3. i luoghi del cibo


"Il cibo è un oggetto talmente centrale nella vita dell'uomo, che la sua comprensione non può prescindere da una molteplicità di attenzioni tendenzialmente globali"(1).

Occuparsi di cibo significa dunque comprendere ambiti diversi che includono non solo una grande varietà di luoghi, ma anche una pluralità d'interessi, che si muovono dall'analisi del progetto razionale alla base del ciclo produttivo del cibo, ai luoghi di vendita, a quelli di consumazione, fino ad allargarsi alla trasformazione della città al variare delle pratiche alimentari.

I luoghi del cibo sono molteplici e mutevoli, e si articolano dai luoghi della produzione a quelli di preparazione, da quelli della consumazione dei pasti, fino alla visione estremizzata di una città come sala da pranzo.

"Preparare il cibo è "un gesto materiale ma al tempo stesso intellettuale" (2). Il cibo è cultura, anzi, è luogo d'incontro tra culture e ogni luogo del cucinare racconta sia delle diverse strutture sociali e familiari, sia delle differenti mentalità, e dei diversi modi d'abitare(3).

Il fenomeno dei ristoranti, soprattutto quelli etnici, è un esempio di questo bisogno d'incontro e d'interscambio. Non più soltanto luogo di consumazione, il ristorante diventa luogo di conoscenza di un mondo che spesso si può raggiungere solo attraverso la palatabilità, il sapore del cibo in bocca.

La preparazione dei cibi, nelle differenze culturali ed etniche che la contraddistinguono, richiede spazi, tempi e ritualità differenti e, conseguentemente, ogni luogo del pasto prefigura un modo caratteristico di percepire lo spazio fisico.

La multiculturalità, che si esprime più facilmente attraverso il cibo, oggi, in piena globalizzazione, ha modificato notevolmente gli spazi della preparazione del cibo, rendendoli tendenzialmente liberi, aperti, e polifunzionali, pronti ad adattarsi alla pluralità d'azioni che vi si possono svolgere così come alla pluralità di culture che vi entrano, in modo più o meno diretto.

Le funzioni si separano per permettere il lavoro contemporaneo di più persone, e il cibo, con la sua capacità socializzante, la sua capacità di fare luogo, favorisce l'incontro tra persone e tra culture. La conoscenza dei luoghi passa, dunque, attraverso il cibo.

Rileggendo il mondo attraverso il cibo e la sua produzione, si possono conoscere non solo le caratteristiche geo-morfologiche, culturali o religiose di un determinato luogo, ma si può comprenderne la tipologia produttiva (di massa o di nicchia), l'uso di sistemi bio-compatibili, l'uso di bio-tecnologie e la commerciabilità di un determinato prodotto e di conseguentemente le potenzialità e l'importanza e il peso di un luogo sul mercato globale.

Cibo come tentativo di creare una sorta di appaesamento, di senso di appartenenza a qualcosa di più grande, ma anche inteso come grande industria di produzione alimentare o di distribuzione, oppure, come luogo di pura esperienza sensoriale.

Il corpo, i suoi organi sensoriali, è al centro di una sperimentazione, che si pone in continuità con quanto avviene oggi in architettura.



(1 -2)

1. Massimo Montanari. Cibo, storia, didattica. I quaderni di MicroMega: il cibo e l'impegno suppl. al n. 4/2004 di Micromega. Docente di storia medioevale e storia dell'alimentazione presso la facoltà di lettere e filosofia di Bologna.


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