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È una giornata particolarmente fredda oggi: il gelo di inizio novembre quasi mi penetra le ossa tanto che neanche il mio cappotto pesante con tanto di pelliccia sul cappuccio riesce a scaldarmi. Sbuffo una nuvola di vapore acqueo fuori dal mio balcone mentre i miei occhi vagano sul panorama della città illuminata di notte.
Incredibile come pur essendo una piccola cittadina di notte è attiva come se fossimo a Seoul. Comprensibile, però, dal momento che i lavoratori notturni sono ovunque. A differenza di molti mi è sempre piaciuto questo aspetto della mia piccola città poiché mi tiene compagnia nelle notti in cui i pensieri si affollano nella mia mente rendendomi impossibile chiudere gli occhi.
Mi chiedo se Jimin sta bene, se sta dormendo beatamente nel suo letto o se anche lui è affacciato sul balcone della sua camera d'ospedale con i miei stessi pensieri. A volte di notte la paura di perderlo improvvisamente mi schiaccia così forte il petto che mi impedisce di respirare. Vorrei tanto rimanere con lui tutte le notti, rinunciare al lavoro solo per stare con lui perché non so quando potrebbe esalare il suo ultimo respiro. Ma non posso. Devo lavorare per pagare le cure a Jimin. I miei ed i suoi genitori ci hanno sempre aiutati nel momento del bisogno, soprattutto in fatto finanziario, ma le spese mediche sono tante e non posso lasciare questo peso tutto sulle spalle dei signori Park.
Stringo forte i denti e caccio via le lacrime che, insistenti, premono per rigarmi il viso. Jimin mi prenderebbe a schiaffi se solo scoprisse che sto per piangere di nuovo, come quasi ogni notte. «Nottata in bianco anche oggi?», quasi urlo per lo spavento nel sentire una voce. Mi volto con il cuore a mille solo per vedere Chen Fu, il mio vicino di casa, che mi guarda con due occhietti brillanti ma allo stesso tempo stanchi. Indossa una vestaglia apparentemente pesante ma a giudicare da come si stringe ad essa non lo riscalda a dovere. Mi avvicino al muretto che separa i nostri balconi e annuisco sconsolato. Ci conosciamo da quando io e Jimin ci siamo trasferiti qui e tutti e tre abbiamo fatto nascere un bel rapporto, lo ammetto. «Non riesco a smettere di pensare» confesso poggiandomi alla ringhiera.
Chen Fu mi guarda dispiaciuto e, a sua volta, si avvicina al muretto poggiandosi contro di esso con un fianco. «Come sta Jimin?» mi domanda con cautela. Apprezzo il fatto che tutti si preoccupino di come porre questa domanda poiché sanno quanto l'argomento mi renda emotivamente instabile.
«Non...lo so. L'hai visto come stava quando l'abbiamo portato in ospedale qualche settimana fa e...non dico che si è ripreso ma con la terapia che segue e le attenzioni dei dottori credo che sia stabile» gli rispondo con una scrollata di spalle.
«Ma non può tornare a casa» aggiunge il ragazzo della mia età scorgendo la frase nascosta nella mia risposta.
Scuoto la testa cacciando indietro le lacrime. Non tornerà mai a casa ed è ora di accettarlo. Ma so che non lo farò mai. Neanche quando non ci sarà più. Porto lo sguardo sulla città sentendo le labbra piegarsi involontariamente verso il basso. Sto per piangere ma non voglio farlo davanti a qualcuno. Il pianto per me è sempre stato un momento intimo solo tra me e me. L'unica persona che mi ha visto piangere è stato Jimin ovviamente, anche se poche volte.
«Hai cenato questa sera?» Chen Fu cambia immediatamente discorso, sento il suo sguardo su di me per cui mi volto a guardarlo. Annuisco senza aprire bocca ma a tradirmi è la mia pancia che inizia a brontolare. Non avevo fame una volta tornato a casa e mi sono limitato a bere un succo. Il mio vicino di casa mi guarda con rimprovero e si allontana dal muretto. «Ho una torta al cioccolato in frigo, te la porto. Adoro gli spuntini di mezzanotte, anche se non è mezzanotte. Non te ne andare!» e sparisce dalla mia vista in fretta.
Il mio cervello però è fermo su tre parole precise. Torta al cioccolato. Bastano solamente queste tre innocue parole a scaturire un ricordo in me.
Io ed i dolci eravamo sempre appartenuti ad un universo parallelo. Da ragazzino mia madre cercava di appiopparmi continuamente biscotti fatti da lei o ciambelle e crostate ma rifiutavo tutto. Se ad alcuni il solo vedere quei dolci faceva venire l'acquolina in bocca, a me faceva rivoltare lo stomaco.
Quando mia madre era incinta di me vomitava ogni volta che si avvicinava a cibi dolciastri. A quanto pare avevo deciso di odiare i dolci già da prima di essere messo al mondo. Ed è per questo che chiedevo a mia madre perché si ostinasse a volermi convincere a mangiarli nonostante sapesse che non li avrei mai toccati in tutta la mia vita.
Ma all'età di diciotto anni mi sarei dovuto ricredere, come per la maggior parte delle cose. Chi si sarebbe aspettato che la gran parte delle mie certezze si sarebbero sgretolate o messe in dubbio grazie ad un ragazzo. Come tutti gli altri ricordi che ho con Jimin anche questo è ben impresso nella mia mente e potrei raccontarlo mille volte senza mai sbagliare una singola cosa.
Era fine Aprile e ricordo che la giornata era iniziata con un messaggio da parte del più piccolo dove mi invitava a casa sua. Avevo sgranato gli occhi e riletto più volte il messaggio per assicurarmi fosse davvero diretto a me. Quando lo avevo comunicato ad i miei genitori neanche loro ci credevano. Poi, mostrandogli la chat di messaggi con quello che potevo ben definire il mio primo amico, avevano urlato di gioia come se avessi appena vinto al "gratta e vinci". Non avevo osato parlar loro di Jungkook, con il quale mi trovavo altrettanto bene, altrimenti avrei potuto mandarli in shock.
Le mani iniziarono a sudarmi quando mi trovai davanti la casa di Jimin. Avevo faticato un po' per trovarla dal momento che con le vie non ero molto pratico, imbarazzante lo so. Quando suonai al campanello desiderai di scappare a gambe levate ma queste mi tremavano troppo e non riuscivo a fare un solo passo. Ricordo che la mia mente era colma di domande come "Cosa si fa a casa di un amico?", "è patetico aver portato dei biscotti di mia madre?", "staremo tutto il tempo a guardarci in faccia perché io non saprò come comportarmi?". Sapevo già che sarei stato penoso.
Tuttavia tutte le domande che mi gironzolavano in testa svanirono in un nanosecondo quando la porta di casa si aprì. Non avevo bussato dunque mi domandai se avessero qualche telecamera nascosta o un sistema all'avanguardia.
Il mio corpo si paralizzò quando mi trovai davanti una donna molto giovane con un sacco della spazzatura in mano. Mi guardò sorpresa per poi sorridermi amabilmente. «Tu devi essere l'amico di Jimin, vero? Mi aveva avvisato» mi parlò con un tono così dolce che mi intenerii. Fu così che incontrai per la prima volta quella che sarebbe stata mia suocera. Più tardi mi avrebbe confessato che la prima impressione su di me era stata quella di un gatto terrorizzato.
«S-sì, Yoongi...cioè sono Yoongi. Stavo per bussare» balbettai tirandomi fino ai palmi delle mani la felpa leggera color senape che stavo indossando. Non potevo scegliere colore più sobrio.
La donna mi osservò attentamente per poi sorridermi divertita. Aveva intuito che non avevo la minima intenzione di bussare. «Puoi entrare Yoongi, Jimin è già dentro. Io sono Younghee, la madre di Jimin» si presentò chinando di poco la testa.
Esitai un attimo non essendo abituato a conversare con qualcuno di più grande dunque accennai un inchino molto impacciato, tanto da farla ridere intenerita. Mi fece spazio ed entrai velocemente in casa togliendomi per prima cosa le scarpe. Mi guardai intorno ma non riuscii a studiare l'ambiente che due paia di occhi scuri mi si pararono davanti insieme ad un sorriso tutto denti.
«Yoongi! Sei arrivato!» esclamò circondandomi il busto con le braccia. Spalancai gli occhi rimanendo con le braccia lungo i fianchi. Avevo ormai imparato che Jimin era un tipo espansivo ma non mi abituavo ancora a tutto quel contatto fisico.
«Ciao» risposi a disagio abbozzando un piccolo sorriso. Ero felice nel vedere che Jimin non sembrasse infastidito dal mio comportamento "freddo", anzi sembrava sempre più contento di vedere anche una piccola ombra di felicità sul mio viso.
«Chim, finiscila ad importunare la gente», una seconda voce si aggiunse ed alzai lo sguardo davanti a me solo per vedere un ragazzo alto, molto alto, con un sorrisetto divertito.
«Non lo sto importunando, lo sto solo salutando! Non ti sto molestando Yoo, vero?» il tono preoccupato verso la fine di Jimin mi fece accennare una risata sinceramente divertita. Scossi la testa guardandolo mentre si allontanava e allo stesso tempo l'altro ragazzo si avvicinava.
«Oh, quindi tu sei il famoso Yoongi! Jimin parla continuamente di te. Io sono Taehyung, suo cugino» mi porse il pugno regalandomi un gran sorriso. Una lampadina si accese nella mia mente ricordandomi che lui era la cotta di Jungkook. Poi però arrossii leggermente alle parole di Taehyung e mi chiesi come Jimin potesse parlare continuamente di me e soprattutto cosa poteva raccontare.
«Mi fai apparire come uno stalker ossessionato, cugi» ridacchiò il più basso allontanandosi da noi. Risi battendo, imbarazzato, il pugno contro quello di Taehyung ancora in attesa di una risposta.
Decisi, non so tutt'ora con quale coraggio, di buttarmi e liberarmi di quella timidezza che iniziavo a sentire opprimente. «Non puoi dire che non lo sembri. Quando ci siamo conosciuti mi ha detto che mi stava fissando da lontano» mormorai guardando il cugino del mio nuovo amico.
Jimin si voltò verso di me sorpreso dalla mia presa di parola e sorrise per poi spalancare la bocca in una smorfia offesa. Taehyung scoppiò a ridere dandomi delle pacche sulla schiena facendomi sorridere felice. «Insulti mio cugino, sei simpatico. Mi piaci Yoongi, dovresti venire più spesso qui» mi fece l'occhiolino andando a sedersi a peso morto sul divano.
«Preparati ad oggi Yoo, sarà una giornata indimenticabile! Stavamo pensando di fare il karaoke» mi sorrise Jimin mentre digitava qualcosa sul suo piccolo portatile.
«Io non canto» scossi subito la testa facendo istintivamente qualche passo indietro.
«Oh invece canterai eccome! Come un usignolo. Non scappa nessuno» sorrise diabolico Jimin. Subito dopo suonarono al campanello e in me salì una certa ansia. Dovevo conoscere qualcun altro? Il cugino di Jimin sembrava una persona simpatica e potevo fare amicizia con lui ma un'altra persona ero sicuro di non poterla affrontare. «Cugi vai ad aprire, deve essere Jungkook».
Taehyung sorrise ampiamente sgambettando fino alla porta d'ingresso. Mi ritrovai in mano una ciotola piena di popcorn che prima non avevo minimamente visto. Mi voltai verso Jimin con un cipiglio interrogativo sul volto e lui rise. «Ci serviranno, ne vedremo delle belle».
Quando il maggiore aprì la porta io e Jimin allungammo il collo per goderci la scena. Intravidi il volto di Jungkook il quale, alla vista del ragazzo dai capelli neri e mossi, si era completamente rattrappito. «Hey Kookie, ti stavo aspettando» la voce di Taehyung se prima era pimpante e scherzosa in quel momento si era abbassata almeno di un'ottava e aveva preso una piega sensuale. Al posto di Jungkook sarei svenuto.
Non che quest'ultimo fosse in perfetta forma. Avevo notato che le sue gambe stavano tremando. «Ciao...» disse in un sussurro deglutendo a fatica.
«Taehyung» disse lui stesso notando come Jungkook era imbambolato. Jimin aveva ragione: ce ne sarebbero state delle belle.
«Sì Taehyung, ovvio non mi ero dimenticato del tuo nome come potrei. Posso entrare?» disse il più piccolo tutto d'un fiato facendomi soffocare una risata. Era palese che non si aspettava Taehyung ed ero sicuro che Jimin di proposito avesse omesso questo piccolo particolare solo per divertirsi.
Taehyung si fece da parte e, non appena il nuovo arrivato mise piede in casa, fulminò Jimin con lo sguardo mimando di picchiarlo. Il suo migliore amico gli mandò un bacio volante ridendo sotto ai baffi.
«Kook, vieni ad aiutarmi un attimo in cucina? Finiamo di mettere le ultime cose mentre Yoongi e Jimin decidono la playlist». A quelle parole il castano arrossì vivacemente probabilmente al pensiero di dover stare solo con il ragazzo dei suoi sogni. Non disse nulla e si limitò semplicemente a seguirlo impacciatamente grattandosi il collo.
Tornai a guardare Jimin per dirgli una mia opinione riguardo quei due ma lui balzò sul posto alzandosi di scatto. «Prima che me ne dimentichi devo farti assaggiare una cosa! Mio cugino e Jungkook l'hanno già mangiata perciò ne ho messo un po' da parte per te», si diresse verso il tavolo della sala e tornò qualche secondo dopo con un dolce fra le mani.
Il cuore mi si scaldò ma feci una smorfia dispiaciuta al pensiero di dover declinare quel gesto tanto gentile. «Grazie per il pensiero Jimin ma non mangio dolci» mormorai mortificato.
Il castano si imbronciò tornando a sedersi accanto a me. Mi mise sotto il naso il dolce prima di parlare. «Ma l'ho fatta io. È una torta al cioccolato e ti assicuro che è super deliziosa. Ci rimango male se non ne assaggi neanche un pezzettino. Dai!» mi pregò con tanto di occhi dolci. Tentai in tutti i modi di dire di no ma Jimin era piuttosto testardo e stava dimostrando di non volere una risposta negativa. Alla fine mi toccò accettare ed il ragazzo sorrise ampiamente dicendomi che non me ne sarei pentito.
Ero già pronto a fingere che mi sarebbe piaciuta ma non tenei in conto che mi sarebbe piaciuta per davvero. Senza rendermene conto iniziai a mangiarla con gusto come se non mangiassi da giorni e Jimin rise divertito. «Visto? Te l'avevo detto che era deliziosa. D'altronde l'ho fatta con le mie mani amorevoli».
Non potei che dargli ragione e ricordo che pensai che sarebbe stato l'unico dolce che avrei mangiato in tutta la mia vita e questo solo grazie a quel ragazzo che un giorno di aprile aveva cercato di distruggere la mia telecamera accidentalmente.
Qualche istante dopo vidi tornare Jungkook da noi con un'espressione attonita. Si sedette tra me e Jimin tenendo lo sguardo fisso nel vuoto. Aprii bocca per chiedergli cosa fosse successo in cucina per sconvolgerlo così tanto ma lui mi precedette.
Con uno scatto repentino si voltò verso Jimin e gli diede uno schiaffo sul braccio. «Tuo cugino mi ha toccato il culo!» sussurrò continuando a schiaffeggiarlo, provocando delle risate soffocate da parte mia.
«E perché diamine mi picchi?! Dovresti esserne felice» rispose a tono Jimin cercando di ripararsi dai colpi del suo migliore amico.
«Certo che ne sono felice! Però avresti potuto dirmi che c'era anche lui, almeno mi sarei preparato meglio!». Poi si voltò verso di me osservando la torta nelle mie mani che stava per finire. «Attento potrebbe averla, avvelenata. È un subdolo bugiardo».
Ridacchio al ricordo sentendo gli occhi pizzicare leggermente. Era stata una giornata bellissima. Chen Fu esce di nuovo dalla finestra portando in mano due piattini di torta. Solitamente avrei rifiutato ma lui è sempre stato così gentile con me e con Jimin che non me la sento proprio di rifiutare.
Lo ringrazio con un sorriso quando mi porge il piattino e ci sediamo entrambi a terra guardandoci attraverso gli spazi della ringhiera.
«Grazie Chen, è molto buona. Sai, stavo pensando a dieci anni fa quando assaggiai con Jimin per la prima volta una torta al cioccolato fatta da lui» gli dico con la bocca piena.
Chen Fu inclina la testa guardandomi con uno strano luccichio negli occhi, forse di curiosità. «Ti va di raccontarmelo?».
Sorrido alla domanda. Nessuno all'infuori della mia cerchia di amici mi aveva chiesto di raccontargli di qualche ricordo che ho con Jimin. Lo stomaco mi si aggroviglia e sento un nodo alla gola. Tuttavia mando tutto indietro ed inizio a raccontargli di quel giorno mentre lui mi ascolta con interesse, ridendo insieme a me.
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