò lesta, un attimo prima che le cancellate venissero spalancati da un plotone di uomini armati.

«Guardate!» la indicarono non appena la videro. Areum sentì il sangue gelarsi nelle vene. «Sembra una principessa da com'è vestita!»

La giovane lì sentì sghignazzare e ciò fu abbastanza per farla fuggire tra le celle. Doveva trovare Shu Lien e, insieme a lei, uscire da quel luogo, eppure il terrore l'aveva sopraffatta. Usare la testa era essenziale, non lasciarsi sopraffare dal terrore. Conosceva a memoria ogni anfratto del palazzo, non poteva confondersi proprio in quel momento.

Eppure, tutti i corridoi le sembravano uguali.

Solo dopo qualche istante la principessa si sentì chiamare. Una mano insanguinata fuoriuscì dalle sbarre e si aggrappò alla sua gonna, facendola quasi inciampare sul terreno sabbioso.

«Cognata...» la chiamò Shu Lien, con un filo di voce. Areum stentò a riconoscerla quando si voltò: i lunghi capelli erano stati legati in una coda bassa, indosso aveva una veste intima, macchiata di sangue. Il viso era pieno di lividi e le gambe sembravano essere immobilizzate. Dovevano averla torturata per costringerla a confessare un crimine che non aveva commesso, e tutto a causa sua.

Areum non perse tempo e infilò la chiave nella toppa, girandola con una forza tale da farle venire un crampo alle dita. Le voci di quegli uomini si facevano sempre più vicine. La chiamavano, la deridevano, con quell'accento strascicato tipico delle pianure centrali.

«Devi andartene, subito» ordinò Areum, quasi tremando. Aprì le sbarre della cella e aiutò la donna a mettersi in piedi, ascoltando i gemiti abbandonare le sue labbra. «Io distrarrò quegli uomini, ma tu vattene e cerca mio fratello. Sicuramente non ha ancora lasciato il palazzo. Va' alla sua mansione e digli che ho bisogno di lui.»

«Io... Grazie, Areum» mormorò Shu Lien, senza riuscire a guardarla. Areum le permise di uscire dalla cella, incurante degli uomini e le donne dietro le sbarre che le chiedevano di mostrare anche a loro la stessa pietà.

«Sbrigati» sussurrò la principessa, aiutandola a passare nell'insenatura fra due costruzioni troppo vicine. Fece per seguirla, così da depistare gli uomini e donare del tempo prezioso alla cognata che, stanca e dolorante, si avviava con lentezza verso il piazzale posteriore, ma una mano robusta le afferrò il gomito e la gettò al suolo, facendole ingoiare sabbia salata.

«Pensavate di scappare, gongju mama?» le chiese uno dei due uomini che l'aveva inseguita, divertito.

Areum non rispose, non ne ebbe neppure il tempo, che sentì l'ombelico tirare a causa di un calcio che si era abbattuto proprio su di esso. Un grumo di sangue le salì in gola quando l'uomo più massiccio le chiuse le spalle in una morsa ferrea e un secondo la colpì con una ginocchiata all'altezza dell'addome.

«Lasciatemi!» gridò, mentre il sangue le bagnava le labbra e colava lungo il mento.

«Pensate di avere potere, gongju? Voi bastardi di Kaewang credete di avere qualche diritto su di noi?!» la chiamavano in quel modo solo per deriderla, e le loro risate facevano male. «Forse dovremo farle vedere chi comanda.»

«Concordo, è piacente abbastanza. Guarda che capelli» rise il secondo, strappandole con un gesto violento la fascia dai fianchi. La veste nera si aprì e Areum cominciò a gridare con tutto il fiato che aveva in gola, alla disperata ricerca di un aiuto che non arrivò.

L'uomo che la teneva stretta la gettò sulla paglia umida della cella e le afferrò la gola tra le dita, in modo da farle mancare il fiato e tenerla buona, mentre il secondo le strappava le gonne ampie per passarle le dita sulle cosce. La principessa affondò allora le unghie sul polso del suo aguzzino, sperando che in quel modo l'aria le avrebbe almeno invaso il petto, ma si sbagliava. Fu qualcos'altro a invaderla, qualcosa che le provocò un bruciore doloroso al basso ventre.

Fu come una coltellata, una lacerazione, un gesto secco e privo di ogni premura.

Areum rimase immobile, non respirò nemmeno. Chiuse gli occhi e contrasse il viso in un'espressione di sofferenza, che le inumidì gli occhi di lacrime. A intervalli regolari, degli scossoni le scuotevano il corpo, colpendola lì dov'era più sensibile, con una violenza che non avrebbe mai pensato di meritare. O forse sì, forse se lo meritava. Quella era la sua punizione, per aver colpito suo fratello, Shu Lien e Mi-sun. Il male che aveva fatto le era tornato indietro, con gli interessi. Il peso della vita di quel bambino mai nato, di suo nipote, si era abbattuto su di lei.

Quando la principessa tornò a respirare, lo fece liberando le lacrime che le percorsero le tempie e si depositarono sulla paglia. Non si ribellò, perché era inutile. La tenevano stretta, serrata in una gabbia senza via d'uscita e da cui non avrebbe potuto sottrarsi.

Poi, il rumore delle armature la destò dal torpore che l'aveva avvolta e la voce del gemello mise in allerta i due uomini, che si affrettarono ad allontanarsi per sfoderare le sciabole, lasciandola, finalmente, vuota.

«Uccidete quei ribelli!» urlò Yong, con rabbia malcelata nella voce. Aveva i pugni stretti, le sopracciglia aggrottate e un'espressione di turbamento sul viso.

Areum lo guardò ansimando, cercò di farsi forza e rotolò prona sulla paglia. Appoggiò i pugni stretti sul pavimento e ascoltò le urla di dolore degli uomini che l'avevano violata. Non riuscì a guardarli morire, non voleva rischiare di imprimere i loro visi nella mente e rischiare di vederli anche la notte.

«Areum» la chiamò Yong, attraversando la cella e inginocchiandosi accanto a lei.

Lei si mise in ginocchio e posò le mani in mezzo alle gonne strappate, accarezzandosi le cosce solo per trovarle rigate da un liquido rosso e viscoso. Era sangue, il sangue di una virtù che aveva perduto e che non sarebbe tornata mai più.

«Yong...» sussurrò lei, senza riuscire a guardare altro che le proprie mani. Singhiozzò ancora, ad alta voce. «Mi hai perdonato?»

Lui la guardò con sincera angoscia riflessa negli occhi, per poi circondarle le spalle in un abbraccio fin troppo brusco.

«Sì, ti ho perdonato» le sussurrò, eppure nel suo tono non era difficile avvertire la freddezza e la distanza che si palesarono con la stessa violenza di un tifone d'estate.

Il gemello le passò una mano dietro la schiena e l'altra sotto le gambe tremanti, la sollevò e la strinse ugualmente al proprio petto. La principessa continuò a lamentarsi, a piangere, a ritrarsi come se ogni contatto le bruciasse la pelle, Yong però la stringeva più forte, scortandola fuori da quel luogo di dolore.

**

daegun mama: vostra altezza (usato per i principi)

gongju mama: vostra altezza (usato per le principesse)

E quindi, Areum non è riuscita a fare la cattivona fino in fondo. Forse perché nonostante voglia il trono, non è pronta davvero a macchiarsi le mani di sangue per averlo, l'affetto che prova nei confronti di Yong va oltre il suo desiderio di potere e l'ha portata a confessare il suo peccato in maniera repentina. Forse pensava di ripulirsi la coscienza, invece... Yong non l'ha perdonata.

Per di più, è stata addirittura violata dagli insorti di Qiong. Yan Kai non ha atteso, e non è scattato il giorno dello Yudu, i suoi uomini erano appostati a Gwajin da tempo per questo sono penetrati subito nel palazzo. Non che Kaewang sia debole, ma sono stati colti di sorpresa e, come se non bastassi, Yan Kai è un generale che sa come muoversi nell'ombra. Avrete presto modo di conoscerlo più da vicino. 

E nulla, detto ciò, cosa accadrà fra i due gemelli? Yong si lascerà alle spalle tutto? Areum come affronterà il trauma dello stupro? Mi-sun riuscirà a riprendersi?

Lo scopriremo... prossima settimana, perché lunedì torniamo a Sunju con un capitolo più tranquillo T.T

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