2. Segni invisibilmente indelebili
Da sempre il cibo e la sua produzione contribuiscono a plasmare il territorio cambiandone indelebilmente non solo la morfologia, ma lo stesso "codice genetico". Per la produzione di questo bene primario l'uomo si è adattato dapprima alle condizioni ambientali e in seguito, con lo sviluppo tecnico-economico, ha invertito il senso del suo rapporto con il territorio, adattandolo sempre più alle proprie esigenze.
Per la sua natura di bene assolutamente necessario alla sopravvivenza, il cibo, insieme alla sua produzione è sempre stato oggetto di fortissimi interessi economici. La maggiore o minore presenza di risorse alimentari può favorire lo sviluppo o il declino d'interi territori, disegnando su di esso tracce immateriali, ma dotate di un'enorme forza modificatrice. La scarsità di cibo, causata spesso da carestie, guerre o povertà di mezzi tecnologici ed economici, provoca quelle migrazioni che oggi ritornano prepotenti alla ribalta delle cronache.
Le piste nel deserto che uniscono un'oasi, fonte di cibo e ristoro, all'altra, così come le grandi file di uomini e donne africane che compiono a piedi anche trenta chilometri al giorno per procurarsi l'acqua, sono uno dei possibili esempi di come il muoversi da un punto all'altro, inseguendo il cibo, lasci tracce sul territorio. Segni invisibili, forse, ma altrettanto rilevanti. D'altro canto, l'abbondanza di cibo e la corsa verso un nuovo benessere, vero o presunto, fungono anch'essi da elementi modificatori, cambiando non solo la geografia urbana, ma anche umana del territorio. Il maiale e il grattacielo (1) ha mostrato chiaramente come i flussi di cibo abbiano influenzato lo sviluppo di un intero territorio, ed abbiano contribuito in particolare al fiorire delle grandi economie mondiali.
Il cibo ha i suoi percorsi preferenziali. Rileggendoli si può riscoprire una nuova geografia, fatta di grandi aree dove esso arriva per essere trasformato, punti di sosta dove attende di essere trasportato, percorsi, nuove soste, nuovi arrivi. I flussi di cibo creano dunque flussi di denaro e di persone (ci si avvicina verso un paese ricco di risorse alimentari) esattamente come, anche se inversi, i flussi generati dall'assenza di cibo provocano l'allonta-namento da un luogo (ci si allontana da un paese povero di risorse alimentari).
Produrre il cibo in serie, produrre la natura in serie, garantisce la possibilità della standardizzazione e, di conseguenza, la commercializzazione di alcuni processi razionalmente funzionali che, una volta messi in gioco, innescano una reazione a catena destinata a dipingere nuovi scenari di trasformazione territoriale, a partire da obbiettivi di vantaggio economico perseguiti dagli attori principali. Le dinamiche estremamente controllate, con cui si costruiscono tali processi, non garantiscono coerenze complessive e la lettura del territorio dimostra che si può parlare, pur nella estensione spesso misurabile su scala planetaria, di una "razionalità limitata" che produce enormi contraddizioni
(1) Il Maiale e la città di Marco D'Eramo
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